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Attaccato al muro insieme all'ombra XXIII

Post n°253 pubblicato il 12 Settembre 2016 da deteriora_sequor







Restai lì ad assaporare le gocce di pioggia sulla mia faccia e sulla
sigaretta. Non avevo nessuna fretta e mi sembrava quasi giusto che
il mio fratellastro si accollasse buna parte delle responsabilità. In fondo
la sua la sua vita era indissolubilmente legata a quella di Luigi più di
quanto lo fosse la mia. Finalmente mi decisi di chiudere le finestre e
di rientrare dopo avere gettato il mozzicone di sigaretta in strada.
Presi il soprabito e scesi in strada per avviare l'automobile. Lungo
il tragitto avevo alzato lo stereo a tutto volume e cantavo a squarciagola
una di quelle ridicole canzoncine pop che fanno tanto classifica. Solo
nei pressi dell'ospedale mi accorsi di avere tre chiamate perse da
un numero che mi era ignoto. Provai a contattarlo e sentì subito la
voce di Danilo all'altro capo. Con tono quasi vergognoso mi rivelò
che mio papà stava bene. Solo qualche lieve abrasione e sintomi da
soffocamento. Dicevano che l'avrebbero tenuto in osservazione
durante la giornata e l'avrebbero, poi, rimandato a casa. Consigliavano
comunque di farlo seguire dal centro di salute mentale e da qualche
psichiatra e psicologo. Anzi, gli avevano dato tutto il materiale
necessario oltre a varie ricette di ansiolitici, antipsicotici e antidepressivi.
Sbadigliai nervosamente e gli dissi che stavo entrando nel parcheggio
dell'ospedale anche se lui premeva sul fatto che non ve ne fosse
bisogno visto che Luigi era sedato e dormiva profondamente. "Non
importa" Replicai "Voglio vederlo." E in quel momento si concluse la
nostra conversazione. Poi parcheggiai con qualche difficoltà ed entrai
nell'ampio, bianco edificio. Chiesi di mio padre e m risposero che era
nel reparto psichiatrico al quarto piano. Presi l'ascensore dopo essermi
levato il soprabito e sbucai ben presto a destinazione. Percorsi il lungo
corridoio e mi trovai davanti alla stanza numero 11, come mi era stato
indicato. Danilo era sulla soglia e sbirciava all'interno con una certa
timidezza e un delicato timore. Lo accostai e lo spostai dolcemente di
lato, poi diedi un'occhiata alla stanza: Luigi stava sdraiato su un letto
dalle federe blu e dalle lenzuola grigie ed era immerso in un sonno
profondo che non era per nulla cugino della morte, come spesso
capita di notare. Era sereno e quasi gioioso, le sue labbra s'incurvavano
verso l'alto e il suo profilo ossuto non donava il solito senso di apprensione
ma, al contrario, lo permeava di qualcosa di profetico e sincero, come
se stesse vivendo una vita che avesse sempre sognato; lontano dalle
mediocrità, dalle menzogne e dai compromessi. "è felice" Dissi. E,
stranamente grosse lacrime mi inumidirono le ciglia e caddero al suolo
lasciando dei piccoli bacini di commozione. Udì alle mie spalle Danilo
che si allontanava di qualche passo. Silenzioso e discreto aveva capito
tutto e spariva chissà dove mentre cercavo disperatamente con le mani
di tamponare il mio profluvio di sensibilità.






(Continua)








 
 
 
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Un blog di: deteriora_sequor
Data di creazione: 13/05/2013
 
 

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