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questo blog contiene testi e immagini riservati ad un pubblico
DEMOCRATICAMENTE ADULTO
se ne sconsiglia la visione a
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«Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta».
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
AVVISO PUBBLICO
Se vi disturba l’idea che il sottoscritto ESPRIMA LIBERAMENTE le proprie opinioni, IRONIZZANDO su quanto non condivide e CRITICANDO (nel proprio spazio) manifestazioni di ignoranza, dogmatismo e intolleranza .. RICORDATEVI che non siamo a Cuba, che il muro di Berlino è “franato” da più di VENT’ANNI, che i comunisti che non sono ancora sepolti e putrefatti .. hanno fortunatamente un piede nella fossa .. e chiunque aspiri a DITTATURE comunque colorate e più o meno proletarie, ha in me un NEMICO giurato.
Tentativi maldestri di trascinarmi in volgari liti di pollaio, con l’intento di attribuirmi violazioni del buon gusto e dell’educazione, sono destinati a naufragare nella più assoluta indifferenza. Ciononostante mi ritengo LIBERO di segnalare violazioni delle regole della convivenza civile in ogni opportuna sede, QUINDI RASSEGNATEVI ALLA MIA PRESENZA QUI CON ANNESSI E CONNESSI.
P.S.
Eventualmente fatevi prescrivere un medicinale per i travasi di bile e i fastidi del basso intestino.
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I FURBETTI DEL BORSELLINO … ovvero: i giudici col doppio stipendio
A proposito dei referendum sulla giustizia …
Dopo il quesito che propone la separazione delle carriere dei magistrati e i due sulla responsabilità civile degli stessi, il quarto referendum sul quale i radicali stanno raccogliendo le firme (dei 12 totali e dei 6 del pacchetto giustizia) riguarda un’ altra anomalia tutta italiana. Vale a dire i cosiddetti «magistrati fuori ruolo». Si tratta di toghe senza toga, distaccate a Palazzo Chigi, in ministeri, ambasciate, authority. A fare il lavoro di qualcun’altro. Si tratta di una stortura che ha almeno tre aspetti sgradevoli: prima di tutto sottrae una consistente quota di magistrati (il numero dovrebbe aggirarsi attorno ai 260, anche se non c’è una contabilità aggiornata anche a causa di una certa qual omertà) al loro lavoro principale, con conseguenze certo non positive sulle tante giacenze della tossicchiante macchina della giustizia italiana.
Più strisciante il secondo guaio: la presenza di tanti magistrati in ruoli chiave dell’alta amministrazione comporta inevitabilmente una commistione tra politica, burocrazia e magistratura, minando in modo irreparabile il totem della separazione tra i poteri. Quello stesso totem che viene invocato dai magistrati – in un classico caso di doppia morale – quando si tratta di ragionare sulla separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati inquirenti. Questione, questa, che ha peraltro un codicillo fastidioso: buona parte dei magistrati «in affitto» infatti lavora al ministero della Giustizia, occupando poltrone spesso tra le più vicine al Guardasigilli. Ciò che solleva serissimi dubbi su possibili conflitti d’interesse. Altro slogan, questo, scandito solo quando fa comodo.
Il terzo aspetto è quello probabilmente più scandaloso, in epoca di spending review e di famiglie che faticano ad arrivare alla quarta settimana. I giudici fuori ruolo, infatti, vivono in prima persona il fenomeno della moltiplicazione degli stipendi. Fino a qualche tempo fa questo privilegio medievale -vale a dire la possibilità di cumulare lo stipendio per il lavoro che si dovrebbe fare ma non si fa e quello per il lavoro che non si dovrebbe ma si fa – era totale. Poi il Csm in un sussulto di autovergogna ha pensato bene di limare il privilegio: oggi il magistrato fuori ruolo prende per intero la sua paghetta da toga e soltanto il 25 per cento della retribuzione spettante al ruolo effettivamente rivestito. Comunque troppo, perché anche un bambino troverebbe assurdo essere pagati in parte anche per qualcosa che non si fa. Più volte la politica ha provato a porre rimedio a questo piccolo grande scandalo. Nel 2000 i radicali avevano sottoposto agli italiani un referendum sul tema: un successo parziale, perché i «sì» avevano ottenuto l’86,4 per cento dei voti, ma il quorum non aveva superato il 32 per cento, vanificando quindi la tornata referendaria.
Nella scorsa legislatura il deputato del Pd Roberto Giachetti condusse una battaglia personale sul tema, riuscendo a inserire un emendamento al ddl anticorruzione per porre un freno alle «carriere parallele» dei magistrati grazie a un limite temporale (massimo cinque anni «in prestito»), a un limite retributivo (mai più due stipendi, anche solo parziali) e alla pubblicazione on line dell’elenco e degli emolumenti delle toghe distaccate. L’emendamento Giachetti era stato approvato sia in commissione sia in aula con la sola opposizione del Pd, vale adire il partito dello stesso Giachetti, ma è stato affossato grazie alle potenti pressioni del partito dei magistrati. Così come, qualche mese fa, è stata incredibilmente lasciata scadere – come fatto notare da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera – la legge delega che avrebbe dovuto mettere ordine alla materia. I magistrati fuoriruolo, le loro connivenze e i loro stipendi con il bonus possono dormire sonni tranquilli. Almeno fino alla prossima primavera, se i referendum radicali arriveranno sani e salvi alla meta e se gli italiani decideranno stavolta di andare alle urne per contribuire a rendere l’Italia un Paese un po’ più normale.
19 agosto 2013 Radicali.it
Questa invece è l’ultima del Sindaco di Rom, quello che dovrebbe “risollevare” Roma:
Daniela Morgante è allo stesso tempo giudice della Corte dei Conti in Puglia e assessore al Bilancio a Roma. Guadagna due stipendi pubblici. In 2 posti diversi … Le Parrucche Contabili le consentono questo anomalo doppio incarico, forse in considerazione delle sue doti di UBIQUITA’... ovviamente a sinistra nessuno si pone il problema . Perché per loro è normale vedere la pagliuzza nell’occhio degli altri e ignorare la trave nel loro .. Come sempre |
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La morte di un prigioniero di
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carcere per le sue idee, senza
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Orlando Zapata Tamayo,
42 anni, fù arrestato durante
la primavera del 2003 e condannato
a tre anni di carcere.
Durante la prigionia a causa della
sua attività di dissidenza nel
carcere, gli furono aggiunti altri
anni di detenzione fino a un totale
di 30 anni di reclusione.
BASTA YA!
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ARTICOLO 19
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