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il cielo brucia dentro la terra

 

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Arcolaio VIII

Post n°176 pubblicato il 19 Settembre 2015 da deteriora_sequor

 






Le prime gocce di pioggia cominciavano a sporcare i vetri quando Nicola
e suo cugino terminarono il the con mani malsicure e un tale freddo che
pareva far loro sbattere i denti. L'avevano tirato in lungo per tanto tempo
quel bolso rituale e avevano riempito di macchie tutto il piccolino tavolino.
Nessuno aveva spiccicato parola solo, talvolta, avevano incrociato lo
sguardo per poi distoglierlo immediatamente. Erano lì, in quel minuscolo
bugigattolo quasi a difendersi dal peso di ulteriori rivelazioni e confessioni.
Quando ebbero terminato il Dottore si levò di scatto con gli occhi iniettati
di una strana mistura di azzurro e sangue mentre un tuono rotolava pigro
attraverso il cielo. Si avvicinò con fare mellifluo al posto di Ferdinando
e lo afferrò per un braccio, quasi piantandogli le unghie lunghe attraverso
la stoffa della camicia. "Su, adesso è il momento, Ferdi. Alzati in piedi e
andiamo a visitare Annetta e TUO figlio." Sul momento il ragazzone
rimase frastornato e imbelle. Continuava a sentire il sapore dello zucchero
sul palato e si domandava, stupidamente, perché Nicola avesse fatto il
the tanto scuro. "Come?" Fece, traballando sui nervi come il pattinatore
insulso sul ghiaccio. "Andiamo a vedere il bambino e la mamma, dicevo.
Sei sordo? Che Ti piglia, stai tremando?" E sollevò praticamente di peso
il panettiere malgrado fosse la metà della sua stazza. Quando furono
uno a fianco all'altro iniziarono ad avviarsi tenendosi sottobraccio mentre
fuori si scatenava la bufera. Aldovrandi fece appena in tempo a osservare
al di là di una delle finestre l'infierire della tempesta: il cielo plumbeo e
gravido di nubi con la pioggia che calava in diagonale come una carica
di Unni. S'era fatto quasi buio malgrado fosse mattina inoltrata e pareva
a entrambi di stare su una nave in burrasca, e che il tragitto fino alla
porta della camera di Annetta si fosse trasformato in un periglioso
naufragio con tanto di relitti da evitare. Camminarono a passettini
brevissimi per quella che parve un'infinità di tempo. Superarono
corridoi, doppiarono tavolini ricolmi di ogni sorta di ricchezza,
fiancheggiarono specchi enormi che rimandavano Loro l'immagine
di due omuncoli ristretti e piegati che si sorreggevano l'un l'altro.
Finalmente raggiunsero l'ansa dove giaceva la stanza della moglie
di Aldovrandi. "Beh, che ci vuole: un ultimo sforzo e siamo arrivati"
Biascicò balbettando Ferdi. Il buio intorno a Loro si stava facendo
insopportabile. "Forse è il caso di accendere una lampada" rispose
stravolto il medico "Altrimenti dentro non si vedrà nulla". "C'è tanto
da vedere?" Chiese il cugino, senza saperne nemmeno il motivo.
"Parli solo per dare aria alla bocca, Ferdi. Certo che devi vedere,
Ti ho portato qui apposta." Detto questo si avvicinò a un candeliere
e ne strappò un moccolo dandogli fuoco con l'acciarino del fornaio.
Poi, senza un a precisa ragione, accostò l'orecchio alla porta della
stanza e fece un cenno con l'indice sulle labbra a Ferdi. Dentro non
si sentiva nulla. Il silenzio era terrificante.





(Continua)





 
 
 
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Un blog di: deteriora_sequor
Data di creazione: 13/05/2013
 
 

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