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Indagine invece che
Erich Fromm ha sviluppato egregiamente,
utilizzando un approccio differente che risente più di influenze
filosofico-antropologiche.Fromm è stato uno dei massimi studiosi, del
Novecento, del pensiero legato alla psicoanalisi e fu collaboratore nella
cosiddetta “scuola di Francoforte” di Adorno e Marcuse. Ha lasciato scritti dal
taglio divulgativo che sono diventati presto famosissimi e diffusi in
particolare presso il mondo culturale studentesco.In uno dei suoi
testi più profondi, forse anche meno conosciuti dal grande pubblico, Il linguaggio
dimenticato , affronta un’analisi e un’esplorazione nel mondo dei miti e
dei sogni passando attraverso il labirinto escheriano dell’inconscio.L’autore di Avere
o essere?, ci porta a stretto contatto con i simboli e con una proposta
interpretativa che in parte mi trova in accordo come chiave di lettura di Edipo.Alla luce del
retaggio dell’antropologia di metà Ottocento, reminiscenze bachofeniane e di Morgan in particolare, Fromm propone
una rilettura del mito in chiave sociale ovvero che “il mito [di Edipo] può
essere inteso come simbolo non dell’amore incestuoso fra madre e figlio, ma
della ribellione del figlio contro l’autorità del padre nella famiglia
patriarcale; che il matrimonio fra Edipo e Giocasta è soltanto un elemento
secondario, soltanto uno dei simboli della vittoria del figlio che prende il
posto di suo padre e con questo tutti i suoi privilegi”.Il pensiero di
Fromm ripreso anche da Paduano e da
Bollas , un importante psicoanalista, non va preso in toto ma sfrondato
da una non corretta interpretazione globale, che mi sembra non sia stata
dovutamente affrontata dagli autori sopra citati.Edipo
rappresenterebbe, al pari di una Antigone, il principio dell’ordine primitivo
patriarcale, con la sua ribellione al nuovo ordine sociale e religioso, questo
realmente vigente nell’Atene del V secolo a.C., basato sui privilegi e sui
poteri del padre. Scrive Bollas, riprendendo l’interpretazione frommiana, “Il pubblico che assisteva all’Edipo
Re identificava il carro della morte di Laio e il regno immediato di Edipo
come parzialmente simbolico dell’antico rito annuale del matriarcato, una
traccia storica di una precedente struttura sociale nell’ambito di una
struttura democratica, considerando la più recente esistenza del potere
patriarcale.” I personaggi di
Sofocle quindi si innestano nel tessuto
psichico della tragedia. Il richiamo alle teorie di Bachofen è alquanto palese
ed evidente.L’appunto maggiore
da rivolgere al pensiero di Fromm, è che il suo studio interpretativo del mito
edipico , si basa, come metodologia, su uno studio complessivo, a mio avviso
non corretto, della cosiddetta trilogia (inesistente) di cui ho già parlato in
precedenza in quanto Sofocle scrive le
opere in tempi assai diversi. Continua Fromm “La validità di questa ipotesi può essere verificata coll’esame del mito
di Edipo nel suo complesso, specialmente nella versione di Sofocle, contenuta
nelle altre due parti della sua trilogia, Edipo a Colono e Antigone”. Vi è da dire che
questa visione è da intendersi in un significato non letterale dei termini,
quale connotazione di ribellione politica, non deve essere certamente presa
alla lettera. Paduano critica aspramente
la lettura proposta da Fromm, pur
riconoscendo il fatto che parte dalla giusta osservazione che la tragedia
sofoclea affronta il duplice tabù violato, l’incesto e il parricidio, in
maniera disarmonica e diseguale.Freud ha
interpretato l’antagonismo fra Edipo e suo padre come il vissuto inconscio
degli impulsi incestuosi o così almeno si è sempre voluto capire.Il francese Vernant
si è sempre opposto a questa visione, che definisce come ingerenza della psicoanalisi nel mondo ellenico del V
secolo a.C., arrivando ad affermare che “L’interpretazione freudiana della
tragedia in genere, dell’Edipo Re in particolare, non ha influenzato i
lavori degli ellenisti. Essi hanno continuato le loro ricerche come se Freud
non avesse detto nulla.” In realtà
l’antagonismo è relativo, l’episodio del crocicchio è una proiezione del
passato nel presente scenico e niente più. Così come ritengo che certe letture
analitiche come quelle dell’Anzieu, nel tentativo di nobilitare Freud diventano
motore primario di critiche, ad esempio di Vernant, prestando il fianco appunto a feroci controletture.Scrive Anzieu “Un punto è sicuro ed è che Edipo nel letto
materno conosce la felicità; egli ha ritrovato, col ripossedere la madre, la
prima felicità perduta, quando era stato presto separato da lei ed esposto sul
Citerone”.Ora mi domando su
quali basi è possibile affermare ciò che la semplice lettura del dramma mostra
evidente. Intanto Edipo è cresciuto ed allevato dai sovrani di Corinto, Merope
e Polibo, che lui considera come veri genitori disconoscendo la propria
origine. Quindi, leggendo attentamente anche tutti gli scritti di Freud, Edipo non ha, almeno nel senso attribuitogli,
il suo stesso complesso e tantomeno il Viennese lo ha mai scritto. Il
matrimonio con la madre naturale, Giocasta, avviene quale ricompensa per aver
sciolto l’enigma della Sfinge, e quale risolutore di enigmi Edipo si
autodefinisce, è quindi un matrimonio compensatorio di natura prettamente
politica in quanto l’unione avrebbe ridato una guida alla città di Tebe.
Setacciando i passi della tragedia, non si ha il minimo riscontro di una
sessualità morbosa o anche di un semplice innamoramento, del piedigonfi nei confronti della madre. Si
ritrovano esclusivamente momenti “doppi”, madre-sposa genitrice di una coppia
di figli maschi e una coppia di figlie due volte moglie, tanto per citare
qualche esempio. Si parla della felicità del regno, ma a meno di
interpretazioni arbitrarie, non si ha riscontro di alcun sentimento profondo
particolare tra i due...(continua)
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