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Pensieri tristi

Post n°131 pubblicato il 14 Giugno 2006 da crisse
 
Tag: Io

In questi giorni sono molto preso dal lavoro e faccio davvero fatica a seguire il blog come vorrei. In questo momento, ad esempio, sono reduce da una riunione di cinque ore dove ho dovuto tenere in piedi la conversation moderando tra più parti. C’è stato un momento che sono stato colto da un mal di testa formidabile, calo degli zuccheri, non ce la facevo più.

Per completare il quadretto aggiungo che, uscito dalla riunione, mi ha chiamato la mogliettina in lacrime dicendo che non ce la fa più a gestire la casa e la famiglia con me lontano. Al di là del fatto che riconosco che la questione sia oggettiva, non è bello stare in un paese straniero, a smazzularsi dalla mattina prestissimo alla sera tardissimo per un lavoro del menga, e poi nel momento in cui potrei rinfrancarmi sentendo una voce amica, ritrovare quella voce in una situazione di quasi disperazione.

Sento già qualcuno, come mi è già capitato più volte, che dice: queste sono le conseguenze delle tue scelte. Hai voluto un lavoro di consulenza e guadagni bene? Per questo hai sacrificato la tua famiglia!

Beh, diciamo subito che il lavoro non l’ho scelto, e non so quanti tra di voi hanno la fortuna di poterlo scegliere davvero. Diciamo che quando mi sono laureato avevo davanti due opzioni: (whether) fermarmi all’università a proseguire le mie ricerche for free, a tempo indeterminato, sperando che forse dopo qualche anno uscisse un concorso per entrare nel mondo universitario, o insegnare, che ne so; (or) oppure accettare subito un lavoro ben pagato, a crescita piuttosto rapida e buone prospettive di carriera. Oppure avrei potuto entrare nel mondo di quelli che inviano domande a destra e a manca sperando chissà cosa. A 28 anni potevo aspettare ancora “qualche anno” prima di costruirmi una mia famiglia? Senza certezze di lavoro futuro? Mi si è presentata subito l’occasione di poter pensare alla famiglia e l’ho fatto. Avrei dovuto viaggiare? Come facevo a saperlo, allora? Per i primi anni lavoravo a qualche decina di chilometri da casa, e imparavo il mestiere in fretta.

E pensavo che quando mi sarei stufato sarebbe bastato scrivere un curriculum con le esperienze fatte, inviarlo a due o tre indirizzi buoni e mi si sarebbero aperte tutte le porte.

E invece, senza nemmeno rendermene conto, sono entrato nel tunnel, e vi assicuro che è molto difficile uscirne. Senza rendermene conto ho imparato un mestiere che può essere fatto solo in viaggio, e solo presso un ben determinato tipo di clienti: il lavoro di consulenze deve essere svolto presso la sede del cliente, solitamente un’azienda di medie e grandi dimensioni. E, manco a dirlo, nella mia città aziende così grandi non esistono. Occorre spostarsi almeno a una cinquantina di chilometri di distanza. E non è un lavoro continuo, per cui può capitare di stare presso un’azienda per dieci anni, bensì sono attività di poche settimane, o mesi, e poi bisogna cambiare.

Da allora ho lavorato in posti come: Milano, Il Cairo, Roma, Napoli, Varese, Messina, Taranto, Siracusa, Genova, Vicenza, Verona, Torino, La Spezia, Batesburg (oggi…), sempre stando qualche mese di qua, qualche di là. E quando invio curriculum ad aziende mi propongono sì uno stipendio più alto, benefit maggiori, ma il lavoro è sempre quello. Nessuno ti paga uguale o di più per fare un lavoro d’ufficio: chi mi offre qualcosa, lo fa perché sa che so fare bene il mio lavoro e vuole che continui a farlo.

Tutte le volte che mi sono rivolto ad aziende che cercavano persone “residenti” o non mi hanno nemmeno risposto, o mi hanno riso in faccia al colloquio.

E poi non è vero che si guadagna poi così bene: ho la possibilità di permettermi un mutuo per l’acquisto della casa piuttosto alto, perché non avevamo capitali iniziali; ma col mio stipendio da solo comunque non ci staremmo mica dentro.

Quindi io mi sento la causa di tutti questi disagi e problemi, ma quando mi ci metto per risolverli diventa comunque impossibile cambiare qualcosa. E vi assicuro che non c’è niente di peggio che sentirsi responsabili per un qualcosa su cui si può fare poco o nulla. Ed in questa situazione sono da solo ad affrontare il problema, perché la cara mogliettina di fatto mi scarica tutte le sue frustrazioni. Ed io sento di dovermi fare carico dei miei e dei suoi problemi, e di doverli affrontare e risolvere da solo.

A volte riesco, a volte è davvero difficile.

E immagino che lo sia anche per lei, coi figli a carico, il lavoro, i genitori anziani e con i loro problemi di salute.

Che scelta potremmo fare?

 
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