GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

In classifica

 
 

Ultime visite al Blog

captain_harlock_7Prelude2012sergioemmeunoMAGNETHIKACrossPurposesLajla665althea_19631gloria19652014bettedaviseyes1lucilla_800Ventodorienteurlodifarfallavenere674cuoretenero75
 

Ultimi commenti

 

Foto

Molte foto sono state scaricate dal Web. Se sono protette dal copyright, l'autore può contattarmi e ne provvederò alla rimozione.

 

Archivio messaggi

 
 << Agosto 2011 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Area personale

 

FACEBOOK

 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 84
 

Chi può scrivere sul blog

Solo i membri di questo Blog possono pubblicare messaggi e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Tag

 

modificare foto

 
Aggregatore notizie RSS
 

Aggregatore _nline

 

Personaggi e fatti

Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

Messaggi di Agosto 2011

Figli del Cielo

Post n°183 pubblicato il 30 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

Quando il nostro pensiero sara un tutt'uno col nostro agire, solo allora, ci potremo chiamare Figli del Cielo.            

                                                                                                    S. M.

 
 
 

Il giro di boa dei 40 anni

Post n°182 pubblicato il 29 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

   Ciao a tutti. Premetto che il pensiero che esprimerò non è esente da errori, in quanto estremizza e puntella, se cosi vogliamo dire, obiettivi che sono stati raggiunti; ci si fissa maggiormente, tanto per richiamare il signor Erich Fromm, sull'Avere piuttosto che sull'Essere. Quindi vorrei che la riflessione fosse leggera, quasi un gioco per esorcizzare la nostra vita e le nostre frustrazioni. E' evidente che, attorno ai 40 anni, chi più chi meno si pone questo interrogativo: cosa ho fatto/raggiunto fInora dalla vita?

   Credo che gli "obiettivi" (perdonatemi il termine, odioso, lo so, freddo e utilitaristico, lo so) che ci danzano davanti gli occhi possono essere in genere questi: salute; rapporto col compagno di vita; figli; lavoro; amici e tempo libero/extralavoro.

   Ecco, che ognuno abbia la propria riflessione. Se rinvenite altri aspetti per voi fondamentali che ho omesso... ovviamente considerateli! E se siete insoddisfatti su tutti i fronti... fatevi una bella risata, con la consapevolezza che quello che davvero conta è la nostra crescita interiore, il nostro cammino, la nostra persona nell'assieme.

PERCHE' LA DIGNITA' E LA CONSAPEVOLEZZA DI NOI STESSI, ALMENO QUELLA, DOBBIAMO SEMPRE AVERCELA...

 
 
 

APERTURA A CHI VUOLE SCRIVERE QUI>>>

Post n°181 pubblicato il 28 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

   Come già era successo più di un mese fa, rinnovo il mio invito affinché chi abbia qualcosa da dire, seria o grottesca che sia, lo possa esprimere sul blog di GiornI Strani. Mi piace pensare che questo possa essere una sorta di piazza virtuale. Faccio presente che non cambierò nulla di quello che mi verrà inviato... Non lasciatemi solo, ahahhahaa! Molti degli amici nella lista già hanno il loro invito. 

   Politica e società, quotidianetà, sport, musica, ectoplasmi, amori, eventuali confessioni e quant'altro...

Un modo anche efficace per ricordarci degli altri blogghini, del loro pensiero e agire, in questo mare magnum di Libero!

 
 
 

Io e Noesis 2

Post n°180 pubblicato il 28 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

   Lo scaltro mi condusse in un angolo del Cafe de la Esperanza. Ad un impercettibile cenno del pinguino, la terrazza si svuotò.

   Eravamo soli, io e l'uomo più impenetrabile della terra. Noesis. Un cinico perverso commediante. Gli diedi con disinvoltura i documenti da firmare. Ma era così perspicace all'ennesima potenza, che probabilmente afferrò la mia disinvoltura ben mascherata.

   <<Pure tu vai di corsa, eh? su questa giostra dell'effimero...>> L'ennesima pausa di studio. <<Cosa ti prendi?>>

   <<Un caffè.>>

   <<Nient'altro? piuttosto, dimmi dimmi, parleranno bene di me in giro...>> un gigno diabolico. Sapeva bene cosa pensavano di lui.

   <<Non ti conosco, magari sei meno peggio di quello che si dice.>> E scoppiammo in una risata fragorosa. Io e quella mente deviata. Forse la mia incosciente sicurezza l'aveva sorpreso. Lui, che era in grado di percepire il polso di ogni essere umano.

   Ma poteva benissimo attendermi al varco. Il minimo mio errore, un attimo di debolezza, una frase sbagliata, un'esitazione, un qualcosa non coerente col mio ruolo di rettore dell'Etica... e avrebbe chiamato un esercito di giornalisti, in qualità di spettatori non paganti, per polverizzarmi in pubblico.

   L'affondo era imminente. <<Immagino tu sia una persona retta moralmente. Ma non voglio dubitarne, rilassati. <<Dimmi, qual è il limite di una persona integerrima. Non l'ho mai capito.>>

   <<Cosa vuoi sapere precisamente.>> Ostentai sicurezza. Ero obbligato.

   Ordinò uno spumantino galeotto. <<In quale caso potrebbero corromperti... una donna stratosferica che ti ammalia? tutto il potere della comunicazione nelle tue mani? ll segreto del Sacro Graal?>>

   In quel momento, il mio videobat squillò. Mi mostrai dispiaciuto, e gli spiegai che dovevo ritornare nella mia città-stato. C'era in corso una benedetta agitazione degli studenti di Biologia. Già, mai come quella volta così provvidenziale.

 
 
 

La musica dell'anima degli Interpol

Post n°179 pubblicato il 28 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 
Tag: Musica

   Nell'immenso archivio della musica, ci sono brani commerciali ma belli, brani mediocri, e brani non commerciali ma bellissimi... Ecco, un nome che mi sovviene ora, non conosciuti da tutti: sono gli Interpol. E' una Band di New York che suona musica di genere indie rock, fondata nel 1998. La loro musica indubbiamente è cupa, malinconica, quasi fastidiosa. E può non allegrare. Ma è una creatura viva, che ti aggrappa l'anima... e talvolta ti fa volare...

   Eccovi una delle mie song preferite, The New, appartenente all'album del 2002 TURN ON THE BRIGHT LIGHTS, forse il loro apice.
                                                Che dolcezza nera narcisistica...

1: 48: But I can't pretend I don't need to defend some part of me from you
I know I've spent some time lying

 
 
 

I figuri a cavallo 3

Post n°178 pubblicato il 28 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

Lo Zio socchiuse il cancello e, scortato da Flavio e dal Greco, osò spingersi qualche metro più avanti; quindi lanciò ai nottambuli una richiesta pacifica affinché si presentassero. Non li invidiavamo affatto. Ancora, con voce più gracidante e perentoria, scagliò la richiesta dell’Officina fra le tenebre della campagna. Nessun segnale di ritorno, sonoro o visivo che fosse. Roland abbozzò un guizzo d’istinto puro, ma lo Zio lo bloccò con energia, afferrandogli il polso. Era ormai lampante che Giannetto non aveva affatto sognato.

Poi, interpretando un cenno di Silvano, aprii la cassa e assieme a Giulia distribuii
le cartucce e le doppiette. In men che non si dica tutti ne imbracciavano una: alcuni lo facevano con sorprendente disinvoltura; altri, come Laura e Patrizia, sembravano appena usciti dal fornaio con una baguette in mano, un filone che scottava; Felice era oltremodo esaltato della situazione, anche se più che un’arma pareva afferrasse una di quelle lance degli autolavaggi a gettoni.

Ora una buona parte del gruppo, su indicazione dello Zio, si era schierata su una linea di difesa al di fuori del cancello, un ginocchio sul terreno, doppiette alte in direzione degl’invasori. Tutti pronti a menare le danze all’imminente comando del sergente canuto.

Gli altri della seconda linea, in piedi e dietro alla cancellata, ci avrebbero dovuto coprire le spalle. Nel frattempo, il Direttore era piombato sulla scena. Nel caos, Laura, Patrizia e Raffaella brontolavano qualcosa a mezza bocca: le becaline non vedevano alcun aggressore, questo mi era sembrato di udire.

D’improvviso, un cavallo accennò una mossa verso la nostra porzione di scacchiera. Mai un tale irrilevante movimento fu così denso di significati. Una potente scarica di paura ed esaltazione mi pervase, gl’indici lisciarono a più riprese il grilletto rovente, ormai al bivio della via del non ritorno.

Adesso i nostri indici esercitavano una lieve pressione sul grilletto.

Silvano deglutiva senza requie.

Io ero in apnea. Ai miei lati, l’Ungherese respirava come un asmatico e il Greco schioccava la lingua come un cavallerizzo. Gabriel, imperturbabile, era un tutt’uno con le seconde linee: un polpettone umano.

Se fosse scoccata la scintilla sarebbe stato un massacro: era il mio pensiero fisso sul palcoscenico, così allucinatorio da sembrare al di sopra della realtà.

Ma una stella provvidenziale sorvolò Torre dell’Uovo e, uno per volta, lentamente, i figuri ci diedero le spalle e si dissolsero nella notte.

 
 
 

I figuri a cavallo 2

Post n°177 pubblicato il 28 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

Appiccicati al cancello, con un’espressione congelata tutt’altro che rassicurante, i tre guardiani occasionali avevano chiamato a raccolta l’intera brigata. Li raggiungemmo e lasciammo cadere a terra la cassa, quand’ecco che capimmo che l’attenzione generale era stata catturata da qualcosa al di fuori della muraglia.

Mi feci largo tra le numerose facce sbigottite dei compagni, incollandomi al ferro della cancellata, gelido e fors’anche arrugginito: là fuori, nell’oscuro tappezzato di tanto in tanto dalle pallide luci delle case vicine, alla distanza di una ventina di metri, alcune sagome presumibilmente a cavallo stazionavano sulla sommità di un piccolo dosso. La loro incessante immobilità, l’orario inconsueto, forse un cappuccio sulle teste, quei contorni a campana che lasciavano supporre una mantella, e quelle braccia piegate all’insù quasi a reggere uno strumento indistinguibile, non facevano pensare a nulla di buono.

 
 
 

I figuri a cavallo 1

Post n°176 pubblicato il 28 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

All’istante, assieme a Eugenio, Tommaso e Daniela, mi fiondai per le scale del casale, con l’intento di svegliare lo Zio. Nel frattempo, un drappello si era appostato sotto l’olmo e i più coraggiosi – Flavio, Roland e Giulia – piantonavano l’ingresso in attesa dei rinforzi.

Prendemmo letteralmente a calci la porta della camera di Silvano, anche perché il gracchiante russare rivelava che navigava nell’oceano dei sogni. La sua camera era di fronte la prima stanza delle ragazze.

Finalmente, fra un bestemmiane e l’altro, ci aprì, con quell’inconfondibile pigiamino a strisce verticali biancazzurre. Quando ci vide, incredulo come non mai e scocciato per il disturbo – come tutti i grandi lavoratori considerava il sonno come un momento sacro –, biascicò con un occhio chiuso: <<Spero che sia una cosa seria… sennò domani so’ cazzi vostri>>.

Lo informammo di Giannetto e gli chiedemmo delucidazioni in merito.

<<Chi? Giannetto? Ah, lasciatelo stare... non fa fede… È uno che sta in cura da
noi>>, sembrò non dare peso alla vicenda.

<<In cura? Regà, mo’ siamo pure una clinica>>, ironizzai.

<<Volevo dire… insomma, noi ci prendiamo cura dei meno fortunati, da anni…>> si arrampicò sugli specchi. Bene, una società di mutuo soccorso.

Il primo grosso errore dello Zio dopo giorni e giorni di convivenza?

<<Non mi sembrava questo il senso della prima fase, zietto>> obiettò Daniela.

<<Bando alle ciance, avrà sicuramente trincato.>>

<<In verità sembrava parecchio terrorizzato e parlava di minacciosi personaggi a cavallo nelle vicinanze!>> gridò Tommaso. Lo Zio era dubbioso.

<<Dobbiamo fare qualcosa, gli altri ci stanno aspettando>>, coprii la voce stridente di Tommaso e per un attimo, a causa della foga, il mio muso si venne a trovare sopra la testa di Silvano, guarnita dell’immancabile zucchetto. E così fecero gli altri.

<<Ragazzi, vi giuro che se questa è una burla… ora seguitemi>>. Uscì di corsa ed entrò in una delle stanze di servizio sul lato opposto a quello delle ragazze. Spostò chincaglierie e scatoloni, e spalancò le ante di un armadietto da cui estrasse una fonda cassa di legno. Dentro c’erano svariate doppiette da cacciatori: da tempo immemore le canne non cantavano e forse quella poteva essere la nottata giusta.

Mentre in quattro portavamo via la cassa, urtando pesantemente con gli spigoli sul muro, e con lo Zio ancora in pigiama che dirigeva i lavori come un buon vigile, si affacciò sul corridoio il Direttore, alquanto contrariato per il gran baccano notturno: <<Ma che diamine… Ehi che roba è quella cassa? Silvano… Sil… Sil-va-no! Silvano!>> Scosse la testa. Ma noi già eravamo al piano terra sull’uscio, scattanti più che mai per rifornire la truppa.

 
 
 

Giannetto 2

Post n°175 pubblicato il 28 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

Il suo linguaggio era assai scarno e anche poco fluente, al contrario dell’eccezionale dinamicità del corpo. Presumibilmente qualcosa lo aveva turbato. Leggermente curvo e magro, il colorito del viso giallognolo. Ma l’essenza di  quell’individuo – e sì, perché già da subito si era avvertito di trovarsi di fronte un marziano – era tutta racchiusa sotto un paio di occhiali neri grossolani, in quelle orbite profonde da cui emergevano piccoli occhi lucidi e di un odioso celestino, sormontati da sopracciglia folte e quasi unite. Come età sarà stato sulla quarantina.

Dondolava e pareva non darsi pace, muovendo asincronicamente i polsi, le mani e le braccia.  <<Buona gente…!>>

<<Che cazzo hai da strillare? Cosa cerchi qui?>> lo interrogò il Greco, mentre ci stavano raggiungendo pure gli altri. Come primo impatto non ci fece una gran bella impressione.

<<Aprite il cancello, vi prego. Là fuori non c’è sicurezza.>>

Ci consultammo rapidamente appena rischiarati dalla lanterna: <<E perché mai dovremmo farti entrare? Dicci il tuo nome>>, insistette Eugenio.

<<Giannetto, Giannetto. Ma ascoltate… chiamate Gabriel, chiamate… ci sono dei nemici pericolosi là fuori, gente cattiva…>> E mentre farfugliava accennava a indietreggiare come un gambero. I suoi occhiali si erano appannati.

Un altro rapido consulto e gli promettemmo un tetto per la notte. Ci raccontò, con qualche difficoltà nell’espressione verbale, che stava tornando a piedi da casa dello zio per rientrare nella sua dimora, dove viveva da anni con la sorella molto più vecchia. E si era imbattuto in alcuni personaggi a cavallo, incappucciati, indossanti lunghi mantelli e con un qualcosa in mano. <<Ho pensato a un cinema, ma poi ho visto che non rispondevano e… ho avuto paura e sono fuggito da voi. Anche perché Gabri e Silvano sono miei grandi amici>>, spiegò, mentre le donne provvedevano con solerzia a coprirlo con un pullover. Ritenemmo opportuno credergli e lo prendemmo sottobraccio, dato il suo modesto senso di orientamento nello spazio.

I cuori picchiavano a mille. Non dubitammo minimamente del suo racconto sconnesso.

 
 
 

La qualificazione per Tarna 3

Post n°174 pubblicato il 28 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

   In quella fase di stallo, l’Ungherese recuperò un pallone e iniziò a trotterellare sulla fascia sinistra. Roland e Vladimiro rimasero nella bambagia delle retrovie. Il trainer lanciò una saetta e mi ordinò di seguire l’Ungherese, dovevo assolutamente seguirlo! Fui ipnotizzato dal suo comando a distanza ed eccomi correre in avanti come un invasato, certamente, prima o poi, qualcuno mi avrebbe dato una spallata o un calcione. Correre, correre sino a sentirmi scoppiare i polmoni… non sapevo dove stesse il mio compagno… Dovere solo perforare il Centro del campo… e tanto più avanzavo quanto più mi sembrava impossibile che non incontravo alcun ostacolo… forse ero in fuorigioco? O forse addirittura tutti erano da un bel pezzo sotto le docce?   Non importava granché. Quando mi fui ritrovato all’altezza del dischetto di rigore degli avversari, con la coda dell’occhio intravidi, alla mia sinistra, la sagoma dell’Ungherese, e fra lui e me due maledette maglie verdi. Un pallone infuocato, forte e radente, si indirizzò verso di me, e, quando capii che l’ultimo difensore non lo poteva più intercettare, ebbi tanta, tanta paura di non farcela, di non colpire bene quel pallone violento. Fu un attimo: la sfera la feci scorrer via di quel tanto che bastava per impattarla pienamente col mio piede destro, rimanendo in apnea: un piattone – o un interno, se preferite – violento e centrale, che passò sopra le braccia del portiere, rimasto fino all’ultimo in piedi, e si conficcò sotto la traversa gonfiando la rete.

   Avevamo staccato il biglietto per Campi di Tarna, grazie al mio destro!

   Chissà cosa avrebbe pensato Laura. Le maglie nemiche erano divenute di un verde pistacchio.

   Subito dopo, l’arbitro sancì la fine e tutti mi zomparono addosso, deliranti, fradici, esausti, festosi come bimbi, un mucchio color arancio nel mezzo del campo. Flavio e il Greco erano incontenibili. Gli sconfitti erano afflitti, un paio di loro ebbero una crisi di pianto. Uno si autoflagellava prendendo a capocciate il terreno di gioco. Un altro, singhiozzante come un bimbo, si era conficcato la testa fra le ginocchia, quella buon’anima di Tommaso cercò invano di consolarlo. Nel mezzo del loro petto, quella odiosa e ipocrita spiga di grano si era ammosciata.

L’allenatore si aggiunse al nostro cumulo, con un vistoso sorriso a muso di cavallo, e si mise a sedere sulla sommità, intonando melodie incomprensibili e battendo con foga le mani quasi stesse a un concerto rock. <<Sotto le docce calde, andiamo campeones>>, ripeteva, <<fra poco ci aspetta altra gloria, campeones!>> E il folle si avviò verso gli spogliatoi, simulando il trotterellare di un cavallo.

Daniela, con molto acume, da tempo aveva etichettato quei scatti improvvisi, giocosi e pazzerelli, come i “guizzi di gioventù di Gabriel”.

Intanto, nella piccola area riservata alla stampa locale e regionale, non pochi erano
i commenti negativi degli addetti ai lavori. <<Non è possibile che questi fabbri vadano alle finali, e quei rulli compressori dei romani e dei viterbesi… no, non ci posso credere.>>

E una voce isolata dal resto del coro: <<Fabbri o non fabbri, l’hanno buttata una volta nel sacco>>.

 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963