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Eccellenze del Nord (note e meno note)

 

 
« EDOARDO MANGIAROTTI

CASTELLO DI BRESCIA

Post n°111 pubblicato il 05 Giugno 2014 da labuonastregadelnord


Periodo Romano

Il colle Cidneo, frequentato almeno dall’età del Bronzo Finale (IX sec. a. C.), ebbe una sua prima sistemazionein epoca gallica con la costruzione di un tempio dedicato al dio celtico Bergimus.
 
La generale riorganizzazione del colle e il suo inserimento nel perimetro murario cittadino è tradizionalmente attribuita all’età augustea - tiberiana (fine I sec. a. C.).
Recenti indagini archeologiche hanno individuato in un potente muro l’unica struttura residua della fortificazione sommitale che doveva comprendere anche il complesso templare edificato nella seconda metà del I secolo d. C., coevo quindi alla ricostruzione del Capitolium e del foro di età flavia.
Di questo tempio monumentale, le cui dimensioni corrispondevano quasi esattamente a quelle del Mastio visconteo si conservano i giganteschi muri di sostegno e la scalinata frontale poggiante su ampie cisterne. Ulteriori ritrovamenti di età tardo antica (V - VI sec.) testimoniano la probabile presenza di una guarnigione stabile.
La continuità delle funzioni cultuali dell’arce è infine testimoniata da un piccolo edificio ad aula unica nel quale è sicuramente identificabile il martyrium paleocristiano intitolato a Santo Stefano.
Nel basso medioevo, probabilmente tra XI e XII secolo, la connotazione sacrale dell’arce fu ulteriormente esaltata dalla costruzione di una grande chiesa. Il nuovo edificio, che si doveva percepire dal basso come una presenza monumentale e fortemente simbolica era costituito da un corpo allungato monoabsidato, fiancheggiato a settentrione da un massiccio campanile quadrato e preceduto a ovest da due potenti torri scalari cilindriche poste agli angoli della facciata.
Una di esse, nota oggi come Mirabella, è l’unica parte della chiesa sopravvissuta alle demolizioni operate nel XIV e nel XIX secolo.

 

Periodo Medioevale Visconteo

castello di brescia

Le notizie storiche sul castello dopo l’anno Mille si fanno più numerose anche se poco ci illuminano sulle caratteristiche delle fortificazioni del colle.
Un importante documento attesta come il vescovo Olderico nel 1038 concedesse ai cittadini bresciani diritti sul Cidneo impegnandosi a non farvi costruire alcun edificio.

Le lotte interne al Comune non coinvolsero in modo significativo la rocca bresciana che fu invece danneggiata durante l’assedio di Federico Barbarossa.

Fra il 1174 e il 1187 fu ampliata la cerchia muraria che, come quella romana, incluse al suo interno il colle Cidneo. Un ulteriore e consistente allargamento, che portò la città alla forma mantenuta fino all’Ottocento, fu realizzato fra il 1237 e il 1254. I documenti che descrivono questo “piano regolatore” attestano come sul colle Cidneo si trovassero consistenti resti di mura romane e tardo antiche oltre che numerossimi edifici religiosi. Nell’area si svolgevano inoltre mercati e fiere periodiche.

Con la stabilizzazione del dominio visconteo furono iniziati consistenti lavori di ristrutturazione delle difese cittadine. I signori milanesi realizzarono, a partire dal 1337, la Cittadella Nova, cinta fortificata interna alla città che dal castello si protendeva verso sud proteggendo Broletto e Duomo, centri del potere politico e religioso.
Nel 1343 Giovanni e Luchino Visconti iniziarono consistenti lavori di ristrutturazione delle fortificazioni sul colle.

La più importante vestigia conservatasi è il Mastio, residenza del capitano della guarnigione, decorata un tempo da affreschi policromi a fasce geometriche-floreali inframezzate dallo stemma visconteo.
Completamente scomparso il pra’ della bissa, sorta di enorme rivellino, che occupava l’odierno piazzale della “Locomotiva”.

Le tecniche di assedio e di difesa rimasero sostanzialmente invariate nei secoli sino all’avvento delle armi da fuoco. In altre parole si assediava e ci si difendeva in egual maniera dai tempi più antichi, prima dell’avvento dell’impero romano, fino all’alba del mondo moderno.

Davanti ad un ben munito sistema difensivo l’attaccante poteva scegliere diverse tattiche: bloccare gli assedianti ed attendere la loro resa, passare sopra le loro mura scavalcandole con un assalto diretto, passare attraverso varchi aperti con le proprie macchine da guerra, poteva, infine sottopassarle scavando gallerie, più propriamente mine.

Spesso l’assedio era condotto combinando i vari metodi. Il metodo più diretto, ma anche più sanguinoso, era quello di dare la scalata alle mura utilizzando scale e torri mobili ossidionali, occupare tratti di mura e da qui tentare l’apertura delle porte della fortezza per consentire l’ingresso dei soldati restati all’esterno.

I difensori potevano validamente opporsi alzando l’altezza delle mura e scaricando dall’alto qualsiasi oggetto pesante, creare ampi fossati spesso riempiti di acqua, disseminare il terreno esterno alle mura di buche celate da rami e zolle di terra per renderle invisibili e intrappolare, se non addirittura far ribaltare, le torri in legno degli assedianti, utilizzare infine proiettili incendiari per appiccare il fuoco alle macchine nemiche.

Per aprire varchi nelle mura gli assedianti utilizzavano arieti protetti da una tettoia corazzata (vinea) montata su ruote che veniva spinta fin contro le muraglie da demolire.
Il più efficace sistema di demolizione delle difese era però l’impiego della mina, lo scavo cioé di una galleria sin sotto le fortificazioni con la creazione di vaste cavità rinforzate da robusti pali che una volta incendiati provocavano il crollo delle strutture sovrastanti.
A questa tecnica ci si poteva opporre edificando torri e mura estremamente massicce oppure realizzando scavi di contromina per cercare di intercettare gli attaccanti e ingaggiare terrificanti corpo a corpo nell’oscuro delle viscere della terra.

Questi attacchi diretti erano supportati dall’impiego di macchine da lancio, mangani o baliste , cui si aggiunse in epoca medievale il trabocco, che scagliavano ogni tipo di proiettile, dai più tradizionali (pietre, dardi ecc.) ai più fantasiosi, (escrementi, carogne, prigionieri).

Primo Periodo Veneziano

Dopo la dedizione di Brescia alla Serenissima Repubblica avvenuta nel 1426, la nuova dominante iniziò importanti lavori di risistemazione delle fortificazioni cittadine, gravemente danneggiate nel corso della guerra con i milanesi.

Il successivo tentativo di riconquista della città da parte dei milanesi fu respinto nel 1438 sugli spalti del Roverotto, lungo quel fronte orientale delle mura che era particolarmente esposto ad attacchi in quanto ben visibile e controllabile dai Ronchi e dalle pendici della Maddalena.

Nel 1466 la Repubblica veneta decise la risistemazione dell’intera cerchia difensiva esterna: le mura furono abbassate, terrapienate e circondate da ampi fossati.

Verso fine del Quattrocento furono eseguite consistenti opere di rafforzamento del Castello, il cui impianto non fu però sostanzialmente modificato se non per quello che riguarda il rifacimento di alcune torri, in particolare la Coltrina e quella poi detta dei Francesi, entrambe probabilmente opera dell’architetto militare Jacopo Coltrino la cui presenza a Brescia è attesta intorno al 1499.
In qesta occasione le tradizionali torri a pianta quadrata furono sostituite da torrioni a pianta circolare.

A questi importanti lavori di ristrutturazione é sopravvissuta una torre del perimetro settentrionale posta a fianco di quella detta dei Francesi.

Anche il possente torrione detto dei Prigionieri, posto a protezione del ponte levatoio, è probabilmente da attribuirsi alla ristrutturazione quattrocentesca.
Questa modificò l’assetto della struttura di accesso al castello, prima protetta da una torre quadrata merlata posta davanti al Mastio visconteo e conservatasi sino al XIX secolo.

 

Occupazione Francese-Spagnola

Nel 1509 l’esercito veneziano fu travolto dalle truppe francesi nella battaglia di Agnadello; Luigi XII entrò in Brescia e la nostra città subì la disastrosa occupazione di eserciti stranieri, francese, spagnolo, imperiale.

In questo breve periodo furono intrappresi importanti lavori sulle fortificazioni del fronte orientale del castello: fu costruito un alto sperone in corrispondenza della torre significativamente poi chiamata dei Francesi e di un grande baluardo a forma di mezzaluna che avrebbe dovuto essere saldato al pra’ della bissa con un breve tratto murario.
I lavori, peraltro lasciati incompiuti, comportarono la distruzione dell’antico monastero di San Martino.

Fu proprio nel periodo di occupazione francese che la città subì le più disastrose conseguenze del conflitto che da anni opponeva Venezia agli altri stati italiani e ai loro alleati.
Insorta nel 1512 contro le truppe di occupazione e aperte le porte della città alle truppe venete, comandate dal futuro doge Andrea Gritti, Brescia fu travolta dalla pronta reazione delle truppe francesi al comando di Gaston de Foix. Questi, ricongiunte le proprie forze utilizzando la strada del soccorso sul lato settentrionale del castello, scatenò il 19 febbraio l’attacco alla città concluso da un sanguinoso saccheggio.

Una volta ripreso il possesso della città i veneziani ristrutturarono le zone della fortezza che si erano rivelate deboli, in particolare ricostruirono nel 1523 la porta del Soccorso affiancandole un poderoso torrione semicircolare a tre ordini di cannoniere interne cui convergeva la medioevale via del Soccorso.
Inoltre a nord - est del colle fu ultimato nel 1557 il taglio della sella che univa il Cidneo ai Ronchi e fu costruito il baluardo della Pusterla.

Introduzione delle armi da fuoco

L’avvento delle armi da fuoco rivoluzionò drasticamente i modi di condurre gli assedi innescando una rincorsa tra perfezionamento delle artiglierie e specializzazione delle difese che continua ancora ai nostri giorni.

Se la storia dell’invenzione della polvere da sparo resta ancora avvolta nel mistero, sappiamo che le artiglierie furono impiegate sin dai primi anni del Trecento anche se la loro potenza offensiva diverrà fondamentale solo nel corso del Cinquecento. I primi cannoni erano di piccolo calibro, sparavano sia proiettili che dardi ed erano impiegati in funzione antiuomo; in origine potevano essere ad avancarica ma anche a retrocarica, non possedevano affusto ed erano di conseguenza piazzati sul terreno o su rudimentali cavalletti mentre l’alzo era realizzato interrando la parte posteriore o sollevando la parte anteriore con travi di legno. 
Le dimensioni erano variatissime con calibri non uniformati; la bassa tecnologia non consentiva fusioni efficaci e quindi le canne erano ottenute lavorando piccoli pezzi di ferro; i calibri maggiori si ottenevano assemblando doghe di ferro saldate a caldo e rinforzate con anelli di ferro battuto.
Anche se l’efficacia distruttiva delle prime artiglierie era ridotta, si rese necessario modificare le strutture difensive che furono ispessite con l’introduzione di terrapieni interni mentre le parti alte e deboli furono radicalmente eliminate.

Il progressivo aumento della potenza di fuoco portò alla riprogettazione delle strutture fortificate secondo due indirizzi: il primo tendeva a ispessisire le murature così da assorbire l’impatto dei colpi; il secondo prevedeva l’introduzione di sagomature speciali delle fortificazioni per offrire la minor superficie verticale possibile. In questo periodo detto di transizione furono sperimentate innumerevoli forme intermedie tra la fortificazione medievale e il fronte bastionato introdotto in forme compiute nel 1534 da Antonio da Sangallo il Giovane nella Fortezza da Basso di Firenze.

Nel corso di tutto il Quattrocento furono costruite rocche con torrioni cilindrici di limitata altezza, ampie scarpe fortemente inclinate, casematte per l’uso protetto delle artiglierie, cammini di ronda alla stessa quota per facilitare il movimento dei pezzi.
La polvere da sparo fu inoltre impiegata con effetti devastanti nella mina e in un’arma nuova, il mortaio, cannone con canna estremamente corta che veniva puntata verso l’alto e che sparava proiettili dalla traiettoria molto curva capaci di scavalcare le difese nemiche.

Secondo Periodo Veneziano

Lo spostamento lungo l’Adda della linea di confine con il Milanese cambiò il quadro strategico complessivo della parte orientale del dominio veneto e costrinse la Serenissima innanzitutto a rinforzare le difese di Bergamo dove fu ricostruita l’intera cinta muraria.

Per quel che riguarda Brescia fu invece deciso di riammodernare soltanto le difese del colle Cidneo.
Nel 1588 fu iniziata la costruzione di una nuova cerchia esterna a quella viscontea, che avrebbe dovuto in origine collegare il Prato della Biscia con la mezzaluna e lo sperone costruiti dai francesi.
Questa prima proposta progettuale fu poi abbandonata a favore della realizzazione di un’ampia cinta muraria bastionata.

Basandosi sul principio della difesa fiancheggiante la nuova cerchia fu dotata di due mezzi baluardi, detti di San Pietro e di San Faustino, con al centro un baluardo intero intitolato a San Marco.
La progettazione dell’opera fu affidata a specialisti delle fortificazioni quali il Lorini e il Savorgnan. Le postazioni da fuoco si trovavano lungo le mura protette da robusti parapetti chiamati merloni, oppure erano collocate su piazze rialzate al di sopra dei baluardi denominate cavalieri.
Perché la fortezza risultasse in caso di pericolo completamente autonoma, la si dotò di edifici adibiti a deposito di vettovaglie, di capaci cisterne, di nuovi alloggiamenti per le truppe, di edifici religiosi, di forni, di numerose polveriere.

Mai più coinvolto in vicende belliche il nostro castello cominciò a decadere, anche per l’aumentata potenza delle artiglierie e subì un inarrestabile degrado, accelerato dallo scoppio di una polveriera nel 1747.

Periodo Napoleonico e Austriaco

La nostra fortezza alla fine del XVIII secolo era ormai in piena decadenza ed era descritta come molto difettosa, e senza consistente difesa. La disgregazione dei domini della Repubblica veneta fece sì che nel 1796 Napoleone conquistasse con facilità i territori bresciani e con questi anche il Castello.

Durante il periodo napoleonico furono condotti semplici lavori di adeguamento fortificatorio mentre numerosi fabbricati furono ridotti a reclusori come il Mastio e la Torre adiacente detta appunto dei Prigionieri.

La susseguente dominazione austriaca accentuò le caratteristiche repressive della fortezza migliorando gli accessi da nord, attraverso la Porta del Soccorso, e ampliando i dormitori per ufficiali e truppa. Questi lavori furono intrapresi dopo il temporaneo abbandono della città per le vicende legate alle insurrezioni del 1848.
Il Castello che si trovava in generale deperimento e su cui palesavano a chiare note gli insulti del tempo, fu prontamente riattato. L’efficacia della macchina bellica fu tristemente sperimentata dai bresciani nel 1849 quando da essa mossero gli attacchi degli austriaci contro i rivoltosi risorgimentali.

Occupato dalle truppe alleate franco - piemontesi nel 1859 il Castello conservò il ruolo di semplice carcere militare fina alla sua dismissione e riduzione a funzioni civili all’inizio del Novecento.

L’Amministrazione Comunale avviò l’acquisizione del colle e la sua sistemazione con la realizzazione di una strada che dall’attuale piazzale Cesare Battisti sale sino all’ingresso del Castello e da cui ridiscende sino all’attuale Piazza Arnaldo.
Contemporaneamente furono avviati i lavori di sistemazione a parco dei declivi del colle sino ad allora tenuti sgombri da qualsiasi tipo di vegetazione.

Evoluzione delle armi da fuoco

L’introduzione della polvere da sparo in grani di potenza quasi doppia rispetto a quella farinosa, la realizzazione di artiglierie fuse in bronzo quindi più leggere e resistenti di quelle in ferro, l’introduzione dell’affusto su ruote che consentiva una straordinaria rapidità nello spostamento dei pezzi, la realizzazione di proiettili esplosivi portarono ad una febbrile ricerca di mezzi in grado di contrastare la potenza distruttiva delle nuove armi.

L’Italia, crocevia di eserciti in lotta, diventò alla fine del Quattrocento il banco di prova in cui sperimentare le adeguate contromisure incentrate sulla geniale invenzione del baluardo.
Esso è sufficentemente ampio da contenere un maggior numero di pezzi ed è opportunamente sagomato per difendere con il tiro radente le facce dei bastioni contigui. I teorici italiani lavorarono a lungo sulla forma da dare a questi bastioni, in origine un semplice triangolo, perche fossero adeguatamente protetti e potessero, nello stesso tempo battere il nemico, con il micidiale fuoco d’infilata.

Per consentire la massima resistenza delle mura queste furono abbassate e inspessite; per proteggere le parti residue di muraglie fu creata davanti ad esse un terrapieno ammonticchiando la terra di scavo del fossato con la creazione di un piano inclinato che poteva essere battuto dalle artiglierie della fortezza.

Al di sopra delle mura infine fu creato un piano tondeggiante in terra adatto alla protezione delle postazioni di artiglieria e ad assorbire i colpi sparati dagli assedianti.
Il camminamento di ronda fu sostituito dalla strada coperta, teorizzata dal matematico bresciano Niccolò Tartaglia padre della balistica moderna, realizzata alla sommità del muro di controscarpa adatto alla sorveglianza ma capace negli assedi di ospitare manipoli di fucilieri. L’attacco del bastione alle mura fu poi arretrato rispetto al profilo esterno per collocare delle cannoniere protette dal cosiddetto orecchione.

Il miglioramento delle armi da fuoco portatili portò a variazioni nel numero dei bastioni che furono aumentati e ravvicinati mentre si moltiplicarono le postazioni esterne che dovevano allontanare il fuoco dalla fortificazione principale.

Nella seconda metà del Cinquecento le operazioni militari si spostarono dall’Italia ai Paesi Bassi ed è qui che si sperimentarono nuove tecniche di difesa: numerosi furono gli architetti militari italiani che qui si trasferirono mentre un’importante scuola “nordica” andava affermandosi sino alla esplosione del più grande genio fortificatorio secentesco Sébastien Le Prestre marchese di Vauban.
Per la nostra penisola iniziò un periodo di relativa tranquillità che congelò la forma delle nostre fortezze le quali solo raramente furono ancora impegnate in operazioni di guerra. 

Il Castello oggi

Conclusa la stagione militare del nostro castello questi fu utilizzato non sempre coerentemente con la tipologia di edifici presenti.

Dopo aver ospitato esposizioni temporanee, famosa fu quella del 1904 con la realizzazione di padiglione liberty, vi furono ricavati il giardino zoologico, i Musei di Scienze Naturali e del Risorgimento e un vasto parco urbano.
Purtroppo furono distrutti i dormitori militari veneziani, tamponati molti dei passaggi di servizio alle cannoniere e “mascherate” molte delle strutture militari celate da non sempre opportune piantumazioni.

Dopo una lunga stagione di abbandono sono in corso i lavori di recupero dell’area ex giardino zoologico e della sua sistemazione a parco. Programmati sono inoltre importanti lavori di consolidamento delle mura per consentire il recupero di percorsi e fosse negate alla cittadinanza ormai da molti anni.

In particolare saranno riaperte la Fossa viscontea e la Strada del Soccorso. Quasi completato il restauro del Mastio visconteo che dal 1988 ospita il Museo delle Armi Antiche “Luigi Marzoli”, uno dei più importanti d’Europa per la ricchezza delle sue collezioni.

Nelle sue sale sono esposti copricapi e frammenti di armature quattrocentesche, armi e armature cinquecentesche, armi da fuoco sei-settecentesche in gran parte opera di armaioli bresciani.
È stata poi data sistemazione alle ricchissime raccolte del Museo con la realizzazione di un ordinato deposito consultabile nel sottotetto dello stesso edificio. Sono stati avviati inoltre studi per il completo rinnovo del Museo del Risorgimento, collocato nel Grande Miglio.

Sono da completare inoltre il recupero come sale espositive del Piccolo Miglio e della chiesetta di Santo Stefano nuovo.

Nel 1953 entrava in funzione sul Bastione San Marco il telescopio che per mezzo secolo ha avvicinato i bresciani alle meraviglie del cosmo. Il rifrattore Ruggieri, con il suo obiettivo a lenti del diametro di 12 cm, ha fatto scoprire ai visitatori della Specola Cidnea i numerosi crateri lunari, i satelliti Medicei di Giove, gli anelli di Saturno e le calotte polari di Marte.

 

 

 

 
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