Creato da carpediem56maestral0 il 23/09/2006

come le nuvole

le guardi e credi di poter parlare di loro, di aver catturato la loro essenza ed ecco che sono altro e ancora altro e non le puoi incasellare, descrivere e neppure toccare...

 

 

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n. 5

Post n°543 pubblicato il 12 Febbraio 2010 da carpediem56maestral0
 

 “La mia sola consolazione, quando salivo per coricarmi, era che la mia mamma venisse a darmi un bacio non appena fossi stato a letto” (Marcel Proust)

                                                                                                    Colonna sonora

 

Era la vecchiaia, lo sapeva.

Ma ogni anno che passava rosicchiava minuti di sonno alle sue già corte notti e adesso, alla veneranda età di novant’anni sei mesi e cinque giorni, il record mattutino di sveglia riportava: ore 4 e 50 minuti .

Si alzò dal letto che fuori era ancora buio pesto e nel silenzio perfetto della casa si soffermò ad ascoltare il suono ritmico delle lancette della pendola in fondo al corridoio: il tempo scorre, eccome se scorre, ultima chiamata!

Mise su la piccola caffettiera preparata dal giorno prima e rimase seduta al buio, con la sola luce del minuscolo neon sulla cappa, in attesa che l’aroma del caffè si spandesse nel cucinino.

Il suo sguardo, appannato da un inizio di cataratta, si posò sul calendario appeso alle lucide piastrelle gialle. Riportava in grassetto la data del giorno: domenica, 14 febbraio, San Valentino.

Sorrise tra sé mentre si godeva lo spettacolo magnificente e gratuito, del cielo che si arrossava pian piano scacciando le ombre della notte.

Lei  il suo piccolo bigliettino d’amore l’aveva ricevuto giusto il pomeriggio prima quando, scartabellando dentro il cassetto del comò alla ricerca di una dannata penna che finalmente scrivesse, aveva trovato ripiegato dentro una busta ingiallita, un bigliettino a lei indirizzato.

C’era scritto, con grafia grande e chiara,  “Sei bellissima ed io ti voglio un bene infinito, che non ha un inizio e non avrà una fine”, seguiva il disegno di un cuore trafitto da una freccia e la firma: Gianluca.

Quel bigliettino aveva più di quarant’anni ma il contenuto continuava a scaldarle il cuore.

Al ricordo gli occhi le si riempirono di noiose lacrime come oramai le accadeva troppo spesso e sospirò alla fragilità emotiva di una età degna di Matusalemme che la portava a commuoversi per ogni più piccola cosa.

Più tardi sentì la chiave girare nella toppa d’ingresso e un voce maschile risuonare nella casa chiamandola a gran voce: - Mamma, dove sei?

- Qui, in soggiorno, caro - rispose allegra, e si preparò a ricevere il bacio dall’amore della sua vita, suo figlio Gianluca.

 

                             

 
 
 
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