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Post n°191 pubblicato il 12 Settembre 2012 da De_Blasi.A
L’opera di Antonio De Blasi tra utopia e ricerca della vita Di Giuseppe Cinquegrana (giornalista e antropologo)
Allora vi furono sospiri, più profondi perché repressi. E sguardi furtivi, più dolci perché trafugati. E rossori di fuoco, sebbene non vi fosse peccato. Don Juan, c.I, st.74
Ah come è crudele l’intervallo fra il momento In cui si concepisce un grande disegno E quello della sua esecuzione! Schiller
Nelle opere di Antonio De Blasi l’immediatezza dell’esecuzione artistica bene interpreta la ricerca di situazioni psicologiche che trovano spazio in quell’innocente rệverie percepibile nella sensibilità dell’anima,nell’intenso respiro, nell’attesa di luce. Pulsazioni di emozioni che pongono l’accento su corpi sentiti come gioia dei sensi, per la bellezza dei movimenti, per quella ricerca/proiezione di sogno e desiderio. Nei lavori di De Blasi c’è un plasmare corpi in forma evocativa dello spirito che emanano sentimenti legati alla sacralità della donna nella sua energica bellezza. Una sorta di spirito Zen che entra nei campi della vita umana:religioso, filosofico, morale, cerimoniale. Donne che guardano il proprio grembo nella più assoluta quiete, nella naturalezza di condividere un corpo che genera altri corpi che si legano ad elementi di immaginazione e di sogno come la cicogna simbolo di pietà filiale, elegante volatile a cui si crede che tradizionalmente porta i bambini, probabilmente in rapporto ai suoi costumi di uccello migratore , il cui ritorno corrisponde al risveglio della natura. Nella stessa prospettiva – scrivono Jean Chevalier ed Alain Gheebrant (1986:262) “le si attribuisce il potere di fare concepire con il solo sguardo”. Un modus pensante revisionato dal piccolo pinocchio che osserva un grembo materno prossimo a dare alla luce la creatura presentata attraverso tutta una serie di elementi legati alla maternità: biberon, giochi, pupazzi, che servono a cercare e dare quel sorriso che già viene immaginato nella ecografia che ne individua la nuova “essenza”, quella che sarà la nuova vita. Il grembo non esclude i contatti con il mondo esterno per la valicabilità ecografica, che permette di entrare nei chiaroscuri del primo battito. Un’opera, quella di Antonio De Blasi, carica di pathos, ma allo stesso tempo, con chiara disinvoltura, non si lascia pregiudicare: una sorta di agire come gioco, che lo spirito Zen chiama “demondanizzazione”. Bambini collegati al cordone ombelicale del mondo, bambini che con gli occhi ancora chiusi si aggrappano al dono della vita sulla terra dove si respira e si sopravvive tra mille espedienti; bambini sotto lo sguardo della santità come quello di Madre Teresa di Calcutta la santa del sorriso, fanno percepire quel viaggio con imprevisti colpi di scena come sottolinea lo stesso artista. Ed ecco che la mente quanto il grembo divengono luoghi simboli della creazione, quella umana pensata e voluta, che l’autore grida quale “maternità che prescinde da ciò che si vede”. Spazi e tempi scanditi dall’artista nei linguaggi multipli dell’ecografia che divengono poesia di un atto di amore che il De Blasi immortala con sguardi innocenti, pura dedizione all’essere stato in un fotogramma. Luci e linee che danno corposità al figurativo, corpi che emanano sentimenti con grande ricerca di tonalismo attraverso un impianto compositivo, che trova nella ritrattistica un adattamento naturale, mentre nella chiarezza dei volti si nota persino un certo lirismo espressivo. Riprendendo dalla scuola del Parrasio (V. Requeno Y Vives -1787:59), nella pittura del De Blasi si legge la grazia, il movimento, l’eleganza che sa dare quella profondità di luce nella convinzione del valore del visibile anziché dell’ombra. Un concetto questo ancor più maturo nei suoi lavori in chiaro scuro, in cui le gradazioni della luce sono più marcati come nel ragazzo punk,la donna con il Rosario, la ragazza contemplativa. Gradazioni di luce in corpi che rimandano luce, che non l’assorbiscono. Una pittura monocroma ben strutturata che rimanda ad artisti come Andrea del Sarto, Polidoro da Caravaggio, F. Bartolomeo di San Marco. Chiari equilibri nell’uso del tratto artistico a cui ben si addice anche per De Blasi il pensiero del Mengs nell’uso del chiaroscuro quale “base dell’armonia in cui i colori non sono che i toni che servono per caratterizzare la natura dei corpi” (1821). Nell’opera di Antonio De Blasi siamo nel “bello ideale” marcato da quella visione aristotelica del rapporto disegno/pittura (leukogràphein) tema ripreso, specialmente nelle pieghe dei panneggi, dal Winckelmann (1888:669). “L’uomo dipende dalla memoria” diceva Alberto Asor Rosa. Ed ecco che il tema anrtropico ritorna caro all’artista e, in questa dimensione, la memoria nelle sue opere diventa il mezzo privilegiato per poter effettuare un recupero di fatti e di circostanze rilegate grido prometeico contro le mal de vivre (tabagismo, alcolismo, ecc.) e in questi linguaggi catartici Antonio De Blasi ci fa entrare in quella sala immensa dell’anima dove diceva sant’Agostino “trovano posto le sensazioni provate, le esperienze vissute, le conoscenza apprese”.
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