Creato da il.corsaro.nero il 22/02/2006
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Ilva, cosa c’è dietro?

“la fame è più forte della paura, per questo molti uomini accettarono di lavorare in quella miniera così lontana, in quella miniera dove ci si ammalava, in quella miniera pericolante, in quella miniera dove non esistevano misure di sicurezza”. Tratto dal film Marcinelle.

Il diritto al lavoro non ha bisogno di essere sancito dalla costituzione di uno stato, il diritto a vivere una vita misurata alla capacità personale di reddito e il diritto a lavorare nella sicurezza sostenibile sono principi che esistono nella natura umana e si evolvono nel tempo grazie proprio a quella disponibilità di coscienza e fattibilità che la società stessa realizza col passare del tempo. È anche vero che, tutti i "lavori", in misura certamente diversa, hanno un grado di pericolosità dovuta a molteplici fattori contingenti, incidentali o per la natura stessa del mestiere e della professione.

Non possiamo pretendere che in un conflitto a fuoco tra malviventi e Forze dell’Ordine, queste ultime, siano immuni dalla possibilità di morte solo perché dobbiamo coniugare il binomio “lavoro e sicurezza”, com’è anche vero che la casualità diventi forza predominante in determinati momenti; un proiettile sparato da lontano entra da un finestrino salta una persona e ne colpisce un’altra. Il destino? Possiamo credere, da buoni pensanti a pancia piena che l’evitare determinate azioni siano il by pass per la salvezza del famoso binomio. Come ho detto da ben pensanti a pancia piena.

Voglio essere ancora più specifico e destabilizzante, avvalendomi del parere di una psicoterapeuta e specialista in consulenze metodologiche e analisi dei dati statistici (Dott.sa C. Rigacci), pongo il suo assunto come assioma: Esiste un principio statistico-matematico, noto come principio di causa-effetto, che nel suo essere astruso ma utile, molto semplicemente ci dice che per affermare un nesso di casualità diretta e univoca tra un fattore A e un fattore B devo aver soddisfatto due condizioni (note come condizioni sperimentali) una delle quali è l’esclusione dell’azione di altri possibili fattori che possono o potrebbero concorrere a determinare quel benedetto fattore B!! Tutto questo, tradotto nuovamente, per dire, altro esempio banale, che è verissimo che chi fuma è a rischio tumore ai polmoni ma ben diverso è dire che solo e soltanto il fumo causa il tumore ai polmoni Infatti, purtroppo, noi sappiamo che pure i non fumatori si ammalano.

Va da se, impossibile considerare, nella terra tarantina, l’Ilva quale unico fattore inquinante.

A Bari qualche anno fa, la famosa “saracinesca”, l’ecomostro, di Punta Perotti, era abbattuta tra gli applausi di benpensanti, ambientalisti e categorie a godere. Oggi il comune di Bari e lo Stato italiano sono debitori nei confronti delle imprese costruttrici per una sentenza della Corte Europea che li vuole colpevoli e sanzionabili, quindi, baresi e italiani, dovranno risarcire quanto compiuto in un momento di euforica aberrazione mentale.

L’Ilva ha mostrato i denti, mettendo in ferie forzate 5000 dipendenti, molti hanno parlato di rappresaglia, di pugno di forza da parte dell’industria, di fascismo.  L’industria per molti è vista sempre come una belva da abbattere e mai come quell’asino che porta sulle spalle, spesso un peso maggiore di quanto sia dato di portare.

Mi sono sempre chiesto: se comprassi o costruissi la mia casa, lo farei a pochi metri da un vulcano che mi dicono essere fonte di altissimo pericolo, anche se i terreni sono dichiarati tranquillamente edificabili? Non mi pongo la domanda perché io vivo fuori dal centro abitato e sono circondato da terreni agricoli e niente vulcani. Credo, però, dovrebbero farsela in molti. Questo strano braccio di ferro, tra il Gip Todisco, il Ministro Clini, il Governo e l’azienda, ha del surreale, condito da un miscuglio non ben specificato di persone che si ergono a sostenitori del diritto salute e lavoro, altri a difesa dell’ambiente, operai in trincea per il loro posto di lavoro e, per certo, altre strane figure simili ad ectoplasmi che muovono i fili di una regia non ancora chiara ma dal sapore economicamente parlando omicida. Chiudere l’azienda è come fare un omicidio di massa, una strage di persone, di sogni, d’impegni presi e da portare a termine, una strage di vite che non sono solo quelle tarantine ma anche di tutto un indotto che circonda e vive grazie a questa struttura. L’azione compiuta dall’Ilva nel mettere in libertà forzata 5000 vite umane, mi ricorda azioni simili, veri e propri ultimatum che in quel di Torino erano di prassi quando un’altra azienda si presentava al Governo pro-tempore a bussar cassa. Lui non era fascista.

Attenzione al concetto di libertà, stato e politiche salutistiche. Ho l’impressione che questa vicenda, figlia di altre minori e in continua crescita, stia modificando radicalmente il modus stesso del sistema politico. Prima avevamo chi, nella qualità, ci forniva protezione e otteneva l’obbedienza, il popolo sapeva che il sovrano era uno solo ed era quello da combattere. Dallo jus primae noctis, quindi, si è passati alla tassazione obbligata per usufruire di benefici e assistenza.

Il cambiamento in atto da alcuni anni ha aggiunto all’identificazione tra sovranità e popolo, essenza delle democrazie moderne, una vera e propria politica filantropica. Questa mi spaventa più di tutto, pseudo salutisti che in nome del sostenibile, dell’ambiente e di mille plenarie cazzate (sic) assieme all’azione governativa e politica ci propinano il principio che il popolo è l’origine di ogni potere per poi privarci delle libertà individuali. Il tutto sempre nel nome del nostro bene, della nostra salute e dell'ambiente.

Oggi o domani, al più tardi, il Governo è costretto a prendere una decisione sull’Ilva, la necessità di mantenere in vita questa impresa è data proprio dalla priorità strategica d’interesse nazionale, dalla tutela dei posti di lavoro, dalla difesa ambientale e, soprattutto, per una questione scottante e pericolosa di ordine pubblico. Se lo Stato decidessi di entrare nel c.d.a. dell’azienda metterebbe in uso i famosi finanziamenti pubblici per il risanamento dell’Ilva, questo porterebbe a una nazionalizzazione dell’azienda che finirebbe per trasformarsi nel solito carrozzone pubblico, mangia soldi. Si calpesta il diritto inalienabile ed assoluto alla proprietà in nome della salute.

Volendo abbracciare le tesi della Procura e intendere legittime le accuse poste in essere contro l’Ilva quello che mi resta sullo stomaco (sic) è il perché si sia dovuto attendere fino ad oggi un’azione così invasiva. Perché non costringere l’Ilva a compiuti atti di ambientalismo sostenibili in anni passati? Tutti i predecessori del Gip Todisco hanno sempre ritenuto l’Ilva ligia al rispetto delle norme ambientali e alla difesa della salute? Domande cui non avremo mai una risposta.

Nei giorni a venire avremo modo di capire quale scenario definitivo si prospetterà per l’Ilva di Taranto, quanto l’ambiente sarà risanato e la nuova valutazione del binomio lavoro e vita. Di una cosa sono certo… ha ragione Jean Paul Sartre –“Quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri che muoiono". -

Ci aggiorniamo amici... ci aggiorniamo!!!

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