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The Mass

Post n°112 pubblicato il 30 Maggio 2006 da crisse
 
Tag: Io
Foto di crisse

L’inizio è fissato alle 11:00. Io non so cosa fare: ma qui avranno l’abitudine di arrivare molto presto o all’ultimo momento? Il mio obiettivo è quello di passare il più inosservato possibile, anche se temo che la cosa sarà difficile. Qui i cattolici sono pochissimi, e si conoscono tutti, immagino. Decido che passerò davanti alla chiesa con la macchina verso le 10:40 e deciderò il da farsi. Ed in effetti già c’era la coda delle auto che stavano svoltando nel parcheggio. Decido di fermarmi anch’io.

Nel vestibolo entro con una famiglia (madre, padre e due figli biondo platino; uno dei due è una lei alta almeno quanto me, bellissima, occhi azzurri, ma dovrà avere sì e no 15 anni), e lì c’è già il parroco che indossa i paramenti e che saluta le persone che arrivano. Ma non è come quando andai al Cairo, che mi inseguirono per salutarmi. No, qui è molto più tranquillo, riesco ad andare oltre senza traumi.

C’è una piccola tribuna dove siede il coro, tutti vestiti con le palandrane rosse che siamo abituati a vedere nei film. Un pianoforte suona in sottofondo.

Cerco un posto in fondo ed in disparte. Ma ben presto tutte le panche si riempiranno. Accanto a me si siede una signora che si è portata da casa un grosso cuscino blu. Prendo un libro con la descrizione delle liturgia e cerco di mettermi in memoria le risposte in lingua, che non conosco. Sulla parete un cartellone elenca il numero dei canti della celebrazione. Prendo un altro libro e li cerco.

Alle 11:00 in punto una signora grossa grossa va al microfono e dà alcuni annunci. Inizia con un “Good morning” a cui tutti, ma proprio tutti, rispondono “Good morning”. Dopo di ché tutti, ma proprio tutti, ad un suo invito si alzano in piedi all’istante. Inizia la celebrazione.

Il parroco è un signore robusto, con una folta barba nera, e due occhietti simpatici. Durante tutta la messa farà ridere a crepapelle i presenti con qualche buona battuta.

La chiesa ora è piena, e sono presenti le famiglie, al completo, le mamme , i papà, i nonni, i bambini di ogni età, da 0 a 18 anni. Sembra proprio che non manchi nessuno. E si notano per le chiazze che fanno nell’assemblea. C’è la famiglia cinese, quella in cui tutti hanno i capelli gialli, quelli tutti rossi, quelli con la pelle olivastra… tutti seduti vicini vicini.

Il vangelo è proclamato da un diacono, che ci fa anche l’omelia. L’impiego dei laici è spinto al massimo.

I canti non sono scatenati come quelli che ci hanno fatto vedere in tv. Sono profondi, la musica tocca il cuore, con dolcezza e semplicità. Così mi vengono i lacrimosi quando cantiamo (tutti, ma tutti eh?): “Blessed are you when they insult you and persecute you and utter every kind of evil against you because of me. Rejoice and be glad, for your reward will be great in heaven. Thus they persecuted the prophets who were before you.”. In questa terra di missione queste parole mi sono suonate molto presenti, e molto vere. Qui cinquant’anni fa non c’era nulla. Oggi in quest’area ci sono ben 800 famiglie cattoliche. Qui i cattolici sono derisi, non si capisce il loro attaccamento ad una morale ritenuta ormai sorpassata dai tempi, e soprattutto la loro fedeltà al Vescovo di Roma.

Al momento della consacrazione di botto tutti si inginocchiano. Per poi rialzarsi tutti insieme al Padre Nostro, e si danno la mano. Anch’io la do alla signora a fianco, che mi sorride, e me la stringe come se non volesse farmi andare via.

Allo scambio della pace i parenti si baciano sulla bocca, con gli altri la stretta di mano va più che bene. La signora bacia sulla bocca una ragazza, poi mi guarda e mi dice che è una sua vicina di casa… A beh, allora può farlo.

Alla comunione prima tutti cantano, poi si alzano. La comunione viene fatta sotto le due specie. Prima un signore vestito di nero e con una grossa spilla con la bandiera americana mi da l’ostia, poi una signora mi offre il calice, da cui tutti bevono. Qui si usa il vino rosso, non male…

Il parroco dà gli ultimi annunci. Dice che settimana prossima sarà in ferie e che quindi non saranno celebrate messe. Ma che in caso di emergenza può essere contattato e tornare. Sicuramente, dice, ci saranno emergenze. E tutti scoppiano a ridere.

Ite missa est. E si esce. Ognuno alla propria occupazione, alla propria casa. Due giorni di riposo ci aspettano ancora. Ho solo il cruccio di non avere approfittato di quelle persone, il timore dell’incomprensione e della difficoltà della lingua mi ha fatto restare da solo. Chissà quante belle esperienze avrei potuto fare se solo avessi avuto un po’ più di coraggio. Per il momento, però, come allora, ho sperimentato come la Chiesa possa essere Madre, soprattutto nei momenti in cui la tua famiglia sia molto distante, e tu sia solo un granello di sabbia in mezzo ad un mondo che non conosci.


Dear Rev. Robert,

I’m writing to you, but I don’t know if you’ll read this email or another brother of the parish. He, or she, will excuse me if I’m doing so.

Then I apologize for my bad English, but I come from Italy and I’m going to stay here only few days, for business reasons.

Today is Sunday and I usually spend Sunday with my family. Now my family is thousands miles far and I want to thank God for having found another family this morning at the 11:00 mass.

When I’m far from home, and this isn’t the first time, in the Christian community I can feel that the Church is Mather, and I felt so this morning. Thank you and all the brothers and sisters of Lexington.

God bless you,
CS.
(An Italian traveler)

 
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