Creato da: labuonastregadelnord il 31/05/2011
Eccellenze del Nord (note e meno note)

 

 

LIVIO BERRUTI, Una curva, un rettilineo, una storia

Post n°101 pubblicato il 08 Giugno 2012 da labuonastregadelnord

Livio Berruti

Una curva, un rettilineo, una storia

Campione italiano di atletica leggera, Livio Berruti nasce a Torino il 19 maggio 1939. Il suo nome è inciso in modo indelebile nella storia dello sport nazionale dal 1960, quando vinse alle XVII Olimpiadi di Roma la gara dei 200 metri. Quella vittoria fu simbolica anche perchè Berruti spezzò il dominio statunitense in quella specialità e fu il primo atleta italiano a gareggiare e vincere una finale olimpica.

La famiglia apppartiene alla buona borghesia piemontese; Livio inizia a praticare sport al Liceo Cavour di Torino. Presto attratto dall'atletica leggera, la disciplina che più lo appassiona è il salto in alto.
Inizia anche a frequentare il centro sportivo della Lancia nella speranza di poter praticare il
tennis. Poi a diciassette anni sfida per gioco il campione della scuola nei 100 metri piani: lo batte.
Scoperto il proprio talento nella velocità, si dedica a questa specialità. Alla fine dell'anno scolastico sarà uno dei migliori velocisti dell'Italia intera. Quell'esplosività nelle caviglie covata con il salto in alto sarà una qualità che si renderà preziosa nelle partenze.

Ha solo diciotto anni quando nel 1957, a quasi 20 anni di distanza, eguaglia il record italiano dei 100 metri (10"4) stabilito nel 1938 da Orazio Mariani.
Il padre Michele quando viene a sapere che facevano provare i 200 metri al figlio, invia una lettera allo staff della Nazionale, diffidandoli dal proseguire, preoccupato per il gracile fisico di Livio. Non gli daranno retta.
Nel 1958 abbassa il record di un decimo: il tempo di 10"3 vale a Berruti il primato mondiale juniores.



Passa un anno ed eguaglia, prima, e migliora, poi, il record italiano dei 200 metri: a Malmoe in Svezia, porta il tempo a 20"8.
All'Arena di Milano, su una pista di 500 metri (quindi con curva più breve), corre in 20"7. A Duisburg supera nei 100 metri il fortissimo Hary; nei 200 batte il francese Abduol Seye, detentore del miglior tempo europeo.

Alla fine del mese di maggio 1960 corre a Verona in 10"2 i 100 metri, stabilendo un nuovo primato italiano; poi però viene sconfitto a Londra sulla stessa distanza da Radford. A Varsavia conferma il 20"7 nei 200.
Si avvicinano le
Olimpiadi: Aristide Facchini, tecnico della squadra delle Fiamme Oro e suo allenatore, convince Berruti a puntare solo sulla gara dei 200 metri, senza correre i 100.

Arrivano finalmente i Giochi Olimpici di Roma: i principali antagonisti sono i tre statunitensi Norton, Johnson e Carney, oltre ai due europei Radford e Seye. Berruti gioca "in casa" e, forte dell'incitamento del pubblico, realizza i migliori tempi sia in batteria, sia nei quarti di finale. Il grande favorito sembra essere comunque Seye, il quale domina la prima semifinale; nella seconda semifinale Berruti deve lottare anche mentalmente con il fatto di trovarsi ai blocchi con a fianco tre detentori del primato del mondo: Norton, Johnson e Radford. Corre una curva perfetta e quando entra nel rettilineo, una colomba si leva in volo proprio dalla corsia dell'italiano. Berruti, che è solito farsi notare indossando occhiali scuri e calzini bianchi, domina la corsa e, pur non spingendo sino in fondo sul suo acceleratore, conclude eguagliando il vigente record mondiale di 20"5.
Sono passate solo poche ore dalla semifinale: sono le ore 6 nel pomeriggio di sabato 3 settembre quando parte la finale. Berruti, 180 cm per 66 kg, sembra divorare la curva: all'ingresso del rettilineo è in testa. Seye e Carney stanno rimontando, ma è Livio Berruti che taglia il traguardo del filo di lana per primo. Fa segnare nuovamente il tempo di 20"5.
Prima di questo giorno nessuno sprinter azzurro è mai riuscito a entrare in una finale dei
Giochi Olimpici. Bisognerà attendere Pietro Mennea nel 1980 per eguagliarlo.

A coronamento della sua Olimpiade, Berruti parteciperà (con Sardi, Ottolina e Colani) alla staffetta 4x100: la squadra manca per un centesimo la medaglia di bronzo, ma stabilisce con 40"0 il nuovo primato italiano.

Per la sua storica prestazione riceve una "500" dalla Fiat, 800.000 Lire dal CONI per la medaglia d'oro e 400.000 Lire per il record mondiale.

La carriera agonistica di Berruti attraversa poi fasi alterne. Si presenta nella sua forma migliore alla vigilia dei Giochi Olimpici di Tokyo 1964: corre la semifinale in 20"78 arrivando quinto nei 200 metri, primo bianco e primo europeo. Con la squadra di staffetta 4x100 arriva settimo e abbassa il record nazionale a 39"3.

Il 1968 è il suo ultimo anno ad alto livello. Corre i 200 m in 20"7 a Trieste e partecipa alle Olimpiadi di Città del Messico: ancora una volta con la staffetta 4x100 arriva settimo e ottiene un nuovo primato italiano (39"2). I problemi ai tendini si fanno più acuti e decide di ritirarsi.

A 45 anni di distanza in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino 2006, Berruti è uno degli ultimi tedofori che apre la manifestazione.

Un suo motto è: «Lo sport è cultura, spero che continui a esserlo.»

http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1489&biografia=Livio+Berruti

 
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Carlo Cattaneo, Pragmatismo e lungimiranza

Post n°100 pubblicato il 08 Giugno 2012 da labuonastregadelnord

Carlo Cattaneo

Pragmatismo e lungimiranza

Carlo Cattaneo nasce a Milano il 15 giugno del 1801. Allievo del filosofo e giurista liberale Gian Domenico Romagnosi, nel 1824 si laurea in giurisprudenza. Dal 1828 al 1838 è redattore degli "Annali universali di statistica". Grande sostenitore del progresso industriale, fonda la rivista culturale mensile "Il Politecnico" - la cui prima serie va dal 1939 al 1944 - con intento divulgativo delle conoscenze tecnico-scientifiche.

L'iniziativa - che, specchio della poliedricità del suo autore, spazia dalla storia all'economia, dalla politica alla filosofia e alle scienze - ottiene grande successo e gli conferisce un notevole prestigio negli ambienti intellettuali.

La sua coscienza patriottica e liberale, formatasi anche grazie al suo maestro, lo porta a partecipare - da capo del consiglio di guerra - ai moti delle Cinque giornate di Milano. Il ritorno degli austriaci lo costringe, nell'agosto 1848, a riparare prima a Parigi e poi in Svizzera.

Nel corso del volontario esilio Cattaneo si schiera su posizioni repubblicane e federaliste, contestando lo sbocco monarchico delle conquiste risorgimentali, diversamente da
Mazzini che si mostra disponibile a rinunciare alle rivendicazioni repubblicane pur di ottenere l'unificazione nazionale; in questa fase scrive "L'insurrection de Milan en 1848", pubblicata nel 1849, che oltre a contenere una dura critica alla politica di Carlo Alberto, vuole assolvere anche al compito formativo di una rinnovata società civile che creda nel progresso tecnico-scientifico ed economico.


Questo monumento si trova a Milano,
via S.Margherita (ang. via T.Grossi)

Cacciati gli austriaci, rientra a Milano. Negli anni seguenti è più volte eletto deputato senza però mai prendere parte ai lavori del parlamento per non giurare fedeltà alla monarchia. Nel 1859 riprende le pubblicazioni del "Politecnico", che dureranno fino al 1864, dando ampio spazio ai temi dell'unità nazionale.

Nel 1860 incontra
Giuseppe Garibaldi a Napoli, nel quale ripone le sue speranze federaliste che ancora una volta, però, vedrà frustrate.

Fa poi ritorno a Castagnola, in Svizzera. Qui Carlo Cattaneo si spegne all'età di 67 anni, il 6 febbraio 1869.

Cattaneo è autore di molte opere, quasi tutte accomunate da uno stesso filo conduttore: dal tentativo, cioè, di portare la filosofia su un terreno meno teorico e più pragmatico, agganciandola ai campi dell'economia e delle scienze. Tra le più importanti si citano: "Notizie naturali e civili su la Lombardia" (1844); "Archivio triennale delle cose d'Italia" (1850-55); "Invito alli amatori della filosofia" (1857); "La città considerata come principio ideale delle istorie italiane" (1858); "Del pensiero come principio di pubblica ricchezza" (1859); "Psicologia delle menti associate" (1859-63); "Memorie d'economia pubblica" (1860).

http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=2587&biografia=Carlo+Cattaneo

 
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IL GIRO D'ITALIA

Post n°98 pubblicato il 07 Giugno 2012 da labuonastregadelnord

Il Giro d'Italia

Su e giù per lo Stivale

Il Giro d'Italia parte da Milano per la prima volta il giorno 13 maggio 1909. Quella storica edizione del secolo scorso si concluse sempre a Milano, dopo otto tappe, dopo che i corridori ebbero percorso 2.448 chilometri. Parteciparono in 130 (circa), lo terminarono in meno di 50: il vincitore di quell'edizione fu Luigi Ganna (1883-1957).

Manifestazione da sempre organizzata da "La Gazzetta dello Sport", è da ricordare che allora anche il "Corriere della Sera" stava per lanciare l'iniziativa, ma la "rosea" batté sul tempo il quotidiano (dal 1972 i due giornali faranno parte dello stesso gruppo editoriale). Il Corriere voleva promuovere un giro ciclistico proprio dopo il successo ottenuto con un'analoga iniziativa in campo automobilistico: il Corriere offrì comunque un premio di 3.000 lire destinato al vincitore del 1° Giro d'Italia.

Negli anni il Giro è entrato a far parte delle tre corse più importanti dall'Unione Ciclistica Internazionale, che l'ha inserita nel suo circuito professionistico insieme alle altre due altrettanto storiche corse internazionali, il Tour de France e la Vuelta a España. Se durante il Tour la maglia del leader è caratterizzata dal colore giallo, il leader della classifica generale del Giro d'Italia indossa ogni giorno la maglia rosa (istituita nel 1931), ovvero il colore de "La Gazzetta dello Sport". Altri colori delle maglie e loro significati sono i seguenti: il miglior scalatore indossa una maglia verde (dal 1974), mentre il primo corridore della classifica a punti indossa una maglia color ciclamino (dal 1970). Il cosiddetto Gran Premio della Montagna - quattro tappe che portano in dote punti per la classifica finale - fu istituito nel 1933.

Nel corso degli anni oltre alle già citate casacche sono state indossate: una maglia di colore nero per l'ultimo in classifica, una di colore bianco per il miglior giovane, una maglia di colore azzurro (dal 1989) - chiamata anche "maglia dell'intergiro" - per il primo corridore che raggiungeva il traguardo volante, posto di solito a metà tappa (un espediente con il quale gli organizzatori hanno provato a rendere più movimentata e avvincente la corsa).

Nella storia del Giro il record di vittorie è detenuto da tre grandi personaggi di questo glorioso sport: sull'albo d'oro, ognuno con 5 vittorie vi sono gli italiani Alfredo Binda (vincitore negli anni 1927, 1928, 1929 e 1933) e Fausto Coppi (vincitore negli anni 1940, 1947, 1949, 1952 e 1953), e il belga Eddy Merckx (vincitore negli anni 1968, 1970, 1972, 1973 e 1974).
Citando Fausto Coppi è impossibile non ricordare il suo storico agonistico antagonismo con Gino Bartali: questa, che fu la più grande epopea del
ciclismo, ebbe proprio il Giro d'Italia come teatro della sua battaglia.

Per ciò che concerne il record delle vittorie di tappa, in cima alle classifiche c'è il velocista toscano Mario Cipollini, che nell'edizione del 2003 riuscì a superare il record di 41 vittorie, record che dagli anni '30 apparteneva ad Alfredo Binda; a Binda rimangono attribuiti i record di vittorie di tappa in una stessa edizione (12 tappe su 15 nel 1927), e di vittorie di tappa consecutive (ben 8 nel 1929).

Tra gli altri grandi eroi che hanno firmato grandi imprese del Giro, ricordiamo per gli anni '70 e '80: Giuseppe Saronni (vincitore negli anni 1979 e 1983), Bernard Hinault (vincitore negli anni 1980, 1982 e 1985), Francesco Moser (1984); per gli anni '90: Miguel Indurain (vincitore negli anni 1992 e 1993), Marco Pantani (trionfatore nel 1998); dopo il 2000: Gilberto Simoni (2001, 2003), Paolo Savoldelli (2002, 2005), Damiano Cunego (2004), Ivan Basso (2006), Danilo Di Luca (2007).

Occasionalmente il percorso del Giro d'Italia può anche interessare località fuori dai confini italiani, oppure anche tratti su pista, come nel caso degli arrivi delle tappe a cronometro. Ad eccezione degli anni di interruzione dovuti alla Prima e Seconda guerra mondiale, dal 1909 il Giro si è sempre corso; se la località di partenza in genere di anno in anno varia, l'arrivo - salvo poche eccezioni - è sempre stato nella città di Milano, sede del giornale che da sempre organizza la corsa.

http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=2062&biografia=Il+Giro+d%27Italia

 
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Enrico Ruggeri, Poesie e sensibilità

Post n°97 pubblicato il 05 Giugno 2012 da labuonastregadelnord

Enrico Ruggeri

Poesie e sensibilità

 

Enrico Ruggeri nasce a Milano il 5 giugno 1957. Frequenta il blasonato liceo Berchet dove inizia le sue prime esperienze musicali con alcuni gruppi della scuola.
Nel 1973 fonda la band dei "Josafat" e debutta in concerto al Teatro San Fedele di Milano con un repertorio di classici del rock anni '60. E' invece il 1974 quando forma con l'amico Silvio Capeccia gli "Champagne molotov": lo stile è quello del "rock decadente" alla David Bowie e Lou Reed.

La prima canzone importante è datata 1975: è "Living Home", scritta durante l'ultimo anno di liceo classico, che più tardi sarà "Vivo da Re". Terminato il liceo Enrico si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza e insegna, come supplente, le materie di italiano e latino presso le scuole medie inferiori.
Intanto gli Champagne Molotov cambiano formazione, assumendo quella che diventerà la line-up del primo gruppo stabile: Enrico Ruggeri, Silvio Capeccia, Pino Mancini, Roberto Turati ed Enrico Longhin.

Nel 1977 il gruppo capeggiato dal giovane professore cambia configurazione a seguito dell'abbandono di Capeccia; l'anima musicale subisce l'influenza del punk-rock che sta esplodendo un po' in tutta Europa: cambiano il nome in "Decibel". Enrico abbandona l'università: la musica diventa la sua prima e più importante attività.

E' il mese di ottobre quando Milano vede i suoi muri tappezzati di manifesti e volantini che annunciano un concerto punk dei Decibel. Il concerto è tutta un'invenzione: si tratta di una provocazione in stile Malcolm Mc Laren che suscita la reazione anti-punk dei movimenti giovanili della sinistra. Si assiste a zuffe e pestaggi e, l'indomani, la stampa locale parlerà per la prima volta dei Decibel. Nelle settimane successive, incuriosite dalla circostanza, le case discografiche contatteranno il gruppo: la Spaghetti Records propone loro un contratto e li manda al Castello di Carimate per registrare "Punk", l'album di debutto.

Il lavoro riscuote un buon successo e i Decibel suonano come gruppo di supporto per Heartbreakers, Adam & the Ants.
Nel 1978 rientra nel gruppo Capeccia e con lui arrivano Fulvio Muzio, Mino Riboni e Tommy Minazzi.

Il 1979 vede la pubblicazione dell'album "Vivo da Re" registrato in quel Castello di Carimate. L'anno successivo Ruggeri trascina i Decibel sul palco del Festival di Sanremo con il brano "Contessa": il successo è notevole.
A seguito di un lungo periodo di incomprensioni, che procureranno noie anche dal punto di vista legale, le strade di Enrico Ruggeri e del suo complesso si separano definitivamente.

Incontra Luigi Schiavone con il quale firmerà moltissimi pezzi, tra cui alcuni capolavori assoluti della musica leggera italiana: nell'agosto del 1980 registra il suo primo album da solista "Champagne Molotov". Comincia ad affermarsi anche come autore con "Tenax" interpretata da Diana Est.

Con la CGD incide i successivi dischi: "Polvere" è del 1983. Scrive "Il mare d'inverno", che conoscerà un grande successo con Loredana Berté.

Torna a Sanremo nella categoria "big" nel 1984 con "Nuovo swing"; nella categoria Giovani la canzone "Sonnambulismo", presentata dai Canton, è firmata Ruggeri-Schiavone. Grande sportivo (e tifoso interista) Enrico debutta titolare nella Nazionale Italiana Cantanti il 21 marzo dello stesso anno.

Nel 1985 esce l'album "Tutto scorre" e Ruggeri partecipa all'annuale rassegna della canzone d'autore, il prestigioso Premio Tenco. L'anno successivo vince il premio della critica al Festival di Sanremo, con "Rien ne va plus". Poco dopo esce il minialbum "Difesa francese". Al rientro da una lunga e intensa tournée estiva sposa Laura Ferrato; l'anno si chiude con un altro disco "Enrico VIII" con il quale otterrà il suo primo disco d'oro.

L'edizione di Sanremo 1987 vede vittoriosa una delle più belle canzoni italiane di sempre: "Si può dare di più" firmata e interpretata dal trio Enrico Ruggeri, Gianni Morandi e Umberto Tozzi. Nella stessa edizione il premio della critica viene assegnato a "Quello che le donne non dicono", scritta da Enrico e interpretata da Fiorella Mannoia: il pezzo sottolinea la grande sensibilità del cantautore milanese.

"Vai Rrouge" è il suo successivo doppio album live. Nel 1988 Enrico si cimenta con il cinema contribuendo con due brani alla colonna sonora del film "I giorni randagi" di Filippo Ottoni. Poco dopo esce un altro LP: "La parola ai testimoni". Scrive brani per Anna Oxa, Riccardo Cocciante, i Pooh, Mia Martini e Mina (l'emozionante "Il portiere di notte") e molti per Fiorella Mannoia.

Il 24 marzo 1990 nasce il figlio Pico, Pier Enrico: due mesi più tardi è la volta del disco "Il falco e il gabbiano", che segna un ritorno al rock.
Il 1992 vede Ruggeri in prima fila fra i rockers italiani nel gremire stadi e Palasport con l'ultima tournée che lancia il bellissimo album "Peter Pan": la melodia della title-track è semplicemente incantevole e il successo è enorme.

Nel 1993 Enrico Ruggeri compie l'impresa e vince per la seconda volta il Festival di Sanremo con "Mistero", primo brano rock a trionfare nella città dei fiori. Il brano viene incluso ne "La giostra della memoria" album antologia che racchiude alcune perle della sua carriera. Nel particolare tour che segue Enrico affida la scaletta di ogni serata ad una ruota, cui sono apposti i titoli delle sue più belle canzoni.

Nel 1994 esce "Oggetti smarriti" ed entra nella band Andrea Mirò, polistrumentista e direttrice d'orchestra, che diventerà poi insostituibile collega e compagna nella vita.
Il 6 febbraio 1996 Enrico Ruggeri festeggia i 3 milioni di dischi venduti in carriera: partecipa al festival di Sanremo con "L'amore è un attimo"; segue l'uscita dell'ottimo disco "Fango e stelle".

Nel 1999 esce "L'isola dei tesori" album in cui Enrico reinterpreta alcune sue perle scritte per altri artisti, mentre del 2000 è "L'uomo che vola" disco preceduto da "Gimondi e il Cannibale" sigla dell'83° Giro d'Italia.

Dopo il doppio live "La Vie En Rouge" (2001) partecipa a San Remo 2003 in coppia con Andrea Mirò, presentando il brano "Nessuno tocchi Caino", dimostrando ancora una volta la sua grande sensibilità e manifestando il suo pensiero contro il delicatissimo tema della pena di morte: seguirà l'uscità del disco "Gli occhi del musicista", un disco strano, non adatto alle radio o alle mode del momento, ma bellissimo, permeato da sound incantati che ricordano (con largo uso di fisarmoniche) romantiche melodie di paese.

Nel 2004 Ruggeri prova un "ritorno agli albori", un ripasso delle basi e delle proprie origini: esce l'album "Punk", un progetto il cui ispiratore principale è il figlio adolescente Pico. Si tratta di un eccellente reprise di antichi lavori Ruggeriani incastonati in più che discrete reinterpretazioni di cover (David Bowie, Sex Pistols, Lou Reed, Clash, Ramones) cronologicamente congruenti al periodo.

Una nuova sfida arriva alla fine del 2005 quando accetta di condurre la trasmissione tv "Il Bivio", in seconda serata su Italia 1, programma che racconta le ipotetiche diverse vite che ci sono nella storia di ciascuno di noi. "Ho accettato - spiega Enrico - perché l'esistenza di ciascuno di noi è più interessante della miglior sceneggiatura". Il programma, nato inizialmente come fosse un esperimento, subirà qualche evoluzione, ma il successo durerà negli anni con le successive edizioni.

Acuto di pensiero, geniale nell'utilizzo delle parole, Enrico Ruggeri non ha mai avuto paura di esprimere le proprie idee criticando in modo costruttivo e mai banale la società in cui viviamo, attraverso le sue canzoni e i suoi libri.
Esistono innumerevoli versi che sono da considerarsi delle vere e proprie gemme di poesia. Tuttavia gli amanti di Ruggeri, artista abituato a restarsene in sordina, senza frequentare gli spazi illuminati dai riflettori, forse troppo spesso hanno visto gli addetti ai lavori snobbare i suoi capolavori. C'è chi lo ama e chi lo considera noioso: Enrico non si offende e continua con la semplicità e la grazia di cui è capace, a regalare al mondo frasi e versi di romantica straordinarietà.

All'inizio del mese di luglio del 2009 inizia la conduzione su Italia 1 di una nuova trasmissione dal titolo "Mistero" (come il suo brano del 1993), un programma di interviste che tratta argomenti fantascientifici.

Partecipa al Festival di Sanremo 2010 con il brano "La notte delle fate", a cui segue un nuovo album dal titolo "La ruota". Per l'edizione dello stesso anno del successo televisivo "X Factor", Ruggeri viene scelto per entrare a far parte della giuria, insieme alla veterana Mara Maionchi e ai nuovi giurati Anna Tatangelo ed Elio (Stefano Belisari) di Elio e le Storie Tese.

http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=908&biografia=Enrico+Ruggeri

 
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BRUNO LAUZI

Post n°96 pubblicato il 24 Maggio 2012 da labuonastregadelnord

BRUNO LAUZI

Bruno Lauzi, nato all'Asmara l'8-8-1937 ma cresciuto a Genova, è ritenuto con Umberto Bindi, Gino Paoli e Luigi Tenco uno dei fondatori della cosiddetta "scuola genovese" da cui nacque la canzone moderna italiana ed il cantautorato.



Ha conosciuto e condiviso insieme al suo amico e compagno di banco Luigi Tenco al Ginnasio "Andrea Doria" la passione per i film musicali e per il jazz: con Luigi - siamo all'incirca nel 1953 - faceva parte della stessa "band", la "Jelly Roll Morton Boys Jazz Band ". Nello stesso periodo i due iniziano a scrivere canzoni sotto la guida di Gianfranco Reverberi e di Giorgio Calabrese. Dopo il '56, trasferitosi a Varese, conosce e collabora con Piero Chiara (di cui corregge le bozze dei primi libri) alla nascita del quindicinale politico liberale "L'Altolombardo"; scopre la canzone francese di Brassens, Brel, Aznavour ed inizia il suo percorso (mentre ancora studia Legge alla Statale di Milano) componendo il brano che darà l'impronta a tutta la sua produzione artistica futura: "Il poeta".


Si diploma in inglese alla Scuola Interpreti di Milano che raggiunge quotidianamente viaggiando sul treno che da Varese porta a Milano assieme a studenti ed operai (non prenderà mai la patente...!). Sono gli anni del boom economico e contemporaneamente del fenomeno dell'emigrazione; da questi treni Bruno vede scendere famiglie di emigranti arrivate al Nord col miraggio del lavoro: nasce così "La donna del Sud" mentre vince nel frattempo due concorsi nazionali di traduzione, ma abbandona coraggiosamente a due esami dalla laurea la Facoltà di Legge, decidendo di dare alla sua vita una ormai irrinunciabile svolta artistica. In quel periodo compone "Ritornerai"e con questo brano cominciano ad arrivare i primi riconoscimenti.
A Milano inizia a frequentare e conoscere l'ambiente artistico di quegli anni, dai Gufi ad Enzo Jannacci e a lavorare al mitico "Derby" di Milano, il locale del cabaret degli anni sessanta assieme a Cochi e Renato, Felice Andreasi e Lino Toffolo: il suo successo come autore, cantante ed interprete comincia a diventare sempre più importante; inizia così la sua vera attività artistica che comincia ad impegnarlo in concerti e tournee internazionali fra le quali anche una insieme con Mina.



Alla fine degli anni Sessanta Bruno Lauzi conosce e diventa amico di Lucio Battisti che gli propone di entrare nella sua casa discografica, la "Numero Uno": inizia una proficua collaborazione col duo Battisti-Mogol che Bruno suggellerà portando al successo, come interprete, brani storici quali "E penso a te", "L'aquila" e "Amore caro, amore bello", con il quale raggiunge il primo posto in hit parade: vince vari premi della critica discografica con canzoni cantate da lui o scritte per altri quali "Lo straniero" per George Moustaki, "Quanto t'amo" per Johnny Halliday, "L'appuntamento" per Ornella Vanoni, "Piccolo uomo" per Mia Martini incontrando artisti internazionali come Vinicius De Moraes , Toquinho, Petula Clark, Dionne Warwick,Tony Bennet, Peter Ustinov, Gabriel Garcia Marquez,Serge Reggiani, scrive canzoni per bambini tra le quali"La tartaruga", e"Johnny Bassotto" ed inizia a collaborare praticamente con tutti gli artisti nazionali, tenendo, tra gli altri, a battesimo "sconosciuti" come Edoardo Bennato, Roberto Vecchioni, i Gatti di Vicolo Miracoli.

Collabora con i fratelli La Bionda (per un periodo suoi chitarristi nei concerti dal vivo) ed è il primo tra i colleghi ad ospitare in televisione Baglioni e, forse, l'unico con Mina ad avere Battisti in un suo "speciale"televisivo. Sempre in quel periodo nasce una sincera simpatia personale con il suo avvocato di allora, un certo Paolo Conte, che gli fa ascoltare su un vecchio "mangiacassette"un brano ("Onda su onda") di cui subito Bruno s'innamora portandolo al successo. Sarà poi la volta di brani come "Genova per noi" e "Bartali" tanto che lo stesso Conte ebbe a definirlo "grande ambasciatore della mia musica"... Incide "Angeli" con Lucio Dalla, "Naviganti" con Ivano Fossati, "Maria dei parafulmini" con Ron ed il figlio Maurizio fino ad ospitare Paolo Conte al vibrafono nel proprio disco "Back to jazz". Vince il premio della critica nel 1989 al Festival di Sanremo con il brano "Almeno tu nell'universo" scritto con Maurizio Fabrizio magistralmente interpretato da Mia Martini.



Decide di diventare discografico ed editore di se stesso: fonda una propria casa editrice che chiama significativamente ”Pincopallo” e, sempre con Maurizio Fabrizio, dà alla luce nel 1992 uno degli album più significativi della sua carriera “Il dorso della balena”.
Pubblica due volumi di poesie: "I mari interni" edito da Crocetti Editore nel 1994 e "Riapprodi" edito da Rangoni Editore nel 1996, riuniti più tardi in un unico volume dal titolo "Versi facili", Edizioni Marittime dello stesso Lauzi.
Diceva Bruno di sé: “alla tenera età di 63 anni amo definirmi un cantante, compositore, autore di testi, cabarettista e poeta e gran cercatore di funghi…”
Nel tempo libero trova il tempo di occuparsi inoltre, di politica, giornalismo ed enogastronomia, tanto da arrivare assieme alla moglie Giovanna e su suggerimento del grande Giacomo Bologna a produrre un Barbera denominato “La Celesta” che Veronelli ebbe a definire "grande vino" ottenuto con le uve raccolte dai vigneti della propria cascina, nell’amata Rocchetta Tanaro.



All’inizio degli anni 2000 Bruno Lauzi si ammala, fortunatamente in forma non grave, del morbo di Parkinson, e come confidava lui stesso "comincio a temere che il tempo a mia disposizione possa cominciare a scarseggiare"  La sua vita artistica subisce così un’improvvisa accelerazione e si moltiplicano attività ed iniziative in più direzioni: riprende a pubblicare per la propria etichetta, la Pincopallo, una nuova serie di album che ne testimoniando così la vitalità dirompente del suo estro creativo: ”Una vita in musica”, ”Omaggio alla città di Genova”, “Omaggio al Piemonte”,
“Tra cielo e mare: la Liguria dei poeti”, “Back to Jazz”,
e per altre case discografiche escono “Il manuale del piccolo esploratore ”e “Nostaljazz”. Nel frattempo pubblica il secondo volume di poesie “Esercizi di sguardo” edito da Edizioni Marittime, libro che si impone all’attenzione della cri
tica e di poeti quali Nico Orengo, Giuseppe Conte ed Elena Bono, ma soprattutto commuove il grosso pubblico. Una delle liriche ivi contenute, dedicata allo sfarfallìo della mano colpita dal morbo “ La Mano”, diventa un gadget per la raccolta di fondi a favore della ricerca scientifica sul morbo di Parkinsone pubblica il volume ”Poesie contromano”, un omaggio alla sua calligrafia scomparsa…
Gira il cortometraggio “Ora dicono fosse un poeta” coaudiuvato dall'amico Felice Andreasi, e che ottiene vari riconoscimenti dalla critica, vincendo, tra l'altro, alcuni premi della tra i quali citiamo quello del Festival di Bellaria.
Scrive un musical con Gianfranco Reverberi “Una volta nella vita” che diventerà testo scolastico per le scuole di musical. Rinfrancato dal giudizio positivo di esperti del settore (Garinei stesso si complimenta con Bruno), scrive una nuova co
mmedia musical con Pippo Caruso “Donna Flor”, rinnovando fra i due le sintonie e la stima di sempre.



Diventa testimonial dell’AIP (Associazione Italiana Parkinson) contribuendo con diverse iniziative alla raccolta fondi per la ricerca.
Una nuova terribile malattia mina la salute e la vita di Bruno che nel 2005 che trova l’energia per far scrivere chi curava e tuttora cura questa breve biografia: “Come massimo segno di fortuna e dopo non poche vicissitudini, attraverso i buoni uffici dell’amico Franco Battiato, vede la luce a venti anni dalla prima stesura, il “non-romanzo” “Il caso del pompelmo levigato” che viene pubblicato da Bompiani Editore” e che Bruno amava definire “ piccolo trattato umoristico sul libero arbitrio ed altre arbitrarietà…”
Nell’ultimo anno di vita Bruno Lauzi detta e fa pubblicare il suo libro autobiografico
“Tanto domani mi sveglio” pubblicato da Gammarò Editore, realizza per RAI Trade l’album “Cioccolatino” e per l’Associazione Italiana Parkinson l’album “Ogni bambino è un miracolo in più”.
Il Club Tenco di Sanremo con cui Bruno Lauzi, dopo un tormentato periodo, aveva nel 2001 ripreso un'intensa e affettuosa collaborazione, decide di dedicargli il massimo riconoscimento del Club, il Premio Tenco, in questo caso eccezionalmente dedicato a un cantautore italiano.
Lauzi ne resta sorpreso e onorato ed è ormai consapevole della suo destino. 
Nello stile asciutto che gli è caro commenta: "Ho cominciato con Tenco, finisco con Tenco" suggellando così con disincantata lucidità il suo iter di uomo e di artista.

Saranno la moglie Giovanna ed il figlio Maurizio a ritirare per lui il premio sul palcoscenico di Sanremo l' 11 Novembre 2006: nell’Ottobre del 2006, infatti, Bruno Lauzi si spegne lasciando un’eredità umana ed artistica di rara nobiltà.
A noi, amici e collaboratori, non resta che raccogliere il testimone da lui lasciato e seguire il preciso progetto artistico e culturale da lui tracciato al quale stiamo lavorando.

 


pubblicato da
www.ildorsodellabalena.org


 

 
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