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Attaccato al muro insieme all'ombra XX

Post n°250 pubblicato il 30 Agosto 2016 da deteriora_sequor







Gettai uno sguardo nervoso dentro la stanza e nel letto, ma, con
mia sorpresa non trovai nessuno. La stanza era in perfetto ordine
e solo quel nitore penetrante, quel lindore agghiacciante stava lì
a testimoniare che, fino a poco prima, qualcuno aveva abitato il
luogo. Non mi girai nemmeno a guardare se il fratellastro era alle
spalle o si fosse diretto verso le sale interne. Ero lasciato solo, a
constatare che la presenza più stabile del mio precario nido se
n'era andata e che mi trovavo sballottato fra un padre debolissimo
e un fratello drogato. Tentai di chiudere gli occhi e di far sparire
l'orrendo futuro che mi aspettava non appena fossi uscito dalla
camera della mia madre scomparsa. Dopo alcuni minuti, sentendo
persistere il silenzio negli altri locali, mi decisi a girovagare per
l'appartamento ammutolito. Trovai mio padre seduto in soggiorno
impegnato a fumarsi una sigaretta. Lui che non aveva mai fumato.
Era in evidente imbarazzo e faceva uscire gli anelli di fumo dalla
bocca con smaccata imperizia e precipitazione. Ogni tanto tossiva
bruscamente. "Non c'è bisogno che mi dimostri che sei diventato
grande." Gli sussurrai senza animosità mentre con l'orecchio
tentavo di capire dove si fosse ficcato Danilo. A un certo punto
sentii tirare lo sciacquone e capì che si era infilato nel bagno. Nel
mio bagno. "Si starà facendo una pera?" Chiesi a mio padre. Lui
fece cenno di no e continuò nel suo bizzarro esercizio di cavare
perfetti anelli dalle volute della sigaretta. Mi ricordava stranamente
quei bimbi che giocano con le bolle di sapone e ne cercano in modo
ossessivo le più grandi, le perfette. "Dov'è finita la mamma?" "Mentre
parlavi con Danilo ha messo in valigia alcune sue cose, ha chiamato
un taxi ed è partita." "Sai dove può essersi diretta?" "Luigi piegò la
mano con un assurdo movimento sbarazzino e mi rispose: "Forse
da parenti. Forse un albergo. Ha sempre amato gli alberghi, e mi
rimproverava di non averla fatta viaggiare abbastanza. Chissà, forse
adesso è il suo momento." E abbassò il capo come se terminasse una
telefonata e appendesse la comunicazione. Da parte mia ero certo al
millesimo che Erminia se ne fosse andata per sempre e avesse lasciato
quel vecchio infingardo, la mia inconsistenza a farmi una vera vita e
un figliastro che nella vita non aveva trovato di meglio che ficcarsi un
ago in un braccio. "Sì, è proprio così." mormorai fra me e me. Poi
udii la porta del bagno aprirsi e, dopo qualche passo, Danilo fu di fronte
a noi ed ebbi a guardarlo per la prima volta con attenzione. Infatti, oltre
ai vestiti frusti possedeva degli strani occhi, come da pecora bastonata.
Nulla trapelava in lui di arroganza e presunzione. Pensai che fosse un
individuo buono, in fin dei conti. Un povero sprovveduto finito in un gioco
più grande e dentro un meccanismo che non capiva, di rivalsa, frustrazione,
invidia e antichi rancori. "Siediti" Gli dissi, e con un piede allungai una
sedia alla sua altezza. Lui sorrise, mostrandomi i denti gialli e riuscii
nell'impresa di farmi battere il cuore più velocemente di quanto già
facesse. Mi sorgeva spontaneo domandarmi, con sempre maggiore
angoscia, cosa ci facesse somigliare.







(Continua)








 
 
 
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Un blog di: deteriora_sequor
Data di creazione: 13/05/2013
 
 

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