Creato da enca4 il 15/02/2010
PENSIERI E PAROLE
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La sindrome di DOWN non è una malattia. Le persone con la sindrome di DOWN non cercano una medicina,vogliono solo essere trattate come tutti gli altri!!!
Il 93% dei contatti non copierà questo messaggio... ma spero che tu che ora stai leggendo voglia far parte del restante 7% che metterà questo messaggio nella sua bacheca...
ENYA - MAY IT BE
LA FRASE DEL GIORNO
Si dice che fino a quando si bestemmia si è vivi e che si inizia a morire guando si pronuncia una sola parola "DIO"
anonimo
Enca4
W. Allen
NON E' CHE HO PAURA DI MORIRE.
E' CHE NON VORREI ESSERE LI'
QUANDO QUESTO SUCCEDE.
W. Allen
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Noi ci amiamo noi viviamo
noi viviamo noi ci amiamo
E non sappiamo cosa sia la vita
Cosa sia il giorno
E non sappiamo cosa sia l'amore
Jacques Prévert
I ragazzi che si amano si baciano
In piedi contro le porte della notte
I passanti che passano se li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
E se qualcosa trema nella notte
Non sono loro ma la loro ombra
Per far rabbia ai passanti
Per far rabbia disprezzo invidia riso
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altrove lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore.
Jacques Prèvert
DALLA - CANZONE
N. de Chamfort
CHE COSA DIVENTA UN PRESUNTUOSO
PRIVO DELLA SUA PRESUNZIONE?
PROVATE A LEVAR LE ALI AD UNA FARFALLA:
NON RESTA CHE UN VERME.
N. de Chamfort
GLI APOSTOLI DIVENTANO RARI,
TUTTI SONO PADRETERNI
A. Karr
Post n°387 pubblicato il 05 Agosto 2012 da enca4
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Post n°385 pubblicato il 11 Gennaio 2012 da enca4
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Post n°384 pubblicato il 07 Gennaio 2012 da enca4
Un guerriero è morto combattendo contro un cane nero.... un uomo nuovo è nato da questa battaglia.. il suo nome è Enrico. questo blog si ferma qui definitivamente... a coloro che passano io dico leggete i suoi post a coloro che gli sono amici io dico...egli vi è già accanto... a me che l'ho accompagnato ...io dico... ENRICO MI MANCHI....!!!!!!!!!!!!
p.s. non scrivete messaggi nella posta rimarrebbero lì... se vorrete il mio telefono scrivetemi su flymoby |
Post n°383 pubblicato il 02 Gennaio 2012 da enca4
CARO DIO...
Caro Dio, aiutami a cercarTi di nuovo. Ho bisogno di esserTi vicino, di sentirTi vicino, invece mi sto allontanando da te. Sto soffrendo e Tu sai che le mie sofferenze non sono soltanto pene d'amore, ma anche pene fisiche gravi,molto gravi. Qualcuno mi aveva detto che quando si combatte con il male, si diventa cattivi ed aridi. Questo è quello che sta succedendo a me. e me ne stupisco perché io non sono mai stato cattivo, ne egoista, ne arido verso nessuno. Ho commesso si tanti errori nella mia vita, ma non ho mai odiato nessuno. Adesso, invece, odio me stesso, facendomi così male da solo. Adesso che, dovrei amarmi, mi odio. Adesso che dovrei amarTi, ti ignoro. Ho paura, Caro Dio., ho paura di non farcela. Ho paura di essere solo nel momento in cui morirò. Ho paura che neanche Tu sarai con me in quel momento. Non ho più nessuno con me. Sono solo a combattere una battaglia che solo non potrò mai vincere. Io so che Tu non abbandoni nessuno, ma il mio orgoglio, e la vergogna per le azioni passate, mi impediscono di chiederTi: "AIUTAMI TI PREGO". So che mi stai cercando; so che mi vuoi vicino a Te, ma perché, allora, resto insensibile al Tuo richiamo? Adesso che conosco la vera sofferenza, so che senza la Tua presenza al mio fianco non riuscirò a superare la notte. Aiutami, Tu che puoi. Aiutami a ritrovare me stesso, a tornare ad essere quello che ero fino a qualche tempo fa. Ti prego, aiutami. Enrico (enca4)
Ci siamo conosciuti per questo...per questo gli sono accanto... Namastè a voi amici di Enrico... siate sale di questa terra... siate luce sulle montagne e non sui moggi... perchè il vero ed unico Nome di DIO è... A M O R E
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Post n°382 pubblicato il 27 Novembre 2011 da enca4
Salve amico Diario, non ti ho svegliato, lo so perfettamente, perché tu sei parte di me e, come tutti i veri amici, non dormi se non dormo io, non ti svegli se io non mi sveglio. Se soffro io, soffri anche tu; se io gioisco tu ne sei contento. Altrimenti che amico saresti? Sto pensando a tante cose che mi vedono principale interprete. Ne avrei fatto volentieri a meno, e tu lo sai, ma la vita è questa. Non abbiamo l’opportunità di cambiare il corso degli eventi e di far girare la ruota a nostro favore quando ci fa più comodo. La mia, di ruota, sembra che si sia fermata ad aspettarmi. Mi pare, quasi, che sia ormai tutto deciso e che io non debba fare altro che salire su quel carro e, senza chiedere la destinazione finale, accetti il viaggio che è stato per me programmato da tempo. Nel 1986 Giovanni Paolo II° presidiava un convegno, in Vaticano, di cosmologia. Erano presenti i più grandi studiosi e scienziati dell’epoca, per la maggior parte in disaccordo con la teoria che l’Universo fosse stato creato da Dio. Il Papa disse: “La chiesa non ha nulla in contrario al fatto che voi studiate il Cosmo e l’Universo tutto, ma non tentiate, così, di scoprire Dio.” E poi proseguì: “ Dio è dentro ciascuno di noi ed è lì, se volete conoscerlo, che dovete guardare.” Io, che non sono uno scienziato, che non sono uno studioso così importante da partecipare ad un simile simposio, io che sono una persona come miliardi di altre persone, dove devo cercare Dio? Tu che mi conosci bene potresti dirmi: “Cercalo in un fiore, in un animale, in un bambino, in un vecchio, in quello che fai tutti i giorni.” Non vedo Dio in quello che dici. Se guardo un bambino, guardo un bambino che soffre, che ha fame, abbandonato. Sicuramente Dio non è lì. Se guardo un vecchio, vedo un vecchio stanco, solo, malato, abbandonato da tutti, che prega nella speranza che giunga presto la sua fine. Anche lì io non vedo Dio. I fiori, le piante, gli animali, noi stessi, sono, secondo me il risultato chimico, fisico, geologico di una normale crescita che la terra ha avuto nel corso di miliardi di anni. Non vedo Dio in tutto questo. “Dio è amore, ama tutti voi, nessuno escluso”. Questo mi è stato sempre detto e ricordato, specialmente in questi ultimi anni. Ma se fosse così, Dio, non permetterebbe che uno qualsiasi dei suoi figli soffra. Qual è quel padre che accetta di sapere che uno solo dei suoi figli possa soffrire? Quello che sto scrivendo non riguarda solo me, ma riguarda tutti noi esseri umani. Pochi giorni fa mi è stato detto: “Accetta la tua situazione con il sorriso. Aiutati con la preghiera” Io ho risposto: “Io non sono San Francesco.” Lo dico, adesso, perché sento che il mio tempo si sta avvicinando sempre più. Vedo segnali e situazioni che mi fanno capire quanto sia stupido farsi delle illusioni, sperare. Io non spero più. Io vorrei solamente che il tutto avvenisse, presto, durante il sonno. Vorrei non accorgermi di ciò che mi sta succedendo in quel momento. Ma so che come nessuno sa a che ora precisa nasciamo, nessuno di noi può conoscere l’ora precisa della nostra fine. E forse è meglio così. Enrico |
Post n°380 pubblicato il 22 Novembre 2011 da enca4
Ciao amico Diario, è un bel po’ di tempo che non parliamo più tra noi, vero? Sicuramente tu non avrai sentito la mia mancanza, ed è giusto che sia così, in fondo sono stato io ad abbandonare quel colloquio epistolare che abbiamo avuto per molto tempo. Adesso è inutile che io stia qui a spiegartene i motivi, a trovare, nei tuoi confronti scuse puerili che non hanno ne capo ne coda. A proposito di scuse, sai che cosa ha detto (tra le tante), Roberto Gervaso? No?, ascolta: “ Non chiedere mai scusa o perdono. Chi ti vuole bene ti crede e ti perdona senza che tu glielo chieda; mentre chi non ti vuole bene, comunque, non ti crederà mai!” Belle parole, vero? Ed è proprio così che funziona. Due veri amici, con la a maiuscola, possono anche mancare l’uno verso l’altro, ma se sono “veri” amici non ci sarà bisogno di spiegazioni tra loro, basterà uno sguardo, un sorriso, ed una stretta di mano. Bando alle citazioni che, comunque, lasciano sempre il tempo che trovano, sono contento di aver trovato la forza di parlarti di nuovo. Devo dire con estrema sincerità, che anche se cercavo di convincermi che potevo fare a meno della tua presenza, in realtà mi sei mancato molto. Mi sono mancati i tuoi giudizi (a volte lapidari, ma comunque sinceri); mi è mancato, ed ora me ne sono accorto, il colloquio che avevo instaurato con te. Era un colloquio, quello tra noi, pieno di sensazioni e di stupori e, nello stesso tempo denso di certezze e di verità. Non so dirti con precisione perché io abbia smesso di parlarti e di ascoltare i tuoi suggerimenti. Forse quello che mi dicevi toccava il lato intimo del mio essere e ciò, qualche volta, mi era piaciuto poco. Ma anche in questo caso ero io a sbagliare perché se ti confidavo cose mie, a volte strettamente personali, era anche giusto che mi aspettassi da te una reazione. Reazione che non poteva essere certamente sempre a me favorevole. Se non volevo che mi venisse sbattuto in faccia il tuo pensiero, allora, era meglio che stavo zitto fin dall’inizio, non credi? Tu, adesso, mi chiederai: “Ma, in fin dei conti, cosa vuoi ora da me? Io la penso sempre come prima. Sono sempre pronto ad attaccarti, se ce ne fosse bisogno. Come sono pronto a difenderti, a capirti, a consigliarti. L’importante è che tu, Enrico, voglia tutto questo.” Si! E’ quello che voglio. E’ quello che mi è mancato in questi lunghi mesi. Credo, e correggimi se sbaglio, ti prego, che ognuno di noi è regista ed interprete del film della propria vita. Ma un film non si fa solo con un unico attore che è anche regista di se stesso. Un film ha bisogno di uno scenografo, al fine di creare ambienti e situazioni particolari. Ha bisogno, il film, di una serie di persone che, correndo anche il rischio di diventare impopolari agli occhi del mattatore principale, diano il proprio parere, per quanto lo stesso possa essere antipatico. Adesso che hai letto quale è il mio pensiero attuale, non dirmi che sono cresciuto, che forse ho capito cosa vuol dire vivere, non da soli, ma insieme ad altre persone. Io sono sempre stato così. Critico fino alla esasperazione nei miei confronti, ma nello stesso tempo negativo e musone verso i giudizi che gli altri potevano esprimere su di me, perché ero io che avevo dato loro il permesso di farlo. E allora, perché prendersela? In questi casi bisogna accettare le critiche, come si accettano gli elogi. E’ tardi e la stanchezza che ho cercato di nascondere, si sta facendo strada in modo impetuoso. Sicuramente riprenderemo questo discorso uno di questi giorni, sempre che tu voglia ascoltarmi. Un abbraccio, mio caro Diario, e di nuovo perdonami se ti ho trascurato, ma vedo dal tuo sguardo che, tornando alla frase di Gervaso, non c’era bisogno che ti chiedessi scusa. Tuo Enrico |
Post n°379 pubblicato il 20 Novembre 2011 da enca4
Come è difficile essere in pace con noi stessi. Come è difficile convincersi del fatto che quello che è stato è stato, tanto non possiamo far nulla per fare in modo che il destino prenda un’altra strada. Siamo impotenti davanti alla voglia di voler cancellare i nostri errori. “Prega”, mi dice un mio caro amico. “Non stancarti mai di pregare, Lui ti ascolta. Non devi raccontargli i tuoi sbagli, li conosce tutti, ma parlagli di te, dei tuoi momenti brutti e dei momenti belli. Perché, tu non li vedi, ma ci sono tanti momenti belli nella tua giornata.” “Parlagli come se parlassi a tuo padre o a tua madre. Confidagli le tue pene, le tue angosce, le tue paure, i tuoi tormenti. Di qualsiasi natura essi siano. Sappi che Lui già li conosce, ma vuole sentirli da te. Vuole da te un atto di contrizione, di rimorso vero. Solo allora ti sentirai libero da ciò che ti assilla.” “Non aver paura a dirgli quello che ti passa per la mente in quel momento. Anche se il tuo pensiero è duro e spietato, nei Suoi confronti, hai il diritto di dire ciò che ti pesa e che ti rende la vita impossibile ad essere vissuta.” “Ma poi accetta il Suo verdetto. Non ribellarti se credi che Lui sia stato, nei tuoi confronti, duro e spietato. Sembra a te, ma Lui non è mai duro e spietato con i Suoi figli. Ci ama tutti, dal primo all’ultimo. Soffre quando vede che un suo figlio ha preso una strada da cui non c’è ritorno. Ma lo ama lo stesso, anzi, lo ama di più.” “Tu, Enrico, soffri. Tu, Enrico, non riesci a dire a te stesso: “Basta con il passato, non devo essere io a giudicarmi continuamente. Lo farà Lui quando sarà il momento. Cerca di vivere ciò che ti resta da vivere nel miglior modo possibile, in pace con te stesso, ma in armonia con Lui.” “Cercalo più volte al giorno; chiamalo quando credi che non ti stia sentendo. Ma fallo con tutto l’amore possibile nei Suoi confronti. Non temere, non si offende certo se qualche tua parola è, in certi momenti pesante. Ne ha sentite di peggio. Devi essere te stesso, specialmente quando Lo interroghi.” “Ha sacrificato Suo Figlio per il nostro bene. Sarebbe pronto a rifarlo se ce ne fosse bisogno. E tu, nonostante questo, pensi che non ti ascolti? Che ti abbia abbandonato? Se ti voleva abbandonare avrebbe salvato Suo Figlio.” “Prega, credi in Lui e nella Sua maestosità. Credi nella Sua misericordia, nel Suo perdono.” “Avanti, Enrico, dì quell’unica preghiera che ancora ti ricordi. Anzi, diciamola insieme: Padre Nostro che sei nei cieli, sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo regno …….” Enrico |
Post n°378 pubblicato il 09 Novembre 2011 da enca4
“ Il Re è morto. Viva il Re!” Questa breve frase accompagnava la dipartita, verso vita migliore, i monarchi che, certo, non lasciavano di loro un buon ricordo nelle menti e nei cuori dei loro sudditi. Era come dire: “Se il popolo non ha potuto, ha potuto Dio.” Non sempre era così. Molte volte era una mano umana, armata di coltello o altro, a fare quello che nemmeno la giustizia divina era riuscita a compiere. “ Berlusconi non c’è più. Evviva Berlusconi che ha dato segno di onestà e rispetto per il paese!” Non continuiamo ad essere ipocriti. Nessuno di coloro, me per primo, che ha auspicato la fine del Governo Berlusconi, pensa che lui abbia voluto fare qualche cosa di serio e giusto almeno una volta in tutti questi anni di legislatura. Io non credo nel Berlusconi che, con la coda tra le gambe, abbandoni la scena politica definitivamente a favore di altri più seri e capaci di lui. Io non credo neanche che il suo egocentrismo, l’orgoglio che lo divora, la sua sfrenata ambizione lo abbiano abbandonato di colpo. Credo a una cosa, però. Credo al fatto che per essere giudicati migliori di lui, basta fare meno della decima parte di quanto lui aveva promesso. Basta e avanza. Il problema è un altro: chi? Non vedo nessuno all’orizzonte che abbia le capacità politiche di iniziare, e portare a termine una intera legislatura. Vedo qualche tappabuchi, qualche persona pieno di buona volontà, ma niente più. E questo è negativo per un Paese come l’Italia che è stata la culla della politica e della democrazia. E’ vero, però, che negli ultimi anni si sono avvicinati al mondo politico personaggi che di politico nulla avevano. Un po’ avrà influito la cronica mancanza di lavoro, facendo scegliere a molte di queste persone, che altrimenti potevano essere dei valenti muratori, fabbri, od operai, un lavoro meno faticoso, sicuramente più remunerativo e che li preservava economicamente, per il futuro, da qualsiasi crisi. Beati loro. Farà opposizione l’amico Berlusconi? O, con un colpo di coda ce lo ritroveremo di nuovo tra i piedi? Avete visto sicuramente quanta stima ha il mondo politico, e mi riferisco al G20 di Cannes, dell’uomo Berlusconi. Non ha trovato nessuno pronto a scambiare due parole con lui. Non è riuscito a farsi valere neanche da coloro che, fino a poco tempo fa, erano da lui considerati amici. Questa è la naturale fine che un uomo, ma soprattutto una Nazione come la nostra, fa quando non rispetta gli impegni presi, quando mette al primo posto le sue problematiche, quando è giornalmente presente su tutti i giornali non per le sue capacità politiche, ma per fatti e personaggi che con la politica nulla hanno a che fare. “Il Re è morto. Viva il Re!” E’ facile dire questa frase, sono solo sette brevi parole. Il difficile viene adesso. Per tutti noi, nessuno escluso. Ci dobbiamo rimboccare le maniche? Pronti a farlo. Lo abbiamo sempre fatto, per secoli. Ma, in cambio, cosa ci verrà dato? Ma, ancor di più, cosa avranno i nostri giovani? Lavoro, sicurezza, tranquillità, protezione da eventi infausti? Potranno, molti di loro, formarsi e mantenere una famiglia? Ho paura, molta paura per il loro futuro. Ma ho altrettanta paura per il nostro futuro. Di noi che, raggiunta una certa età, speravamo di poter trascorrere una tranquilla vecchiaia. Speravamo che il mondo avesse, ormai, preso una strada che, anche se dura, avrebbe comunque garantito un minimo di certezze ad ognuno di noi. Invece non è così. Invece non sarà così. Dovremo combattere fino all’ultimo istante della nostra vita. Dovremo combattere contro le avversità naturali, fisiche, morali, economiche, familiari, sociali. In più dovremo combattere contro un futuro pieno di dubbi ed incertezze. Le nostre idee che ci hanno guidati fino ad ora, che hanno formato il nostro carattere, la nostra personalità, non sono servite ad altro che a farci ridere per quello che siamo diventati. Auguri, Italia. Enrico Cagnoni |
Post n°377 pubblicato il 01 Novembre 2011 da enca4
Il pomeriggio, questo pomeriggio, sembra non aver mai fine. Scorre lento, noioso, uggioso con il cielo pieno di nuvole che non garantiscono niente di buono. Sono solo a casa. Da molto tempo tento di completare un presepe che, ne sono certo, non finirò neanche quest’anno. E’ lì, davanti a me che mi guarda sconsolato, quasi volesse dirmi: “Dai, se ci metti un po’ di volontà riesci a finirmi.” E’ che a me il presepe, come l’albero di Natale, piace costruirmelo pezzo per pezzo. Cartoncino, compensato, carta di giornale, un po’ di colla e qualche chiodino. Il resto lo lascio fare alla mia fantasia, ai miei ricordi più che altro. I ricordi… sono tanti, ma tra loro non c’è mio padre ad aiutarmi. Non abbiamo mai fatto un presepe insieme, io e mio padre. Crescendo ho imparato come fare, cosa utilizzare, ed allora ho sempre fatto da me. Quando ho avuto mio figlio vicino, beh lui non era proprio portato per certe cose. A lui, come a tutti i bambini, il presepe serviva solo per avere un punto dove avrebbe sicuramente trovato dei regali. Qualche volta mi è tornata alla mente la commedia di Eduardo De Filippo, Natale a casa Cupiello, dove il protagonista cerca in tutte le maniere di coinvolgere il figlio nella costruzione del presepe, senza però ottenere alcun risultato. “Te piace ‘o presepe?” “No!” A lui, il figlio interessava solo il fatto che a Natale avrebbe avuto qualche lira in regalo da spendere. A pensarci bene, e volendo essere un po’ critico con me stesso, debbo ammettere a malincuore che il tempo passa, inesorabile, per tutti e per tutto. Anche le tradizioni hanno fatto il loro tempo, e questo nonostante l’impegno economico che viene messo da chi, dal Natale, ricava bei guadagni. Fra qualche giorno inizierà il bombardamento pubblicitario annuale. Sempre i soliti spot. Sempre i soliti prodotti, sempre i soliti personaggi, sempre i soliti film. Niente di nuovo. Però, a pensarci bene, un personaggio nuovo che da qualche anno ci augura Buone Feste, c’è. Non veste la casacca rossa e grossolana di Babbo Natale (i suoi abiti sono fatti su misura adoperando stoffe particolarmente morbide e calde), non ha barba e capelli bianchi, anzi i suoi capelli sono frutto di uno studiato e costoso trapianto. Neanche il sorriso, a sessantaquattro denti, lo fa somigliare a Babbo Natale. All’angolo della bocca ha un ghigno sospetto che non riesce, per quanti sforzi faccia, a nascondere. Ci parlerà di sacrifici a cui andremo incontro (come se non bastassero quelli che abbiamo fatto fino ad ora); di progetti per il futuro (sperando in cuor suo che qualche rimbambito ancora gli creda); ci racconterà quello che è stato fatto di buono da lui e da chi gli sta intorno (e questa parte sarà la più corta del suo discorso); cercherà, per ciò che non è stato fatto, di dare la colpa a chi non la pensa nel suo stesso modo (così farà sentire in colpa tre quarti dell’Italia); racconterà delle sue disgrazie giudiziarie, e del fatto di essere continuamente perseguitato dalla Magistratura. Avete capito certamente che sto parlando del primo burattinaio e, nello stesso tempo, burattino italiano. Al termine, dirà a tutti: “Buon Natale e Felice anno nuovo.” Lo dirà con quel suo sorriso che sorriso non è perché vorrebbe anche aggiungere: “… a tutti meno che a chi non la pensa come me.” Ma non può farlo altrimenti perderebbe del tutto il consenso popolare che gli è rimasto. Ma state tranquilli che quello che non può dire, lo pensa. Però mi permetto di dare un suggerimento a chi avrà la disgrazia di sentire le sue baggianate: toccatevi dove sapete, perché secondo me, il tizio porta anche disgrazia e, allora, meglio prevenire che curare. Poi prenderà la via di casa dove ad attenderlo non troverà figli o nipoti intorno al presepe e all’albero pieno di luci e regali. Ma tante belle escortine travestite da Babbo Natale, pronte a togliersi, come regalo di Natale, quell’ingombrante casacca rossa. Enrico |
Post n°376 pubblicato il 01 Novembre 2011 da enca4
Sto seguendo in televisione le interviste che il Presidente Prodi ha rilasciato a La7 sul futuro del mondo. Il programma ha come titolo: Il Mondo che Verrà. Chiaramente si tratta di previsioni che il Professor Prodi dedica all’economia mondiale, ai problemi riguardanti i giovani, a ciò che ci aspetterà, dal punto di vista economico, nel prossimo futuro. Stimo molto Prodi, per la sua onestà, oltre che dal punto di vista personale e professionale. Lo reputo un grande economista ma, sinceramente, non occorreva certo scomodare un simile personaggio per farci dire ciò che tutti noi sappiamo da tempo. Po chi giorni fa, parlando dei futuri pensionati, il Professore ha affermato che gli attuali giovani, quando avranno raggiunto l’età del giusto riposo garantito dallo Stato, non avranno di che stare allegri. Lavori precari, lunghi periodi di disoccupazione, periodi altrettanto lunghi di lavoro in nero, non permetteranno loro di avere un minimo di sicurezza per la vecchiaia. Sapete che cosa mi è venuto in mente in quel momento? Ho pensato: “Io, allora, devo ringraziare Dio che, mandandomi la malattia che ho, mi ha permesso di vivere quel che mi resta almeno dignitosamente.” E’ stato un pensiero del quale mi sono immediatamente, ma poi, riflettendoci bene, mi sono auto assolto e adesso, sono convinto che la vita ti da dà una parte, e ti toglie qualcosa dall’altra. Il Mondo che verrà. Qualche secolo addietro per sapere cosa sarebbe successo negli anni a venire, ci si doveva rivolgere ad un certo Nostradamus che, nelle sue “Centurie” era riuscito a prevedere qualche fatto che poi, nel corso degli anni, è avvenuto. Adesso il moderno Nostradamus sono i mezzi di informazione. Basta accendere il televisore, comperare, e leggere, un giornale e ci vuole poco a fare previsioni per il futuro. “Dal 2014 tutti in pensione a 67 anni.” “La richiesta di petrolio aumenta, mentre diminuisce la produzione.” Una petroliera perde il carico inquinando decine di chilometri di costa.” “Ogni giorno nella foresta Amazzonica si disboscano superfici pari al Trentino.” “La Polizia, i Carabinieri, la GDF, così come i Vigili del Fuoco e le autoambulanze, non dispongono di mezzi economici per acquistare benzina e provvedere alle riparazione dei mezzi.”, e così via. Tutti i giorni le stesse cose, le stesse notizie. Questo sarà il mondo in cui vivremo. Un mondo in cui ci si ucciderà per un litro di gasolio o per una bottiglia d’acqua. Dove gli ospedali non potranno curare i propri pazienti perché saranno a corto di medicine, perché mancherà la corrente elettrica più volte al giorno impedendo così il funzionamento delle strutture. Sarà un mondo dove ancor di più si avvertirà la differenza tra chi è ricco e chi è povero. Dove non saranno solo le rondini o gli gnu a migrare in cerca di caldo o di pascoli migliori, ma intere popolazioni cercheranno di accaparrarsi, anche con la forza, posti dove è meno difficile vivere. Di colpo ci troveremo indietro nel tempo. Vivremo situazioni che hanno vissuto, secoli addietro, i nostri progenitori. Dove gli unici esseri umani a star bene saranno coloro i quali hanno continuato a vivere lontani dalla tecnologia estrema. Esseri che hanno preferito nascondersi nelle foreste dell’Amazzonia piuttosto che vendere il loro passato, le loro tradizioni, la loro religione a persone che se ne sarebbero servite per incrementare ancor di più la loro ricchezza. Sarà un tornare a vivere una vita povera di Nutella e ovetti Kinder, ma dove sarà presente, di nuovo, l’ingegno umano, dove l’arte di arrangiarsi sarà una fonte di vita. Non vestiremo più Armani o Versace. Non calzeremo più, ai piedi, scarpe Geox, ma semplici “ciocie” fatte con scarti di copertoni di automobili. Avremo, di positivo, l’aria. Con il passare degli anni tornerà respirabile. Spariranno allergie, qualche forma di tumore legato all’inquinamento. Ma il nostro ingegno e la nostra intelligenza, piano – piano, con il passare dei secoli, ci permetteranno di scoprire e sfruttare nuove forme di energia; riusciremo di nuovo a lavorare metalli. Con il tempo usciremo dalle capanne di foglie per tornare ad abitare case sempre più comode e resistenti. Passeranno, per riottenere tutto questo, qualche migliaio di anni, ma l’uomo ce la farà. E, senza accorgersene, inizierà un nuovo ciclo. E sarà sempre così, anno dopo anno; secolo dopo secolo. Quello che è stato per tanto tempo dimenticato, tornerà a prendere il sopravvento. Tornerà a rovinarci la vita. Sicuramente avremo la necessità di avere qualcuno che ci guidi, che abbia il nostro favore, che possa rappresentarci. E’ allora che tornerà di nuovo ad affacciarsi nella nostra vita, la politica. E allora si che saremo rovinati di nuovo. E allora si che dovremo riaprire il ciclo e iniziare, se ne avremo il tempo, tutto da capo. Enrico
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Post n°375 pubblicato il 01 Novembre 2011 da enca4
Quasi tutti voi siete in pensiero per il mio stato di salute. Mi avete mandato messaggi, avete commentato i miei post, mi avete chiamato al telefono. Sono veramente commosso per la vostra bontà e per il vostro interessamento. Adesso, dopo qualche mese di riflessione, ho deciso di rientrare nel blog a patto che non si parli più della mia malattia. Voglio sentirmi come uno qualsiasi di voi, non voglio continuamente pensare al mio stato di salute. Sarò io, in caso ve ne fosse bisogno, a farvi sapere mie notizie. Riprenderò a scrivere, a parlare delle mie sensazioni, dei miei momenti, dei miei ricordi. Come era all'inizio, vi ricordate? Cito nomi a caso: Sabrina, Simonetta, Lucia, e altre decine di amici mi sono state vicino. Qualcuno di voi mi ha telefonato e abbiamo parlato. Poi ho smesso di rispondere facendo così una figura di m ..., ma, per i motivi che vi ho detto sopra, ho preferito fare così. Perdonatemi. Ho due post pronti che, dopo questo messaggio, pubblicherò sperando che incontrino la vostra approvazione. In caso contrario, ricordatevi di farmi sapere dove, secondo voi, io sbaglio. Correggetemi, così come, se necessario, datemi dure frustate nelle chiappe, se lo ritenete opportuno. Vi voglio bene. Enrico |
Post n°374 pubblicato il 05 Settembre 2011 da enca4
E’ finito. Il grande amore che ci ha accompagnato per gran parte della nostra vita, non c’è più! Insieme abbiamo affrontato, e a volte superato, difficoltà che mai ci saremmo sognati di affrontare da soli, perchè ci avrebbero visti sconfitti. Insieme abbiamo fatto dei figli. Insieme siamo riusciti ad avere una casa, nostra. Insieme abbiamo gioito, pianto. Tutto quello che è stato fatto da quando decidemmo di vivere l’avventura della vita in due, è stato fatto insieme. “Ieri, mica tanto tempo fa, bastava che lo guardassi e vedevo in lui solo pregi”. “ Ieri bastava uno sguardo e capivo se c’era qualche cosa che la turbava, che non la rendeva tranquilla”. “Oggi l’ho guardato (ma avrei voluto non farlo), e ho visto una persona che non conoscevo. Pieno di difetti fisici che, fino a ieri, erano motivo di riso tra noi. Fino a ieri il suo modo di fare, un po’ altero, a volte distaccato, mi dava l’energia necessaria per cercare di rendere meno difficile il vivere insieme. Oggi odio il suo pensare, il suo modo di parlare, i suoi atteggiamenti”. “Oggi, proprio non la capisco. Non so cosa ha, e nemmeno mi interessa saperlo. Ne ho tanti io, di problemi, che, figurati, se ho voglia di mettermene altri sulle spalle”. “Forse avrà conosciuto un’altra donna. Più giovane, sicuramente. Una donna che gli farà di nuovo provare quelle emozioni, quelle sensazioni che anni fa, abbiamo condiviso insieme”. “Sono arcisicuro che c’è un altro uomo. Ha sempre la testa fra le nuvole. Si dimentica delle cose più facili da ricordare. Chissà a chi pensa quando fissa un punto senza, tuttavia, guardare niente”. “E’ la seconda sera in questo mese che inventa la scusa del lavoro straordinario. Se pensa che io gli creda … Quando torna a casa, poi, è più stanco del solito. Mica lavora nei campi. Non ha nemmeno l’incombenza di mandare avanti una casa, lui. Scuse, sono solo scuse”. “Tornare a casa e trovare un ambiente ostile, dopo una giornata di pieno lavoro, non è proprio il massimo. Avrei preferito dormire fuori, in albergo. Almeno mi risparmiavo certi silenzi, certi mutismi che rendono pesante vivere insieme”. “Per colpa sua nostro figlio sta attraversando un brutto periodo. E’ sempre agitato, nervoso. Ho notato che, quando siamo a tavola, guarda prima l’uno poi l’altro, come se si aspettasse qualche cosa che sa che sarà difficile ottenere. Mi dispiace per lui, ma non sarò certo io a fare il primo passo”. “Luca ieri sera non ha voluto mangiare. Certo risente molto della situazione che si è creata, ma non sono stato io a volerla. La signora ha alzato una barriera tra noi e adesso sta a lei abbatterla. Io ho già troppi problemi sulle spalle, figuriamoci se …” “Quando ho visto che storceva la bocca sapendo che per cena avevo preparato la frittata con le zucchine, non ce l’ho fatta più e mi è venuto spontaneo dirgli che se non gli stava bene quello che avevo preparato, poteva andare al ristorante. Si è offeso, il pupo. Ha messo il muso, si è alzato ed è andato in soggiorno a guardare la televisione. La frittata era un po’ bruciacchiata, è vero, ma comunque era mangiabile”. “Deve ringraziare che era presente Luca, ieri sera, altrimenti la frittata, con tutto il piatto, andava a finire sulla sua testa. E’ proprio una grande stronza”. “Anche mamma mi ha dato ragione. Anche lei è d’accordo con me. Questa situazione non è più sostenibile. Sono mesi che non ci parliamo, che non facciamo più l’amore. Sono mesi che viviamo come due estranei. Ho sbagliato a sposarlo e a farci un figlio. Forse è meglio separarci, tanto lo fanno tutti”. “Simpatica la nuova segretaria dell’ufficio spedizioni. Simpatica e bella. Ho visto che mi guardava con certi occhi che … Ha solo quindici anni meno di me, che vuoi che siano? Quasi quasi …” “E adesso chi glielo dice a mamma e papà che ho preso insufficiente in matematica e italiano? Sentirai che ramanzina. Stavolta mi sono giocato la partita di domenica prossima. Però faccio ancora in tempo a recuperare, mancano due mesi alla fine dell’anno scolastico, figurati se non ce la faccio. Oggi durante l’intervallo Mauro e Bruno si erano nascosti al bagno a fumare. Quando hanno capito che li avevo visti mi hanno pregato di non dire niente a nessuno. Ci mancherebbe altro che io faccia la spia. Domani rubo qualche sigaretta a papà. Voglio provare anche io”. Enrico |
Post n°373 pubblicato il 02 Settembre 2011 da enca4
Ho voglia di scrivere, ma non so cosa dire. Ho voglia di parlare con qualcuno che abbia voglia di ascoltarmi, ma non dirmi cose che potrebbero essere in aperto contrasto con il mio modo attuale di pensare ed agire. Ho bisogno, più che voglia, di sentirmi gratificato non solamente per le cose che riesco, anche se a fatica, ancora a fare, ma anche per quello che non mi riesce più possibile fare. Ho necessità di ritrovare dentro di me, un po’ di tranquillità. Sono alla continua ricerca di quella cosa che molti chiamano “pace interiore”. Vorrei tanto sapere dove sta, la pace interiore, quanto costa, chi la vende. Parlo molto con me stesso. Però mi sono accorto che qualche volta, forse per farmi coraggio, mi racconto un sacco di bugie. Cerco in qualche modo di giustificare il mio essere stato. Cerco, in questo modo, di scaricare su altri colpe che sono e saranno per sempre solo mie. La vicinanza continua di chi mi ama non riesce a rendermi appagato e soddisfatto neanche verso le piccole cose che, comunque, allietano le giornate di ognuno di noi, rendendole meno pesanti, più sopportabili, nonostante i problemi, le difficoltà, la complessità di uno stato di salute sicuramente difficile. Perché tutto questo? Perché, io, non riesco a rallegrarmi? Perché quello che fino a ieri era un cielo azzurro anche per me, adesso è diventato una cupola densa di nuvole minacciose? Chi leggerà sicuramente avrà da darmi dei consigli, dei suggerimenti. Qualcuno mi dirà: “Devi avere fede”. Altri mi diranno: “Guarda al futuro che, corto o lungo che sia, ancora hai”. Sicuramente, però, la stragrande maggioranza penserà: “Ma cosa vuole quest’uomo? Non sa che al mondo ci sono milioni e milioni di persone che stanno peggio di lui?”. Qualche cinico, invece, mi dirà: “Ricorda, la speranza è l’ultima a morire”, dimenticando che, a morire per ultimo è sempre l’essere umano, mentre la speranza muore per penultima. Tutte belle parole, tutte belle frasi che dovrebbero, nella mente di chi le pronuncia, dare un minimo di sollievo a chi le riceve. Ma in realtà, un attimo dopo averle ascoltate e aver pensato che è giusto quello che ci viene detto, torniamo ad essere preda di pensieri negativi che più negativi non si può. E allora? C’è rimedio a tutto questo? C’è un sistema per non cadere nelle spire della depressione, della malinconia, della spossatezza? Ecco, se potessi, cosa vorrei comperare, se fosse in vendita. Ci pensate? Volete mettere quanto sarebbe bello se bastasse andare in qualche negozio specializzato e comperare la felicità, l’allegria, il buon umore? Pensate quanti affari farebbero certe attività. Domani mattina mi sveglio con un atteggiamento negativo? Nessun problema. Come adesso si va in farmacia per le pillole contro il mal di testa, potremmo andare ad acquistare due Euro di ottimismo, due etti di visione rosa, mezzo litro di entusiasmo. E’ vero che anche in questo caso si potrebbe correre il rischio di acquistare articoli taroccati o di scarsa efficacia. Ma tanto chi se ne accorgerebbe? La cosa importante, resterebbe una sola: quella di essere convinti che la pillola o lo sciroppo che abbiamo preso sia effettivamente la panacea ai nostri mali. Enrico |
Post n°372 pubblicato il 18 Agosto 2011 da enca4
Un vero guerriero, un guerriero munito dei così detti attributi, riesce a fronteggiare più nemici nello stesso tempo. Li affronta a viso aperto, senza ombra di paura o di timore per la sua vita. Riesce, un vero guerriero, ad essere presente su più campi di battaglia, senza timore alcuno. Questo è un “vero” guerriero! Io, invece, non lo sono. Io sono un uomo qualunque, con i miei limiti, le mie paure, con le mie angosce. La lotta, che fino a poco tempo fa mi vedeva impegnato contro un unico e temibile nemico, adesso mi vede impegnato su tre fronti. Un tumore, una nefrologia renale, un aneurisma che potrebbe, di colpo, trasformarsi in ictus. Ho fatto il pieno. Gratis, per giunta. Non ho speso nulla per riempire il serbatoio, a dispetto dei continui aumenti dei carburanti. Adesso mi chiedo: “Ce la farò? Quale, dei tre nemici, devo affrontare per primo? Quante speranze ho di riuscire ad uscirne con le ossa meno rotte possibile?” Fino a cinque anni addietro potevo dire di non conoscere dottore. Le solite cose che tutti hanno: qualche influenza, un raffreddore perenne, qualche doloretto dovuto al correre degli anni. Un paio di ossa rotte (da giovane, i soliti incidenti di gioco). Ma niente più. Dimenticavo: due denti del giudizio estratti. Tutti nemici facilmente affrontabili, vi pare? Un giorno, quando meno me lo aspettavo, ricevetti la visita (indesiderata) del mio “cane nero”. Dalla sera alla mattina tutto cambiò. Affetti, stato economico, modo di agire e pensare, tutto ciò che riguardava il mio essere Enrico, di colpo non esistette più. Sparito! O forse cambiato? Non lo so, e non è importante che lo sappia. Il fatto è che iniziai un nuovo modo di vivere (se si può chiamarlo così), quasi senza che io me ne accorgessi. Inconsciamente sapevo di essere sempre lo stesso. Ma allora, perché mi sentivo diverso in modo così significativo? Perché, di colpo, tutto quello che fino al giorno prima era una normale normalità divenne quasi una diversità? E’ possibile mai che una persona muti il proprio carattere in modo così repentino e risoluto da non accorgersi quanto sia stupido tutto ciò? Eppure, per quanto mi riguarda, le cose sono andate proprio così. Ieri ero una persona disponibile al dialogo; una persona pronto a comprendere prima che a condannare; una persona disponibile e sensibile. Oggi, viceversa, sono una persona, a volte, chiusa, insensibile ai problemi degli altri. A volte egoista, prepotente con me stesso e con gli altri; egocentrico fino all’ennesima potenza. Tutto questo perché? Perché la malattia ha preso il sopravvento su di me, o perché il male ha messo a nudo quelli che sono sempre stati i miei difetti. Difetti che ho cercato, fino ad allora, di nascondere anche a me stesso? Una volta, mi ricordo era un giorno di Pasqua, durante l’Omelia, un giovane prete disse: “Dobbiamo capire chi soffre. Il male cambia le persone, le fa diventare aride, a volte meschine, prima che con gli altri, con loro stessi.” Adesso mi chiedo: “Ora che debbo lottare su tre fronti. Ora che il nemico non è più uno solamente, ma tre, coalizzati tra loro, “uno e trino”, come si dice in Sicilia. Adesso cambierò di nuovo? E, se cambierò, quale lato del mio essere si trasformerà?” Non ho paura di combattere una guerra che so già persa in partenza. Ho timore di essere abbandonato a me stesso. Di perdere l’opportunità di scaldarmi a quella fonte di benessere che si chiama “calore umano”, e che solo chi ama veramente può trasmettermi, sia essa moglie, amante, compagna, amica, amico, fratello o sorella. Non vorrei diventare peggio di quanto già sono. Anzi, vorrei tornare ad essere la persona che ero una volta. Ma so anche che oramai non è più possibile. So che indietro non si torna. Posso cercare di addolcire quegli angoli acuti e puntiti che hanno distinto il mio modo comportamentale negli ultimi anni. Posso addolcirli, quegli angoli, con tanta buona volontà, ma non posso certamente far finta che non siano mai esistiti o che non ci siano più. Ci sono ancora, ci sono stati. Hanno influito sulle mie scelte, sulle mie decisioni. Hanno condizionato negativamente le mie facoltà, le mie risorse interiori. Perché dovrei nascondermi dietro un dito? Perché dovrei dirmi, e dire: “Non farò più questo, non farò più quest’altro” , quando so che è difficile poter mantenere certe promesse? La mia mente pensa costantemente a come poter uscire dalla situazione in cui mi trovo. I miei pensieri sono perennemente rivolti alla ricerca di una soluzione che possa aiutarmi nel soffrire il meno possibile. Io ho sempre rifiutato il detto: “Mal comune mezzo gaudio”. Non godo certo nel sapere che milioni di persone soffrono come e più di me. Vorrei che tutto il mondo fosse sereno e felice come lo sono stato io, qualche volta, nella mia vita. Ma, nello stesso tempo, l’aridità che alberga dentro di me mi porta a pensare prima di tutto a me stesso. Lo so che questo è egoismo puro. So che non dovrei essere così. Ma non riesco ad essere in altro modo. Enrico
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Post n°371 pubblicato il 14 Agosto 2011 da enca4
Gesù mio, ho una piccola cosa da chiederti, una piccola cosa ma molto importante per me. Tu sai tutto di me e del mio soffrire, Gesù mio, aiutami a dormire.
Gesù mio, ho una piccola cosa da chiederti, vorrei chiudere gli occhi per un’ora. Vorrei sentire il mio corpo libero dal dolore, Gesù mio, aiutami a dormire.
Gesù mio, ho una piccola cosa da chiederti, vorrei sognare di nuovo prati verdi e cieli azzurri. Vorrei liberare la mia mente dalle cose tristi, Gesù mio, aiutami a dormire
Gesù mio, ho una piccola cosa da chiederti, vorrei dormire come dorme un bimbo appena nato. Al sicuro, vicino alla sua mamma, Gesù mio, aiutami a dormire.
Gesù mio, ho una grande cosa da chiederti, fammi dormire vicino alla mia mamma. Lei è lì, vicino a Te che mi aspetta. Gesù mio, aiutami a dormire.
Enrico |
Post n°370 pubblicato il 13 Agosto 2011 da enca4
Il mio ultimo post ha avuto la visita di sette amici che ringrazio delle loro parole dal profondo del cuore. C’è un commento, però, che mi ha colpito. Non perché chi l’ha scritto, abbia detto cose estremamente significative, tutt’altro, ma perché mi ha detto: “Amati sempre di più”. Non ha detto “amiamoci”, ha detto “AMATI”. Una semplicissima parola che nasconde dentro di se un significato talmente grande e profondo che, a volte, è molto difficile mettere in pratica. Tutti ci amiamo. Nessuno di noi esseri esistenti sulla terra, vorremmo farci del male. Neppure il suicida vuole farsi del male, sceglie solo quello che lui, in quel momento, considera il male minore. Amati con tutto te stesso, come sei, a dispetto delle avversità, delle malattie, dei tracolli. Amati e abbracciati. Fai sentire al tuo corpo che lo ami, così com’è, con le sue deficienze, le sue malformazioni. Amati nella mente. Rispetta i tuoi ricordi. Ama il tuo passato che, anche se con dolore, ti ha concesso di vivere fino ad oggi. Ama i tuoi pensieri, le tue sensazioni , le tue emozioni, le tue commozioni; così come devi amare i tuoi turbamenti, i tuoi sbigottimenti, i tuoi sbalordimenti. Ama i tuoi dubbi, le tue incertezze, le tue idee. Fanno, ormai parte di te, non puoi più cancellarli dal tuo passato, ne sperare che non si riaffaccino nel futuro. Ama il dolore che a volte non riesci a sopportare. Ama le notti in cui non riesci a dormire. Ama le piccole cose che riesci ancora a fare (ti accorgerai che non sono, poi, tanto piccole). Nello stesso tempo ama anche quello che non sei più in grado di fare e che ricordi a volte con piacere, a volte con rimpianto. Amati quando ti fai la barba o ti lavi il viso. Non girare gli occhi per non guardarti. Quello al di là dello specchio, anche se tu lo rifiuti, sei tu, e sarai sempre tu. Amati quando scorgi sguardi di compassione o di commiserazione a te rivolti. Ma amati anche quando noti crudeltà o durezza nei tuoi confronti. Amati di più quando sai che sei l’unico ad amarti. Compensa l’amore che ti viene negato con l’amore in più che ti dai. L’amore che doni a te stesso è molto più grande di quello che speri di ricevere dagli altri. Amati quando piangi, quando ridi, quando soffri, quando: “quella vena oggi proprio non si trova”. Amati quando sei da solo. Parla con te stesso e ripetiti: TI AMO! Enrico |
Post n°369 pubblicato il 10 Agosto 2011 da enca4
Caro il mio Diario, ci risiamo di nuovo. Altra nottata che passerò a guardare le stelle cadenti, sperando che qualcuna di essa mi cada sulla testa. Forse una bella botta potrà aiutarmi a superare questo terribile momento che sto attraversando. Una volta per anestetizzare chi doveva essere operato, si adoperavano due sistemi; il primo era farlo ubriacare fino a fargli perdere conoscenza, il secondo era una bella botta in testa. Il paziente dormiva e il cerusico poteva salassare, tagliare, cucire a piacimento senza alcuna reazione contraria. Io, invece, non riesco a dormire nonostante, questa sera, abbia quasi raddoppiato le pillole per riposare. Sono nervoso, agitato. Ho tanti problemi che mi assillano la mente e che sicuramente non mi aiutano. Problemi fisici, psicologici, economici, e chi più ne ha più ne metta. So che devo continuare a combattere se voglio avere ancora una speranza di vita, ma non ho più la forza per farlo. NON VOGLIO PIU’ LOTTARE CONTRO UN NEMICO INVISIBILE CHE SI STA DIMOSTRANDO MOLTO PIU’ FORTE E DECISO DI ME. Non ce la faccio più. Vorrei non essere di peso a nessuno, anche se capisco che nella mia situazione l’ultima cosa che devo adoperare è l’orgoglio. Vorrei poter sistemare qualche pendenza vecchia e non riesco a farlo, ed anche questo non fa altro che aumentare la mia convinzione che nella mia vita ho sbagliato tutto, dalla A alla Z, comprensivo di W, Y,J,X. Tu, caro diario, se potessi parlare ne avresti di cose da dirmi, sicuramente. Ma altrettanto sicuramente in questi momenti l’ultima cosa che vorrei sentire sono i sermoni. Ne ho fatti tanti io, di sermoni, che hanno lasciato, in chi li ha ricevuti, sempre il tempo che trovano. Si continua imperterriti a sbagliare prima di tutto con se stessi, poi con gli altri. Gli altri che, loro malgrado, sono parte di te, sono pronti a sopportarti, a capirti, a consigliarti, ad accettare tutte le tue fisime, le tue cretinate, le tue stronzate. E lo fanno perché ti amano. Ma non è una stronzata entrare ed uscire continuamente da un ospedale. Non una fissazione il fatto di essere invaso da dolori continui, non sono cretinate il non riuscire a dominare i pensieri tristi. Mi sto accorgendo che ho iniziato a parlare in terza persona, questo perché sono convinto che quello che sto provando io lo stanno provando tantissime altre persone nelle mie stesse condizioni. Invoco la morte. A volte la prego di venirmi a prendere prima che sia possibile. Che la facesse finita di giocare come il gatto gioca con il topo. Che la facesse finita di darmi un giorno di pace e serenità e, subito dopo, giorni e giorni di abulia, di tristezza, di paranoia, di depressione continua. Non è vita questa. Non è la vita che avrei mai pensato di fare, ne quella che voglio fare. Assolutamente no! Se devo vivere ancora un ora, come un giorno o un anno, vorrei avere la possibilità di poterlo fare nel modo giusto. Non pretendo che, di colpo, svanisca tutto quanto di negativo è all’interno del mio corpo, questo no. Non sarebbe giusto. Chiedo solo un po’ di intervallo che mi consenta di resettare la mente nel modo giusto, e forse, così, riuscirei ad affrontare quello che mi rimane in un modo diverso. In dieci giorni sono andato in ospedale due volte e per due volte mi hanno tenuto dentro per due o tre giorni. Mi sono rotto degli ospedali. Sai, caro Diario, da quando ho saputo di essere malato quanti mesi ho passato in ospedale? In quattro anni di malattia, più di otto mesi. E vuoi sapere quante ore ho passato in camera operatoria? 38 ore, senza considerare la terapia intensiva. Non pensi che adesso sia giunto il momento di dire basta? Ho fatto due cicli completi di radioterapia. Non so quante sedute di chemioterapia ho fatto fino ad ora. Non ricordo più l’esatto numero dei medici che mi hanno visitato. Ho perso il conto delle TAC, delle Risonanze Magnetiche, delle lastre, delle biopsie. Non ho più una vena dalla quale si possa tirare fuori sangue. Si sono tutte seccate, sono sparite, si sono nascoste chissà dove. Ogni volta che devo fare un prelievo minimo devono bucarmi tre o quattro volte prima di riuscire a trovare la vena giusta. Per ben tre volte mi hanno prelevato sangue dalla giugulare, e sempre dalla giugulare hanno mandato farmaci. Basta. Vorrei avere, almeno, il piacere di dormire qualche ora, ma anche questo mi è impedito. Nel 2006 tentai il suicidio. Non riuscii a portarlo a termine solo per un motivo, una impalcatura che arrivava ad un metro dal parapetto dal quale mi stavo lanciando. Mi detti dello stupido, allora. Ringraziai Dio di avermi salvato. Ma ancora non sapevo di essere malato. Se lo avessi saputo, e se avessi saputo a cosa sarei andato incontro nell’immediato futuro, non lo avrei ringraziato, gli avrei detto che era meglio se si fosse fatto gli affari propri. Non sto bestemmiando, non rinnego nulla. Chiedo solo un po’ di pietà.
Enrico |
Post n°368 pubblicato il 31 Luglio 2011 da enca4
Circa tre mesi fa, alla ricerca del modo giusto per cercare di riallacciare i rapporti con mio figlio, ho avuto la disgraziata idea di telefonare alla mia ex moglie. Volevo chiederle di aiutarmi in qualche modo. Avrei anche voluto chiederle scusa dei problemi che la mia assenza decennale aveva creato a lei e nostro figlio. Nel sentire la mia voce, da parte sua, non ci fu un minimo segno di stupore, anche perché sapeva dei tentativi che stavo facendo e, forse, immaginava che alla fine sarei ricorso a lei. Ho avuto modo di parlare per non più di cinque secondi poi sono stato bruscamente interrotto e liquidato con questa frase: “Ti auguro di vivere il più a lungo possibile così che tu possa aggiungere alle sofferenze che gia hai, anche quella di aver perso tuo figlio”. Conoscendola da tanti anni sapevo perfettamente che il suo carattere, duro e difficile da condividere, non l’avrebbe aiutata ad avere un anche se pur minimo, segno di comprensione nei miei confronti. Comunque mai avrei pensato che fosse capace di dire certe cose. Ho abbassato lentamente il telefono senza avere la forza di replicare. Lungamente sono rimasto a guardare il nulla davanti a me. ………………. Due persone, qualche volta senza un vero motivo, si separano dopo anni di vita in comune. Lui, o lei, ha commesso degli errori che, per quanto possano essere stati compresi e perdonati, hanno minato irrimediabilmente il rapporto, escludendo così qualsiasi ritorno alla normalità. Mesi, se non anni di continue liti e incomprensioni. Sguardi sempre più ambigui, sopportazione e rassegnazione alla situazione creatasi. Tutto questo, il più delle volte, con i figli presenti. Separazione legale. S’inizia una nuova vita (da soli o in compagnia non è importante). Si tenta di ripartire, di rimettersi in gioco. E uno dei motivi principali che all’inizio ti da la carica è proprio il fatto di poter dimostrare non a lei, ma a tuo figlio, che il papà non è come ha avuto la disgrazia di conoscerlo negli ultimi tempi, e nemmeno com’è stato dipinto (per rancore, rabbia, risentimento, astio, acredine) da lei. Lui è sempre il papà migliore del mondo che ha voglia, oltre che necessità, di ricrearsi un futuro ma, principalmente di poter dare un futuro a colui che ha messo al mondo. Dieci anni di sofferenze, di sacrifici, di lettere scritte, spedite, ma mai consegnate. Dieci anni in cui l’unico pensiero è stato “tuo figlio”. Dieci anni di delusioni nel lavoro, negli affetti, di speranze andate in fumo. Anni di dolori causati da un male implacabile. Anni di dolori e di rimorsi al solo pensiero di aver abbandonato tuo figlio. Poi, come la maggior parte delle volte accade, il rinsavimento. Il ritorno mentale alla normalità. Allora la voglia di poterlo rivedere si fa ancora più intensa, più acuta. Sai che non hai molto tempo ancora. Sai che non devi perdere l'ultima vera occasione della tua vita, quella che, anche se inconsciamente, ti ha dato la forza di arrivare a oggi. …………………… Un vecchio detto recita: “La speranza è l’ultima a morire.”, ma un altro detto, crudo e spietato dice “Chi di speranza vive, disperato muore.” Dei due proverbi qual è il vero portatore della verità? A quale dei due è giusto credere? Prima di tutto, però, mi domando se è mai possibile che anche di fronte ad una situazione difficile si possa continuare ad essere insensibili, quasi senza cuore. Forse quello che ho scritto fino adesso lo leggerà anche mio figlio. Lui sa che non racconto bugie. Sa anche che non ho parlato adesso perché vedo allontanarsi la possibilità di poterlo incontrare di nuovo, e facendo così tento, in modo subdolo, a rinnovare il suo interesse nei miei confronti. Ho raccontato quello che è accaduto, le sensazioni che ho sentito, il dolore che ho provato nel ascoltare frasi così cattive. Fino ad ora non ho adoperatola mia malattia per far breccia nel cuore di mio figlio. Se ho parlato di me l’ho fatto perché ho creduto giusto che lui fosse a conoscenza delle condizioni fisiche del padre. Non avevo altri scopi. Forse ha ragione la mia ex moglie. La mia condanna è quella di soffrire fino all’ultimo dei miei giorni. Ebbene se ciò è scritto, soffrirò ma non scenderò a compromessi con nessuno. Di qualsiasi genere essi siano. Ho cercato di fare tutto quello che era nelle mie possibilità. Ho chiesto perdono, ho implorato il perdono. Se mi verrà concesso terminerò la mia vita con il sorriso sulle labbra, felice finalmente. In caso contrario cercherò il perdono da Colui che non lo ha negato mai a nessuno. Enrico |
Post n°367 pubblicato il 27 Luglio 2011 da enca4
La mattina piove sempre in quella parte dell’universo occupato dal Male. Grosse nuvole nere scaricano pioggia su ogni pianeta, asteroide, luna o cometa che abbia la disgrazia di far parte di quell’immensa distesa di mondi più o meno vivibili che danno vita alla Costellazione del Male. La pioggia, il vento, il freddo, sono elementi logici del paesaggio comandato dal Male. I pochi abitanti che ne fanno parte hanno un aspetto a dir poco funebre. Grigi, come il cielo che li sovrasta. Di carattere chiuso e diffidente vedono, in tutto ciò che li circonda, solo il lato cattivo e negativo. Non è importante se trovano queste negatività in una persona, in un oggetto, in un qualsiasi essere vivente. Guerre continue, lotte di potere, ricerca continua della supremazia verso i più deboli, hanno sempre caratterizzato gli abitanti della Costellazione del Male. Non c’è un capo che tenti, in qualche modo, di dare un ordine alle cose. Ognuno è capo di se stesso. Ognuno lotta, combatte, uccide solo per il proprio tornaconto personale. Ma se un capo che si possa chiamar tale, non esiste, in compenso c’è chi, da questo stato di cose, trae il proprio tornaconto. Nessuno l’ha mai visto. Nessuno sa che maschera indossi. Nessuno sa come si chiama veramente. Molti hanno cercato di mettersi in contatto con Lui. Hanno cercato di farGli pervenire messaggi di completa sottomissione. Non hanno mai ricevuto una risposta. E non la riceveranno mai perché Lui non da risposte. Non si abbassa a parlare con un proprio suddito. Lui è il Male. -/- Dall’altro capo dell’Universo un’altra galassia naviga felice. Anche li piove, ma solo perché le stagioni reclamano acqua quando ce n’è bisogno. Il cielo è limpido. Celeste del più bel celeste mai visto. La gente vive in pace e in armonia con se stessa e con tutto ciò che la circonda. Uomini, animali, piante, o cose, occupano lo spazio che è stato loro assegnato senza dover ricorrere alla violenza per veder riconosciuti i propri diritti. Tutti, ma proprio tutti, hanno un solo scopo, che è quello di aiutarsi l’un l’altro senza chiedere nulla in cambio. Senza mettere al primo posto la diffidenza, l’orgoglio, l’arroganza, la violenza. Questa è la Costellazione del Bene. Anche qui non c’è un capo vero e proprio. Però ci sono (molti dicono che ci sono sempre state) delle regole non scritte che tutti rispettano e condividono. Capita, a volte, che qualcuno commetta qualche errore, per inesperienza, per gioco, anche per volontà. Ma tutti, poi, si pentono di quello che hanno fatto e del male che possono aver causato oltre che a loro, anche a chi gli sta vicino. La gente sorride, sempre. Le persone hanno sempre una parola buona da dire a chi ne ha bisogno. Nessuno conosce l’ invidia, il rancore, l’astio, la gelosia. Due sono gli elementi che fanno di questa Costellazione un’isola felice: La generosità e l’altruismo. Nella Costellazione del Bene non c’è chi vuole trarre benefici da questo stato di cose. C’è chi ha dettato le prime regole, ma nessuno Lo ha mai visto di persona. Non ha bisogno di farsi vedere, Lui. -/- Capita però che le due Costellazioni, nel loro lento navigare nello spazio, ogni qualche miliardo di anni, si avvicinino quasi a sfiorarsi (anche se , in realtà, restano ad una distanza tale che è impossibile poterla quantificare). Qualche miliardo di anni può sembrare un periodo talmente lungo e difficile da immaginare, che nessuno di noi , per quanti sforzi faccia, sarebbe capace di prevedere, anche in minima parte, eventuali trasformazioni avvenute. Come non si riuscirebbe ad immaginare le possibili evoluzioni che possono essere accadute in tutto questo tempo. In realtà l’Universo non conosce il tempo. Qualche miliardo di anni per lui sono come qualche secondo per noi umani. Tutto sarebbe diverso, sicuramente, da prima. Una sola cosa resterebbe immutata, o meglio, due cose: il Bene ed il Male. Esiterebbe sempre la lotta continua tra queste due entità. Su chi, delle due, deve prevalere sull’altra. -/- Fino a qui una storia stupida. Irreale. Una storia nata solo dalla mia immaginazione. Partorita dalla mia mente, dopo che mi ero posto questa domanda: “Se il Bene ed il Male avessero l’opportunità di scontrarsi fisicamente tra loro, chi prevarrebbe?” Poi mi sono ancora chiesto: “Se il Bene dovesse accettare lo scontro diretto, fisico, cruento, all’ultimo sangue con il Male, non potrebbe più essere chiamato Bene.” L’eterna lotta tra il Bene ed il Male. La voglia di primeggiare con la forza è il Male. L’utilizzo della saggezza è il Bene. Vendicare le offese ricevute è il Male. Perdonare è il Bene. Accettare con astio un rimprovero giustamente meritato è il Male. Riconoscere i propri errori è il Bene. Non rispettare le riconoscere le altrui sofferenze, ma solo le proprie, è il Male. Aiutare chi soffre è il Bene. Condannare per il semplice gusto di farlo è il Male. Comprendere è il Bene….
Potrei andare avanti all’infinito. Potrei scrivere ancora per qualche miliardo di anni per poi arrivare ad una sola ed unica conclusione: “Noi, e solo noi, possiamo decidere del nostro e dell’altrui destino. Noi, e solo noi, siamo in grado di rendere la nostra esistenza, e non solo, felice e serena. E questo a dispetto delle avversità che possono affliggerci. Noi, e solo noi, possiamo decidere se vivere sulla Costellazione del Male, o sulla Costellazione del Bene. Enrico |
Post n°366 pubblicato il 26 Luglio 2011 da enca4
Le notti in cui non si riesce a dormire sono lunghe, non finiscono mai. Sembrano, addirittura, allungarsi all’infinito, come un gigantesco elastico. Sono, queste, le notti che nessuno di noi vorrebbe passare perché aiutano a far tornare alla memoria tutto ciò che ha segnato la nostra esistenza in modo significativo. I pensieri, quando tornano alla mente, non fanno distinzione tra pensieri belli e pensieri brutti; tra cose piacevoli da ricordare e cose che, invece, faremmo volentieri a meno di ricordare. Sogni rimasti irrealizzati, progetti naufragati insieme al nostro naufragare, persone scomparse e persone ricomparse. Fatti avvenuti e e eventi che non ci hanno dato il piacere di viverli. Quante cose nasconde la notte. Ma, nello stesso tempo, quante cose scopre la notte. Quanti sportelli si aprono, nostro malgrado. Ogni sportello un ricordo, una nostra cattiva azione, una persona che ha pianto e sofferto per causa nostra. Vorremmo poter avere l’opportunità di chiudere definitivamente quegli armadi. Lasciarli li, in soffitta dove è giusto che stiano, ma non possiamo. Non riusciamo a staccarci dal nostropassato. Poi, la notte, ti porta anche pensieri che ancora non hanno una loro ben precisa collocazione dentro di noi. Non hanno, ancora, un posto in nessun armadio della nostra memoria perché sono pensieri che riguardano il nostro futuro, come lo immaginiamo che sarà, e come vorremmo che fosse. Questi abitanti della nostra mente sono i più difficili da sopportare e, guardando in faccia le realtà, da accettare. Ad uno sgarbo fatto qualche anno addietro, a volte si risponde con una alzata di spalle: “E’ passato così tanto tempo che figurati se …” Questo pensiamo nel momento in cui tutto torna alla mente. Li per li abbiamo l’impressione di essercene liberati, ma sappiamo che non è così. Sappiamo che da quello sportello è uscito un fantasma che, adesso, invaderà la nostra coscienza, e allora si che saremo messi di fronte alle nostre responsabilità. Ma la nostra coscienza può condannarci, come può assolverci. Lei, il nostro giudice, valuta i motivi che ci hanno condotto all’errore e, se siamo sinceri ed onesti con noi stessi, riusciamo a sopportarne il ricordo con più facilità. Ma quando si pensa al fatto di essere o meno, domani, ancora parti importanti del mondo che abitiamo; quando sappiamo che le possibilità di continuare la vita intrappresa, sono poche, molto poche, allora le ore della notte diventano una tortura. Ci rigiriamo sul letto continuamente. Non riusciamo a trovare la posizione ideale per poter, almeno, tentare di prendere sonno. Chiudiamo gli occhi per poi riaprirli di colpo per la paura che ci assale al solopensiero di non poterli riaprire più. Vorremmo vicino tutti coloro con i quali abbiamo avuto modo di condividere parti della nostra vita. Vorremmo che Colui che ci ha creato possa darci una speranza in più. Vorremmo tornare bambini, protetti dai nostri cari, al sicuro dalle cose brutte che, poi, la vita ci ha destinato. Ma non è possibile tutto ciò. Non possiamo ne tornare indietro nel tempo, ne cancellare parte di esso. Come non possiamo ricreare situazioni che oramai non hanno più ragione di essere. Queste sono le notti insonni. Ogni notte passata così è un anno di vita al quale rinunciamo. E’ facile dire: “Devi fare così, non devi pensare alle cose negative, devi essere fino all’ultimo positivo. Non devi essere cattivo con te stesso.” Belle frasi e sicuramente giuste nel loro contenuto astratto. Ma dal punto di vista pratico lasciano il tempo che trovano, oltre che lasciare dentro ognuno di noi una profonda stanchezza e frustrazione. Enrico |