come le nuvole
le guardi e credi di poter parlare di loro, di aver catturato la loro essenza ed ecco che sono altro e ancora altro e non le puoi incasellare, descrivere e neppure toccare...
« Messaggio #124 | Vietato vietare! » |
Non mi ero persa...avevo trovato destinazioni alternative !
Le parole mi hanno sempre affascinato. Adoro scegliere, tra i mille vocaboli che affollano il nostro lessico, quello più adatto, il più vicino alla sfumatura del discorso che voglio esprimere. Anche per questo ho, da sempre, amato la musica di De Andrè, l’accuratezza dei testi delle sue canzoni, la selezione delle parole che poi andranno a dar vita alla sua poesia.
Come restare indifferenti verso concatenazioni di vocaboli che evocano “cose”, che rimandano ad “emozioni”, come….”in direzione ostinata e contraria” o “quello che non ho, è quello che non mi manca”....” tutti morimmo a stento”…. “dentro alla bocca stringevi parole, troppo gelate per sciogliersi al sole”….
Sono consapevole che, chi controlla le parole, controlla il potere, e chi controlla il potere decide il significato delle parole. Come disse l’uovo, Humpty Dumpty, ad Alice “Le parole significano quello che, io, voglio significhino…” e, all’obiezione di Alice, “Ma come può, una parola, significare cose diverse?” rispose “Dipende da chi comanda!…”.
Leggo, pertanto, con curiosità che negli States è attualmente meglio, per indicare una donna, usare il termine “female” piuttosto che woman (formato da with man), che non si dice più, per indicare il postino, mailman ma mail-person, che i negros, diventati colored e poi blacks (neri) adesso vanno chiamati african-americans….
In questa ricerca di definizioni “politically correct”, si sfiora (o meglio, ci si immerge fino all’inabissamento) il ridicolo, per cui trovo umoristico chiamare, i barboni che vivono per strada, “residenzialmente flessibili” e i calvi persone “follicoralmente deficitarie”.
Le donne affette da sindrome pre-mestruale vanno affettuosamente definite “persone periodicamente irritabili” , e persino il farabutto, il disonesto che ti ha appena scippato la borsa, và compreso perché, “eticamente disorientato”…
I sordi, sentono meglio, se li si indica come “non udenti” e i ciechi intravedono spiragli di luce se sono “non vedenti”…. gli spazzini acquistano dignità, se qualificati come “operatori ecologici” e la signora Pina, a chi le domanda cosa fà di mestiere suo marito, può rispondere fiera, “Mio marito? Si rende socialmente utile”…..
I ghetti sono più accettabili, per chi ci vive e per chi li crea, se possono dirsi “quartieri etnicamente omogenei” e, i vecchi bacucchi, vinceranno l’Alzaimer se li definiamo “senior” .
Persino l’insulto ‘a stronzo, risulterà più educato e carino, se si avrà cura di urlare “ a’ scatologicamente composto”….
Che le parole orientino il pensiero e finiscano con l’avere influenza sulle opinioni, si evince dal fatto che, ultimamente, per indicare l’incremento dell’offensiva militare americana si è preferito ad “escalation” , il più evocativo e morbido “surge” , ondata….anomala magari, ma pur sempre nella natura delle cose….Adesso vi saluto, vado a fare surf!
Per chi ha già imbracciato la tavola e stà correndo verso il mare… |
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Carpe, per favore, chiedo una moratoria, una diluizione, una pausa di riflessione. Non puoi pubblicare tutti questi post seri, che poi sono costretto a sforzare oltremodo le meningi per riuscire a produrre un commento all'altezza. Non potresti accontentarti di uno alla settimana? In modo che abbia la possibilità di ricaricare le pile tra uno sforzo e l'altro...
Le parole sono simboli, e come tali seguono, esprimono, sono utilizzate dal "potere", non lo determinano. Il potere si basa molto più brutalmente su questioni materiali: soldi, mezzi di produzione e di comunicazione. Cambiare le parole per tentare di modificare la percezione delle cose è forse lodevole, ma inefficace: se "negro" è offensivo, utilizzare "afro-american" non farà altro che trasformare in offensivo quest'ultimo termine, costringendo ad infinite contorsioni verbali per continuare a cambiare le etichette mano mano che queste si consumano. La politically correctness è in buona sostanza un falso problema, e come tale presta facilmente il fianco a lazzi ed ironia. E' che siamo schiavi del marketing e siamo ormai convinti che basti leggere "revised an updated" per trovarci di fronte ad un prodotto nuovo, mentre nella scatola c'è sempre il solito vecchio mondo, un po' più feroce e cattivo di prima.