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Un blog creato da g1b9 il 10/01/2009

Sentimentalmente

Tutto ció che mi dá emozioni....

 
 

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Messaggi del 07/03/2017

Il senso dell'impossibile...


 Tra le infinite cose che ci offre il web, succede di capitare su una pagina ,sulla quale ci si sofferma per riflettere. Questa bella storia  di una bimba di sangue misto ci porta a ragionare sulla parola diversità, analizzarla in tutte le sue accezioni , e poi renderci conto che  fa parte di noi, della nostra unicità nello spazio, nel tempo, nelle nostre emozioni ,per cui il colore della pelle diventa veramente la diversità meno importante in una società, che sappia ragionare sull'essere di ognuno di noi e non solo su ciò che vediamo.





Nonna le chiede se si sente diversa.

La bambina non ha  bisogno di guardarla per sapere che glielo sta chiedendo con uno sguardo serio e un sorriso rassicurante. Non ha neanche bisogno di chiedersi a che si riferisca la parola diversa perchè ha capito che  gli occhi fissano le sue mani che spuntano dal grembiule nero e la punta del suo naso che intravede da dietro gli occhiali da Harry Potter. Non ha sicuramente bisogno di disfarsi  dei suoi vestiti per sapere che anche il resto del corpo, come le sue mani e la punta del suo naso, ha il colore del cioccolato .E non ha certamente bisogno di ricordare le espressioni oltraggiate, poi perplesse, infine divertite della donna per realizzare che gli imbarazzati “Lei è la nonna… No, la zia… Forse la mamma?” degli estranei a quella atipica dinamica familiare non sono il risultato della loro incapacità di attribuirle un’età, ma della consapevolezza delle diverse gradazioni di colore che mancano tra le loro dita incrociate, dal bianco crema della sua mano al fondente sessanta percento della propria.

Come spiegarle che, sì, si sente diversa?

Sento gli ingranaggi del suo cervello di bambina stridere gli uni contro gli altri per trovare un modo di comunicare quello che dentro di sé sta già scrivendo.

La bambina vorrebbe dirle che passa gli intervalli in classe, a leggere – e non potrebbe venirle in mente un modo migliore di trascorrerlo –, che spesso quando inizia un libro non può smettere finché non ha voltato l’ultima pagina, che tiene nascosta una torcia nel secondo cassetto del comodino per poter continuare dopo il coprifuoco le storie che ha cominciato e che non potrà mai finire in una nottata, e che è probabilmente così che è passata da dieci decimi agli occhiali da Harry Potter.

Vorrebbe spiegarle che non sopporta le luci troppo forti, che quando dice “le lenzuola non mi piacciono” è perché non le sopporta sulla propria pelle, è come con i fogli di risma o i muri — sono così lisci: il loro contatto con il palmo della mano è una delle sensazioni più intollerabili che conosca; che ha mal di testa tanto forti che vorrebbe morire — ed è un pensiero che, a qualunque età, confonde; che gli uomini alti le mettono ansia, che guardare negli occhi qualcuno le fa aumentare il battito.

Vorrebbe specificare che non le piace andare alla lavagna, non perché timida, ma perché le è impossibile sopportare il suono del gesso che scrive sull’ardesia, esattamente come quello dei pennarelli indelebili sulla carta; che vorrebbe parlare solo quando ne ha l’impeto, che in ogni caso preferisce di gran lunga il silenzio; che quando ha qualcosa di vitale da dire, non può, perché le parole parlate sono dannatamente difficili; che la frase più ostica di tutte è ti voglio bene, che quella le resta incastrata in gola e, quando la deglutisce, si posa sulla bocca dello stomaco insieme alle altre, come un pasto mal digerito.

Vorrebbe confessarle cha passa ore a inventare storie e personaggi fatti di parole.

Io vorrei dirle che da grande si sarebbe concessa solo un libro al mese, così da imporsi le quotidianità della vita; che avrebbe tenuto le tende tirate anche di giorno, che avrebbe comprato solo la ruvida biancheria da letto dell’Ikea, che agli evidenziatori avrebbe sempre preferito matita e riga, che avrebbe scoperto l’ibuprofene molto prima della birra; che, durante le conversazioni, avrebbe imparato a muovere lo sguardo ripetutamente o a focalizzarlo sulla distanza tra gli occhi dell’interlocutore; che avrebbe represso le sue impossibilità ed educato se stessa al potere immenso delle conversazioni di circostanza, fatte di monosillabi; che avrebbe trascorso ore a sviscerare e analizzare i libri, le frasi, i suoi personaggi.

Vorrei raccontarle di come le parole prima mal digerite, le avrebbe un giorno vomitate su una serie infinita di taccuini neri e che, se qualcuno avesse voluto conoscere la bambina e la donna, era a quelli che avrebbe dovuto attingere.

Vorrei confidarle che quella bambina avrebbe passato tutta la vita a controllare e mascherare le sue compulsioni; che, sì, a nove anni si sente diversa e, sì, a ventiquattro si sarebbe sentita pazza, ma che nessuna delle due sensazioni ha mai avuto nulla a che fare con il cioccolato che ricopre le sue mani e la punta del suo naso.

 
 
 
 
 

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Don't let someone become a priority in your life , when you are an  optional in their life... Relationships work best when they are balanced.

 

 

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