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TuttacolpadellaLuna

"...quando si avvicina troppo alla terra, fa impazzire tutti". William Shakespeare

 

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Ricordi

Post n°7 pubblicato il 07 Maggio 2017 da Paintedonmyheart

 

Vecchio post, ricordi sempre attuali.

 

Ci siamo incontrati per caso al supermercato.

Lui sempre ben vestito, inappuntabile nel suo bel soprabito, e sempre con quell'aria fresca e profumata. Ho avuto un sussulto nel trovarlo inaspettatamente davanti, tutta presa com'ero dal leggere etichette minuscole che la vista, sempre più calante, rende ormai indecifrabili. Mi ha sorriso, con quella sua espressione impertinente, e mi ha preso in giro per l'età che avanza e per il fatto che non mi decida ad indossare gli occhiali. Divertita, gli ho ricordato che la sua testa ormai rapata a zero, non è certo per questione di moda. Poi, come sempre, l'imbarazzo ha preso il sopravvento, e sembra assurdo a dirlo, ma dopo 24 anni di unione e di amore, qualche battutina ironica è il massimo a cui ancora permettiamo di esistere tra noi.

Mi ha salutata e ha continuato il suo giro. So già che comprerà: l'ho fatto sempre io per lui nei tanti anni che ci hanno visti sposati.

Lo guardo allontanarsi ed un groppo alla gola mi costringe a deglutire più volte per mandarlo di nuovo giù: dove deve stare.

Ma la mente è ormai lì, in altri giorni che ci hanno visti insieme: un'altra vita, in cui essere felici e avere mille cose da dirci sembravano gli unici modi di viverci.

E rivedo una strada. Quella che ci portava dalla cittadina sull'Adriatico, in cui eravamo andati a vivere appena sposati, a Napoli, città in cui siamo entrambi nati e cresciuti, e dove ancora ci recavamo spesso per salutare le rispettive famiglie. 
Abbiamo avuto la nostra prima casa lì, in quel piccolo tratto di costa del Molise, una casa che ci ha sorriso dal primo giorno in cui ci siamo entrati (sì, anche le case possono sorridere). 
Le uniche strade che attraversano gli Appennini da quella zona sono due, chiamate la "Trignina" e la "Bifernina" dai nomi dei fiumi che hanno scavato la via, e mai strada ci è sembrata più bella ogni volta che insieme percorrevamo l'una o l'altra.

Rivedo quella natura ancora incontaminata che ci accompagnava durante quegli spostamenti, e che bellissima ed affascinante, come una donna ad una festa, si vestiva dei colori delle stagioni che si avvicendavano. 

Rivedo il lago di Guardialfiera, che improvviso compariva in mezzo alle montagne, un suggestivo squarcio d'azzuro in mezzo a tutto quel verde, attraversato da un lungo viadotto che in alcuni punti ci faceva viaggiare completamente immersi in quel colore inaspettato, come sospesi: né cielo né terra, ma sul punto di poter toccare sia l'uno che l'altra. Come forse si dovrebbe vivere.

Percorrere quelle strade mi dava una serenità incredibile...

Ci impiegavamo circa due ore e mezzo per arrivare a casa, e per tutto il tragitto con mio marito non facevamo altro che stuzzicarci e ridere.

Un giorno, dopo l'ennesima risata, mi toccai il pancione, che intanto era cresciuto, e guardandolo con la commozione di chi è consapevole di vivere un sogno, gli dissi che nostra figlia sarebbe stata fortunata ad avere dei genitori che si amavano e sapevano divertirsi tra loro in una maniera così bella e forte. 
Ci sorridemmo senza più parlare. Lui mi prese la mano e me la baciò con gli occhi che gli brillavano di felicità: attimo infinito…
 Avevo trent'anni ed erano già dodici anni che stavamo insieme, ma per me era come se fosse un giorno.

Tutto il resto che è arrivato l'ho affrontato come un gioco, con la leggerezza e l'entusiasmo di chi non desiderava altro che quel che aveva già, nonostante vivessi praticamente da sola, e per di più lontanissima dalla vita che ero abituata a respirare in una città come Napoli, che dal cuore non va più via. 
Lui non c'era mai per lavoro, spesso anche di notte, a volte per giorni, ed io nel trasferirmi avevo lasciato tutto: le mie supplenze a scuola, i miei alunni di pianoforte, ed ovviamente tutti gli affetti,  amici, famiglia, ed il mio amato cane, la mia ombra, rimasto a Napoli perché non ero l'unica ad amarlo così tanto.

Lontana da tutto ciò che fino a quel momento era stato il mio mondo, crescevo nostra figlia e mi occupavo di tutto da sola, ma niente mi pesava, se non la mancanza di condivisione di tutte le piccole conquiste della mia bimba con qualcuno d'importante per me, e il conseguente senso di solitudine.

Eppure ero felice...

Poi, è arrivata la seconda figlia e con lei nuovi trasferimenti.

E poi…

E poi…

E poi…

E poi tutto ha avuto fine. 

Inutile ricercarne le colpe, so solo che l'amore non basta, non basta mai, di certo non è bastato il mio.

Lo guardo oggi allontanarsi lungo la corsia di un supermercato stranamente vuoto, e penso che sarebbe bastato restare.

Restare non solo con il corpo, ma con l'impegno, con la volontà a farlo, con la rinuncia del futile, con la disperazione di chi sa che sta perdendo tutto ciò che di bello aveva, con la rabbia contro la vita che ci ha voluti così fragili e sconfitti, con la forza di chi sa amare fino in fondo, perché sa che è da lì che ci si può dare la spinta per risalire verso l'alto e muovere così i propri passi in una direzione piuttosto che in un'altra.

Lentamente l'ho visto sparire tra gli scaffali...

Ma quell'uomo che ho tanto amato è ancora lì, su quella strada lussureggiante in mezzo alle montagne, anche lui incontaminato da tutto il male che è venuto dopo. 

I suoi occhi innamorati e il suo sorriso impertinente per sempre in me.

 

"Un-Break My Heart" di Gheorghe Zamfir


(ed è arrivato anche quel momento,
quello del sigillo definitivo alla parola "fine",
che sbatte la porta in faccia a quella piccola illusione ancora rimasta,
e che neanche sapevo di avere,
che fosse stato tutto vero,
che eravamo davvero invincibili...)

 

 
 
 
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