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Che lo visitiate autenticati o anonimi, una volta al mese o un mese alla volta, da Bolzano o da Lampedusa, in abito da sera o in mutande, nessuno lo saprà mai.
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DONNE E LETTERATURA EROTICA

Post n°144 pubblicato il 12 Ottobre 2012 da giginosco

Che post è questo, il 144?
Vuol dire, allora, che sono già stato sul punto di dirlo per 143 volte.
Che lo spirito del grande Paolo Villaggio mi illumini, sto per sbottare
PER ME, LA LETTURA EROTICA E' UNA CAGATA PAZZESCA!!!!!!!!!!!
"Ma come, e Henry Miller?"
In galera!
"David Herbert Lawrence?"
A zappare!
"Histoire d'O?"
Quello va bene, c'era Corinne Clery giovane.
"No, il libro"
Ah, c'è pure il libro? Al rogo, allora.
"Anais Nin?"
Quella, poi. Aiuto-cuoca alla mensa dell'università.

Come dite, sono bravi? Leggeteveli, allora. A me date solo le pagine dove non ci sono descrizioni di atti sessuali, che se no mi addormento, care signore.
Ecco, ho detto "signore", sono arrivato al punto.
Perché la letteratura erotica piace quasi esclusivamente alle donne? E perché, da un po' di anni, è scritta quasi solo da loro?
Anche a livello amatoriale è così, basta andare in giro per i blog.
Non dico quelli di libero, perché qui non possono essere pubblicati racconti per adulti molto espliciti, mancando la possibilità di mettere un filtro (a proposito: Sciarconazzi, sono con te). Qui siamo pieni, al più, di profili con lo sfondo nero, con box pieni di maiuscole e di minchiate, del tipo
Mi descrivo
Insaziabile. Donna, prepotentemente Donna. Sono profumo di Femmina sulla via delle spezie (Via delle Spezie? Sarà una traversa dell'Aurelia). Voglio Te, Mio Signore (che sia una devota?), voglio il brivido del Tuo Corpo Turgido e Lussurioso (no, non lo è), voglio il tuo guinzaglio, voglio essere per sempre Tua e solamente Tua.
Che poi ripassi dopo un mese e trovi lei e il Suo Signore che si pigliano a pesci in faccia nei commenti del blog o delle foto.
Ma h
o divagato. Strano, non mi capita mai!
Quasi solo nei blog femminili, dicevo, si trovano racconti erotici, nei quali non mancano mai champagne, gonne trasparenti, pantaloni che fanno difetto all'altezza della zip, e descrizioni esplicite come "il suo XXXXX duro entrò prepotentemente nella mia XXXXX vogliosa che non aspettava altro, e per tutta la notte......"
STOOOOOP! Tutta la notte? Tutta la notte che? Tutta la notte il suo XXXXX duro prepotentemente eccetera? Ma mi faccia il piacere, mi faccia. Per giunta ubriaco di champagne e dopo la riunione del Consiglio di Amministrazione (mai che ci si trombi uno sfigato, nei racconti erotici)?
E temo pure che la situazione sia peggiorata dopo il successo delle cinquanta sfumature di minchiate. Non posso dirlo con cognizione di causa, perché è un bel po' che giro poco per i blog, ma temo che ora sia pieno di collari, borchie e ossi sacri con l'impronta di punta di camperos. Perché ho scoperto che le sfumature di minchiate condizionano, non sempre c'è la percezione che sono romanzi e basta.
Ad esempio, una mia cugina acquisita questa estate stava leggendo il primo libro della trilogia (già, sono addirittura centocinquanta, le sfumature. Tutte di minchiate, però) e mi ha confessato di avercela un po' con il marito: "ma può essere? Lo devo dire a Pietro che stiamo sbagliando, possiamo andare molto oltre la routine".
Ora, io non so se gli ha parlato. Fatto sta che Pietro, padre di tre figli, che di suo è alto un metro e ottanta e pesa si e no sessanta chili (quando ci sono le onde il bagnino non lo fa tuffare se non firma una liberatoria), da ferragosto non l'ho più visto.
Uhm..... mi sa che ora gli telefono.
Tanto, il motivo per cui i racconti erotici li leggono solo le donne l'ho capito.
Altro che emancipazione femminile, altro che maggiore capacità di introspezione e di canalizzazione dell'attenzione nel privato, sono tutte balle.
La verità è un'altra: non hanno ancora imparato ad usare il lettore DVD.

 
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CERTEZZE MOLLEGGIATE

Post n°143 pubblicato il 09 Ottobre 2012 da giginosco

Certo che Celentano non le manda proprio a dire.
Non ho visto il suo spettacolo, ieri sera, ma ho letto che è andato giù duro, nonostante fosse su Canale 5.
"Dicono tutti crescita qua, crescita là, crescita su, crescita giù, ma poi mica sanno come fare. Ve lo spiego io come si arriva alla crescita: l'uomo deve invertire la rotta. Uhm..... penso, almeno, non sono proprio sicuro sicuro."

Ora, dico io: già l'informazione era vaga, neanche sei sicuro?

Ha fatto come quelli a cui chiedi se conoscono una via, quando sei in auto.

"Via Bernini, dice? Mi faccia pensare. Via Bernini, via Bernini..... è di certo da un'altra parte, però non sono proprio sicuro. Magari torni indietro e all'incrocio chieda a qualcuno".

Anzi, no, il paragone non va bene, perché a quelli l'informazione la chiedi tu, mica si mettono in mezzo alla strada per dartela.

A Celentano, invece, nessuno aveva chiesto niente, si è scelto da solo un argomento a piacere. E chissà quanto ci ha pensato su, visto che prepara lo spettacolo da mesi.

Ecco come chi ha fatto, come un mio compagno del liceo.

Io, lui e altri due disgraziati fummo chiamati ad un'interrogazione a sorpresa di italiano, al secondo liceo (quarto anno delle superiori).

Il professore, che assomigliava a Charles Bronson e aveva la voce arrochita dal fumo, cominciò con le domande, ma noi non dicemmo una parola.

Provò a farci confessare in tutti modi: con le buone, con le minacce, con gli insulti. Niente da fare, non vide un luccichio di conoscenza nei nostri occhi, non udì una parola che fosse una.

Tentò di spaziare per tutto il programma, cercò gli argomenti più facili, fece domande con la risposta incorporata, ma noi restammo virilmente fermi sulle nostre posizioni. Avremmo potuto cantare tutti e quattro in coro

Ma mi, ma mi, ma mi, quaranta dì, quaranta nott,

A San Vittur a ciapaa i bott, mi sont de quei che parlen nooooo!

Dopo due ore di tortura, il giustiziere della notte si giocò l'ultima carta per risolvere il caso. Ci guardò a lungo negli occhi (non voglio sapere cosa vide) e fece una cosa che non aveva mai fatto in trent'anni di onorata carriera: ci chiese un argomento a piacere.

Mi, el Padola ed el Gaina, eroicamente, non abbiamo abboccato. Non eravamo spie, restammo muti come pesci.

Il quarto, invece, el Rodolfo, temendo di essere abboffato di mazzate dal padre, tentò di ottenere i benefici della legge sui pentiti e ci tradì.

"Io vorrei parlare della vita di Vittorio Alfieri".

Ora, diciamocela tutta: uno che, al penultimo anno di liceo classico, ad un'interrogazione di letteratura chiede di parlare della vita di qualcuno, andrebbe preso a calci nel culo pure dai bidelli.

Il professore, infatti, lo guardò fisso allibito per almeno un minuto. Poi, stremato da due ore che avrebbero tolto l'autostima anche a Napoleone, emise un sospiro roco da tabagista e si arrese "va bene, dimmi sta vita dell'Alfieri".

Il traditore cominciò a dire una serie di minchiate inascoltabili, confondendo date, luoghi e opere. Stava evidentemente cercando di ricordare quello che aveva intravisto su una pagina di libro su cui si era addormentato, durante una delle imperdibili lezioni di letteratura italiana. Si fermò. Guardò il professore, che invece aveva lo sguardo perso nel vuoto. Tentò ancora per qualche secondo. Si fermò di nuovo. Aspettò che il professore si girasse, richiamato alla realtà dal silenzio di tomba calato in aula e poi, con voce flebile, disse "no, professo', scusate. La vita dell'Alfieri non me la ricordo proprio bene bene".

 
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MA A CHI ASSOMIGLIA?

Post n°142 pubblicato il 04 Ottobre 2012 da giginosco

Ho ricevuto troppi complimenti per l'ultimo post.
Mettiamo bene le cose in chiaro, allora.

 

 

Vi siete mai fissati con una somiglianza?
Vedi una persona e pensi "questo assomiglia a qualcuno, ma a chi?" e, mentre lui parla, invece di ascoltarlo sfogli il tuo archivio mentale, alla ricerca della foto segnaletica appropriata.
Ci sono somiglianze che a notarle non danno neanche soddisfazione.
Sono quelle proprio evidenti, magari con personaggi dei fumetti: Mr. Bean & Stramaccioni, Ricucci & Peter Griffin, Niccolò Fabi & Telespalla Bob.
O addirittura, somiglianze da fratelli gemelli separati alla nascita: Pippo Franco & Carlos Bilardo (l'ex allenatore dell'Argentina), Jean Todt & Alvaro Vitali, Sallusti & la mia chiappa sinistra.
Altre somiglianze, invece, sono di difficile scoperta.
Loro parlano e tu pensi "forse il sorriso. O come muove la testa. Ecco, quello sguardo strano che fa quando chiede qualcosa, dove l'ho visto? Mi ricorda qualcuno che conosco, ci giurerei".
E può durare mesi e mesi, questa storia.
Magari lui, nel frattempo, apprezzando la tua discrezione e la tua capacità di ascoltare, ti ha raccontato tutta la sua vita, confessandoti cose che non aveva avuto mai il coraggio di dire a nessuno. Tipo che ha capito di essere omosessuale da poco, e precisamente da quando ha interrotto una relazione incestuosa con la propria sorella che durava da dodici anni, mentre tu non hai nemmeno idea di che voce abbia, perché ogni volta che lo guardi continui a pensare "ma porca mignotta, lo vedi come arriccia il naso, a chi assomiglia?"
Il mio tempo più lungo di ricerca è stato di oltre un anno, con un mio collega di università. Dal primo giorno che l'ho conosciuto, ogni volta che lo guardavo non riuscivo a pensare ad altro: a chi assomiglia?
Siamo diventati amici (suppongo, ero un po' distratto), abbiamo sostenuto alcuni esami assieme ma io, appena mi restituivano il libretto e incrociavo il suo sguardo contento, pensavo "ma a chi cazzo assomiglia?"
Sono stato ospite a casa sua, ho verificato che non assomigliava né al padre né alla madre (mio pensiero: "ma allora a chi  assomiglia?"), l'ho guardato mentre dormiva, ma niente, non ne venivo a capo.
Ho preso tutte le foto che c'erano a casa dei miei, ho osservato con la lente d'ingrandimento tutte le facce di tutti i matrimoni e tutti i battesimi.
Ho ripercorso nella memoria tutti i compagni di scuola, miei e dei miei fratelli, dalla prima elementare in poi.
Ho cercato di ricordare tutte le partite di calcio o tennis giocate in vita mia, pensando a tutti gli avversari, tutti gli arbitri e persino tutti gli spettatori.
Niente.
Niente di niente.
Finché un giorno, lo ricordo come fosse ieri, inforchettando un piatto di spaghetti alla carbonara, ho avuto l'illuminazione: ecco a chi assomiglia.
Ad una seicento multipla.
Non compatiamolo troppo, però.
Dopotutto, è andata meglio a lui che alla mia chiappa sinistra.

 
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POST DELICATO

Post n°141 pubblicato il 26 Settembre 2012 da giginosco
Foto di giginosco

Mia figlia è convinta che io sia un grande esperto di musica.
Non posso canticchiare una canzone per sbaglio, che subito comincia a cantarla lei, pur non conoscendola. Poi, mi fa le moine per convincermi a scaricarne il video sul telefonino, e la impara a memoria.
La sua playlist è abbastanza eterogenea: Peter Gabriel, Talking Heads, Samuele Bersani, Caparezza, Sinead 'o Connor, Daniele Silvestri, qualcosa da Trovatore e Barbiere di Siviglia, Goran Bregovic (la sua passione), e altro ancora.
Ascolta e intanto canta a squarciagola, è un tipo allegro e rumoroso.

Qualche sera fa cazzeggiavo su youtube (tube, tube, poco spirito), e lei, che mi ronza sempre attorno, è stata attirata dalla musica del coro degli zingari del Trovatore, che un po' conosceva. Vedendo tutta quella folla sul palcoscenico, ha capito che c'era una storia dietro, e mi ha chiesto di raccontargliela.
In sintesi, lo saprete, il Trovatore parla di due fratelli che non sanno di essere tali, perché uno dei due, da bimbo, è stato rapito da una zingara che voleva ucciderlo gettandolo nel fuoco. Poi, però, nella confusione, ha gettato nel fuoco il proprio, di figlio (che volete, può capitare), e si è tenuto il bimbo avanzato. Così, i due fratelli si odiano, corteggiano entrambi la stessa donna e ogni tanto cercano pure di ammazzarsi. Finché uno, alla fine, ci riesce.
Mia figlia ascoltava rapita. Ogni tanto mi faceva delle domande (pertinenti, per giunta), ma non stava a sottilizzare sulla scarsezza delle risposte.
"E gli altri zingari non si sono accorti dello scambio?"
Uhm, è vero. Forse i bimbi si assomigliavano. Già, deve essere proprio così.
"E perché se l'è tenuto, l'altro bambino, se prima voleva ammazzarlo?"
Perché perché..... già, perché? Forse per non perdere gli assegni familiari.
"E perché lei si innamora di Manrico, invece che del conte?"
Perché lui non era ricco, ma cantava benissimo ed era un bellissimo giovane.
"Mi fai vedere quando si innamorano?"
Certo!
Giro un po', trovo un "Ah sì, ben mio", lo faccio partire e..... non mi appare la faccia di Pavarotti? Non ancora grasso come un ippopotamo, d'accordo, ma pur sempre Pavarotti. Truccato come Moira Orfei, tra l'altro, e con le sopracciglia storte.
L'ho guardata con espressione colpevole, ma lei non ha battuto ciglio.
"E la principessa perché è di spalle? Adesso si gira, vero?"
Speriamo di no.
Manco il tempo di dirlo, e Leonora, la splendida ragazza contesa tra due fratelli che avrebbero ucciso o si sarebbero fatti uccidere per lei, si è girata, mostrando un doppio mento da pellicano.
E che cazzo!
Ora mi manda a quel paese, ho pensato.
E invece, si è messa zitta zitta ad ascoltare. Una volta, due, dieci, si è fatta anche tradurre in linguaggio comprensibile quello che il bel giovane diceva.
Alla fine, sospirando, mi ha guardato dicendomi "è proprio bellissima".
E' vero, amore, è bellissima.
"Lui è un po' vecchio, però canta benissimo, si vede che è innamorato".

Ecco, qui sarebbe dovuto finire il mio delicatissimo post. Forse avrei scritto una frase di chiusura, di quelle preconfezionate, tipo
C'è tanto da apprendere, dai bambini.
o
Quando succede che diventiamo aridi?
o
anche, se proprio mi volevo sprecare
Mi sono sentito stupido, per aver pensato che bla bla bla.

Invece, continua

"Papino....."
Dimmi, amore.
"Me la scarichi sul telefonino che la faccio sentire anche a mamma?"
A mamma? Ora? Uhm.....
Voce fuori campo "io non voglio sentire niente, vai subito a lavarti le mani che è pronto, e poi voglio vedermi il film con Gabriel Garko!"
Ecco, appunto.
"Te lo scordi, io voglio vedere i cartoni".
"Se non vai subito a lavarti le mani vengo lì e ti faccio vedere".
"Gne gne gne gne! Tu non mi comandi, capito? Io voglio i cartoni!"
"Hai già sentito la musica un'ora, basta così".
"E' stato lui a farmela sentire, io non volevo".

Ammazza che infame.
Io l'ho sempre detto: donne si nasce, non si diventa.
E mi ha pure rovinato il primo post delicato, dopo quasi tre anni di minchiate.

 
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MOVIMENTI SOSPETTI SUL MIO CONTO INTESA SAN PAOLO

Post n°140 pubblicato il 21 Settembre 2012 da giginosco

Gli hacker mi hanno preso di mira, li morté!
Da un po' di tempo mi arrivano spesso, su questa mail, avvertimenti che ci sono movimenti sospetti sul mio conto Intesa San Paolo.
Ma guarda sti mariuoli truffatori mangiapane a tradimento figli di mignotta.

Già alcuni anni fa c'era qualcuno che spendeva allegramente con la mia carta di credito, in un negozio di elettrodomestici di Napoli. La prima volta 115 euro, poi 200, 360, 570, se non mi fosse arrivato l'estratto conto si sarebbe arredato la casa a mie spese, l'infame.

E la camicia per cui mi avevano addebitato 900 euro, anziché 90? Domanda: ma c'è qualcuno che comprerebbe una camicia da 900 euro? Risposta: certo, per le grandi occasioni. Il raffinatissimo acquirente, così, esce con la donna più sexy che conosce, la porta a cena, le tiene le mani e la guarda negli occhi per tutta la serata e poi, quando lei gli si avvicina per baciarlo, le dà uno spintone che piomba giù verticalmente dal tacco dodici. Sei pazza, che ti avvicini alla camicia con quel cazzo di rossetto?

Poi, il tour per il Nord della Thailandia (durato cinque giorni), tre volte me lo hanno addebitato. Quando ho chiamato al servizio clienti della carta, mi hanno chiesto se fossi proprio sicuro di averlo fatto una volta sola. Uhm..... mi faccia pensare..... sì, direi di esserne sicuro, proprio sicuro. Idiota.

Fino ad ora, però, i tentativi di truffa si erano limitati alla carta di credito. Adesso hanno alzato il tiro: è il mio conto Intesa San Paolo ad essere sotto attacco.

Forse dovrei avvertire la polizia postale, ma so che non lo farò. Perché, più che preoccupato o incazzato, sono umanamente dispiaciuto. Per loro.
Perché io manco ce l'avevo un conto un conto Intesa San Paolo, gli hacker me l'avranno aperto con i loro risparmi, apposta per attaccarlo.
Mah!

Voglio vedere quando finisce, sta crisi.

 
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MISURIAMOCELO

Post n°139 pubblicato il 12 Settembre 2012 da giginosco

Stamattina Libero dice, e Libero è uomo d'onore, che

In erezione il pene, secondo una ricerca condotta da Kinsey su un campione di 2.376 uomini, ha una lunghezza media di 15 centimetri variando tra i 9 ed i 22 centimetri. La maggior parte dei genitali maschili rientra nella fascia che oscilla tra i 13 ed i 18 centimetri.

E, se qualcuno non avesse letto bene, lo riscrive.

In erezione il pene, secondo una ricerca condotta da Kinsey su un campione di 2.376 uomini, ha una lunghezza media di 15 centimetri variando tra i 9 ed i 22 centimetri. La maggior parte dei genitali maschili rientra nella fascia che oscilla tra i 13 ed i 18 centimetri.

La prima cosa che ho pensato, leggendo l'articolo, è che sto Kinsey fa proprio un lavoro di merda. Sai la vergogna dei suoi genitori, con gli amici? "Allora, signor Kinsey, ho sentito che il suo ragazzo, quello che ha fatto laureare in Statistica con tanti sacrifici, ha finalmente trovato lavoro. Auguri di cuore. E cosa fa di preciso?" "Ehm..... misurazioni." "Bello! Proprio quello per cui ha studiato!" "Già. Era meglio che lo mandavo in cantiere."

Solo in un secondo momento ho messo a fuoco le dimensioni riportate: tra i 9 (che tristezza, però) e i 22 centimetri. La maggior parte tra i 13 e i 18.

La vogliamo finire di fare i fenomeni, allora? Qualche giorno fa un'amica mi aveva dato appuntamento in chat, ma dopo un minuto me ne sono scappato via dalla vergogna. C'erano certi nick sproporzionati, roba che non mi chiuderei mai in una stanza con loro, figuriamoci in una stanza della chat, che non ha muri.
Vi rendete conto dello squallore? Uomini adulti che si misurano il pene in crescenza (come le scarpe dei bambini "prendiamo un paio di numeri in più che le usa anche l'anno prossimo" e poi il bimbo cammina come un rapper), convinti che questo li renda più attraenti. Stupidi illusi, non sono le dimensioni che contano, per soddisfare una donna. E' inutile essere superdotati se non si ha testa, cuore, sensibilità, se non si è in grado di regalarle un sogno.

Il post è finito.
Le donne possono andare, grazie. Mi raccomando, attenzione ai cialtroni, fatevi sempre mandare una perizia giurata.


 



Giusto per chiarire

IO CE L'HO GRANDE E VOI CE L'AVETE PICCOLO

 
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IL MAÎTRE À PENSER

Post n°138 pubblicato il 31 Luglio 2012 da giginosco
Foto di giginosco

Nel ruolo di guida intellettuale e morale dei ragazzi che ho descritto nell'ultimo post, ho avuto le mie belle soddisfazioni.
Ogni volta che i quattro discutevano, in un tramonto italiano, di politica, estetica e matematica (vabbè, si fa per citare, non erano proprio questi i loro temi preferiti), io diventavo la Corte di Cassazione.
Ho dovute deliberare su questioni delicatissime, di molte delle quali niente miointeressava, né niente sapevo. Ricordo orgogliosamente alcune mie sentenze, che sono state per loro impagabile punto di riferimento:
- il culo è più importante delle tette. Però, dipende.
- è meglio fare prima diritto pubblico e poi diritto privato. Però, dipende.
- non si cerca di pomiciare già dalla prima sera. Però, dipende.
- il voto all'esame non si rifiuta mai. Però, dipende.
- la Mercedes è meglio della BMW. Però, dipende.
- le tette vanno prese in mano con vigoria, più che accarezzate. Però, dipende.
Ero una specie di Bellavista (non so se avete mai visto i film o letto i libri di De Crescenzo), un maître à penser mai messo in discussione.

Un giorno, mi sono recato a mensa con uno di loro, il più incazzoso.
Mentre facevamo la fila, una ragazza, bruttarella, si è infilata davanti a noi. Ci sono stati mugulii di disapprovazione da parte di tutti, ma nessuno ha preso l'iniziativa di farla uscire. Solo il mio amico, dopo averci pensato un po', mi ha detto "don Lui', mo' vaju da chira racchia e 'a jetto fora a càvuci 'ntu culu!" e si è avviato verso di lei.
-"Dai, lascia stare."
-"E perché a vo' fare passare? Simu tutti uguali, no?"
-"Bravo, si vede che stai studiando. Art. 3 della Costituzione, 1° comma, principio di uguaglianza formale. Però c'è anche l'uguaglianza sostanziale, 2° comma."
-"Grazie, don Lui'. In verità il 2° comma della Costituzione (sic!) non l'ho ancora letto, che ieri mi ha chiamato mia madre e po' m'aju scurdatu. Chi dicia?"
-"Dice che se uno ha qualche difficoltà, gli altri devono aiutarlo. (Vabbè, non mi venite a fare i fini giuristi, adesso, che gli dovevo dire?) Dimmi la verita: se lei fosse stata bona, l'avresti fatta passare?"
-"Sì, così almeno ci guardavu 'u culu".
-"Ecco, vedi? Se una è bona, trova sempre qualcuno che la fa passare. Allora noi, per rispettare il principio del secondo comma dell'articolo 3, la trattiamo come se fosse bona, e la lasciamo passare."
-"Mah, si u dici tu..... Ma guardala, sta facenno trasire 'nta fila puru dui amici."
-"Sta facendo entrare due amici? Dici davvero?"
-"E guarda! Facimu passare pur'a loro?"
-"Col cazzo!"
Al che, perdendo il mio proverbiale aplomb, mi sono messo a gridare in direzione dei nuovi arrivati, attirando lo sguardo di tutti i presenti.
"EHI, VOI, PENSATE CHE NOI SIAMO QUI PER DIVERTIMENTO?"
La ragazza ha risposto "ma sono due miei amici!"
"AH, SIETE AMICI? VOLETE MANGIARE ASSIEME, ALLORA?"
"Sì" hanno detto, speranzosi.
"E ALLORA TUTTI E TRE IN CODA, SVELTI!"
Così, tra un mormorio di approvazione dei presenti, i furbastri hanno preso i loro vassoi e si sono messi in fondo alla fila.

L'incidente era stato, tutto sommato, divertente. Il mio amico non aveva perso occasione, mentre mangiavamo, di raccontare l'episodio a tutti quelli che conosceva, fiero di essere stato con me.
Tornando a casa, ha finalmente fatto la domanda che mi aspettavo.
-"Dimmela tu ora la verità, don Lui'. Se la ragazza invece che racchia era bona, facevi passare anche gli amici?"
-"Penso di sì."
-"Lo vedi che non l'hai trattata come una bona, allora? Altro che secondo comma della Costituzione."
-"Non è così. Lei poteva passare, ma gli amici no. Su cosa l'appoggiavano, quei due, il salto della fila? Se fossero stati amici di una bona, potevano dire che passavano perché avevano un'amica bona. Chapeau. Ma un'amica racchia, in fila, l'avevamo un po' tutti, giusto?"
-"Minchia, non ci avevo pensato, hai ragione. Anch'io avevo due amiche in fila, e pure loro racchie. Don Lui', quante cose mi devi ancora imparare!"
-"Insegnare."
-"Insegnare? Ah, giusto, insegnare."

 
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L'APPARTAMENTO quasi SPAGNOLO

Post n°137 pubblicato il 24 Luglio 2012 da giginosco

Quando mi sono iscritto di nuovo all'università, quasi trentenne, lavoravo già da qualche anno. Così, per avere un punto d'appoggio nei periodi degli esami, ho affittato una stanza in un appartamento di studenti fuori sede.
I miei coinquilini, all'inizio, erano intimiditi. Un po' rustici, ma molto rispettosi, mi vedevano come una persona "grande" (a vent'anni quelli di trenta li consideri con un piede nella fossa) e così, quando ero in casa, cercavano di comportarsi da bravi ometti: mi lasciavano il passo nel corridoio, prima di uscire salutavano e chiedevano se avessi bisogno di qualcosa, tiravano lo scarico dopo aver fatto pipì, cercavano di non dire male parole, evitavano persino di parlare in dialetto cosentino stretto, manco io fossi di Bolzano.
Quando hanno capito che ero un tipo alla mano, però, si sono sciolti, tornando alle loro occupazioni preferite, nel tempo libero dallo studio (circa 23 ore e mezza al giorno): fotografarsi le chiappe, gettare bacinelle d'acqua sul gatto del balcone sottostante, incendiare le scorregge, origliare la vicina bona che trombava. Per svolgere al meglio quest'ultima attività, avevano anche rubato per strada uno di quei coni di plastica a strisce bianche e rosse che segnalano i lavori in corso. Lo appoggiavano alla parete dalla parte larga e mettevano l'orecchio all'altra estremità, utilizzandolo come un grande cornetto acustico.
Pian piano, sono stato adottato dai ragazzi come cuginopiùgrande, colui al quale chiedere consigli sulle donne (teoriche, avevano il bagno pieno di riviste sconce), sugli esami (ancor più teorici, le riviste sconce erano anche sulle scrivanie) e su tutte quelle cose che avevano difficoltà ad affrontare e gestire.
In particolare, la lontananza da casa e la convivenza con altre persone.
Fisiologicamente, infatti, ogni tanto la tensione in casa saliva, soprattutto nel periodo degli esami. E allora andavano marcati a uomo.
Ho sventato, all'ultimo secondo: l'incendio delle lenzuola stese dalla condomina del piano di sopra ("tolgono luce"), il lancio di un vaso su un'auto parcheggiata sotto casa ("sto cazzo di allarme suona ogni cinque minuti"), il taglio dei fili dell'antenna centralizzata ("mi dispiace per gli altri, ma c'è uno stronzo che tiene sempre il volume alto").
Il segnale che la misura fosse colma era dato dal cono di plastica. Quando, anziché origliare, cominciavano ad utilizzarlo come megafono (dirigendosi verso la parete, uno dava il tempo come Peppiniello Di Capua HOP HOP HOP HOP HOP HOP e un altro faceva Galeazzi NON LI PRENDONO PIU', NON LI PRENDONO PIU', MANCANO DIECI COLPI, FORZA FRATELLONI D'ITALIA!), capivo che era giunto il momento di caricarli tutti e quattro in macchina e portarli da qualche parte.
Siamo andati insieme in tanti posti, dove li ho sempre obbligati a visitare qualcosa di interessante, prima di andare verso lo struscio, dove c'erano ragazze, negozi, gelaterie e pizzerie.
Io, che ero il colto del gruppo, oltre che il saggio (pensate come eravamo messi), raccontavo loro la storia dei posti che visitavamo. Se davvero sapevo qualcosa, la dicevo, altrimenti inventavo al momento, con la faccia seria. Tanto, chi volete che se ne accorgesse? Il mio cavallo di battaglia era Ulisse, che ho fatto sbarcare un po' ovunque: in tutti i quartieri di Messina, a Taormina, a Milazzo, a Lipari, ad Aci Trezza, persino a Castelmola, splendido borgo su un cucuzzolo sopra Taormina.
Ed è stato proprio a Castelmola che sono riuscito a fare breccia nel loro ostentato disinteresse per la bellezza dei luoghi. La mattina dopo, infatti, mi sono quasi commosso leggendo sul calendario della cucina una scritta a caratteri cubitali
GRAZIE DON LUIGI, CASTELMOLA E' UN PAESE CON I CAZZI
E sì, sono queste piccole cose quelle che danno soddisfazione, credetemi.
Piccole, ma anche no.

 
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E' QUI LA FESTA?

Post n°136 pubblicato il 15 Maggio 2012 da giginosco

In genere, alle feste di compleanno dei bimbi, io mi annoio mortalmente.
Mentre loro giocano, a me tocca stare a parlare con gli altri genitori. E anche se ci sono un po' di mamme bone (di una quindicina d'anni più giovani di me, mediamente), questo non cambia nulla: mi annoio.
Alla festa di mia figlia, però, le cose dovevano essere diverse: io ero il papà della festeggiata, non potevo esimermi dal gravoso compito di mettere a proprio agio gli invitati. Che erano prima di tutto i bimbi, mica gli adulti.
Così, all'inizio, mi sono messo alla porta del locale per accogliere degnamente i miei amici e  i loro genitori. Quando arrivava una femminuccia, le facevo un inchino e il baciamano. Quando, invece, arrivava un maschietto, gli tendevo la mano come si fa con i grandi.  Nel momento in cui l'impettitissimo ospite stava per stringermela, però, io la alzavo facendo la mossa di pettinarmi, e dicevo "passa dall'ufficio". Ci sono caduti tutti, avreste dovuto vedere la faccia che facevano, che risate. Che risate io, mica loro, uno a zero per me!
Dopo una ventina di minuti passata a salutare, ho raggiunto i miei amici ai giochi. Lì non mi sono divertito tanto, in verità, perché nella casetta non entravo e sugli scivoli mi incastravo col sedere. Ho cercato di imbucarmi sul tappeto elastico, che era abbastanza largo per contenermi, ma i gestori mi hanno cacciato via in malo modo perché c'era un cartello "max 45 kg".
E' stato l'ingresso dell'animatrice, avvenuto tra l'iniziale indifferenza dei bimbi e la standing ovation degli ormoni dei papà presenti, che ha fatto entrare la festa nel vivo.
Abbiamo ballato, abbiamo partecipato ad un sacco di giochi che non ho capito, abbiamo fatto il tiro alla fune maschietti contro femminucce (chiamale femminucce, tiravano come dei buoi, ci hanno stracciati), abbiamo fatto il trenino dietro Minnie (che ogni tanto, per il caldo, si alzava un po' il testone, facendo intravedere una fittissima barba incolta), e poi ballato ancora.
Ad un certo punto, però, mentre ero intento ad autofotografarmi sdraiato per terra insieme a tre amici (14 anni in totale), facendo le facce più buffe che potevamo, ho alzato gli occhi e ho notato di essere osservato un po' da tutti. Mia moglie e mio padre, in particolare, avevano un'espressione di assoluta disapprovazione.
Così, dicendo vigliaccamente ai miei amici "su bimbi, adesso basta, il gioco è bello quando dura poco", mi sono alzato e diretto verso il gruppetto degli adulti, dove ho potuto intavolare una piacevole conversazione sui consumi comparati di suv e berline nei cicli urbano ed extraurbano. Sigh!

 
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IL PALADINO DELLE DONNE

Post n°135 pubblicato il 03 Aprile 2012 da giginosco

Qualche settimana fa, allo stadio, ho avuto un alterco con un tipo.
Devo ammettere che lo avevo già nel mirino, quello, sono anni che assisto alle partite con la sua sgradevolissima voce nelle orecchie.
Si agita ad ogni azione e parla a getto continuo per novanta minuti più recupero. Tu vai allo stadio per divertirti e lui decide, senza consultarti, di aggiornarti in tempo reale sulla sua ansia per lo svolgimento della partita.
Attacchiamo noi e "ecco, ora sbaglia il passaggio, finisce in fuorigioco, si mangia il rigore". Attaccano gli avversari e "adesso segnano, siamo messi male, il gol è nell'aria". Siamo in vantaggio e "tanto adesso pareggiano". Subiamo un gol, magari al primo minuto, e "lo sapevo, pure oggi perdiamo".
Tutto questo da anni, una rottura di maroni insopportabile.

Il giorno della resa dei conti è successo che, su un tiro degli avversari, la palla ha colpito la traversa ed è rimbalzata vicino alla linea di porta.
Come chi segue il calcio sa benissimo, in questi casi c'è una procedura da seguire che coinvolge tutti i presenti, ed è la stessa da sempre:
1) gli spettatori spostano gli occhi dalla porta al guardalinee, che è la persona deputata a decidere se è gol, e cominciano ad insultarlo preventivamente
2) i calciatori di entrambe le squadre si precipitano verso di lui come forsennati, col sangue agli occhi, chi per contestare e chi per appoggiare la decisione, ancor prima di sapere quale sia, questa decisione
3) il guardalinee assume l'atteggiamento di quello che ha visto tutto, e guarda fieramente negli occhi i calciatori, senza retrocedere di un millimetro
4) arriva di corsa l'arbitro, che sposta i calciatori, ne ammonisce un paio e, dopo aver confabulato col guardalinee, comunica se è gol oppure no
5) il pubblico esulta oppure comincia a gridare COR-NU-TO, COR-NU-TO!

Cose di ordinaria amministrazione, insomma, un vero e proprio rituale.
Quel pomeriggio, invece, il meccanismo si è inceppato al terzo passaggio, perché il guardalinee non era il solito lungagnone atletico ma con precoce alopecia, bensì una graziosa e giovane donna. Che, mi dispiace dirlo, non si è dimostrata all'altezza dell'importantissimo compito che le era stato assegnato.
Forse intimorita da tutto quell'odio che le pioveva addosso, forse tramortita dalle vagonate di testosterone dei ventidue giovanotti in mutande intorno a lei, si è dimostrata visibilmente incerta sul da farsi. Per tre o quattro minuti, insomma, non si è capito se sta cazzo di palla fosse entrata o no.

Il pubblico era inferocito e uno dei più accaniti, almeno così mi è parso in quel momento, era proprio il tipo che mi sta sulle balle.
Quando ho sentito la sua fessa voce da fesso urlare "puttana!", non ci ho visto più e stavo per dirgliene quattro. I soliti insulti sessisti preconfezionati, che schifo, che inciviltà. Detto tra noi, forse ero anche un po' prevenuto, perché quando il mio amico Alfredo (ragazzo di buon cuore ma alquanto grezzo) chiama l'arbitro "ricchione" o "impotente" mica sto tanto a guardare il capello.
Ero carico come una molla, pronto ad intimargli di avere più rispetto per le donne, quando proprio tre esponenti del gentil sesso, due gradini sotto di me, hanno cominciato pure loro ad inveire ritmicamente contro la guardalinee, al grido di ZOC-CO-LA, ZOC-CO-LA, ZOC-CO-LA!
Così ho dovuto tacere, aspettando tempi (e insulti) più propizi.
Poco dopo, per fortuna, il tipo ha urlato "resta a casa a cucinare e a fare la calza, troia, pensa a crescere i figli", una frase perfetta per far venire a galla il mio animo cavalleresco. Mi sono girato con lo sguardo cattivo, protendendomi verso di lui ma, proprio mentre ero sul punto di buttargli addosso il mio disprezzo per il suo ottuso e offensivo maschilismo, le tre tifose inferocite hanno rumorosamente appoggiato la proposta del bruto.
E che cazzo, ste tre befane, vi volete fare difendere o no?
Stavo quasi per rinunciare, quando il retrogrado ne ha partorita un'altra: "se volete fare gli arbitri e i guardalinee, andate nel calcio femminile, ma lasciate stare quello maschile". Non un granché come insulto, il ragazzo stava evidentemente perdendo la verve. Ho guardato verso le tre disturbatrici, erano distratte. Lo sapevo che sarebbe arrivato il mio momento, lo sapevo.

Ho indossato la faccia più indignata che avevo, e ho urlato "ma basta, porta rispetto per le donne, finiscila! Vergognati, vergognati!".
Devo aver proprio alzato la voce, perché tutti i vicini si sono girati verso di me, e lui ha avuto un sobbalzo. Ha tentato di abbozzare una difesa, ma io l'ho aggredito ancor di più "vergogna, smettila di insultare le donne!".
Poi, indicando le indiavolate sotto di noi, ho avuto anche la faccia tosta di aggiungere "e poi, non lo vedi che ci sono anche delle signore, qui?"
Sentendosi chiamate in causa, le tre si sono ricomposte e raddrizzate con la schiena, come per dire "già, non lo vedi che ci sono delle signore, qui?" e si sono girate, guardando me con gratitudine e lui di sottecchi, con disprezzo.
Anche altri spettatori hanno avuto un'espressione di approvazione ed hanno annuito (avranno pensato che sono matto, temo), e da allora nessuno ha più detto una sola parolaccia all'indirizzo della guardalinee. In particolare, un ciccione con i capelli all'aria e la barba incolta, con una lattina di birra in mano, si è rivolto al bruto dicendogli "ha ragione il signore, ci vuole rispetto ed educazione, è solo una partita di calcio". Poi si è girato e ha sparato un rutto che l'hanno sentito pure dalla tribuna opposta.  

E' stato un bel pomeriggio, insomma, ho avuto il mio momento di gloria.
Peccato solo che poi abbia dato il gol agli avversari, quella zoccola.

 
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