Nel 1509 l’esercito veneziano fu travolto dalle truppe francesi nella battaglia di Agnadello; Luigi XII entrò in Brescia e la nostra città subì la disastrosa occupazione di eserciti stranieri, francese, spagnolo, imperiale. In questo breve periodo furono intrappresi importanti lavori sulle fortificazioni del fronte orientale del castello: fu costruito un alto sperone in corrispondenza della torre significativamente poi chiamata dei Francesi e di un grande baluardo a forma di mezzaluna che avrebbe dovuto essere saldato al pra’ della bissa con un breve tratto murario. I lavori, peraltro lasciati incompiuti, comportarono la distruzione dell’antico monastero di San Martino. Fu proprio nel periodo di occupazione francese che la città subì le più disastrose conseguenze del conflitto che da anni opponeva Venezia agli altri stati italiani e ai loro alleati. Insorta nel 1512 contro le truppe di occupazione e aperte le porte della città alle truppe venete, comandate dal futuro doge Andrea Gritti, Brescia fu travolta dalla pronta reazione delle truppe francesi al comando di Gaston de Foix. Questi, ricongiunte le proprie forze utilizzando la strada del soccorso sul lato settentrionale del castello, scatenò il 19 febbraio l’attacco alla città concluso da un sanguinoso saccheggio. Una volta ripreso il possesso della città i veneziani ristrutturarono le zone della fortezza che si erano rivelate deboli, in particolare ricostruirono nel 1523 la porta del Soccorso affiancandole un poderoso torrione semicircolare a tre ordini di cannoniere interne cui convergeva la medioevale via del Soccorso. Inoltre a nord - est del colle fu ultimato nel 1557 il taglio della sella che univa il Cidneo ai Ronchi e fu costruito il baluardo della Pusterla. Introduzione delle armi da fuoco
L’avvento delle armi da fuoco rivoluzionò drasticamente i modi di condurre gli assedi innescando una rincorsa tra perfezionamento delle artiglierie e specializzazione delle difese che continua ancora ai nostri giorni.
Se la storia dell’invenzione della polvere da sparo resta ancora avvolta nel mistero, sappiamo che le artiglierie furono impiegate sin dai primi anni del Trecento anche se la loro potenza offensiva diverrà fondamentale solo nel corso del Cinquecento. I primi cannoni erano di piccolo calibro, sparavano sia proiettili che dardi ed erano impiegati in funzione antiuomo; in origine potevano essere ad avancarica ma anche a retrocarica, non possedevano affusto ed erano di conseguenza piazzati sul terreno o su rudimentali cavalletti mentre l’alzo era realizzato interrando la parte posteriore o sollevando la parte anteriore con travi di legno. Le dimensioni erano variatissime con calibri non uniformati; la bassa tecnologia non consentiva fusioni efficaci e quindi le canne erano ottenute lavorando piccoli pezzi di ferro; i calibri maggiori si ottenevano assemblando doghe di ferro saldate a caldo e rinforzate con anelli di ferro battuto. Anche se l’efficacia distruttiva delle prime artiglierie era ridotta, si rese necessario modificare le strutture difensive che furono ispessite con l’introduzione di terrapieni interni mentre le parti alte e deboli furono radicalmente eliminate.
Il progressivo aumento della potenza di fuoco portò alla riprogettazione delle strutture fortificate secondo due indirizzi: il primo tendeva a ispessisire le murature così da assorbire l’impatto dei colpi; il secondo prevedeva l’introduzione di sagomature speciali delle fortificazioni per offrire la minor superficie verticale possibile. In questo periodo detto di transizione furono sperimentate innumerevoli forme intermedie tra la fortificazione medievale e il fronte bastionato introdotto in forme compiute nel 1534 da Antonio da Sangallo il Giovane nella Fortezza da Basso di Firenze. Nel corso di tutto il Quattrocento furono costruite rocche con torrioni cilindrici di limitata altezza, ampie scarpe fortemente inclinate, casematte per l’uso protetto delle artiglierie, cammini di ronda alla stessa quota per facilitare il movimento dei pezzi. La polvere da sparo fu inoltre impiegata con effetti devastanti nella mina e in un’arma nuova, il mortaio, cannone con canna estremamente corta che veniva puntata verso l’alto e che sparava proiettili dalla traiettoria molto curva capaci di scavalcare le difese nemiche. Secondo Periodo Veneziano
Lo spostamento lungo l’Adda della linea di confine con il Milanese cambiò il quadro strategico complessivo della parte orientale del dominio veneto e costrinse la Serenissima innanzitutto a rinforzare le difese di Bergamo dove fu ricostruita l’intera cinta muraria. Per quel che riguarda Brescia fu invece deciso di riammodernare soltanto le difese del colle Cidneo. Nel 1588 fu iniziata la costruzione di una nuova cerchia esterna a quella viscontea, che avrebbe dovuto in origine collegare il Prato della Biscia con la mezzaluna e lo sperone costruiti dai francesi. Questa prima proposta progettuale fu poi abbandonata a favore della realizzazione di un’ampia cinta muraria bastionata. Basandosi sul principio della difesa fiancheggiante la nuova cerchia fu dotata di due mezzi baluardi, detti di San Pietro e di San Faustino, con al centro un baluardo intero intitolato a San Marco. La progettazione dell’opera fu affidata a specialisti delle fortificazioni quali il Lorini e il Savorgnan. Le postazioni da fuoco si trovavano lungo le mura protette da robusti parapetti chiamati merloni, oppure erano collocate su piazze rialzate al di sopra dei baluardi denominate cavalieri. Perché la fortezza risultasse in caso di pericolo completamente autonoma, la si dotò di edifici adibiti a deposito di vettovaglie, di capaci cisterne, di nuovi alloggiamenti per le truppe, di edifici religiosi, di forni, di numerose polveriere. Mai più coinvolto in vicende belliche il nostro castello cominciò a decadere, anche per l’aumentata potenza delle artiglierie e subì un inarrestabile degrado, accelerato dallo scoppio di una polveriera nel 1747.
Periodo Napoleonico e Austriaco La nostra fortezza alla fine del XVIII secolo era ormai in piena decadenza ed era descritta come molto difettosa, e senza consistente difesa. La disgregazione dei domini della Repubblica veneta fece sì che nel 1796 Napoleone conquistasse con facilità i territori bresciani e con questi anche il Castello. Durante il periodo napoleonico furono condotti semplici lavori di adeguamento fortificatorio mentre numerosi fabbricati furono ridotti a reclusori come il Mastio e la Torre adiacente detta appunto dei Prigionieri. La susseguente dominazione austriaca accentuò le caratteristiche repressive della fortezza migliorando gli accessi da nord, attraverso la Porta del Soccorso, e ampliando i dormitori per ufficiali e truppa. Questi lavori furono intrapresi dopo il temporaneo abbandono della città per le vicende legate alle insurrezioni del 1848. Il Castello che si trovava in generale deperimento e su cui palesavano a chiare note gli insulti del tempo, fu prontamente riattato. L’efficacia della macchina bellica fu tristemente sperimentata dai bresciani nel 1849 quando da essa mossero gli attacchi degli austriaci contro i rivoltosi risorgimentali. Occupato dalle truppe alleate franco - piemontesi nel 1859 il Castello conservò il ruolo di semplice carcere militare fina alla sua dismissione e riduzione a funzioni civili all’inizio del Novecento. L’Amministrazione Comunale avviò l’acquisizione del colle e la sua sistemazione con la realizzazione di una strada che dall’attuale piazzale Cesare Battisti sale sino all’ingresso del Castello e da cui ridiscende sino all’attuale Piazza Arnaldo. Contemporaneamente furono avviati i lavori di sistemazione a parco dei declivi del colle sino ad allora tenuti sgombri da qualsiasi tipo di vegetazione.
Evoluzione delle armi da fuoco L’introduzione della polvere da sparo in grani di potenza quasi doppia rispetto a quella farinosa, la realizzazione di artiglierie fuse in bronzo quindi più leggere e resistenti di quelle in ferro, l’introduzione dell’affusto su ruote che consentiva una straordinaria rapidità nello spostamento dei pezzi, la realizzazione di proiettili esplosivi portarono ad una febbrile ricerca di mezzi in grado di contrastare la potenza distruttiva delle nuove armi. L’Italia, crocevia di eserciti in lotta, diventò alla fine del Quattrocento il banco di prova in cui sperimentare le adeguate contromisure incentrate sulla geniale invenzione del baluardo. Esso è sufficentemente ampio da contenere un maggior numero di pezzi ed è opportunamente sagomato per difendere con il tiro radente le facce dei bastioni contigui. I teorici italiani lavorarono a lungo sulla forma da dare a questi bastioni, in origine un semplice triangolo, perche fossero adeguatamente protetti e potessero, nello stesso tempo battere il nemico, con il micidiale fuoco d’infilata. Per consentire la massima resistenza delle mura queste furono abbassate e inspessite; per proteggere le parti residue di muraglie fu creata davanti ad esse un terrapieno ammonticchiando la terra di scavo del fossato con la creazione di un piano inclinato che poteva essere battuto dalle artiglierie della fortezza. Al di sopra delle mura infine fu creato un piano tondeggiante in terra adatto alla protezione delle postazioni di artiglieria e ad assorbire i colpi sparati dagli assedianti. Il camminamento di ronda fu sostituito dalla strada coperta, teorizzata dal matematico bresciano Niccolò Tartaglia padre della balistica moderna, realizzata alla sommità del muro di controscarpa adatto alla sorveglianza ma capace negli assedi di ospitare manipoli di fucilieri. L’attacco del bastione alle mura fu poi arretrato rispetto al profilo esterno per collocare delle cannoniere protette dal cosiddetto orecchione. Il miglioramento delle armi da fuoco portatili portò a variazioni nel numero dei bastioni che furono aumentati e ravvicinati mentre si moltiplicarono le postazioni esterne che dovevano allontanare il fuoco dalla fortificazione principale. Nella seconda metà del Cinquecento le operazioni militari si spostarono dall’Italia ai Paesi Bassi ed è qui che si sperimentarono nuove tecniche di difesa: numerosi furono gli architetti militari italiani che qui si trasferirono mentre un’importante scuola “nordica” andava affermandosi sino alla esplosione del più grande genio fortificatorio secentesco Sébastien Le Prestre marchese di Vauban. Per la nostra penisola iniziò un periodo di relativa tranquillità che congelò la forma delle nostre fortezze le quali solo raramente furono ancora impegnate in operazioni di guerra. Il Castello oggi
Conclusa la stagione militare del nostro castello questi fu utilizzato non sempre coerentemente con la tipologia di edifici presenti. Dopo aver ospitato esposizioni temporanee, famosa fu quella del 1904 con la realizzazione di padiglione liberty, vi furono ricavati il giardino zoologico, i Musei di Scienze Naturali e del Risorgimento e un vasto parco urbano. Purtroppo furono distrutti i dormitori militari veneziani, tamponati molti dei passaggi di servizio alle cannoniere e “mascherate” molte delle strutture militari celate da non sempre opportune piantumazioni. Dopo una lunga stagione di abbandono sono in corso i lavori di recupero dell’area ex giardino zoologico e della sua sistemazione a parco. Programmati sono inoltre importanti lavori di consolidamento delle mura per consentire il recupero di percorsi e fosse negate alla cittadinanza ormai da molti anni. In particolare saranno riaperte la Fossa viscontea e la Strada del Soccorso. Quasi completato il restauro del Mastio visconteo che dal 1988 ospita il Museo delle Armi Antiche “Luigi Marzoli”, uno dei più importanti d’Europa per la ricchezza delle sue collezioni. Nelle sue sale sono esposti copricapi e frammenti di armature quattrocentesche, armi e armature cinquecentesche, armi da fuoco sei-settecentesche in gran parte opera di armaioli bresciani. È stata poi data sistemazione alle ricchissime raccolte del Museo con la realizzazione di un ordinato deposito consultabile nel sottotetto dello stesso edificio. Sono stati avviati inoltre studi per il completo rinnovo del Museo del Risorgimento, collocato nel Grande Miglio. Sono da completare inoltre il recupero come sale espositive del Piccolo Miglio e della chiesetta di Santo Stefano nuovo. Nel 1953 entrava in funzione sul Bastione San Marco il telescopio che per mezzo secolo ha avvicinato i bresciani alle meraviglie del cosmo. Il rifrattore Ruggieri, con il suo obiettivo a lenti del diametro di 12 cm, ha fatto scoprire ai visitatori della Specola Cidnea i numerosi crateri lunari, i satelliti Medicei di Giove, gli anelli di Saturno e le calotte polari di Marte.
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