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DE ANDRE' E GUCCINI
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Il cuore mio non dorme mai Sa che di un altro adesso sei Tua madre va dicendo che A maggio un uomo sposerai Ma se in fondo al cuore tuo C'è un ragazzo sono io Ma chi l'ha detto ma perché Non devo più pensare a te Nessuno sa chi sono io Ma il primo bacio è stato mio Impazzisco senza te E ogno notte ti rivedo accanto a me Se bruciasse la città Da te da te da te io correrei Anche il fuoco vincerei per rivedere te Se bruciasse la città Lo so lo so tu cercheresti me Anche dopo il nostro addio l'amore sono io per te Il cuore mio non dorme mai per inventarti accanto a me Non brucia mai questa città C'è ancora un uomo insieme a te Ma se in fondo al cuore tuo C'è un ragazzo sono io Quel prato di periferia ti ha visto tante volte mia E' troppo tempo che non sa dov'è la mia felicità Impazzisco senza te E ogni notte ti rivedo accanto a me Se bruciasse la città Da teda te da te io correrei Anche il fuoco vincerei per rivedere te Se bruciasse la città lo so lo so tu chercheresti me Anche dopo il nostro addio l'amore sono io per te per te |
2 domande
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« DIAMO TROPPE COSE PER SC... | Cade la maschera del clown » |
Il re si traveste per smascherare la sanità malata
Alle 10 di mercoledì mattina c'è già coda al consultorio pubblico di Shmeisani, zona ovest di Amman, proprio dietro l’albergo Le Meridien. La kefiah biancorossa in testa, una lunga jalabiya nera, un bastone a simulare vecchiaia, la barba incolta e ingrigita, un uomo d’una certa età si presenta sottobraccio a un giovane. Si registra allo sportello, aspetta il suo turno: «Questa è la cartella medica di mia moglie. Si chiama Intisar al-Rashdan, deve fare degli esami urgenti».
L’impiegato dà un’occhiata: «E dov’è la paziente? ». «Vive a Irbid. Ma è vecchia, ha problemi di cuore, non può venire». «Va bene, compili questo modulo...». I due si siedono. Scrivono. Annotano anche il numero di carta d’identità della signora Intisar. Riconsegnano il papiro e aspettano. Quindici minuti. Finché l’impiegato non controlla i documenti, richiamandoli: «Ma la vostra famiglia non ha un’assicurazione medica, vero?». «No, siamo povera gente...». «Allora dovete salire al primo piano e chiedere della dottoressa Fatima Khalifa...». «Ma dobbiamo rifare la coda?». «Mi spiace...». Il re non è nudo. Ama travestirsi. E smascherare la burocrazia malata. Re Abdallah II di Giordania ha due cose in comune col nostro ministro Brunetta: l’altezza e l’odio per i fannulloni.
Come usava il califfo Omar ibn al-Khattab, che si fingeva mendicante per saggiare la generosità dei sudditi, come faceva papà Hussein che di nascosto entrava nelle caserme ad assaggiare il rancio dei suoi soldati, stavolta Sua Maestà voleva controllare se è vero che la sanità funziona così così, nel regno hashemita, e se soltanto i ricchi hanno la possibilità di ricevere cure adeguate in cliniche private da settecento euro a notte e perché mai questo consultorio di Shmeisani rimandi a casa, senza visitarli, centocinquanta pazienti al giorno.
Abdallah non s’è mascherato molto bene, però: quand’è salito al primo piano, e s’è messo a far domande a chi aspettava in coda, qualcuno l’ha sgamato. Inutile fare «ssssst!...» col dito, implorare discrezione. Per tutta la Giordania è stato subito un tamtam di sms, la notizia è finita sul web e in poche ore è stata confermata dalla corte reale. Il tutto mentre l’ignara, povera dottoressa Khalifa, che non aveva capito affatto, indifferente e un po’ seccata spiegava al sovrano che «senza paziente non si può nulla, l’unica è mandare la documentazione al dipartimento centrale che poi chiederà un parere al Royal Divan, per le autorizzazioni, e insomma tornate fra una settimana per avere una risposta... ». Realista, il re.
Era da un po’ che non si camuffava: nel ’99 si fece visitare tre volte all’ospedale Al Bashir e poi, finto businessman, andò alla frontiera saudita per verificare quante mazzette intascassero i doganieri. Due anni dopo, assieme al principe Alì, si presentò all’ufficio tasse per chiedere (senza ottenerlo) un rimborso. «Quand’ero erede al trono — ha spiegato una volta —, uscivo a teatro, al supermarket o a fare i picnic con mia moglie. Diventato re, una sera ero a New York e provai ad andare al cinema per vedere Matrix: mi vennero dietro dieci auto, moto, la polizia col lampeggiatore, ventisei agenti... Allora mi dissi: devo fare qualcosa, per tenere il contatto con la realtà». Un po’ c’è riuscito. Sul sito del quotidiano giordano Al arab Al yawm (Arabi oggi), i commenti sono 51.244 e quasi tutti favorevoli. Le sue improvvisate sono diventate l’incubo del pubblico impiego giordano: «Mi dicono che, dopo, il servizio migliora... ». I cittadini non avranno ancora un trattamento da re. Ma, almeno in quegli uffici, non li considerano più come sudditi.
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