GIORNI STRANI
Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.
Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011Poll: Esistono oggigiorno condizioni per una coppia solida e serena nel tempo?
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Personaggi e fatti
Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.
Messaggi di Giugno 2011
Allora inizio io con un outing bizzarro... Non fatevi ingannare dal fatto che mi piaccia scrivere: in alcuni casi - come questo - si va oltre e la penna è solo uno strumento... Da circa 20 anni la figura di una donna (ragazza?) ha iniziato a impossessarsi della mia mente. Volto rotondo e regolare, occhi grandi color nocciola, capelli corvini raccolti dietro a cipolla, qualche filo ribelle che sfugge e scende ai lati del viso. Poi mi si è materializzata davanti anche la sua corporatura, assai generosa e da un petto pronunciato. Spesso ci comunico con questa entità o fantasia che dir si voglia, ascolto i sussurri e la sua voce che mi consola - eccome mi consola, specie nei momenti più difficili -, e questo nei momenti in cui sono da solo e in maniera spontanea. Ormai è una Consigliera a tutti gli effetti, anche se i suoi consigli non sono vere e proprie frasi, bensì sono atteggiamenti e atmosfere che lei irradia. Studia medicina, non so quale anno frequenti. Una volta osai immaginarmi una fantasia un po' particolare con lei: il giorno seguente ebbi un frontale con l'auto. Un'altra volta le chiesi una svolta positiva (sul lavoro). Non tardò a verificarsi. Tempo addietro pensai di rivolgermi a un medium, per capire la natura della sua vera identità; altre volte mi carezzò l'idea di affidarmi a uno strizzacervelli in gamba... Ora mi sono convinto che la devo accettare così com'è: semplicemente Laura. Grazie, mio angelo. Sergio p.s. Ora spazio alle vostre confidenze, su!
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Dipingere un quadro... scrivere un romanzo o una canzone... percorrere paesi a bordo di un treno o un'auto qualsiasi, in compagnia (emozionante) o in solitaria (mistica)... conoscere e prendere confidenza sempre più con una donna o un uomo... Solo quando siamo al termine di un viaggio, ci rendiamo conto di ciò che abbiamo vissuto e sentiamo le tenaglie della nostalgia che lavorano senza requie nel nostro ventre. E quanto più il viaggio è stato vissuto e importante, tanto più saremmo disposti a tutto - eccome se vorremmo! - pur di ritornare a quei giorni, respirare a pieni polmoni quell'atmosfera carica di salsedine e di speranze, divorare quel panino sulla riva, farsi stordire dalla melodia sorda delle onde del mare. Purtroppo non possiamo fare nulla: quei giorni tali rimarranno... Belli e lontani. Ho abbinato questo pezzo di Boy George... perdonatemi il tono malinconichello ma da giorni mi sento così...
Prima ci sono i baci, dopo ci sono i sospiri
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Alfredo era un curioso miscuglio di maschio, un po' ragazzo e un po' uomo. Dall'intelligenza arguta e un tantino spiritosella. Un giorno, per l'ennesima volta, ribussò alla porta del Padreterno. <<Ancora tu? spero che questa volta sia una faccenda seria>>, sbottò il padreterno. <<Sì ti prego... questa è l'ultima cosa che ti chiedo... è im-portante per me...>> Al Padreterno scappò una risata come da molto tempo non capitava, impegnato così com'era con uragani, terremoti e tumulti fra le schiere celesti. <<Favella, scassamarroni...>> <<La chiave per sedurre le donne... insomma... tu ne saprai pure qualcosa, no?>> <<Ehe, grazie della fiducia. Qualcosina in effetti la so.>> Un sopracciglio alzato: <<Tu quando entri in una casa, Alfre', da quale porta passi?>>. <<Dal portone principale, ovvio.>> <<Ecco... impara a entrare da dietro, kappa?>> <<Da dove?>> si agitò Alfredo. <<Dalla porta di servizio.>> E il curiosone di Alfredo si dileguò. Come quei bimbi che hanno appena scoperto dove la mamma nasconde le confetture di marmellata.
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Questa sera siamo nei dintorni della felicità, se non addirittura dentro il paese della felicità. E un simile palpabile benessere lo rivedo riflesso sui volti dei miei compagni; non c’è alcuna traccia di rabbia, invidia, rancore, orgoglio, noia, odio, e il principe nero per eccellenza: il cattivo umore. Eppure, nelle settimane indietro, i dissapori e le ostilità nel ventre del gruppo erano all’ordine del giorno. È sorprendente come riesca a comunicare e ridacchiare perfino con Alessio e Felice. Non ho rimosso l’odio viscerale verso Alessio, e nemmeno la rabbia e la sete di vendetta contro Felice o Raffaella. Tuttavia, amici miei, qui – il tempietto dell’armonia – gli angoli bui e i sentieri nebulosi non hanno ragione di esistere: le vibrazioni positive sono talmente forti che i citati demoni della natura umana non sono nient’altro che funghetti. Vivaddio, Campi di Tarna per tutta la vita! Orbene, è cosa giusta e saggia approfittarsene. E, non sarà un caso, a braccetto con una tale fragranza di felicità nell’aria, c’è una promettente e languida volontà di lasciarsi andare, per farsi magari trascinare sulle sponde di lidi sconosciuti. Ci siamo qualificati per entrambe le finali e culliamo sogni di gloria. Respiriamo, parliamo, dormiamo e mangiamo con centinaia di altri ragazzi; a pochi passi c’è il mare, le nostre spalle sono accarezzate dal respiro dei pini e dal canto delle cicale; il calore e l’affetto della gente rotolata sin qui sono immensi. C’è qualcosa di meglio sotto il cielo? Finalmente consumiamo la cena davanti al fuoco, a base di carne alla brace e verdure, come le altre comunità dell’accampamento. Ogni gruppo, in questo momento sacro, è raccolto e chiuso intimamente nel proprio cerchio. Fra i chiaroscuri serotini, una silhouette distinta, sinuosa, impenetrabile, sembra voglia comunicarmi qualcosa. Potrebbe essere quella di Laura, penetro ancor più quell'ombra magica stagliata sulla cartolina della sera, fra bagliori repentini, aureole di luce e vapori tenui: non ho più alcun dubbio: è Laura Ducròs. |
Quello che ora dirò probabilmente susciterà qualche dissenso se non addirittura condanna, però sono sempre stato abituato a dirla come la penso e anche questa volta non mi esimerò dal farlo. Intanto permettete che mi presenti: mi chiamo Fabrizio Berni, quarant’anni, un divorzio alle spalle e metà tempo passato fra le pareti di cellophane di un ufficio all’ottavo piano. Fra cartelle e tastiere e telefoni e spillatrici. In definitiva, sono il classico “uomo medio”, più propriamente un otto-diciotto, uno di quelli che la sera si sfoga su un campo sintetico di calcetto e un paio di volte alla settimana si vede con l’attuale compagna. Il minimo sindacale per vivere. Veniamo al dunque. Sono fermamente convinto, dopo quell’appiccicoso pomeriggio di ottobre, il diciannove di ottobre, che ognuno di noi è un potenziale omicida. Fibre velate di cirrostrati dominano la scena, conferendo al cielo un aspetto lattiginoso. Si è beatamente adunati attorno al nostro totem: la macchinetta del caffè: chi alla finestra, chi sulle sedie rosse, chi in piedi: una barzelletta, una cicca, un caffè; uno sfottò alla vittima di turno. Gli strumenti di lavoro indifferenti, e, là fuori, i rami dei platani stanchi. Fra le sacre crepe del non-lavoro. E nonostante siamo fermi, sgoccioliamo peggio delle bestie, ci tufferemmo volentieri in uno specchio di acqua ghiacciata, per affogare noia e sudore di menti assopite e assorte. Uno dei nostri, col quale non avevo mai avuto alcun screzio, inizia a parlare a mitraglietta: sport, politica, figli, scuola, e poi ancora sport, politica, figli, scuola… un girotondo che sembra non finire mai. Il suo tono è squillante, il ritmo accelerato. Forse gli altri interloquiscono con lui solo per gentilezza o abitudine. A un certo punto, saranno state le diciassette, intervengo nel dibattito, sostenendo che una buona educazione di per sé non basta per essere genitori di figli maturi e capaci. Lui sembra non curarsene delle mie parole e volge distrattamente gli occhi verso il pavimento. Riparto alla carica, avvicinandomi ai tre – e non si può certo dire che la mia presenza fisica passi inosservata – e sottolineo che ci vuole anche un pizzico di fortuna. Non c’è nulla da fare, quegli occhi celestini e la sua attenzione sono da un’altra parte. Il sangue inizia a inondare a fiotti il mio cervello; percepisco – e credetemi non è una bella sensazione – che sto perdendo il controllo sui miei quattro cavalli. Le mani sono deboli, a fatica reggono le briglia delle quattro bestie scalpitanti. Ora siamo rimasti in quattro, disposti a circolo in un fazzoletto senz’aria. Bocche dilatate. Ormai le nostre ascelle sono un acquitrino dove prolificano svariati esemplari di volatili e anfibi… I tre parlottano dei supermercati dove conviene fare la spesa, dopodiché si finisce a chiacchierare su questioni culinarie, i trucchi dei primi piatti e in particolare della carbonara. Faccio presente che il vero trucco per un’ottima e cremosa carbonara è quello di mettere un tuorlo in più. Dalla bocca scomunicata della merda umana parte un uhh, un’odiosa emissione soffocata, un frammisto di scherno e vigliaccheria. Maledetto 19 ottobre umidiccio Sento che la ragione mi sta abbandonando. Gli altri tre si scambiano uno sguardo furtivo e qui i miei cavalli prendono il via per la prateria sconfinata. <<Facile a dirsi...>> fuoriesce dalla merda umana a mezza bocca. Sono convinto che si può uccidere in tre modi: in maniera fredda e quindi calcolata; colpiti da un raptus; e infine per “picchettamento”. Avete capito bene: “picchettamento”. Compiere un omicidio è come salire (o scendere) su una lunghissima scala. Ora, il “picchettamento” è un qualcosa di veramente subdolo, in quanto è un percorso graduale, gradino dopo gradino ci si avvicina alla sommità (o alla base) della scala… e chiunque – dico chiunque, anche la natura più mite – può essere colpito da questo processo a impulsi, ergo può divenire un mostro. <<Facile a dirsi...>> nella mia testa sento una fitta a ogni gradino che consumo… Sono ormai muso contro muso contro quella merda… forse gli altri si sono dileguati… inizio a bacchettarlo con l’indice sulla fronte, poi con la mano, poi gli afferro i capelli, poi le mani al collo e stringo e lo strattono e allento la presa per poi stringerlo ancora questa merda umana che non si è neppure degnato di ascoltare cosa dicevo e sì perché io volevo solo comunicare e nient’altro è tremendamente piacevole quando lo strattono ora dolcemente ora con foga e non avevo mai provato una cosa del genere… Un angelo – benedetto angelo – mi riconsegna i quattro cavalli. Mi risveglio dal trance, con lui che è fotocopiato sulla parete. Quel giorno stanco di ottobre, me lo porterò sempre dietro. Fabrizio Berni.
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Intelligenza specializzata in un settore del lavoro umano o del tempo sociale? estro e immaginazione? intuito? mondo onirico? meditazione e realizzazione di sé? esperienza di vita? La parola Intelligenza deriva dal latino intus-legere, alla lettera "leggere dentro". Questa facoltà - le nostre vere e proprie fondamenta - ci consente di pensare, conoscere e sperimentare, ragionare, riflettere, collegare e confrontare, criticare, misurare, comprendere tutto ciò che ci ruota attorno. Non so voi, ma io non ho dubbi. Se il genio della lampada mi chiedesse di scegliere uno spicchio dell'intelligenza non esiterei: la forza mentale o forza d'animo o "attributi" che dir si voglia. Con questa padrona c'è permesso tutto. O quasi... |
Qual è il sottile confine che separa condizioni e stati d'animo agli antipodi? Arduo trovare una risposta definitiva. Coglioneria oppure generosità verso gli altri... Incoscienza o audacia in certi momenti che bisogna osare... Megalomania oppure forte autostima... Che ognuno trovi la risposta nel fondo delle proprio pozzo. D'altronde ognuno si nutre delle proprie percezioni. Comunque, speculan speculando, mi sento di dire: 1) se la stessa persona a cui abbiamo riposto fiducia o prestato qualche soldino ci "frega" due volte... forse siamo un tantino coglioni; 2) se ci tuffiamo con audacia in un progetto che non è stato programmato nella maggior parte degli aspetti siamo incoscienti; 3) se pensiamo di poter raggiungere qualsiasi risultato senza lavoro, sacrificio e umiltà... siamo megalomani! e stupidi, aggiungo. |
L'Attesa verso un qualcosa... un'occasione di lavoro, la risposta di una donna corteggiata, il ritorno di un amico... L'Attesa logora ma al tempo stesso ci sussurra che siamo vivi. E mai, come nell'Attesa, siamo tremendamente soli. Soli in compagnia di noi stessi. A centinaia di metri dalla superficie, nei nostri abissi... E il nostro pensiero diventa tutt'uno col nostro respiro. Laggiù.
... ... ... |
Inviato da: gloria19652014
il 21/06/2022 alle 21:24
Inviato da: bettedaviseyes1
il 21/06/2022 alle 21:09
Inviato da: Ventodoriente
il 21/06/2022 alle 20:32
Inviato da: sergioemmeuno
il 20/06/2022 alle 18:58
Inviato da: Ventodoriente
il 17/04/2022 alle 03:52