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La cucina di una volta: cosa insegna mangiare i piatti della Seconda guerra mondiale...
Post n°4168 pubblicato il 09 Marzo 2019 da g1b9
Da un articolo da" Vice "di Stefano Landi Erano tempi duri, in cui anche a tavola non si andava per il sottile. Nessun impiattamento pirotecnico, né ricerca di ingredienti rari. Perché in tempi di guerra conta mangiare, non cosa si mangia. Andrea Strafile racconta su Munchies, la sezione food di Vice, l’esperimento culinario di preparare i piatti della Seconda guerra mondiale. Ispirandosi a un libro di ricette italiane tra il 1940 e il 1944. Un opuscolo di una cinquantina di pagine senza effetti speciali. La cucina di una volta, quella di quando si andava a pranzo dai nonni. Quando ti ammonivano ad ogni mezzo avanzo nel piatto e ti espellevano (da tavola) se non si finiva tutto. Perché quella era la lezione della guerra. "Non c’è il burro? Conserva i grassi del prosciutto, prendi un pezzo di lardo. Non c’è la pasta? Fai finta che ci sia ". Una scuola di vita che va ben oltre la gastronomia. Una lezione particolarmente utile oggi nell’era degli chefstar ,eletti a divinità del nuovo millennio. "La tendenza dei ricettari del tempo di guerra era quella di fingere che nulla stesse succedendo". L’esperimento dell’autore è reale: ha invitato a casa amici per una cena a tema: gli gnocchi di pane in brodo, la carne nutriente e un dolce alla marmellata. "E ho capito che oggi che non siamo in guerra, compriamo una quantità di cibo che spesso non ci nutre. Abbiamo sempre fame, spendiamo cifre folli per le cose più semplici e gli alimenti che davvero convengono spesso ci fanno male".
La panada deliziosa.
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