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Post n°192 pubblicato il 04 Novembre 2007 da languageisavirus001
dal diario di un ego in disordine
estratto n. 28
Ho riempito il dispenser di sapone del bagno di sperma E’ di un bianco così puro e intenso da risultare abbagliante Chi viene a casa mia e lo utilizza ne rimane entusiasta Fatto da me dico io sorridendo di fronte alle loro richieste E in quegli occhi da martire riflessi nello specchio del bagno Scorgo un momentaneo barlume di coscienza Poi solo speranze disilluse e la lenta decadenza della civiltà occidentale
estratto n. 29
Mi aveva dato il suo account di msn dopo qualche insistenza I primi contatti e lo scambio di racconti Le ore passate di notte davanti al pc in infinite camere di hotel A guardare gli stessi filmati porno on line e discuterne i particolari Lei a parlarmi di politica io di religione A masturbarsi davanti alla web cam cercando di venire insieme Non capiva la mia ossessione per la redenzione dai peccati e la morte Le mie incessanti domande Su cosa ci spingeva a fare ciò che facevamo E come avrebbe voluto morire Le macchie del suo sangue sui vestiti le lavo con la cenere Nella vasca da bagno
Immagine: Gerrit Van Honthorst “Saint Sebastian” about 1623
Post n°191 pubblicato il 04 Ottobre 2007 da languageisavirus001
Portava una corona di spine di rovo E piangeva lacrime bianche di cera Era venerata come una Madonna La Madonna della Rivoltana Che impartiva la propria benedizione Tutti i giorni Là dove il Km 34 incrociava la Molgora La mattina che la ritrovarono Buttata in una roggia con la gola tagliata Un vento malato alzava la nebbia d’ottobre Con il suo odore di marcio La voce della sua morte si sparse in fretta Schiere di camionisti e automobilisti Arrivarono da tutto il nord Formando una processione Lenta e interminabile Dodici di loro Dodici come gli apostoli Si fermarono a vigilare Che nessuno le prendesse Un dente un’unghia una ciocca di capelli Quasi che fosse una reliquia Della Croce del Cristo Si fermarono tre giorni e tre notti Ombre elettriche su una terra piatta e sterposa Sperando che la Madonna potesse resuscitare Levarsi dal suo sudario Nel tempio profano Che mani rozze ma abili Le avevano creato dal nulla E al terzo giorno iniziò a piovere Pioggia bianca come cera e le sue lacrime Che lavò via il sangue rappreso dalla Madonna E mondò dai peccati tutti gli altri Poi tutti insieme la portarono via In una bara di cristallo E c’era chi piangeva e chi pregava Chi si disperava e chi se ne stava in silenzio Estremo omaggio di chi Tra i suoi peli pubici Aveva trovato la salvezza
Immagine: Petrus Christus “Our Lady of the Barren Tree” ca.1444 – 1462
Post n°190 pubblicato il 24 Settembre 2007 da languageisavirus001
L’odore dei morti te lo porti appresso ovunque Ti s’appiccica addosso come colla sui vestiti nei capelli Che quando qualcuno ti passa vicino Subito lo senti dire Quello fa il becchino Ma ai morti bisogna portarci rispetto dico io Non si può tirarli fuori dalle bare E buttarli assieme come bestie Senza pensare che non succede niente Io che ci lavoro So che un giorno saliranno tutti da sottoterra Con le ossa e quello che c’è rimasto addosso E dovremo rendergli conto di come li abbiamo trattati Lo chiamano giorno dell’apocalisse lo chiamano Mentre invece dal cielo Verranno giù quattro cavalieri e chissà quant’altro E non è che non ci si può credere a cose del genere Perché lo vanno dicendo in chiesa E so pure che di notte Quando il cielo si fà nero come l’inchiostro L’unico rumore che sento Camminando tutto solo per il camposanto È lo squittire dei topi là sotto che s’azzuffano Per un pezzo di carne umana A me hanno sempre detto Che per permetterti di rompere le regole Prima le devi conoscere per bene E poi andarci d’accordo E allora per non sbagliare non sgarro E faccio quello che mi dicono Per questo non ho paura di nessuno io Manco dei morti
Immagine: Albrecht Durer “Apocalypsis cum figure”
Post n°189 pubblicato il 12 Settembre 2007 da languageisavirus001
C’è sto tale Un tale che vive da queste parti Mia sorella lo chiama Pelle di lucertola E dice che viene daggiù Insomma lui c’ha un aspetto tutto tignoso e bizzuto E se lo guardi bene ti vengono dei brividi Su per la schiena L’altro giorno soffiava vento Alzava un polverone così fitto Che sembra farina da far ostie E noi siam fuori Abbraccetto sennò voliamo via E proprio in fondo alla strada Ti vediamo lui Cammina di fianco ai muri Con la sua faccia scura e gli occhi quasi chiusi E già ci viene una paura da morire Perché in giro non c’è più nessuno E lo sentiamo cantare Con sto vocione grosso grosso Che pare il Malvagio in persona E canta di uomini demoni e Dio Che la parola Dio in bocca a lui Non ci dovrebbe stare per niente Quando siamo lì vicini Pelle di lucertola ci guarda e ride Con sti denti tutti gialli e ammucchiati E poi ci chiede se ci piace la canzone Allora io e mia sorella gridiamo di no Con tutta quanta la voce che c’abbiamo dentro E corriamo via Corriamo come dei fulmini verso casa E meno male che lui non c’è venuto dietro A casa ci siamo chiusi dentro per bene Non entrava nemmeno un filo di luce E ci siamo messi a pregare forte Mentre fuori il vento urlava come un matto Siamo andati avanti tutta notte tanta era la paura
Ma il Signore c’ha ascoltato Perché la mattina era finito Il vento non c’era più Per le strade c’era pieno come prima E Pelle di lucertola se n’era tornato da dove veniva Immagine: Camposanto monumentale di Pisa: Il Trionfo della Morte, Buonamico Buffalmacco
Post n°188 pubblicato il 07 Settembre 2007 da languageisavirus001
La tua eresia tutta zen Fatta di instant noodles e nessuna regola E le tue spine nel fianco Che ti fanno invecchiare in fretta Quello che hai lo fai vedere Senza timori senza vergogne E aggiungi i giorni ad uno ad uno Granelli di sabbia che si accumulano In una costruzione senza fine Il destino lo senti arrivare alle spalle Un’esplosione incontrollata di violenza Che tutt’intorno lascia solo terra bruciata Con passi leggeri e nervosi Tenti di allontanarti Sai bene che l’essenziale è invisibile agli occhi Image of Tsukioka Yoshitoshi (1839 - 1892)
Post n°187 pubblicato il 01 Settembre 2007 da languageisavirus001
Ti piaceva camminare per quelle strade sporche Rubare fiori e carità Che pure anime cristiane avevano lasciato nelle chiese E mostrare la collezione di peli pubici delle tue conquiste Ti chiudevi in una cabina telefonica e parlavi Le ubriacavi di parole e di storie Questo è quanto mi dicevi ridendo E poi te le facevi nella nostra stanza Io aspettavo giu’ alla caffetteria Un caffè bollente e quel vecchio frocio del proprietario Che non sognava altro che farmi un pompino E tu arrivavi tutto trafelato dopo un po’ Le mani nelle tasche del giubbotto Ti sedevi su uno degli sgabelli e mi guardavi Mentre uscivo per tornare su in camera A buttarmi sul letto sfatto Puzzo di sigarette e di aria viziata Venticinque gocce di Valium per prendere sonno
Foto: cityscapewallpapers.com/foggy_night_amsterdam
Post n°186 pubblicato il 25 Agosto 2007 da languageisavirus001
Sono come quel re rimasto in un regno senza sudditi Tutto intento a descrivere una traiettoria non convenzionale Fatta di impudenze e malasorte Affezionato solamente al suo vecchio babbuino bianco Ormai cieco O almeno presunto tale Ma che sulle note dell'antica canzone “Buonafede e il trono smarrito” Riusciva ancora a ballare in maniera grottesca E a strappare un sorriso storto al suo padrone Come il re non distinguo piu’ i giovani dai vecchi Ciò che sarà o è già stato E nelle lunghe ore di veglia alla luce di un sole analogico Aspetto insieme alle mie concubine Quella nemesi che forse ci spazzerà con la sua furia Mentre sogno ad occhi aperti Di essere per una volta ancora Padrone del mio destino
Foto: Casa Imperial de Mexico
Post n°185 pubblicato il 10 Agosto 2007 da languageisavirus001
Ho salvato la mia memoria I ricordi e tutta una vita In una unità pen drive da 1 GB Ora la tengo al collo A mo’ di collana Al posto del crocefisso Talvolta la inserisco nella porta USB del mio pc Dove viene identificata come “Removable Disk G” Ecco come mi chiamavo allora Scorro i files e le immagini presenti Per cercare di ricordarmi meglio Chi ero e cosa facevo Ma ciò che ne ricavo È solo un vago senso di leggerezza Una scossa Quasi che fosse l’ebbrezza della fuga Del perdersi e non ritrovarsi Sorvolo a bassa quota ciò che mi circonda Evocando esperienze che verranno Prendo nota delle cose da fare La mia vista s’è fatta così acuta che Vedo i pixel ad uno ad uno
Post n°184 pubblicato il 15 Luglio 2007 da languageisavirus001
Post n°183 pubblicato il 07 Giugno 2007 da languageisavirus001
The Hidden Files of Language Is A Virus
Il corpo del Cristo è adagiato in una teca di vetro isolata e climatizzata e riposa nella Sala Rossa dei sotterranei vaticani, una sala riservata poco distante dalla tomba di San Pietro, dove l’accesso è consentito solamente al Papa ed a pochissimo personale scelto e altamente qualificato per la manutenzione della teca. Solo di recente la Clinica Pontificia ed i suoi medici sono intervenuti per una complicata operazione sul corpo della Sacra Reliquia con le tecniche più moderne a loro disposizione. A dimostrazione della bontà del lavoro effettuato dalla Clinica sembra che il Papa stesso si sia detto “entusiasta”. La storia del ritrovamento del corpo del Cristo è avvolta dal mistero: pare che la Sacra Reliquia sia stata recuperata dalla spedizione del Cardinale Liebmann, in circostanze a dir poco rocambolesche e con l'aiuto della Divina Provvidenza, in una non meglio precisata località siberiana nello stesso giorno in cui i bolscevichi occupavano il Palazzo d'Inverno a Pietrogrado, Anno Domini 1917. Constatata la buona conservazione dovuta alla rigidità del clima, la Sacra Reliquia venne acquistata quindi con l’avvallo vaticano dal Cardinale e segretamente portata in tutta fretta a Roma dove un’equipe scientifica formata da emeriti studiosi si mise subito al lavoro per accertarne l’effettiva autenticità. Visti i risultati l’allora Pontefice, Benedetto XV, decise di considerare i resti come Segreto Papale e di scrivere un Bolla ad hoc, da far leggere ai suoi successori una volta varcato il soglio pontificio. Sul perché la notizia del ritrovamento della Sacra Reliquia sia sempre rimasta top secret circolano diverse voci: la più accreditata dice che, sebbene si tratti dei soli resti umani del Cristo e che ciò non vada ad inficiare la dottrina cristiana della Resurrezione, il Vaticano sia comunque riluttante a portare a conoscenza dei fedeli e non il fatto che questi resti esistano. Risulta infatti praticamente impossibile ricostruire esattamente la cronologia degli spostamenti nel corso dei secoli della Sacra Reliquia e di come un contadino siberiano ne fosse venuto in possesso nei primi anni del secolo scorso. Il contadino peraltro, nel giro di poco tempo, divenne un punto di riferimento per migliaia di fedeli che accorrevano in pellegrinaggio presso la sua casa, fu così che il Vaticano venne a sapere dell’esistenza della Sacra Reliquia e il Cardinale Liebmann riuscì a battere sul tempo la Chiesa Ortodossa, in seguito spazzata via dalla Rivoluzione d’Ottobre. La nostra fonte, che ha avuto modo di vedere il corpo del Cristo anche se per pochi istanti, descrive questa esperienza come assolutamente straordinaria, sembra infatti che la bellezza della luce che emana dal corpo e che risplende nella Sala Rossa sia unica, tanto che il Papa passa diverse ore a settimana in meditazione nella sala. Grazie a queste indiscrezioni si è scoperto uno dei segreti più sconvolgenti nascosto nei sotterranei vaticani; il peso di queste rivelazioni speriamo possa abbattere il muro di gomma che avvolge il top secret e portare a conoscenza del mondo l’intera verità sulla questione.
Post n°182 pubblicato il 03 Giugno 2007 da languageisavirus001
estratti dal diario di un ego in disuso
Questa notte odora di cuoio e sigarette Hai appena finito di parlare con un tale Vestito di lattex nero Spiegandogli in un linguaggio pomposo La distinzione tra pornografia e arte erotica Accompagnandolo nei meandri Della perversione e devianza sessuale Ubriacandolo di termini medici precisi e puntuali Ora lui ti guarda fisso con quegli occhi di luna Vacui come se avesse perso la memoria O che dimostrano forse disinteresse Nei confronti delle tue pur valide argomentazioni
Così ti volti e lo lasci solo Ad annaspare nella sua vasca da pesce rosso Tutt’intento a farsi vedere in giro per il locale Ti prende sottobraccio la sosia giapponese di Marilyn Biascica sgraziatamente un chewing gum alla cannella Ed è appena rientrata da Tokio Dove sostiene di averti incrociato in un Love Hotel a Shibuya Il tuo sesto senso ti suggerisce di darle ragione Intorno a voi persone iniziano a muoversi concitate Quando una babbuino bianco entra in scena Tenuto al guinzaglio da tre nani inguainati Capisci che è venuto il momento di andartene
Marilyn di mandorla ti vuole seguire a tutti i costi La porti a casa tua Appartamento mezzo vuoto in un palazzo nuovo Sul letto un flacone di pastiglie Ne prendi una te e una lei Iniziate a parlare di nuovo La Teoria della Ri-evoluzione non sortisce gli effetti desiderati Si addormenta poco dopo l’introduzione Te la scopi lo stesso piano piano Quasi a non volerle disturbare il sonno Sullo schermo della tv Scorrono le immagini di un video porno Che avresti voluto farle vedere (Image of Misty Keasler)
Post n°181 pubblicato il 24 Maggio 2007 da languageisavirus001
Armati di un fucile a pompa Remington rubato in un negozio di pegni, di un punteruolo rimediato chissà dove e della loro furia, entrarono nel piccolo supermarket 7eleven indossando delle maschere di gomma dei Tre Porcellini. Una luna gonfia, pallida e deforme li guardava dall’alto. Il commesso del turno di notte dietro la cassa, non ebbe nemmeno il tempo di posare il giornale sportivo che stava leggendo che fu raggiunto da un pallettone calibro 12 Magnum. L’effetto fu devastante: il colpo sparato da meno di due metri gli sventrò la cassa toracica. Gli occhi del ragazzo, sbalzato dallo sgabello contro il muro, rimasero spalancati e increduli come quelli di una bambola di pezza. L’altra commessa in servizio nel supermarket fu raggiunta mentre, semiparalizzata a terra dalla paura, tentava di strisciare verso il retro del negozio, in due la immobilizzarono minacciandola col punteruolo, il terzo invece, senza pensarci troppo, le infilò la canna del fucile in bocca e premette il grilletto proprio quando la ragazza stava iniziando a pisciarsi addosso. Sul pavimento di linoleum giallastro sembrò formarsi un arcobaleno con i colori della morte. Il più vecchio dei Tre Porcellini aprì la cassa e ne prelevò il contenuto: duecentocinquantaquattro dollari; subito dopo non riuscì a nascondere il proprio disappunto per il magro bottino buttando giù la cassa dal bancone e prendendola a calci. Poi tutti insieme riempirono di sigarette e quant’altro delle buste di plastica ed uscirono precipitosamente come erano entrati, dirigendosi verso la macchina lì di fronte, dimenticandosi tanta era la foga, di togliersi le maschere di gomma. Randy Jackson, di ritorno dallo Sweetie-O, vide una macchina svoltare a velocità folle, con i pneumatici che stridevano sull’asfasto bagnato dall’umidità notturna e rimase a bocca aperta quando si accorse che chi guidava l’auto e i suoi passeggeri erano i Tre Porcellini, nonostante ciò neanche per un solo istante prese in considerazione l’idea di smettere di bere.
Post n°180 pubblicato il 17 Maggio 2007 da languageisavirus001
3diversi stati di coscienza 2.0
Sogni sottili come carta si sono inseguiti Volteggiando tutta notte Atmosfere svagate E piccoli drammi familiari Proiettati con tremolanti immagini In bianco e nero Su un telo di mussolina
Al risveglio attraverso le gelosie Si vede un chiarore liquido e lattiginoso Giallo come la candeggina Seguito da un blando tentativo Di resistere alla forza di gravità Finito nel nulla Il tempo che scivola indisturbato
Un’ombra nuda sul muro Movimenti ripetuti ostinatamente E il sangue caldo e vischioso Che scorre al ritmo di parole non udibili Se si chiudono di nuovo gli occhi Rimane un sottile strato Fatto di ceralacca e caolino
Post n°179 pubblicato il 15 Maggio 2007 da languageisavirus001
Post n°178 pubblicato il 15 Maggio 2007 da languageisavirus001
Post n°177 pubblicato il 13 Maggio 2007 da languageisavirus001
3 diversi stati di coscienza
Sogni sottili come carta si sono inseguiti Volteggiando tutta notte Atmosfere svagate E piccoli drammi familiari Proiettati con tremolanti immagini In bianco e nero Su un telo di mussolina
Al risveglio attraverso le gelosie Si vede un chiarore liquido e lattiginoso Giallo come la candeggina Seguito da un blando tentativo Di resistere alla forza di gravità Finito nel nulla Il tempo che scivola indisturbato
Un’ombra nuda sul muro Ripete ostinatamente una serie di movimenti Sangue caldo e grasso Suoni di parole non udibili Se si chiudono di nuovo gli occhi Rimane un sottile strato Fatto di ceralacca e caolino
Post n°176 pubblicato il 27 Aprile 2007 da languageisavirus001
I suoi denti d’oro Se qualcuno me lo chiedesse E’ questa la prima cosa che mi verrebbe in mente di lui Il sorriso grottesco Che illuminava chi gli stava di fronte di una luce oscena E poi l’odore di terra esplorata con unghie ipertrofiche Mi raccontava di come appena sveglio Il fiato già corto per via di quel cuore di maiale Che sosteneva battergli forte nel petto Appuntava in versi tutto ciò che aveva sognato Su un libricino che portava sempre con sé E che lui andava dicendo Avrebbe fatto resuscitare i morti Ricordo il giorno che me ne andai Sotto il piccolo ombrello nero dal manico d’osso In una pioggia battente Iniziò a leggermi con voce poderosa quei versi Nella stazione quasi deserta le sue parole Rimbombavano come nelle volte di una cattedrale E lui continuava a leggere imperterrito Anche quando mentre il treno partiva Agitavo la mano per salutarlo Mezzo busto fuori dal finestrino E lo vedevo ormai distante Gli occhi grandi spalancati sul mondo
Post n°175 pubblicato il 11 Aprile 2007 da languageisavirus001
Tua moglie si rinchiude nella stanza di fianco Nuda e con il filo del Tampax che le penzola tra le gambe La guardi trascinarsi dietro le sue imprecazioni Il sottile collo bianco deformato dall’ira Mentre una musica per aeroporti in sottofondo Cerca di attutire l’impatto delle parole E il rumore del traffico ronzante come uno sciame d’api Per un momento appari riflesso nel vetro Due buchi neri al posto degli occhi Apri la porta e la raggiungi Tanfo di brutti ricordi e sangue marcio I pensieri che si accavallano in maniera disordinata Il tuo braccio destro descrive un ampio movimento circolare Prima di colpirla violentemente sulla parete occipitale L’effetto immediato è quello di metterla a tacere Svenuta per terra con le gambe spalancate in maniera oscena Ti viene voglia di spingere dentro con forza quel Tampax Fino a farle soffocare la vagina Ti inginocchi per guardarla bene da vicino Intorno alla bocca rossa la pelle è scavata Da piccole rughe di espressione I capelli biondo cenere arruffati Coprono la fronte spaziosa Vai in bagno e prendi il rasoio Prima di immergerti riempi la vasca con acqua calda Le ultime parole le scrivi su un foglio di carta bagnata
Post n°174 pubblicato il 29 Marzo 2007 da languageisavirus001
Quell’estate l’avevo passata più che altro leggendo e facendo il cameriere in una caffetteria, concedendomi un unico lusso: andare a vedere qualche concerto. Solo roba anni ottanta e non molto impegnata, tipo The Cars o Stray Cats. Alla domenica invece ero entrato in questo giro di pakistani, indiani e cingalesi che si trovavano per giocare a cricket al parco. Il fatto è che un giorno stavo prendendo il sole ai bordi di quello che consideravano il campo da gioco quando mi arrivò tra i piedi questa pallina di pelle, che educatamente gli tirai indietro e subito mi invitarono a gran voce ad unirmi a giocare visto che, a parer loro, ero un lanciatore nato. Nelle settimane passate in loro compagnia più che delle regole del cricket, che mi appassionavano relativamente, mi ero lasciato sedurre dal cibo. Sì perché se è vero che quelle partite erano senza fine, duravano giorni interi e ci si dava appuntamento alla settimana seguente per poterle finire, c’erano delle vere e proprie pause, regolamentate, per il pranzo ed il tè in cui i giocatori, me compreso, si rifocillavano con tutto quel ben di Dio che portavano e offrivano dimostrando una grande ospitalità. Tra riso briany con carne di montone, curry, kebab, zuppe, pollo e agnello, contorni di verdure mai viste prima e spezie multicolore, c’era da perdersi in un mare di sapori ed odori. Si mangiava a gambe incrociate su delle coperte stese per terra, quasi sempre senza posate o con la sola mano destra, visto che la sinistra era considerata impura e se qualcuno ti chiedeva se ne volevi ancora, ti conveniva solo dire di sì. Gli unici inconvenienti erano due: quando scoppiavano le liti tra le diverse etnie (più che altro pakistani e indiani) dove io, unico bianco, mi vedevo costretto a fare da paciere, tra insulti che volavano in chissà quali lingue e quando si toccava l’argomento religione. Erano rappresentate le più diverse confessioni e così capitava che mi venisse chiesto di andare ad assistere ad una cerimonia presso il tempio hindu piuttosto che in una moschea. In quel caso io sorridevo e basta senza dire nulla, con questa sensazione di pudore e timidezza, ma anche con la certezza che, se avessi iniziato a parlare, sarei andato avanti per sempre con tutti i miei dubbi ed il mio risentimento. Con settembre e le prime pioggie le partite di cricket furono sospese sino alla primavera successiva e le mie frequentazioni con i miei nuovi amici si diradarono sempre più. L’unico che vedevo con una certa regolarità era Kumar, indiano titolare di un ristorantino dove mi faceva mangiare a metà prezzo. A metà settembre invece abbandonai la caffetteria per andare a lavorare in un’agenzia pubblicitaria. Il mio stile ridondante e il mio linguaggio apocalittico non erano però particolarmente ben visti, soprattutto quando scrivevo annunci che invece di essere concentrati in due righe si prolungavano per tre pagine intere. La sintesi non è sempre qualità, dicevo io, ma i titolari la pensavano diversamente ed è così che dopo nove settimane mi ritrovai senza un lavoro.
Post n°173 pubblicato il 15 Marzo 2007 da languageisavirus001
Gli occhi rossi per il sonno Ho guidato tutta notte sotto una luna cattiva Canzoni gospel e talk show radiofonici a farmi compagnia Seguo le orme di passi sconosciuti Sino al bar della stazione di servizio E una volta dentro Accarezzo l’idea di saltare la fila mettendomi a sparare A bruciapelo Giro un super8 nella mia testa E vedo tutta la scena fotogramma per fotogramma Quasi che fosse un film americano La cameriera mi sorride Il bianco perla dei suoi denti finti Mal si combina con la divisa da lavoro Non abbiamo nemmeno più il coraggio di dirci queste piccole verità Butto giù il caffè Acqua calda polvere e terra di piantagione mi si mischiano in bocca Poi con voce ciancicante Dico qualcosa sulla prossima volta che capito da queste parti Esco Un sole giallo piscio mi guarda da un cielo di marmo Difficile dire se la libertà abbia delle regole E quale sia il prezzo da pagare
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Inviato da: Randle.P.McMurphy
il 20/02/2012 alle 01:18
Inviato da: Blanca_Cruz
il 15/01/2009 alle 12:39
Inviato da: Lutsy
il 04/01/2009 alle 03:13
Inviato da: Randle.P.McMurphy
il 02/01/2009 alle 19:41
Inviato da: sammylele
il 04/12/2008 alle 21:38