Creato da lillysorriso il 13/06/2008

Vivere per amare

Riflessioni e pensieri sparsi di una piccola anima

 

 

“Sono stata alle porte del Cielo e dell’inferno”

Post n°1127 pubblicato il 23 Luglio 2009 da lillysorriso

“Sono stata alle porte del Cielo e dell’inferno”

DALL’ILLUSIONE ALLA VERITA’

 

Testimonianza dal vivo di Gloria Polo, medico dentista,

in una Chiesa di Caracas, Venezuela, il giorno 5 maggio 2005

 

dichiarazione

Dopo l’abrogazione dei canoni 1399 e 2318 del Codice di Diritto Canonico, ad opera di Paolo VI in AAS 58 (1966), gli scritti riguardanti nuove apparizioni, manifestazioni, miracoli, ecc., possono essere divulgati e letti dai fedeli anche senza autorizzazione esplicita da parte dell’autorità ecclesiastica, purché i contenuti osservino in tutto la morale cristiana .

In accordo con il decreto di Urbano VIII, dichiariamo che, ai fatti narrati o presentati, non si dà ufficialmente alcun valore soprannaturale, fino a quando l’Autorità Ecclesiastica non abbia espresso il suo giudizio.

Con la pubblicazione di questa testimonianza, non si vuole in alcun modo anticipare il giudizio definitivo della Chiesa, pertanto ci si sottometterà pienamente allle sue decisioni ufficiali.

 

dalla prefazione all’edizione portoghese

 

Questa testimonianza di Gloria Polo capitò nelle mie mani attraverso una persona, di cui sono molto amico. Quando lessi questa storia, sentii il dovere di metterla per iscritto: le realtà di fede che  vi si trovano qui raccontate, facevano già parte della mia conoscenza. Ma non volevo lasciar cadere tanta verità, per questo decisi di chiedere alla protagonista della storia l’autorizzazione di mettere per iscritto questa sua esperienza.

Il libro che stai per leggere non contiene niente di più, niente di meno, di quello che si trova nella Sacra Scrittura: eppure, dal momento che tanti non riescono a vedere la verità del post-morte, Dio fece sperimentare e vivere a qualcuno questo “di più”, di cui parla la Bibbia. Questo qualcuno si chiama Gloria Polo, che ritornando in questa vita divenne come il faro di una realtà che riguarda tutti.

Spero che questa testimonianza di Gloria Polo possa aiutarti nella tua ricerca della Verità.

Questo libro vuole semplicemente mostrarti una realtà viva che ignori, nonostante tu possa conoscerla, almeno in parte, se in qualche modo metti in pratica la Parola di Verità chiamata BIBBIA. (…)

                                                                                  Padre Macedo SCJ

INTRODUZIONE

 

Se qualcuno ha dubbi, o pensa che Dio non esiste, che l’Aldilà sia cosa da film, o che con la morte tutto finisce, faccia il favore di leggere questa testimonianza! Ma legga dall’inizio alla fine! Sicuramente la sua opinione, fosse anche la più scettica, cambierà! Si tratta di un fatto realmente accaduto! Gloria Polo è una donna che “morì”, passò all’altro mondo e ritornò proprio per dare la sua testimonianza agli increduli. Dio ci dà molte prove, ma noi neghiamo sempre la sua esistenza.

Gloria Polo vive attualmente in Colombia, continua ad esercitare la stessa professione che aveva prima dell’accaduto. E’ rimasta con enormi cicatrici, ma ha una vita normale; la differenza è che adesso è una donna con molta fede! Viaggia molto, per dare la sua testimonianza a migliaia di persone, compiendo la missione che Dio le ha affidato (ha l’autorizzazione da parte della Chiesa per questo).

Questa è la trascrizione di una sua testimonianza, data in una chiesa di Caracas (Venezuela), il 5 maggio del 2005, e che traduciamo dallo spagnolo. E’ autentico! NON E’ FINZIONE.

TESTIMONIANZA DI GLORIA POLO

 

Buon giorno, fratelli. E’ meraviglioso per me essere qui, per condividere con voi questo regalo così bello che il Signore mi fece.

Quello che sto per raccontarvi, accadde il 5 Maggio 1995, all’Università Nazionale di Bogotà, a partire dalle ore 16.30.

Sono dentista. Io e mio cugino di 23 anni, anch’egli dentista, stavamo studiando per prendere la specializzazione. In quel giorno, che era di venerdì, intorno alle 16.30 h, camminavamo insieme con mio marito verso la Facoltà di Odontoiatria, per cercare alcuni libri di cui avevamo bisogno. Con mio cugino camminavo sotto un piccolo ombrello, mentre mio marito indossava un impermeabile e per ripararsi meglio camminava lungo la parete della Biblioteca Generale. Noi due saltavamo da una parte all’altra per evitare le pozzanghere, avvicinandoci così agli alberi: mentre ne saltavamo una piuttosto grande, ci cadde addosso un fulmine, che ci lasciò carbonizzati.

Mio cugino morì sul colpo. Il fulmine entrò da dietro, bruciandolo dentro completamente, e uscì dal piede, lasciandolo intatto all’esterno. Nonostante la sua giovane età, era un ragazzo molto religioso. Aveva una gran devozione per Gesù Bambino e ne portava sempre al collo una Sua immagine: si trattava di un cristallo di quarzo tipo medaglia. Le autorità dissero che fu il quarzo ad attirare il fulmine su mio cugino, perché entrò nel cuore bruciandolo tutto…

Rimanendo intatto esternamente, ebbe subito un arresto cardiaco che non rispose ai tentativi rianimazione fatti dai medici, e morì sul posto.

Quanto a me, il fulmine mi entrò dal braccio, bruciando spaventosamente tutto il corpo, sia fuori che dentro: in pratica sparì la mia carne; così anche i seni, specialmente il sinistro, al posto del quale rimase un buco. Fece sparire la carne del mio ventre, delle gambe, delle costole, carbonizzò il fegato, bruciò gravemente i reni, i polmoni, le ovaie… e uscì dal piede destro.

Per la mia contraccezione, facevo uso della spirale, (un dispositivo intra-uterino a forma di T), e poiché il materiale di cui è fatto (il rame) è un buon conduttore elettrico, il fulmine carbonizzò e polverizzò anche le ovaie, che diventarono come due acini d’uva passa.

Rimasi in arresto cardiaco, praticamente senza vita, con il corpo che saltava a causa dell’elettricità ancora presente in quel luogo.

Questo corpo che voi vedete qui, adesso, questo corpo ricostruito, è frutto della misericordia di Nostro Signore.

L’ALTRO MONDO

Ma questa è solo la parte fisica… Il bello è che, mentre il mio corpo rimaneva lì carbonizzato, in quello stesso istante io mi ritrovai dentro un bellissimo tunnel bianco di luce, una luce meravigliosa, che mi faceva sentire una gioia, una pace, una felicità che non ho parole per descrivere la grandezza di quel momento. Fu una vera estasi. Guardai, e nel fondo di questo tunnel vidi una luce bianca, come un sole, una luce bellissima…Dico bianca per dirvi un colore, ma si tratta di colori che non si possono paragonare a quelli che esistono sulla terra. Era una luce stupenda: sentii attraverso di essa come una fonte di pace, di amore, di luce…

Quando salii per questo tunnel verso la luce, mi dissi: “Caramba, sono morta !”

Allora pensai ai miei figli e sospirai: “Ahimé, mio Dio, i miei figliolini! Che cosa diranno i miei figli? Questa madre così occupata, che mai aveva tempo per loro…”. Infatti, uscivo al mattino presto tutti i giorni, e non rientravo prima delle 11 di notte.

Allora vidi la realtà della mia vita, e sentii molta tristezza. Ero uscita di casa decisa a conquistare il mondo, ma a che prezzo! ...Mettendo al secondo posto la mia casa e i miei figli! ...In quell’istante di vuoto per l’assenza dei miei figli, senza sentire più il mio corpo, né la dimensione del tempo e dello spazio, guardai, e vidi qualcosa di molto bello: vidi tutte le persone della mia vita… In un unico istante, nel medesimo momento, tutte le persone, quelle vive e quelle defunte. Potei abbracciare i miei bisnonni, i nonni, i genitori (che erano morti)…tutti! Fu un momento di pienezza, meraviglioso. Compresi allora di essermi ingannata con la storia della reincarnazione: mi avevano detto che mia nonna si era reincarnata, ma senza dirmi dove. Poiché l’informazione mi costava troppi soldi, lasciai stare e non approfondii le ricerche per sapere in chi si fosse reincarnata. Sapete, io difendevo la teoria della reincarnazione… E adesso, lì, avevo appena abbracciato la mia nonna, la bisnonna…

Le abbracciai bene, come potei fare con tutte le persone che conoscevo, vivi e defunti. E tutto in un unico istante. Mia figlia, quando l’abbracciai, si spaventò: aveva 9 anni, e sentì il mio abbraccio, perché io potevo abbracciare anche i vivi (solo che, normalmente, non sentiamo quest’abbraccio).

Quasi non mi resi conto del passare del tempo, durante quel momento così bello. E poi, ora che non avevo più il corpo, era stupendo vedere le persone in un modo del tutto nuovo. Prima, infatti, sapevo solo criticare: se uno era grasso, magro, brutto, elegante, non elegante, ecc.

Quando parlavo degli altri, dovevo sempre fare qualche critica. Adesso no: adesso vedevo le persone dal di dentro, e com’era bello… Mentre li abbracciavo, vedevo i loro pensieri, i loro sentimenti…

Così continuavo ad avanzare, piena di pace, felice; e quanto più salivo, tanto più sentivo che stavo per vedere qualcosa di molto bello. Infatti, verso il fondo, avvistai un lago bellissimo…si! Vedo un lago stupendo, alberi così belli, ma così belli, meravigliosi… E fiori bellissimi, di tutti i colori, con un profumo delizioso, così diverso da quelli dei nostri fiori… Tutto era talmente bello in quel giardino stupendo, così meraviglioso… Non esistono parole per descriverlo, tutto era amore.

C’erano due alberi, ai lati di qualcosa che sembrava essere un’entrata. E’ tutto così diverso da quello che noi conosciamo quaggiù: non si trovano al mondo colori simili, lassù è tutto talmente bello! ...Fu in quel momento che mio cugino entrò in quel meraviglioso giardino.

…Io sapevo! Sentivo che non dovevo, non potevo entrare lì…

IL PRIMO RITORNO

In quello stesso istante sento la voce di mio marito. Si lamenta e piange con un sentimento profondo, e grida: “Gloria!!! Gloria! Per favore, non lasciarmi! Guarda i tuoi bambini, i tuoi figli hanno bisogno di te! Gloria, torna indietro! Torna indietro! Non essere vigliacca! Ritorna!”

Io sentii tutto, e lo vidi piangere con tanto dolore… Ahimé, in quel momento Nostro Signore mi concede il ritorno… Ma io non volevo tornare! Quella pace, quella gioia di cui ero avvolta, mi affascinavano! Ma, poco a poco, cominciai a ridiscendere verso il mio corpo, che trovai senza vita. Lo vidi esanime in una barella dell’Università Nazionale di Infermeria. Vidi i medici che davano scosse elettriche al mio cuore, per togliermi dall’arresto cardiaco. Io e mio cugino eravamo rimasti più di 2 ore stesi per terra, perché i nostri corpi emanavano scariche elettriche, e non potevano essere toccati. Solo quando l’elettricità si scaricò completamente, poterono soccorrerci. Allora cominciarono i tentativi di rianimazione su di me.

Guardai, e poggiai i piedi della mia anima (anche l’anima ha forma umana), la mia testa fece una scintilla e con violenza entrai, perché il corpo sembrava risucchiarmi dentro. Fu un dolore immenso entrare: uscivano scintille da tutte le parti ed io mi sentivo incastrare dentro qualcosa di molto piccolo (il mio corpo). Era come se il mio corpo, con questo peso e questa statura, entrasse improvvisamente in un vestito da bambino, ma di ferro. Era una sofferenza terribile, sentivo il dolore intenso della mia carne bruciata, il corpo tutto ustionato mi procurava un dolore indescrivibile, ardeva terribilmente e sprigionava fumo e vapore… Udii i medici gridare: “Torna in sé! Torna in sé!”

Loro erano felicissimi, ma la mia sofferenza era indescrivibile! Le gambe erano spaventosamente nere, il corpo e le braccia erano rimaste con la carne viva! Il problema delle gambe si complicò quando si considerò la possibilità di amputarle!

…Ma per me c’era un altro dolore terribile: la vanità di una donna mondana, la donna intraprendente, intellettuale, la studentessa… Schiava del corpo, della bellezza, della moda, dedicavo 4 ore ogni giorno all’aerobica; schiavizzata per avere un bel corpo, mi sottoponevo a massaggi, diete, iniezioni… Insomma, tutto quello che potete immaginare. Questa era la mia vita, una routine di schiavitù per avere un bel corpo.

Dicevo sempre: se ho un bel seno, è per mostrarlo; perché nasconderlo?

Lo stesso dicevo delle mie gambe, perché sapevo di avere delle gambe spettacolari, e buoni addominali… Ma in un istante, vidi con orrore come tutta la mia vita era stata solo una continua e inutile cura del corpo… Perché questo era il centro della mia vita: l’amore al mio corpo. E adesso, non avevo più un corpo! Al posto del seno avevo due buchi impressionanti, soprattutto il sinistro, che era praticamente sparito. Le gambe erano terribili a vedersi, come a brandelli, senza carne, nere come il carbone. Notate: le parti del corpo che più curavo e stimavo, furono quelle che rimasero completamente bruciate e letteralmente senza carne.

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

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Post n°1126 pubblicato il 21 Luglio 2009 da lillysorriso

LA NECESSITÀ DI PERSEVERARE
Che cosa raccomandare a chi già osserva la Legge di Dio? La perseveranza nel bene! Non basta essersi incamminati sulle vie del Signore, è necessario continuare per tutta la vita. Dice Gesù: “Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato” (Mc 13, 13).
Molti, finché sono bambini, vivono cristianamente, ma quando cominciano a farsi sentire le bollenti passioni giovanili, imboccano la via del vizio. Come è stata triste la fine di Saul, di Salomone, di Tertulliano e di altri grandi personaggi!
La perseveranza è frutto della preghiera, perché è principalmente per mezzo dell'orazione che l'anima riceve gli aiuti necessari a resistere agli assalti del demonio. Nel suo libro 'Del gran mezzo della preghiera' Sant'Alfonso scrive: “Chi prega si salva, chi non prega si danna”. Chi non prega, anche senza che il demonio lo spinga... all'inferno ci va con i propri piedi!
È consigliabile la seguente preghiera che Sant'Alfonso ha inserito nelle sue meditazioni sull'inferno:
O mio Signore, ecco ai tuoi piedi chi ha tenuto in poco conto la tua grazia e i tuoi castighi. Povero me se tu, Gesù mio, non avessi pietà di me! Da quanti anni mi troverei in quella voragine ardente, dove già bruciano tante persone come me! O mio Redentore, come non bruciare di amore pensando a questo? Come potrò, in avvenire, offenderti di nuovo? Non sia mai, Gesù mio, piuttosto fammi morire. Già che hai iniziato, compi in me la tua opera. Fa' che il tempo che mi dai io lo spenda tutto per te. Quanto vorrebbero i dannati poter avere un giorno o anche solo un'ora del tempo che a me concedi! E io che ne farò? Continuerò a spenderlo in cose che ti disgustano? No, Gesù mio, non permetterlo per i meriti di quel Sangue che finora mi ha impedito di finire all'inferno. E Tu, Regina e Madre mia, Maria, prega Gesù per me e ottienimi il dono della perseveranza. Amen.”
L'AIUTO DELLA MADONNA
La vera devozione alla Madonna è un pegno di perseveranza, perché la Regina del Cielo e della terra fa di tutto affinché i suoi devoti non vadano eternamente perduti.
La recita quotidiana del Rosario, sia cara a tutti!
Un grande pittore, raffigurando il Giudice divino nell'atto di emettere la sentenza eterna, ha dipinto un'anima ormai vicina alla dannazione, poco distante dalle fiamme, ma quest'anima, aggrappandosi alla corona del Rosario, viene salvata dalla Madonna. Quanto è potente la recita del Rosario!
Nel 1917 la Vergine Santissima apparve a Fatima a tre fanciulli; quando aprì le mani ne sgorgò un fascio di luce che sembrava penetrasse la terra. I fanciulli videro allora, ai piedi della Madonna, come un grande mare di fuoco e, immersi in esso, neri demoni e anime in forma umana simili a braci trasparenti che, trascinati in alto dalle fiamme, ricadevano giù come faville nei grandi incendi, fra grida di disperazione che facevano inorridire.
A tale scena i veggenti alzarono gli occhi alla Madonna per chiedere soccorso e la Vergine soggiunse: “Questo è l'inferno dove vanno a finire le anime dei poveri peccatori. Recitate il Rosario e aggiungete ad ogni posta: `Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell'inferno e porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia:”.
Quanto è eloquente l'accorato invito della Madonna!
I DEBOLI DI VOLONTÀ
Il pensiero dell'inferno giova soprattutto a coloro che zoppicano nella pratica della vita cristiana e sono assai deboli di volontà. Costoro cadono facilmente nel peccato mortale, si rialzano per qualche giorno e poi... ritornano a peccare. Sono un giorno di Dio e l'altro giorno del diavolo. Questi fratelli ricordino le parole di Gesù: “Nessun servo può servire a due padroni” Lc 16,13). Normalmente è il vizio impuro che tiranneggia questa categoria di persone; non sanno controllare lo sguardo, non hanno la forza di dominare gli affetti del cuore, o di rinunciare a un divertimento illecito. Chi vive così abita sull'orlo dell'inferno. E se Dio troncasse la vita quando l'anima è in peccato?
Speriamo che questa disgrazia non mi capiti”, dice qualcuno. Anche altri dicevano così... ma poi sono finiti male.
Un altro pensa: “Mi metterò di buona volontà fra un mese, fra un anno, o quando sarò vecchio”. Ma tu sei sicuro del domani? Non vedi come sono in continuo aumento le morti improvvise?
Qualcun altro cerca di illudersi: “Poco prima della morte sistemerò ogni cosa”. Ma come pretendi che Dio ti usi misericordia sul letto di morte, dopo aver abusato della sua misericordia per tutta la vita? E se poi te ne mancasse la possibilità?
A quelli che ragionano in questo modo e vivono nel gravissimo pericolo di piombare all'inferno, oltre alla frequenza ai Sacramenti della Confessione e della Comunione, si raccomanda...
1) Vigilare attentamente, dopo la Confessione, per non commettere la prima colpa grave. Se si cadesse... rialzarsi subito ricorrendo di nuovo alla Confessione. Se non si fa così, facilmente si cadrà una seconda volta, una terza volta... e chissà quante altre!
2) Fuggire le occasioni prossime del peccato grave. Dice il Signore: “Chi ama il pericolo in esso si perderà” (Sir 3, 25). Una volontà debole, davanti al pericolo, cade facilmente.
3) Nelle tentazioni pensare: “Val la pena, per un momento di piacere, rischiare un'eternità di sofferenze? È Satana che mi tenta, per strapparmi a Dio e portarmi all'inferno. Non voglio cadere nella sua trappola!”.
È NECESSARIO MEDITARE
A tutti è utile meditare il mondo va male perché non medita, non riflette più!
Visitando una buona famiglia incontrai una vecchietta arzilla, serena e lucida di mente nonostante gli oltre novant'anni.
Padre, - mi disse - quando ascolta le confessioni dei fedeli raccomandi loro di fare un po' di meditazione ogni giorno. Mi ricordo che, quand'ero giovane, il mio confessore mi esortava spesso a trovare un po' di tempo per la riflessione tutti i giorni.”
Risposi: “In questi tempi è già difficile convincerli ad andare a Messa alla festa, a non lavorare, a non bestemmiare, ecc...”.
Eppure, come aveva ragione quell'anziana signora! Se non si prende la buona abitudine di riflettere un po' ogni giorno si perde di vista il senso della vita, si spegne il desiderio di un profondo rapporto col Signore e, mancando questo, non si riesce a fare nulla o quasi di buono e non si trova il motivo e la forza per evitare ciò che è male. Chi medita con assiduità, è quasi impossibile che viva in disgrazia di Dio e che vada a finire all'inferno.
IL PENSIERO DELL'INFERNO È UNA LEVA POTENTE
II pensiero dell'inferno genera i Santi.
Milioni di martiri, dovendo scegliere tra il piacere, la ricchezza, gli onori... e la morte per Gesù, hanno preferito la perdita della vita piuttosto che andare all'inferno, memori delle parole del Signore: “A che serve all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?” (cfr. Mt 16,26).
Schiere di anime generose lasciano famiglia e patria per portare la luce del Vangelo agli infedeli in terre lontane. Così facendo si assicurano meglio l'eterna salvezza.
Quanti religiosi abbandonano anche i piaceri leciti della vita e si danno alla mortificazione, per raggiungere più facilmente la vita eterna in paradiso!
E quanti uomini e donne, sposati o no, pur con non pochi sacrifici osservano i Comandamenti di Dio e si impegnano in opere di apostolato e di carità!
Chi sostiene tutte queste persone in una fedeltà e generosità certamente non facili? È il pensiero che saranno giudicati da Dio e premiati col paradiso o castigati con l'inferno eterno.
E quanti esempi di eroismo troviamo nella storia della Chiesa! Una ragazzina di dodici anni, Santa Maria Goretti, si lasciò uccidere piuttosto che offendere Dio e dannarsi. Cercò di fermare il suo violentatore e assassino dicendogli: “No, Alessandro, se fai questo vai all'inferno!”
San Tommaso Moro, gran cancelliere d'Inghilterra, alla moglie che lo sollecitava a cedere all'ordine del re, sottoscrivendo una decisione contro la Chiesa, rispose: “Che cosa sono venti, trenta, o quarant'anni di vita comoda in confronto all'inferno?”. Non sottoscrisse e fu condannato a morte. Oggi è Santo.
POVERI GAUDENTI!
Nella vita terrena, buoni e cattivi vivono insieme come il grano e la zizzania si trovano nello stesso campo, ma alla fine del mondo l'umanità sarà divisa in due schiere, quella dei salvati e quella dei dannati. Il Giudice Divino confermerà allora solennemente la sentenza data a ciascuno subito dopo la morte.
Con un po' di fantasia, proviamo a immaginare la comparsa davanti a Dio di un'anima cattiva, che sentirà fioccare su di sé la sentenza di condanna. In un lampo sarà giudicata.
Vita gaudente... libertà dei sensi... divertimenti peccaminosi... indifferenza totale o quasi nei confronti di Dio... derisione della vita eterna e specialmente dell'inferno... In un lampo la morte tronca il filo della sua esistenza quando meno se l'aspetta.
Liberata dai legami della vita terrena, quell'anima si trova subito davanti a Cristo Giudice e comprende fino in fondo di essersi ingannata durante la vita...
- Dunque, c'è un'altra vita!... Come sono stata stolta! Se potessi tornare indietro e rimediare al passato!...
- Rendimi conto, o mia creatura, di ciò che hai fatto in vita. - Ma io non sapevo di dover sottostare ad una legge morale.
- lo, tuo Creatore e Sommo Legislatore, ti chiedo: Che ne hai fatto dei miei Comandamenti?
- Ero convinta che non ci fosse un'altra vita o che, comunque, tutti si sarebbero salvati.
- Se tutto finisse con la morte, Io, tuo Dio, mi sarei fatto Uomo inutilmente e inutilmente sarei morto su una croce!
- Sì, ho sentito di questa cosa, ma non vi ho dato peso; per me era una notizia superficiale.
- Non ti ho dato l'intelligenza per conoscermi e per amarmi? Ma tu hai preferito vivere come le bestie... senza testa. Perché non hai imitato la condotta dei miei buoni discepoli? Perché non mi hai amato fin che eri sulla terra? Tu hai consumato il tempo che ti ho dato alla caccia di piaceri... Perché non hai mai pensato all'inferno? Se tu l'avessi fatto, mi avresti onorato e servito, se non per amore almeno per timore!
- Dunque, per me c'è l'inferno?...
- Sì, e per tutta l'eternità. Anche il ricco epulone di cui ti ho parlato nel Vangelo non credeva all'inferno... eppure vi è finito dentro. A te la stessa sorte!... Vai, anima maledetta, nel fuoco eterno!
In un attimo l'anima si trova nel fondo degli abissi, mentre il suo cadavere è ancora caldo e si preparano i funerali...
Maledetta me! Per la gioia di un attimo, che è svanita come un lampo, dovrò bruciare in questo fuoco, lontana da Dio, per sempre! Se non avessi coltivato quelle amicizie pericolose... Se avessi pregato di più, se avessi ricevuto più spesso i Sacramenti... non mi troverei in questo luogo di estremi tormenti! Maledetti piaceri! Maledetti beni!
Ho calpestato la giustizia e la carità per avere un po' di ricchezza... Ora altri se la godono e io devo scontare qui per tutta l'eternità. Ho agito da pazza!
Speravo di salvarmi, ma mi è mancato il tempo di rimettermi in Grazia. La colpa è stata mia. Sapevo che mi sarei potuta dannare, ma ho preferito continuar a peccare. La maledizione cada su chi mi dato il primo scandalo. Se potessi ritornare in vita... come cambierebbe la mia condotta!”.
Parole... parole... parole... Troppo tardi ormai...!!!
L'inferno è una morte senza morte, una fine senza fine.
(San Gregorio Magno)

 
 
 

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Post n°1125 pubblicato il 18 Luglio 2009 da lillysorriso

 
 
 

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Post n°1124 pubblicato il 18 Luglio 2009 da lillysorriso

 www.nucciatolomeo.it

quando il dolore salva le anime

A breve sarà avviato il processo di beatificazione di Nuccia Tolomeo.
Nata a Catanzaro il 10.4.1936 e morta il 24.1.1997,
è vissuta paralizzata su una sedia per tutta la vita.
La fede in Gesù Crocifisso ed in Maria è stata la sua forza. Si è offerta vittima d'amore per l'umanità sofferente, testimoniando nella gioia l'Amore Misericordioso di Dio. Le sue virtù teologali e umane hanno lasciato una grande risonanza.
E' stata collaboratrice a Radio Maria con Federico Quaglini. La sua casa era aperta costantemente alla accoglienza. A tutti Nuccia regalava un sorriso, un ascolto, un conforto, un consiglio ed una preghiera
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Post n°1123 pubblicato il 14 Luglio 2009 da lillysorriso

 
 
 

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Post n°1122 pubblicato il 14 Luglio 2009 da lillysorriso

Lottare contro l’io inferiore

Per ottenere la Meta più alta — Unione con il Padre Celeste, si deve non solo entrare nel più Alto “Cielo”, ma anche padroneggiare la propria dissoluzione nella Coscienza del Padre, eliminando la propria localizzazione.

Ma un amore maturo verso il prossimo non é possibile senza la capacità di guardare ad una situazione dal suo punto di vista, con i suoi “occhi”. E per questo abbiamo bisogno di sperimentare noi stessi non solo nei nostri propri corpi, ma anche essendo una cosa sola con le persone alle quali teniamo.

Può trattarsi di un piccolo gruppo d’uomini e donne amorevoli, o una vasta collettività — lavorativa, scientifica, militare, religiosa. Un buon comandante guida esattamente in questo modo — sperimentando sé stesso o sé stessa e l’intera collettività come un unico organismo; la preoccupazione per il precedente “io”, i precedenti interessi personali, scompare; l’esperienza dell’io si dissolve in tutti i subordinati, che diventano coessenziali alla guida nella sua auto-percezione; la cura di essi prevale sulla cura per le proprie cose personali. Questa é la maturazione dei precetti “… Amerai il tuo prossimo come te stesso…” (Matteo 22:39) e “Ama i tuoi amici come la tua stessa anima, proteggili come le pupille dei tuoi occhi” (Il Vangelo di Tommaso, 25).

Un uomo comincia ad imparare l’Amore in piccoli gruppi sociali, quindi in gruppi sempre più grandi. L’Apostolo Paolo suggerì di estendere il sentimento di coessenzialità a tutti i seguaci di Cristo e sperimentarli come un Corpo di Cristo guidato da Cristo e dal Padre (Lettera 1:22-23).

Questo tipo di lavoro meditativo ha come risultato la graduale crescita del capo come coscienza, e più tenero, sottile e attento è il suo amore, migliore è la crescita.

Gesù presentò un altro esempio di come dissolversi nell’amore — un’immagine mentale di una vite. È radicata nel Padre; ha un fusto, rami-assistenti, e foglie-ascoltatori che diventano verdi, appassiscono e cadono. Ma la vita porta anche meravigliosi frutti, e i semi dei frutti daranno nuovi germogli (Giovanni, 15:1-16).

L’opposto di tali capi é colui che con un termine russo è definito samodour — uno sciocco con uno sviluppato senso di stima di sé che si manifesta in forma d’arroganza.

Questi sono esempi di possibili capi: sciocchi arroganti che rendono un incubo la vita dei subordinati, o chi sviluppa se stesso in linea con le meditazioni descritte da Paolo e da Gesù.

Le ultime sono realizzate con l’aiuto di speciali serie di metodi meditativi. In questo capitolo citiamo alcune raccomandazioni di Gesù e degli apostoli che possono aiutare a prepararsi a tale lavoro.

“… Sapete dei governanti delle nazioni, di come le governano, e dei grandi uomini che anche hanno autorità su di loro. Ma non sarà lo stesso tra voi. Chiunque desidera essere grande tra voi, si faccia servo; e chiunque desideri essere capo tra voi, si faccia schiavo” (Matteo, 20:25-27).

“… Imparate da me, che sono mite ed umile…” (Matteo, 11:29).

“Chi é saggio e sapiente tra voi? Che mostri le proprie opere con la sua condotta, con umile saggezza” (Giacomo, 3:13).

“Non vendicatevi…” (Lettera ai Romani, 12: 19).

“Quando siete invitati da qualcuno… non adagiatevi a capotavola… perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Luca, 14:8-11).

“Beati i miti…” (Matteo, 5:5).

“Che nessuno cerchi il proprio (interesse) ma ognuno quello degli altri (Prima lettera ai Corinzi, 10:24).

“… In umiltà di pensiero, che ognuno stimi gli altri più di sé stesso” (Filippo, 2:3).

“Guardatevi dal fare le vostre opere buone davanti agli occhi degli uomini, per essere visti da loro. Altrimenti non avrete ricompensa dal vostro Padre che é nei Cieli. Quindi quando fate la carità, non suonate una tromba davanti a voi come fanno gli ipocriti… così da ottenere gloria dagli uomini. In verità vi dico, hanno (già) la loro ricompensa. Ma… fate la carità… nel segreto… (allora) vostro Padre che vi vede nel segreto, Lui stesso vi ricompenserà apertamente” (Matteo, 6:1-4).

“… Chiunque di voi non abbandona tutti i suoi possedimenti (terreni) non può essere Mio discepolo” (Luca, 14:33).

“È meglio dare che ricevere” (Atti, 20:35).

“Nessuna di queste cose mi smuove, né tengo cara la vita, così da potere finire il mio percorso con gioia, e il ministero che ho ricevuto dal Signor Gesù Cristo…” (Atti, 20:24).

“… Che cosa é la vostra vita? È una (nuvola di) vapore, che appare per breve tempo e poi scompare…” (Giacomo, 4:14).

“… Sono diviso tra due cose: desidero partire (dal corpo) ed essere con Cristo, che é di gran lunga la cosa migliore. Ma che io rimanga nella carne é più utile per voi. E con questa certezza, so che rimarrò e continuerò insieme a tutti voi, per il vostro progresso e la vostra gioia nella fede…” (Filippo, 1:23-25).

“Che nessuno faccia male per male ad alcuno…” (Prima lettera ai Tessalonicesi, 5:15).

“Né cerchiamo gloria dagli uomini…” (Prima lettera ai Tessalonicesi, 2:6).

“Esortate i ricchi di questo mondo che non si montino la testa, né confidino in incerte ricchezze, ma nel Dio Vivente che ci dà tutto con abbondanza perché ne possiamo godere; dite loro di fare del bene, pronti a condividere, a essere generosi, costruendo per sé stessi delle buone fondamenta per il tempo che verrà, per assicurarsi la vita eterna” (1 Timoteo 6:17-19).

“Evitate le domande sciocche, le genealogie e i contenziosi… perché non portano profitto e sono inutili” (Tito, 3:9).

“… Il più grande tra voi si faccia il più piccolo e chi governa si faccia servitore” (Luca, 22:26).

“L’amore… mai dice… ‘Questo é mio’ ma (dice) ‘Tutto questo é tuo’” (Il Vangelo di Filippo, 110).

“È a Me, e a Me solo, che dovete tutto quello che possedete, tutto quello che si trova vicino a voi, sopra di voi, e sotto di voi” (La vita di San Issa, 8:11).

 

 
 
 

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Post n°1121 pubblicato il 14 Luglio 2009 da lillysorriso

PREGHIERE DI GUARIGIONE INTERIORE E FISICAPREGHIERE DI GUARIGIONE INTERIORE E FISICA

VIENI SPIRITO CREATORE

Vieni, o Spirito Creatore, visita le nostre menti, riempi della Tua grazia i cuori che hai creato. O dolce Consolatore, dono del Padre altissimo, acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell’anima. Dito della mano di Dio, promesso dal Salvatore, irradia i tuoi sette doni, suscita in noi la parola. Sii luce all’intelletto, fiamma ardente nel cuore; sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore. Difendici dal nemico, reca in dono la pace;la tua guida invincibile ci liberi dal male. Luce d’eterna sapienza svelaci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore.
Sia gloria a Dio Padre e al Figlio ch’è risorto, allo Spirito Paraclito nei secoli dei secoli. Amen.

CORONA DELLO SPIRITO SANTO

La corona dello Spirito Santo è composta da cinque decine nel corso dei quali si meditano successivamente i ruoli dello Spirito Santo.
S’incomincia la corona con il Credo.

Su ogni piccolo grano:
Vieni, Spirito Santo, riempi il cuore dei tuoi fedeli e avvolgili col fuoco del tuo amore.

Sui grani grossi alla fine di ogni decina:
Invia il tuo Spirito, e tutto sarà creato. E tu rinnoverai la faccia della terra.

PREGHIAMO

O Dio, che hai istruito i cuori dei tuoi fedeli con la luce dello Spirito Santo, donaci di gustare attraverso di Lui ciò che è bene e di gioire senza sosta delle divine consolazioni. Per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

Si termina la corona con il Salve Regina, o un’altra preghiera in onore della Santissima Vergine Sposa Immacolata, Santuario per eccellenza dello Spirito Santo.

LITANIE DELLO SPIRITO SANTO

Signore                               …. abbi misericordia di noi
Cristo                                  … abbi misericordia di noi
Signore                               …. abbi misericordia di noi
Padre tutto potenza                                     perdonaci
Gesù, Figlio eterno del Padre e
 Redentore del mondo                                      salvaci
Spirito del Padre e del Figlio, che
 fondi le due vite                                         santificaci
Santissima Trinità                                          ascoltaci
Spirito Santo, che procedi dal Padre e dal Figlio
                                                           vieni nei nostri cuori
Spirito Santo che sei uguale al Padre e al Figlio 
Promessa di Dio Padre   vieni nei nostri cuori
Sposo celeste della B.V. Maria     
Raggio di luce del cielo                 
Autore di ogni bene                      
Sorgente di acqua viva                 
Fuoco consumatore                      
Unione spirituale                          
Spirito di amore e di verità            
Spirito di sapienza e di scienza
Spirito di consiglio e di fortezza
Spirito di Misericordia e di perdono
Spirito di modestia e di innocenza
Spirito di umiltà e castità               
Spirito confortatore                      
Spirito di grazia e di preghiera
Spirito di pace e di mitezza
Spirito santificatore                      
Spirito che governi la Chiesa
Dono di Dio altissimo                   
Spirito, che riempi l’universo         
Spirito di adozione dei figli di Dio
Spirito Santo                  ispira a noi l’orrore dei peccati
Spirito Santo             vieni e rinnova la faccia della terra
Spirito Santo        irradia con la tua luce le nostre anime
Spirito Santo . imprimi la tua legge nei nostri cuori cuori
Spirito Santo          infiammaci col fuoco del tuo amore
Spirito Santo        riversa in noi il tesoro delle tue grazie
Spirito Santo                         insegnaci a pregare bene
Spirito Santo        illuminaci con le tue ispirazioni divine
Spirito Santo           conduci noi nella via della salvezza
Spirito Santo fà che conosciamo l’unica cosa necessaria
Spirito Santo                  ispira a noi la pratica del bene
Spirito Santo        concedi a noi il merito di tutte le virtù
Spirito Santo               facci perseveranti nella giustizia
Spirito Santo           sii tu la nostra perenne ricompensa
 
 

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo
                  manda a noi il tuo Spirito
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo
        riempi le nostre anime dei doni dello Spirito Santo
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo
      donaci lo Spirito di sapienza e di pietà
 

Vieni, o Spirito Santo, riempii cuori dei tuoi fedeli e ac­cendi in essi il fuoco del tuo Amore.
Manda il tuo Spirito e sarà una nuova creazione.  E rinnoverai la faccia della terra.

 

PREGHIAMO

Concedi, Padre misericordioso, che il tuo divino Spirito ci illumini, ci infiammi, ci purifichi, così che Egli possa pene­trare in noi con la sua celeste rugiada e riempirci di opere buone. Per i meriti di Gesù, tuo Figlio, che con te, nell’uni­tà dello Spirito Santo, vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

PREGHIERA ALLO SPIRITO SANTO

Vieni, o Spirito di Sapienza, distaccaci dalle cose della terra, e infondici amore e gusto per le cose del cielo.

Vieni, o Spirito d’Intelletto, rischiara la nostra mente con la luce dell’eterna verità e arricchiscila di santi pensieri.

Vieni, o Spirito di Consiglio, rendici docili alle tue ispirazioni e guidaci sulla via della salvezza.

Vieni, o Spirito di Fortezza, e dacci forza, costanza e vittoria nelle battaglie contro i nostri nemici spirituali.

Vieni, o Spirito di Scienza, sii maestro alle anime nostre e aiutaci a mettere in pratica i tuoi insegnamenti.
Vieni, o Spirito di Pietà, vieni a dimorare nel nostro cuore per possederne e santificarne tutti gli affetti.

Vieni, o Spirito di Santo Timore, regna sulla nostra volontà, e fa’ che siamo sempre disposti a soffrire ogni male anziché peccare.

O Spirito Santo, fonte di santità, Spirito d’amore e di verità, ti adoriamo e ti ringraziamo per i doni della misericordia che riceviamo. Rischiara la nostra mente, fortifica la nostra volontà, purifica i nostri cuori, guida i nostri passi e rendici sempre pronti a rispondere alle tue ispirazioni. Perdonaci tutte le infedeltà e l’indegno accecamento per la colpa del quale spesso rifiutiamo di obbedire ai più dolci e più toccanti impulsi della tua grazia. Desideriamo, infine, con il tuo aiuto, seguirti con tanta docilità da gustare i frutti e gioire delle beatitudi­ni che producono i tuoi sacri doni nelle anime. Amen.

 

LITANIE DEL SANTISSIMO NOME DI GESU’

Gesù, figlio del Dio vivo abbi pietà di noi
Gesù, splendore del Padre abbi pietà di noi
Gesù, vera luce eterna abbi pietà di noi
Gesù, re di gloria abbi pietà di noi
Gesù, sole di giustizia abbi pietà di noi
Gesù, figlio dela Vergina Maria abbi pietà di noi
Gesù, amabile abbi pietà di noi
Gesù, ammirabile abbi pietà di noi
Gesù, Dio forte abbi pietà di noi
Gesù, pade del secolo futuro abbi pietà di noi
Gesù, angelo del gran consiglio abbi pietà di noi
Gesù, potentissimo abbi pietà di noi
Gesù, pazientissimo abbi pietà di noi
Gesù, obbedientissimo abbi pietà di noi
Gesù, mite ed umile di cuore abbi pietà di noi
Gesù, amante della castità abbi pietà di noi
Gesù, che tanto ci ami abbi pietà di noi
Gesù, Dio della pace abbi pietà di noi
Gesù, autore della vita abbi pietà di noi
Gesù, esempio di ogni virtù abbi pietà di noi
Gesù, che vuoi la nostra salvezza abbi pietà di noi
Gesù, nostro Dio abbi pietà di noi
Gesù, nostro rifugio abbi pietà di noi
Gesù, padre di ogni povero abbi pietà di noi
Gesù, tesoro di ogni credente abbi pietà di noi
Gesù, buon pastore abbi pietà di noi
Gesù, vera luce abbi pietà di noi
Gesù, eterna sapienza abbi pietà di noi
Gesù, infinita bontà abbi pietà di noi
Gesù, nostra via e nostra vita abbi pietà di noi
Gesù, gioia degli Angeli abbi pietà di noi
Gesù, re dei patriarchi abbi pietà di noi
Gesù, maestro degli apostoli abbi pietà di noi
Gesù, luce degli evangelisti abbi pietà di noi
Gesù, fortezza dei martiri abbi pietà di noi
Gesù, sostegno dei confessori abbi pietà di noi
Gesù, purezza delle vergini abbi pietà di noi
Gesù, corona di tutti i Santi abbi pietà di noi
Sii a noi propizio perdonaci, Gesù.
Sii a noi propizio ascoltaci, Gesù.
Da ogni peccato liberaci, Gesù.
Dalla tua giustizia liberaci, Gesù.
Dalle insidie del maligno liberaci, Gesù.
Dallo spirito impuro liberaci, Gesù.
Dalla morte eterna liberaci, Gesù.
Dalla resistenza alle tue ispirazioni liberaci, Gesù.
Per il mistero della tua santa Incarnazione liberaci, Gesù.
Per la tua nascita liberaci, Gesù.
Per la tua infanzia liberaci, Gesù.
Per la tua vita divina liberaci, Gesù.
Per il tuo lavoro liberaci, Gesù. 
Per la tua agonia e per la tua passione
liberaci, Gesù.  Per la tua croce e il tuo abbandono
liberaci, Gesù.  Per le tue sofferenze liberaci, Gesù.
Per la tua morte e sepoltura liberaci, Gesù.
Per la tua resurrezione liberaci, Gesù.
Per la tua ascensione liberaci, Gesù.
Per averci dato la Santissima Eucaristia liberaci, Gesù.
Per le tue gioie liberaci, Gesù.
Per la tua gloria liberaci, Gesù.
Agnello di Dio, che togli i peccato del mondo perdonaci, o Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccato del mondo esaudiscici, o Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccato del mondo abbi pietà di noi.

La Coroncina della Divina Misericordia
(si recita usando la corona del Rosario)

All’inizio

Padre Nostro, che sei nei cieli, sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.

Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con Te. Tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del Tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.

Credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la Santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

Sui grani del Padre nostro si recitano le parole seguenti:
Eterno Padre, Ti offro il Corpo e il Sangue, l’Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Signore nostro Gesù Cristo in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.

Sui grani dell’Ave Maria si recitano le parole seguenti:
Per la Sua dolorosa Passione, abbi misericordia di noi e dei mondo intero.

Per finire si ripete per tre volte:
Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, abbi pietà di noi e del mondo intero.

LITANIE DEL PREZIOSISSIMO SANGUE

 
Signore, pietà                                         Signore, pietà
Cristo, pietà                                             Cristo, pietà
Signore, pietà                                         Signore, pietà
Cristo, ascoltaci                                  Cristo, ascoltaci
Cristo, esaudiscici                            Cristo, esaudiscici
Padre celeste, Dio                               abbi pietà di noi
Figlio redentore del mondo, Dio            abbi pietà di noi
Spirito Santo, Dio                                abbi pietà di noi
Santa Trinità, unico Dio salvaci
Sangue di Cristo, Unigenito dell’eterno Padre …
Sangue di Cristo, Verbo di Dio incarnato    
Sangue di Cristo, della nuova ed eterna alleanza
Sangue di Cristo, scorrente a terra nell’agonia..
Sangue di Cristo, profuso nella flagellazione 
Sangue di Cristo, stillante nella coronazione di spine
Sangue di Cristo, effuso sulla croce
Sangue di Cristo, prezzo della nostra salvezza
Sangue di Cristo, senza il quale non vi è perdono
Sangue di Cristo, nell’Eucaristia bevanda e lavacro delle anime
Sangue di Cristo, fiume di misericordia
Sangue di Cristo, vincitore dei demoni
Sangue di Cristo, fortezza dei martiri
Sangue di Cristo, vigore dei confessori
Sangue di Cristo, che fai germogliare i vergini
Sangue di Cristo, sostegno dei vacillanti
Sangue di Cristo, sollievo dei sofferenti
Sangue di Cristo, consolazione nel pianto
Sangue di Cristo, speranza dei penitenti
Sangue di Cristo, conforto dei morenti
Sangue di Cristo, pace e dolcezza dei cuori
Sangue di Cristo, pegno della vita eterna
Sangue di Cristo, che liberi le Anime del purgatorio
Sangue di Cristo, degnissimo di ogni gloria ed onore  
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo    perdonaci, o Signore
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo    esaudiscici, o Signore
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo        abbi pietà di noi.
 
Ci hai redenti, o Signore, con il tuo Sangue.
               E ci hai fatti regno per il nostro Dio.
 

Recitare quotidianamente il SANTO ROSARIO

 
 
 

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Post n°1120 pubblicato il 04 Luglio 2009 da lillysorriso

Messaggio a Mirjana 2 Luglio 2009

 

Cari figli! Io vi chiamo perché ho bisogno di voi. Ho bisogno di cuori pronti ad un amore immenso. Di cuori non appesantiti dalla vanità. Di cuori che sono pronti ad amare come ha amato mio Figlio, che sono pronti a sacrificarsi come si è sacrificato mio Figlio. Ho bisogno di voi. Per poter venire con me, perdonate voi stessi, perdonate gli altri e adorate mio Figlio. Adoratelo anche per coloro che non l'hanno conosciuto, che non lo amano. Per questo ho bisogno di voi, per questo vi chiamo. Vi ringrazio.

 
 
 

.....San Giovanni Maria Vianney: biografia di un parroco eccezionale

Post n°1119 pubblicato il 28 Giugno 2009 da lillysorriso

San Giovanni Maria Vianney: biografia di un parroco eccezionaleColui che Benedetto XVI, nel 2010, ha dato a tutti i sacerdoti del mondo come loro celeste Patrono, nacque a Dardilly, nel dipartimento francese di Lione, era l’8 maggio 1786, memoria liturgica delle Apparizioni di San Michele Arcangelo al Gargano in Italia, quarto figlio di sei che ebbero i contadini Matteo Vianney e Maria Béluze.Fin da piccolo, Giovanni fu educato a frequentare la chiesa parrocchiale. Le celebrazioni liturgiche lo affascinavano tanto che i suoi giochi da bambino ne erano spesso l’imitazione. Quando conduceva al pascolo il bestiame, spesso lasciava ai compagni la custodia degli animali e correva dietro un cespuglio a recitare il santo rosario, meglio ancora era felice di entrare in una chiesa appena sentiva suonare la campana. Il fanciullo, oltre che pregare, imparò ben presto anche a venire incontro alle necessità dei bisognosi. La sua famiglia contadina era benestante e, quindi, con generosità sfamava spesso fino a dieci poveri al giorno. Il piccolo Giovanni dava ...

...    loro il cibo ed il necessario riscaldamento dopo averli sempre gentilmente invitati a fare una breve orazione.

Quando il babbo gli commissionava di portare la legna ai meno abbienti del villaggio, Giovanni s’impegnava a caricare l’asinello più che poteva. Siccome a Dardilly non c’era la scuola primaria, egli apprese le prime nozioni elementari ad Ecully da due suore della Congregazione di San Carlo che, nel 1799, lo prepararono pure alla prima Comunione. Il fanciullo, purtroppo, era assai dispiaciuto di non poter frequentare la chiesa parrocchiale perché questa era amministrata pastoralmente da un sacerdote che, per quieto vivere con il governo rivoluzionario, aveva giurato fedeltà alla Costituzione civile del Clero che mirava a creare una Chiesa nazionale francese, separata dal papa di Roma. Quando finalmente questo sacerdote, avendo aderito al nuovo Concordato stipulato tra il Sommo Pontefice Pio VII e l’imperatore Napoleone I, nel 1802, fu ufficialmente riconosciuto come legittimo pastore di quella comunità, la famiglia Vianney riprese a frequentare le funzioni della chiesa e Giovanni serviva devotamente la santa Messa e faceva il catechismo ai propri fratelli e sorelle, ripetendo quanto ascoltava delle spiegazioni del Vangelo. L’aspirazione a farsi prete gli era venuta stando a contato con l’abate Grobboz ch, nel 1797, avendo rifiutato il giuramento alla Costituzione civile del clero, aveva cominciato a celebrare messe e a confessare di nascosto nella regione d’Ecully, mettendo a rischio così la propria vita. Giovanni fu udito ripetere in quel tempo: “ Se avessi la fortuna di essere prete vorrei riportare molte anime a Dio”.

Il padre, che aveva bisogno di braccia forti per l’azienda agricola familiare, si oppose per circa due anni alla vocazione presbiterale del figlio. poi, nel 1806, lo mandò a studiare presso il parroco di Ecully, l’abate Carlo Balley, ch’era stato canonico regolare di Sant’Agostino e maestro dei Novizi del suo Ordine ed era di vita estremamente austera. Nell’apprendimento scolastico, il giovane Vianney incontrò molti problemi, infatti non arrivò mai a scrivere correttamente la lingua francese e sapeva leggera appena il breviario in latino. Il suo maestro Dom Balley, invece di rimproverarlo, avendo intuito le grandi qualità spirituali del giovane lo incoraggiava. Il giovane, per vincere la propria mancanza di apprendimento nello studio fece voto di recarsi in pellegrinaggio, a piedi, presso la tomba di San Francesco Regis alla Louvesc, tra le montagne dell’Ardèche, mendicando il pane di porta in porta ma, essendo di aspetto giovane e forte, si vide respinto quasi da tutti e, per non morire di fame, al ritorno fu costretto a farsi commutare il voto. Dopo d’allora, Giovanni riacquistò ottimismo ma continuò a rimanere poco propenso agli studi. Il cammino di Giovanni Maria verso il presbiterato fu bruscamente interrotto nel 1809 dalla chiamata alla leva militare. Prima a Lione e poi a Rennes, una malattia gli impedì di arrivare immediatamente al reggimento al quale era stato assegnato. Ne approfittò per disertare fuggendo al villaggio Robin, nella fattoria della vedova Fayotte dove, durante l’inverno, fece da istitutore ai figli della donna e durante l’estate svolse il lavoro a lui più congeniale di contadino. Per il popolo cattolico e devoto, disertare l’esercito napoleonico, persecutore del papato e dei diritti della Chiesa, non era null’affatto riprovevole. Protetto dal sindaco del paese, Giovanni si recava spesso alla messa dove devotissimamente riceveva la santa eucaristia e, nonostante il duro lavoro dei campi, non veniva meno alle dure penitenze alle quali si era allenato alla scuola dell’ascetico Dom Balley. Suo padre Matteo, a causa della fuga di Giovanni, nel frattempo era stato sottoposto dai soldati di Napoleone ad angherie e minacce. Per non subire ulteriori angherie fu costretto a lasciar partire, come sostituto di Giovanni, l’ultimo suo rampollo, Francesco, che purtroppo morì nella campagna militare del 1813.

Dopo oltre un anno di assenza, Giovanni poté finalmente fare ritorno da Dom Balley ad Ecully e riprendere la scuola formativa per il sacerdozio. Lo zelante parroco lo presentò al vescovo per la tonsura e, nel 1812, lo fece entrare nel seminario minore di Verrières, che il cardinale Fesch, zio di Napoleone, aveva recentemente aperto, affinché gli fosse data una infarinatura della filosofia e teologia scolastica. Purtroppo, avendo grosse difficoltà con il latino, dovette ricevere, in francese, le lezioni scolastiche insieme a quei seminaristi che, come lui, non avevano sufficiente istruzione per seguire il corso ordinario. L’ignoranza, sia della lingua latina che della filosofie e teologia gli procurò più di un’offesa anche da parte degli altri seminaristi. Tuttavia, per i suoi immensi sforzi, il suo amore alla Madonna, ed il suo temperamento tranquillo e bonario, si attirò la stima e l’affetto sia dei superiori che dei compagni.

Nelle vacanze che seguirono l’anno di filosofia, Dom Balley diede al Vianney un po’ di nozioni generali di teologia ma, anche al seminario maggiore di Lione, fu sempre uno studente carente. Giovanni Maria, che si applicava con sforzo e tenacia nello studio, purtroppo, non capendo il latino non otteneva alcun risultato perciò fu rimandato di nuovo presso Dom Balley, il quale, convinto sempre più che il giovane fosse chiamato da Dio al sacerdozio, gli mise tra le mani un libro di teologia in francese che, con molta pazienza gli spiegava. Dopo questa preparazione lo presentò per l’ammissione agli ordini minori e al suddiaconato. L’esame gli fu fatto nel presbiterio d’Ecully e il vicario generale della diocesi prese su di sé la responsabilità formativa del pio giovane. Vianney fu ordinato diacono a Lione il 23 giugno 1815 e, finalmente, grazie alle insistenze di Dom Balley, che era assai stimato in curia, ricevesse ad agosto il sacerdozio affinché gli fosse dato come vicario parrocchiale.

Anche dopo l’ordinazione Vianney continuò con Dom Balley una vita “seminariale” con uno stretto regolamento di studio e preghiera.

Nel 1817 il Balley improvvisamente morì e Giovanni rimase del tutto disorientato. Essendo la parrocchia di Ecully considerata troppo elevata per le sue capacità, il 13 febbraio 1818, fu nominato Cappellano di Ars-en-Dombes, villaggio di appena 230 abitanti, soggetto alla Parrocchia di Mizèrieux. Solo nel 1821 Ars divenne parrocchia a se stante. Il Vicario generale, nel comunicargli la sua nomina aveva esclamato: “Voi andate in una parrocchia dove non c’è molto amor di Dio ma ce ne metterete”.

Infatti, i parrocchiani di Ars non tardarono a capire di avere un nuovo curato “molto particolare”. Lo osservarono con stupore ritornare i vecchi mobili alla castellana d’Ars che li aveva donati alla canonica. Inoltre, lo vedevano mangiare poco o niente e stare ore ed ore in preghiera in chiesa. Dom Giovanni non aveva voluto una domestica, non andava a pranzo al castello dei signori come avevano fatto tutti i suoi predecessori. Chi voleva incontrarlo doveva andare a cercarlo in chiesa dove, ogni giorno, per lunghe ore di preghiera implorava da Dio la conversione della gente di Ars. Il curato cercò fin dall’inizio del suo ministero pastorale ad Ars di avere un contatto diretto con le anime a lui affidate dal vescovo. Alle persone più generose comunicò un po’ del proprio zelo spirituale, portandole alla comunione eucaristica frequente. Rifondò le confraternite del Rosario e del Santissimo Sacramento. All’inizio del suo ministero a preparazione delle sue omelie gli prendeva lunghe ore del giorno e della notte che poi declamava con voce stridula, rendendosi conto che i suoi uditori non erano affatto soddisfatti. Sensibile come era al problema della salvezza eterna, nei primi anni trattò di frequente il tema dell’inferno e della dannazione con eccessivo rigorismo e solo dopo lunghi anni di unione con Dio e di contatto con i peccatori, riuscì a disfarsi di una certa mentalità rigorista, che aveva ereditata da un certo giansenismo di Dom Balley.

Da giovane Vianney si diede ad eccessive penitenze che nell’età matura definì £follie di gioventù”. Faceva cuocere alcune patate, le metteva in un paniere e durante la settimana le mangiava fredde; dormiva per terra e appena sveglio si flagellava; d’abitudine portava il cilicio con l’intenzione che dalla sua parrocchia fossero debellati i balli, le osterie ed il lavoro festivo. Per tutta la sua vita fu ossessionato dallo scrupolo di non avere né la formazione culturale né le virtù richieste per fare degnamente il parroco e così di mettere in pericolo la salvezza personale ed altrui. Era affascinato dalla vita di solitudine nella trappa dove trovare pace e contemplare Dio in preghiera. Eppure, per tutta la vita, egli sarà il confessore “mangiato dai penitenti”, confessando anche fino a sedici ore al giorno. Fin dall’arrivo ad Ars aveva provveduto al restauro della chiesa, ristrutturando l’altare ed il tabernacolo ed acquistando la biancheria  e le suppellettili per il culto.

Nel 1821 la cappellania di Ars fu eretta in parrocchia e divenne soggetta alla nuova curia episcopale di Belley, retta allora da monsignor Alessandro Devie, da allora Giovanni Maria Vianney ebbe il titolo canonico di curato d’Ars.

Il santo si impegnava molto anche ad aiutare i parroci vicini nel periodo delle missioni popolari. Normalmente egli non predicava, ma restava a disposizione dei penitenti fino a notte inoltrata. Una volta un altro parroco che lo aveva chiamato per una missione popolare disse di lui: “Ho un buon operaio che lavora bene e mangia niente”. Proprio per la sua partecipazione alle missioni popolari egli si fece una fama eccezionale di santo confessore ed Ars incominciò ad accogliere numerosi pellegrini in cerca del perdono dei loro peccati.

Tutti si impressionavano nel vederlo indossare la sua talare piena di rammendi e di contemplare la grande povertà della sua canonica. Qualche confratello sacerdote un po’ invidioso lo denunciò al vescovo affermando che c’era dell’esibizionismo in tali manifestazioni esterne.

Un giorno il santo pregò Dio che gli concedesse la grazia di conoscere in profondità lo stato della sua anima, fu esaudito, ma affermò candidamente : “Se il Signore non mi avesse sostenuto, sarei caduto all’istante nella disperazione”. Nonostante che il vescovo gli avesse detto: “Non si prende il cielo con la fame”, egli continuò a darsi a dure penitenze, a mangiare una volta al giorno un po’ di verdura e raramente della carne. Per lui mortificazione e zelo pastorale procedevano di pari passo. Il diavolo, che egli chiamava ironicamente “il grappino” cercava di infastidirlo, provocando, per molti anni, rumori in canonica impedendogli anche le pochissime ore di sonno ristoratore. In mezzo a tante prove il santo passava buona parte della notte in chiesa a pregare dinnanzi al Santissimo Sacramento.

Fin dal suo arrivo ad Ars egli si preoccupò dell’educazione sia cristiana che scolastica dei fanciulli. Eresse una scuola per le ragazze con l’aiuto di alcune brave contadine che egli aveva formato spiritualmente, tra cui Caterina Lassagne, prima direttrice dell’Istituto “La Provvidenza”. Il curato fu lui stesso l’architetto, il muratore ed il finanziatore. Spesso il Signore all’ultimo minuto gli mandò dei benefattori per pagare i debiti oppure quando non vi era assolutamente nulla da mangiare arrivava il rifornimento alimentare. Alle orfane ed alle alunne del “La Provvidenza”, tutti i giorni Vianney faceva il catechismo delle 11 che, in seguito, divenne tanto frequentato dai pellegrini che fu costretto a tenerlo in chiesa.

Nel 1830, con la caduta di Carlo X e l’ascesa al trono di Luigi Filippo ci fu una confusione generale e sette parrocchiani di Ars ebbero l’arroganza di recarsi dal loro curato per intimargli perentoriamente di andar via dalla parrocchia perché la gente si era ormai stancata del suo rigore. Altri giunsero al punto di scrivergli volgarità sulla porta di casa. Una volgare campagna di calunnie si prolungò per diversi mesi, ed il santo era accusato di essere un ipocrita ed anche la sua magrezza era dovuta a dissolutezze sessuali. Più tardi Giovanni Maria confiderà ad un religioso: “Se il buon Dio mi avesse fatto prevedere quel che avrei dovuto soffrire ad Ars sarei morto sul colpo”.

A Caterina Lassagne confidò: “Pensavo che sarebbe venuto il giorno, prima o poi, in cui sarei stato cacciato da Ars a colpi di bastone, in cui monsignore mi avrebbe interdetto e io avrei finito i miei giorni nelle prigioni”. Comunque, il pellegrinaggio ad Ars dei penitenti andò crescendo sempre più che fu opportuno iniziare un servizio di vetture tra Lione ed Ars. Fu allora che il curato, nel tentativo di distogliere dalla sua persona il rischio del culto della personalità, che lo rattristava più ancora delle calunnie, instaurò nella sua chiesa il culto di santa Filomena, attribuendo tutti i prodigi a questa martire. Il lavoro spossante a cui si vedeva condannato continuava a gettarlo nell’angoscia tanto che più volte aveva chiesto al vescovo di avere un altro incarico.

Se si considera il lavoro estenuante di confessore che faceva, lo scarso alimento che prendeva, le spaventose coliche e i dolori di testa da cui frequentemente era assalito, le poche ore di sonno durante la notte, il freddo da cui era intorpidito, il caldo da cui era soffocato nel confessionale, bisogna dire che veramente era sostenuto da una speciale grazia nel portare avanti un ministero sacerdotale così pesante. Più volte pensò alla fuga, ma il pensiero dei peccatori che lo cercavano per confessarsi da lui ed il sostegno morale ed economico di cui aveva bisogno l’orfanotrofio de “La Provvidenza” lo trattenevano ad Ars.

I malati erano condotti dinnanzi a lui da ogni parte della Francia perché numerosi grazie alle preghiere di Vianney recuperavano la salute. Ovviamente i pellegrini riconoscenti gli lasciavano molte offerte in denaro che Vianney utilizzava non solo per la sua parrocchia e l’orfanotrofio ma soprattutto per la fondazione delle missioni popolari nelle parrocchie prive di risorse economiche. Il doloroso ministero presbiterale al quale si sobbarcava dall’una del mattino fino a sera inoltrata, lo portarono a sfiorare la morte nel 1843.

Dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti, fece voto di far celebrare cento Messe in onore di santa Filomena se si fosse ristabilito in salute. Il cielo lo accontentò. Superò la pleuro-polmonite. I parrocchiani di Ars ne furono tanto contenti che incominciarono ad esporre e vendere i ritratti del loro curato. L’Istituto de “La Provvidenza” che, con la malattia del curato, era stato sul punto di chiudere, rifiorì e, per volontà del vescovo, fu affidato, nel 1848, alla cura delle Suore di San Giuseppe di Bourges. Il flusso dei pellegrinaggi continuò ad aumentare a tal punto che il vescovo ritenne necessario dare al santo curato un vice parroco che si prendesse cura della comunità dal momento che Giovanni Maria doveva restarsene tutto il giorno in confessionale. Il primo suo vicario fu l’abate Antonio Raymond, una personalità rude, autoritaria. Col suo temperamento difficile e con la sua corporatura imponente per ventun anni tenne in soggezione il santo curato che, per la sua grande bontà, era incapace di mantenere la disciplina tra la massa scostumata dei pellegrini. Nonostante che Dom Raymond lo contrariasse, Vianney si mostrò sempre con il vescovo soddisfatto di lui e dell’aiuto che gli prestava, pur dovendo ingoiare parecchi rospi a causa del carattere ambizioso del suo vicario. Nonostante l’ostilità di Dom Raymond, il curato realizzò una fondazione caritativa per avere due Fratelli della Sacra Famiglia, fondati a Belley da Fratel Gabriele Tabarin, affinché uno facesse da istitutore della gioventù maschile e l’altro da sacrestano. Il nuovo vescovo, mons. Chalandon, volle onorare il curato dandogli il titolo di canonico. Umoristicamente la castellana d’Ars affermò: “Con la mantellina sulle spalle egli assomigliava a quei condannati che sono condotti al patibolo con la corda al collo”.

Ritenendosi indegno di portarla, la vendette ad una sua benefattrice per 50 franchi per completare i fondi necessari ad assicurare in perpetuo due missioni decennali. Il curato ne fondò novantasette in diverse parrocchie versando la somma di 201.625 franchi, enorme per quell’epoca. Quando gli chiedevano come faceva ad avere tanto denaro, egli rispondeva: “Il mio segreto è semplicissimo: è di non conservare mai niente e di non avere mai niente”.

Nella chiesa di Ars si distribuivano trentamila comunioni all’anno e si ricevevano trentaseimila messe da celebrare. I pellegrini restavano incantati dalla devozione con cui il santo celebrava l’Eucaristia. Napoleone III, nel 1855, lo nominò Cavaliere della Legion d’Onore, quando il curato seppe che l’onorificenza non comportava alcuna rendita, disse al Sindaco: “Dite all’Imperatore che si tenga la sua Croce, dal momento che i poveri non hanno niente da guadagnare”.

Le ultime settimane di vita del santo furono sempre dedicate al lavoro pastorale. Ancora il 29 luglio 1859 Vianney si recò in chiesa a prendere, poco dopo la mezzanotte, il suo posto al confessionale. Quando rientrò in casa era stremato dalla stanchezza. L’indomani mattina si alzò alla solita ora, nonostante la febbre che lo tormentava, già si disponeva a scendere in chiesa a confessare, ma le forze gli vennero meno e svenne.

Caterina Lassagne accorse alla sua invocazione di aiuto: “Andate a cercare il mio confessore. La volontà di Dio è che io muoia”. Il santo si confessò ricevendo il viatico tra le lacrime e benedisse diverse ceste di oggetti religiosi che i suoi parrocchiani gli avevano portato e, stremato, si spense il 4 agosto 1859 alle due del mattino, tra le braccia del Fratello della Sacra Famiglia Girolamo, suo infermiere e sacrista. Fu sepolto nella chiesa di Ars e Pio X lo beatificò l’8 settembre 1904 e Pio XI lo canonizzò il 31 maggio 1925. le sue reliquie sono venerate ad Ars nella nuova chiesa costruita come prolungamento dell’antica ed ogni anno oltre mezzo milione di pellegrini si recano da tutto il mondo si recano a pregare dinnanzi alle sue spoglie mortali, rimaste incorrotte.

Don Marcello Stanzione (Ri-Fondatore della M.S.M.A.)

 

 
 
 

LA CONSACRAZIONE PERSONALE AL SACRO CUORE

Post n°1118 pubblicato il 26 Giugno 2009 da lillysorriso

LA CONSACRAZIONE PERSONALE AL SACRO CUORE

I

SUA IMPORTANZA

1. - Tre categorie di anime.

Riposa un poco, figlio mio, dalle preoccupazioni della vita, ed ascolta le parole del mio Cuore, del Cuore di que­sto Dio di amore e di misericordia che tanto desidera il tuo bene.

Dimmi, figlio mio, sei felice? Sei contento? Il tuo cuore è in pace? Gode esso, nella sua parte più intima, di quel­la perfetta stabilità, simile all'immo­bilità dell'arena, nel fondo degli ocea­ni sconfinati?

Forse, chissà, sei una di quelle anime disgraziate che piangono per essere soggette a continue cadute, e che, a guisa di colombe dalle ali imbrattate di fango non riescono a volare.

Forse sei una di quelle anime che si tra­scinano pesantemente per il sentiero stretto e ripido della virtù, con l'abi­tuale languore di quella tisi dell'anima che è la tiepidezza.

O, forse, sei di quelle anime nè pecca­trici, nè tiepide, ma nel cui sguardo tri­ste si legge lo scoraggiamento; anime simili ad aquile dalle ali tagliate che passano la vita a lanciarsi negli spazi azzurri per abbattersi avvilite, dopo poco, sopra la terra, oppure simili a chi cammini nella sabbia e si scoraggia perchè dopo tanta fatica e tanto tem­po ha progredito cosi poco.

Quanta compassione mi fanno tutte queste povere anime! E sono tante!

2. - Un gran rimedio.

Chiunque tu sia, ascolta le conso­lanti idee che ho comunicato ai miei confidenti più intimi, perchè siano come canali o cavi elettrici mediante i quali si possano trasmettere al mondo la luce e gli ardori del mio Cuore aman­te:

“ I tesori di benedizioni e di grazie che questo Sacro Cuore rinchiude, sono infiniti: ignoro se, nella vita spirituale, vi sia un altro esercizio di devozione che sia più a proposito per sollevare un'anima, in poco tempo, alla perfezio­ne, e per farle gustare le vere dolcezze che si trovano nel servire Gesù Cristo”. "Io non so, Madre venerata, se Ella com­prenderà che cosa sia la devozione ver­so il Sacro Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo, di cui le parlo. Essa produce un gran frutto e un gran cambiamento in tutti quelli che le si consacrano e le si dedicano con fervore.

“In quanto alle persone secolari, esse troveranno, per mezzo di questa amabile devozione, tutti gli aiuti neces­sari al loro stato, la pace nelle loro fa­miglie, il sollievo nelle fatiche, la be­nedizione del cielo nelle loro imprese, la consolazione nelle loro miserie. In questo Sacro Cuore troveranno un luo­go di rifugio durante la vita, e princi­palmente nell'ora della morte. Oh! com'è dolce morire dopo aver avuto una tenera e costante devozione verso il Cuore di Gesù".

"Sopra tutto lei si adoperi perchè l'abbraccino le persone religiose, per­chè queste ne trarranno tanti aiuti che non sarà necessario altro mezzo per ristabilire il primitivo fervore e la più esatta osservanza delle Regole nelle Comunità meno osservanti e per por­tare alla più alta perfezione quelle che già vivono nell'osservanza perfetta".

"Io mi sono costituito personal­mente tuo maestro e direttore per di­sporti al compimento di questo gran disegno e per confidarti questo gran tesoro che ora ti mostro scoperto".

"Mi pare che il desiderio grande che il Signore ha che il suo Cuore sia onorato con qualche omaggio partico­lare ha per fine di rinnovare nelle ani­me gli effetti della sua Redenzione, fa­cendo di questo Sacro Cuore come un secondo Mediatore fra Dio e gli uomi­ni i cui peccati si sono tanto moltipli­cati che è necessaria la estensione del suo potete per ottener loro misericor­dia e le grazie di salvezza e di santifi­cazione che desidera tanto di comuni­car loro abbondantemente".

"Un venerdì, durante la Comunio­ne, Egli disse alla sua indegna serva, se mal non ricordo, queste parole: "Io ti prometto, nell'eccesso della misericor­dia dei mio Cuore, che il suo amore onnipotente concederà, a quanti faran­no la comunione il primo venerdì di ogni mese, per nove mesi consecutivi, la grazia della penitenza finale. Essi non morranno in mia disgrazia, ma riceve­ranno i Sacramenti ed il mio Cuore sarà il loro sicuro asilo in quell'estremo mo­mento".

"Il nostro glorioso protettore San Michele accompagnato da innumerabi­le moltitudine di Spiriti angelici, mi assicurò, di nuovo, che egli era incari­cato della causa del Cuore di Gesù come di uno dei più grandi interessi della gloria di Dio e dell'utilità della Chiesa che, nella successione dei secoli, si sia trattato da che il mondo è mondo... Questo mistero nascosto da secoli, que­sto sacramento manifestato nuo­vamente al mondo, questo disegno, formato nella mente divina a favore degli uomini e scoperto ora dalla Chie­sa, è uno di quelli che, per dir così atti­rano tutta l'attenzione di un Dio, premuroso del nostro bene e della gloria del Salvatore".

"Mi parve di vedere (interiormente) che questa luce, il Cuore di Gesù, que­sto sole adorabile diffondeva i suoi rag­gi sopra la terra dapprima in uno spa­zio ridotto; poi essi si stendevano, fino ad illuminare il mondo intero: Con lo splendore di questa luce, i popoli e le nazioni saranno illuminati e col suo ardore infervorati ".

Ma soprattutto conta l'insegna­mento dei Sommi Pontefici:

Leone XIII, al tramonto del secolo scorso, esortava tutti i fedeli cristiani e quanti sono sinceramente solleciti alla propria salvezza e di quella della società civile: "Ecco che oggi si offre agli sguardi un altro consolantissimo e di­vinissimo segno, vale a dire: il Cuore sacratissimo di Gesù... rilucente di splendidissimo candore in mezzo alle fiamme. In esso sono da collocarsi tut­te le speranze: da esso è da implorare ed attendere la salvezza dell'umanità".

Pio XI, il quale nell'Enciclica Mise­rentissimus Redemptor affermava: "Non sono forse racchiusi in tale for­ma di devozione il compendio di tutta la religione cattolica e quindi la norma della vita più perfetta, costituendo essa la via più spedita per giungere alla co­noscenza profonda di Cristo Signore e il mezzo più efficace per piegare gli animi ad amarLo più intensamente e ad imitarLo più fedelmente?".

Pio XII nell'Enciclica Haurietis Aquas dice: "Dinanzi allo spettacolo di tanti mali che oggi, più che nel passato, travagliano individui, famiglie, nazioni e il mondo intero, dove mai, Venerabili Fratelli, cercheremo il rimedio? Si po­trà forse trovare una devozione più ec­cellente del culto al Cuore Sacratissi­mo di Gesù, più conforme all'indole propria della religione cattolica, più idonea a soddisfare le odierne necessi­tà spirituali della Chiesa e del genere umano?

Ma, quale atto di omaggio religioso più nobile, più dolce, più salutare di que­sto culto, dal momento che è tutto ri­volto alla stessa carità di Dio? Finalmen­te, quale stimolo più potente della cari­tà di Cristo - che la pietà verso il Cuore Sacratissimo di Gesù fomenta ed accre­sce - per spingere i fedeli alla perfetta osservanza della legge evangelica, sen­za la quale, come ammoniscono saggia­mente le parole dello Spirito Santo: "Opera della giustizia sarà la pace"; non è possibile instaurare la vera pace tra gli uomini?".

Ed ora dimmi con tutta sincerità, figlio mio, se, dopo la lettura di queste rivelazioni, non cominci già a persua­derti che la devozione al Sacro Cuore di Gesù è qualche cosa di molto gran­de nel mondo.

E' così figlio mio! Ma se ne dubiti, stu­dia con calma questo problema e te ne convincerai da solo. Questa convinzio­ne personale vorrei io in tutti i fedeli, soprattutto nei miei Sacerdoti e nei miei religiosi. Vorrei che non si credesse perchè si è sentito, ma ché si ricono­scesse per aver intuito. In questo modo si formano i convinti, i soli capaci di far qualche cosa sopra la terra.

3. - Due specie di devozione.

I più preziosi dei miei gioielli giac­ciono là, in fondo al cofano, perchè ci sono molti che ancora non hanno com­preso questa devozione divina, grande filone d'oro che attraversa tutto il cam­po della Chiesa. In generale, se ne sfrut­tano solo gli strati esteriori, che si tro­vano a fior di terra; tutti li scoprono, e con molto poco lavoro possono trarne profitto.

Chi non conosce, per esempio, la Comu­nione dei Primi Venerdì del mese e la Consacrazione delle famiglie? Chi non assiste, di tanto in tanto, a qualche fe­sta in mio onore? Questi tali sono viag­giatori che passando sopra al filone d'oro, si soffermano un istante, smuo­vono alquanto la terra raccolgono qualche pepita d'oro e proseguono il loro cammino: è la devozione superfi­ciale. Ma sono pochi, figlio mio, quelli che si azzardano a scavare la miniera fino al fondo, quelli che potrebbero chiamarsi "minatori" di professione. Quelli che hanno la vera devozione fon­damentale. Ascolta.

II

LA CONSACRAZIONE

La consacrazione è realmente la pratica fondamentale della devozione al mio Cuore Divino. Però molti, su questo punto, agiscono solo per abi­tudine, quasi meccanicamente. Molte persone pie vanno facendo ogni gior­no quelle consacrazioni che trovano nei libri devoti, eppure non sono anime veramente consacrate. Piuttosto che fare consacrazioni, le recitano: sono recitatrici di consacrazioni. Ascolta da me in che consiste la consacrazione assoluta, quale io la insegnai ai miei confidenti più intimi, secondo quello che essi spiegarono nei loro scritti e confermarono con il loro esempio.

1. - Un patto.

La consacrazione può ridursi ad un patto: a quello che io richiesi al mio primo apostolo della Spagna Ber­nardo de Hoyos, e che già prima, in termini equivalenti, avevo chiesto alla mia serva S. Margherita Maria. Tu at­tendi al mio onore ed ai miei interessi, e il mio Cuore avrà cura di te e delle tue cose.

Vorrei far questo patto anche con te. Come Signore assoluto, potrei veni­re a te ed esigerlo senza condizioni, ma a me piace venire a patti con le mie creature. A tanto io mi abbasso. E tu, vuoi venire a patti con me? Non teme­re di rimetterci, poichè io sono tanto condiscendente e benevolo verso le mie creature, che chiunque potrebbe pen­sare che vengo ingannato. Inoltre, que­sto patto, per sè, non ti obbliga nè sot­to peccato mortale, nè sotto peccato veniale; non voglio impegni che ti op­primano, voglio amore, generosità, pace; non inquietudini, non oppressio­ni di coscienza.

Tu vedi bene che il patto presenta due lati: uno obbliga me, l'altro obbli­ga te. A me tocca aver cura di te e dei tuoi interessi, a te aver cura di me e dei miei. Non ti sembra un patto molto soave?

2. - Prima parte della consacrazione:

Avrò cura di te e delle tue cose. Cominciamo dalla parte che tocca a me: Avrò cura di te e delle tue cose. A tal fine è necessario che tutto, ani­ma, corpo, vita, salute, famiglia, affari, in una parola, tutto, venga messo da te interamente a disposizione della mia soave provvidenza e che tu mi lasci fare.

Voglio curar tutto a mio piacere ed avere le mani libere. Per questo de­sidero che tu mi consegni tutte le chia­vi, che tu mi dia il permesso di entrare e di uscire quando io lo voglia, che tu non mi vada sorvegliando per vedere e per esaminare quello che faccio; che non mi chieda conto di nessuno dei passi che faccio, quantunque tu non ne veda la ragione e sembri, a prima vi­sta, che tutto avverrà con tuo danno: poichè, sebbene molte volte dovrai pro­cedere alla cieca, ti consolerà il sapere che sei in buone mani.

E quando mi offri le tue cose, non devi farlo col fine che io le regoli a tuo piacere, perchè questo sarebbe impor­mi delle condizioni ed agire con fini interessati, ma solo affinchè io le indi­rizzi secondo quello che a me piacerà, procedendo in tutto come Signore e come Re, con piena libertà, quantun­que preveda che, alcune volte, le mie decisioni ti apporteranno dolore.

Tu non vedi che il presente, io vedo l'avvenire: tu guardi con un mi­croscopio, io con un telescopio di in­commensurabile portata. Soluzioni, che sul momento sembrerebbero felicissi­me, sono, a volte, disastrose per gli avvenimenti futuri, ed oltre a ciò, al­cune volte, per provare la tua fede e la tua confidenza in Me e perchè si accre­sca la tua gloria nel cielo, permetterò, con intento deliberato, lo scompiglio dei tuoi piani...

Non vorrei ora che, dato ciò, tu ti ab­bandonassi ad una specie di fatalismo quietista e che trascurassi i tuoi affari spirituali e materiali. Devi seguire come legge quel consiglio che lasciai nel Van­gelo: «Quando avrete fatto ciò che vi sarà stato comandato, dite pure: "Sia­mo servi inutili". In ogni impresa devi mettere tutta la diligenza che puoi, come se l'esito dipendesse da te solo, e dopo devi dirmi con umile confidenza: - Cuore di Gesù ho fatto tutto quel che è stato possibile alla mia debolezza: il resto è cosa tua, abbandono il risulta­to alla tua Provvidenza».

Detto ciò, procura di allontanare ogni inquietudine e di rimaner pacifico come un lago in un tranquillo pome­riggio d'autunno.

 

 

 

 

 

 

 
 
 

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Post n°1117 pubblicato il 26 Giugno 2009 da lillysorriso

- Quello che mi devi offrire.

Come ti ho già detto, devi offrirmi tutto; non devi escluder nulla assolu­tamente, perchè escludono qualche cosa solo le persone che si fidano poco di Me.

L'anima. Mettila nelle mie mani: così pure la tua salvezza eterna, il grado di gloria nel cielo, il progresso nella virtù, i difetti, le passioni, le miserie, tutto.

Vi sono persone sempre piene di timo­ri, di angustie, di scoraggiamento per le cose dello spirito. Se questo avviene per peccati gravi, sei giustificato: lo sta­to di peccato mortale è tristissimo e ad ogni costo devi uscirne subito, perchè, in tale stato, sei mio nemico formale. Sforzati, ricorri a Me con insistenza, che io ti aiuterò molto, e soprattutto, con­fessati con frequenza; se puoi, ogni set­timana, perchè è un eccellente rime­dio. Le cadute gravi non sono un osta­colo al consacrarti a Me, perchè in te sia un sincero desiderio di emendarti: anzi la consacrazione sarà un magnifi­co rimedio per uscire da quello stato. Ciò che è di ostacolo alla consacrazio­ne è lo stato di peccato mortale. Chi non ha la grazia nell'anima non può consacrarsi. La consacrazione è un'of­ferta di amore che non può farla chi è lontano da me.

Vi è un'altra categoria di persone che non peccano mortalmente e tuttavia, nel loro interno, stanno sempre in lut­to perchè credono di non far progressi nella vita dello spirito. Tale atteggia­mento non mi piace. Anche in questo campo tu devi fare quanto la debolez­za umana ti permette, ed abbandona­re a Me tutto il resto. Il cielo è un giar­dino armonicamente completo e quin­di deve avere in sè ogni sorta di pian­te. Non tutti possono essere cipressi o gigli o garofani; deve esserci anche il timo; offriti, dunque, ad occupare que­sto posto. Tutte queste amarezze nelle persone che non peccano gravemente, nascono dal fatto che cercano più la loro gloria che la mia. La virtù, ossia la perfezione, ha due aspetti: in quanto è «bene tuo» e in quanto è «bene mio». Tu devi procurarla con impegno, però con pace, perchè è bene mio: poichè il tuo bene, in quanto tuo, devi lasciarlo alle mie cure. Inoltre devi tener presente che se ti consacri a Me, la tua perfezione sarà opera mia più che tua.

Il corpo. Io voglio incaricarmi an­che della tua salute e della tua vita e perciò devi metterle nelle mie mani. Io so ciò che ti conviene, tu lo ignori. Usa i mezzi che puoi per conservare o ricuperare la salute, ed abbandona il resto alle mie cure, scacciando appren­sioni, immaginazioni, timori, persuaso che non dai medici o dalle medicine verrà la salute o il rimedio, ma solo e principalmente da Me.

La famiglia: genitori, coniugi, fi­gli, fratelli, sorelle e parenti. Vi sono persone che non hanno difficoltà ad of­frirmi se stesse, ma, a volte, fanno resi­stenza a porre decisamente nelle mie mani qualche membro speciale della loro famiglia da esse molto amato. Sem­bra che io non debba far altro che ucci­dere quanti confidano alla mia bontà. Che misero concetto hanno di Me! A volte dicono che non incontrano diffi­coltà a soffrire nella loro persona, pur di non veder soffrire quelli che ama­no; credono che consacrarsi a Me si­gnifichi cominciare a veder soffrire quanti le circondano. Da dove sarà loro venuta simile idea? Invece non sanno che la consacrazione sincera rende molto più soavi le croci che tutti deb­bono portare in questo mondo.

Beni di fortuna: possedimenti, affari, carriera, ufficio, impiego, casa, ecc. Non esigo che le anime che mi amano abbandonino tutto, a meno che non le chiami allo stato religioso. Al contrario, debbono amministrarli, giac­chè costituiscono una parte degli ob­blighi del loro stato. Ciò che domando è che li mettano nelle mie mani, che facciano quello che possono affinchè ottengano un incremento felice, ma ab­bandonino a Me il risultato, senza an­gustie, senza inquietudini, senza mez­ze disperazioni.

Beni spirituali. Sai già che tutte le azioni virtuose compiute in stato di grazia ed i suffragi che dopo la tua morte saranno offerti per il tuo eterno riposo, hanno una parte alla quale si può rinunziare in favore di altre per­sone, vive o defunte. Ebbene, figlio mio, vorrei che mi facessi una donazione assoluta di questa parte, affinchè io la possa distribuire fra le persone alle quali mi parrà conveniente. So meglio di te dove è necessario stabilire il mio regno, in chi sia maggiore il bisogno, dove conseguirò un migliore risultato, e così potrò disporne con più profitto di quel che potresti fare tu. Però que­sta donazione non impedisce che tu possa offrire certi suffragi che l'obbe­dienza, la carità o la pietà richiedono in alcune occasioni.

Tutto, dunque, devi consegnarmi con intera confidenza, perchè io tutto amministri a mio piacere. E quantun­que tu non debba farlo con fine interes­sato, pure ti dico una cosa: vedrai come ogni tanto io metterò a prova la tua confidenza, facendo riuscir tutto male; tuttavia, nell'insieme, i tuoi affari pro­cederanno meglio, e, tanto meglio, quanto maggiore sarà l'interesse che tu prenderai ai miei. Quanto più pense­rai a Me, tanto più io penserò a te; quanto più ti preoccuperai della mia gloria, tanto più penserò alla tua; quan­to più lavorerai per i miei interessi, tan­to più mi occuperò Io per i tuoi. Tu devi procurare di essere più disinteressato. Vi sono persone che pensano solo a se stesse; il loro mondo spirituale è un si­stema planetario del quale esse occu­pano il centro, e tutto il resto, compre­si i miei interessi, almeno praticamen­te, sono come dei pianeti che girano loro intorno. Quest'egocentrismo inte­riore è un cattivo sistema astronomico.

4. - Seconda parte della consacrazione: Procura la mia gloria e i miei interessi. 

Eccoci quindi, figlio mio, alla se­conda parte della consacrazione: procura la mia gloria ed i miei interessi. E' la parte più importante per te, perchè, a rigore di termini, è propriamente la tua. La precedente era mia. In essa ti chiesi la consacrazione di tutto per aver le mani libere a compiere quello che nel patto tocca a me. Ma la tua, quella nella quale devi porre tutta la decisa volontà della tua anima, quella che deve essere il termometro che segnerà i gradi del tuo amore per me, è questa: l'aver cura dei miei interessi.

Sai quali sono? Non ne ho altri che le anime: queste sono i miei interessi, i miei gioielli ed il mio amore. Voglio, come dicevo alla mia serva Margherita, stabilire il regno del mio amore in tutti i cuori. Non è venuto ancora il mio re­gno. Esso ha una certa diffusione ester­na nelle nazioni cattoliche, però que­sto regno profondo nel quale il mio amore non di nome ma in realtà, co­mandi, governi e domini stabilmente nell'anima, questo regno è esteso mol­to poco anche nei popoli cristiani! E ciò non perchè manchi il terreno; sono in­fatti innumerevoli le anime ad esso preparate ed ogni giorno saranno di più; quel che manca sono gli apostoli. Dammi un cuore toccato da questa di­vina calamita e vedrai come rapida­mente molti altri verranno attirati.

5. - Con i vari modi di apostolato.

E’ facile essere un mio apostolo. Non c'è età nè sesso, nè stato, nè con­dizione che possa dirsi a ciò non adat­to. Sono tanti i modi per lavorare! Ec­coli.

1° - La preghiera, ossia il chiedere al cie­lo, ininterrottamente, il mio regno; chiederlo al Padre, a Me, alla Madre mia, ai miei Santi. Chiederlo in chiesa, in casa, per le vie, in mezzo alle occu­pazioni giornaliere. «Regna, o Cuore Divino!», dev'essere questa la divina esclamazione che tutto il giorno deve risuonare sulle tue labbra: ripetila die­ci, venti, cinquanta, cento, duecento volte al giorno, finchè non ti si renda abituale; cerca ogni mezzo e ricorri ad ogni industria per ricordartene. Chi non può essere apostolo? E quale buon apostolato è quello adempiuto con le giaculatorie! Dammi una moltitudine di anime che lanciano di continuo questi dardi, e dimmi se non faranno breccia nel cielo. Sono molecole di vapore che si elevano, formano nuvole e si conver­tono, dopo, in fecondante pioggia so­pra la terra.

2° - Il sacrificio. In primo luogo sacrifi­cio passivo o di accettazione. Molestie, dissapori, cattivi momenti, tristezze, disgusti, a volte piccoli, a volte grandi, che sogliono sopraggiungere a tutti, come accadde a Me, alla mia SS.ma Madre ed ai miei Santi! Ebbene: tutto questo sopportalo in silenzio, con pa­zienza ed anche con allegria, se ti rie­sce; tutto quanto offrilo perchè il mio amore regni. Figlio mio, la Croce è ciò che più vale, perchè è ciò che più costa. Quante croci tristemente andate a male tra gli uomini! E sono gioielli tan­to preziosi!

In secondo luogo il sacrificio attivo o mortificazione. Procura di abituarti a vincerti frequentemente in piccole cose, pratica molto eccellente nella vita spirituale. Vai per la strada e ti viene il desiderio di guardare il tale oggetto: non guardarlo. Ti piacerebbe assapo­rare quel dolce: non prenderlo. Vieni incolpato di una cosa che non hai fat­to, e non ne segue nessun pregiudizio se taci; e tu taci. E similmente in casi analoghi, e tutto perchè io regni.

E se la tua generosità va oltre, passa, d'accordo col tuo direttore, a peniten­ze maggiori. Ora vedi chiaro quale cam­po di apostolato si presenta ai tuoi oc­chi. E questo sì che è efficace!

3° - Occupazioni giornaliere. Alcune per­sone dicono che non possono lavorare per il Regno del Cuore di Gesù perchè sono molto occupate, come se i doveri

del loro stato, gli obblighi del loro uffi­cio e delle loro faccende giornaliere, fatti con cura e con impegno, non po­tessero convertirsi in lavori di aposto­lato. Si, figlio mio, tutto dipende dal­l'intenzione con cui si fanno. Una stes­sa qualità di legno, può essere un pez­zo da buttarsi nel fuoco od una devota immagine da mettere su un altare. Men­tre sei in queste occupazioni procura di elevare spesso a me il tuo sguardo come a trovare compiacimento nel fare tutto bene, perchè tutte le opere siano monete preziosissime che cadono nel salvadanaio che serbo per l'opera del mio regno nel mondo. Devi anche sfor­zarti, sebbene con pace, per essere ogni giorno più santo, perchè, quanto più lo sarai, tanto maggiore sarà l'efficacia delle tue opere, per la mia gloria.

4° La propaganda. A volte potresti pre­stare il tuo appoggio a qualcuna delle intraprese del mio Cuore; raccomanda­re quella o quell'altra pratica alle persone che ti circondano; guadagnartele affinchè si consacrino a Me come ti sei consacrato tu. E se trovi difficoltà nel parlare, non hai a tua disposizione qualche foglietto di propaganda? Dal­lo, raccomandalo, mettilo di nuovo in una busta ed invialo, quale messagge­ro, in qualsiasi punto del globo. Quan­te anime sono state a me guadagnate da questi messaggeri volanti!

Vedi, ora, come esistono mezzi per lavorare per il mio regno? Se non lotti, non è per mancanza di armi. Non v'è momento del giorno in cui tu non pos­sa maneggiarne qualcuna. Devi imita­re il girasole che guarda costantemen­te al sole. E’ molto facile essere mio apo­stolo. E come è bella una vita illumina­ta continuamente da questo ideale! Tutte le opere del giorno contrassegna­te dal sigillo dell'apostolato, dell'apo­stolato magnifico dell'amore! Tutte le opere del giorno convertite in oro di carità! Come sarà dolce, figlio mio, nel­l'ora della morte, gettare uno sguardo indietro e vedere cinque, dieci, venti e più anni di trecento sessantacinque giorni ciascuno, vissuti tutti così.

5. - Con la riparazione.

Vuoi amarmi davvero? Due cose fa l'amore: procura alla persona amata tutto il bene che le manca e cerca di liberarla dal male che la sovrasta. Con l'apostolato mi procuri il bene, mi dai le anime, con la riparazione mi liberi dal male; tergi il mio divino onore dal­le macchie che ad esso fanno i pecca­tori. Sì, figlio mio; una ingiuria può venire cancellata mediante una soddi­sfazione. E quante potresti darmene! Non solo per i tuoi peccati, ma anche per quelli innumerevoli che si commet­tono tutti i giorni.

Non voglio affaticarti con molte prati­che: le stesse preghiere, gli stessi sacri­fici, le stesse azioni di tutti i giorni ser­vono non solo da apostolato, ma an­che da riparazione se si fanno con que­sta intenzione.

Regna! - Rimetti i nostri debiti! - Affin­chè tu regni e per quelli che ti offen­dono! - siano le giaculatorie spesso pro­ferite dalle tue labbra. Nella mia vita sulla terra ebbi due missioni principa­li: quella di apostolo che fonda il re­gno di Dio e quella di sacerdote e di vittima che espia i peccati degli uomi­ni. Voglio che tu le compia pure me­diante la devozione al mio Cuore Divi­no. Aspiro a fare di ogni uomo una esat­ta copia di me stesso, un piccolo reden­tore. Quanto sublime e quanto onorifi­co per te!

III CONCLUSIONE

Coraggio, dunque, slanciati! Tan­te persone lo hanno fatto, ed erano di carne ed ossa come sei tu. Scegli un giorno di festa, il primo che verrà: preparati con la lettura tranquilla di tutte queste idee; giunto il giorno scel­to, confessati, fa la Comunione con fervore e, quando mi terrai nel tuo petto, consacrati a me. Sarà quella la miglio­re occasione per fare la tua consacra­zione. Per facilitarti il lavoro, giacchè è molto necessario che la consacrazione sia completa, dovendo costituire tutto un programma di vita, ti do qui un abbozzo di tutte le idee necessarie. Però ti ripeto, figlio mio, di non aver timo­re: essa non ti obbliga nemmeno, sotto peccato veniale. Voglio larghezza di cuore, generosità ed amore, solo ti do­mando che ti risolva a far tutto quello che puoi per compierla. Chi è impedi­to di fare quello che è in suo potere? Non dimenticare di rinnovarla ogni giorno in chiesa od in casa, perchè il farla ogni giorno è un punto molto importante. Se non la rinnoverai ogni giorno, l'abbandonerai ben presto; se la rinnoverai, finirai col viverla piena­mente. Coraggio e decisione. Fa' così, figlio mio. Una brezza primaverile, una corrente di sangue giovane e corrobo­rante sentirai fluire nell'anima tua!

Ora, figlio mio, due consigli per finire. Uno è che tu procuri di non dimenti­carmi nel Tabernacolo. Mi piace il cul­to delle immagini, ma la mia persona vale più della mia immagine. L'Eucari­stia è il mio Sacramento perchè è quel­lo dell'amore.

Vorrei che tu mi ricevessi con maggior frequenza, e vorrei anche vederti qual­che volta, durante il giorno. Non sai quanto mi sono gradite queste visite da amico!

L'altro consiglio è che tu procuri, se ti è possibile, di prendere un po' di tem­po ogni giorno per leggere o meditare cose del mio Cuore. In questo modo, a poco a poco, andrai aprendo la con­chiglia nella quale si conserva la perla di questa devozione divina.

LA PAROLA DEL PAPA SULLA CONSACRAZIONE AL CUORE DI GESU' (...) Quando si è scoperto nell'adora­zione eucaristica e nella meditazione il Cuore di Gesù "sempre ardente di amo­re per gli uomini", come ci si potrebbe lasciar sedurre da forme di meditazio­ne che ripiegano su di sè senza acco­gliere la Presenza del Signore? Come si potrebbe essere attratti dal proliferare di concezioni del sacro che non fanno altro che mascherare un tragico vuoto spirituale? Per l'evangelizzazione di oggi, occorre che il Cuore di Cristo sia riconosciuto come il cuore della Chie­sa: è Lui che chiama alla conversione, alla riconciliazione. E' Lui che trascina sulle vie delle Beatitudini i cuori puri e gli affamati di giustizia. E' Lui che rea­lizza la comunione calorosa dei mem­bri del Corpo unico. E' Lui che permet­te di aderire alla Buona Novella e di accogliere le promesse della vita eterna. E' Lui che manda in missione. La stretta vicinanza con Gesù allarga il cuore dell'uomo alle dimensioni del mondo.

(Gíovanni Paolo II, Canonizzazione di Padre La Colombière, 31 maggio 1992)

( ... ) Nel Cuore di Gesù è rivelata, infat­ti, tutta la ricchezza del piano di Dio per guidare l'uomo alla piena maturità e alla piena felicità nella visione della sua gloria e in comunione con la San­tissima Trinità. La santità, la pietà e l'impegno apostolico nella Chiesa sono tutte sostanzialmente legate alla forza della nostra fede nel Redentore e alla nostra imitazione della sua "compas­sione delle moltitudini" (cfr. Mt 9,36). (Giovanni Paolo II, ai pellegrini giunti per la Canonizzazione .i Padre La Colombière, 1 giugno 7 992)

 

 

 

 

 
 
 

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Post n°1116 pubblicato il 21 Giugno 2009 da lillysorriso

Riflessioni sulla liturgia della
12° Domenica del T.O.   B

Il cristiano spera nel Signore anche nei momenti più duri.
Il libro di Giobbe ricorda che il Signore ha creato il mondo ed ha potere sugli elementi dell'universo.
Gesù calma la tempesta manifestando la sua potenza divina, e rimprovera i suoi discepoli di non avere sufficiente fede. Questa infatti è certa della bontà divina, che è provvidenza per l'uomo, e che deve escludere in lui l'atteggiamento di paura.
Il Signore è presente con il suo amore anche in mezzo alle difficoltà, e porta la sua pace.
Cristo è morto per noi per farci vivere per Lui, ricorda la seconda lettura, e questo diventa il grande motivo dell'ottimismo cristiano.
E' una verità che il mare, questa realtà potente e tumultuosa presente in questo brano del vangelo, è comunque sottomessa a Dio. E Gesù rimprovera la mancanza di fede proprio quando i discepoli gli si rivolgono pieni di fiducia, ma quando la fiducia è tutta rivolta ad ottenere qualcosa è troppo imperfetta.
Il nostro Dio non è il dio delle false sicurezze umane. La nostra fede in Lui non è nè fuga nè disimpegno. La fede è un impegno continuo proprio perchè crede nonostante le tempeste in cui viene continuamente messa alla prova.
Aver fede significa abbandonarsi a Dio anche quando Lui dorme, perchè sappiamo che nessuna difficoltà può vincerci; Dio le ha già vinte una volta per tutte con la sua morte e risurrezione, aprendoci la strada alla vita senza fine con Lui.
Cristo come Dio ha partecipato con il Padre alla creazione del mondo e con lui esercita da sempre e per sempre il dominio sulle cose e sulla storia. La Santa Eucaristia che celebriamo esprime la certezza di avere Lui costantemente al nostro fianco. Questa è tutta la nostra speranza.

 
 
 

il cuore di gesù

Post n°1115 pubblicato il 16 Giugno 2009 da lillysorriso

Sacro Cuore di Gesù, confido in Te!;
Dolce Cuore del mio Gesù, fa ch’io t’ami sempre più!;
O Gesù di amore acceso, non Ti avessi mai offeso!.

Queste sono alcune delle tante amorose e devote giaculatorie, che nei secoli sono state e sono pronunciate dai cattolici in onore del Sacro Cuore di Gesù, che nella loro semplice poesia, esprimono la riconoscenza per l’amore infinito di Gesù dato all’umanità e nello stesso tempo la volontà di ricambiare, delle tante anime infiammate e innamorate di Cristo.
Al Sacro Cuore di Gesù, la Chiesa Cattolica, rende un culto di “latria” (adorazione solo a Dio, Gesù Cristo, l’Eucaristia), intendendo così onorare: I – il Cuore di Gesù Cristo, uno degli organi simboleggianti la sua umanità, che per l’intima unione con la Divinità, ha diritto all’adorazione; II – l’amore del Salvatore per gli uomini, di cui è simbolo il Suo Cuore.
Questa devozione già praticata nell’antichità cristiana e nel Medioevo, si diffuse nel secolo XVII ad opera di S. Giovanni Eudes (1601-1680) e soprattutto di S. Margherita Maria Alacoque (1647-1690). La festa del Sacro Cuore fu celebrata per la prima volta in Francia, probabilmente nel 1685.
Santa Margherita Maria Alacoque, suora francese, entrò il 20 giugno 1671 nel convento delle Visitandine di Paray-le-Monial (Saone-et-Loire), visse con grande semplicità e misticismo la sua esperienza di religiosa e morì il 17 ottobre 1690 ad appena 43 anni.
Sotto questa apparente uniformità, si nascondeva però una di quelle grandi vite del secolo XVII, infatti nel semplice ambiente del chiostro della Visitazione, si svolsero le principali tappe dell’ascesa spirituale di Margherita, diventata la messaggera del Cuore di Gesù nell’epoca moderna.
Ella già prima di entrare nel convento, era dotata di doni mistici che si accentuarono con la sua nuova condizione di religiosa; ebbe numerose manifestazioni mistiche, ma nel 1673 cominciarono le grandi visioni che resero famoso il suo nome; esse furono quattro rivelazioni principali, oltre numerose altre di minore importanza.
La prima visione avvenne il 27 dicembre 1673, festa di s. Giovanni Evangelista, Gesù le apparve e Margherita si sentì “tutta investita della divina presenza”; la invitò a prendere il posto che s. Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena e le disse: “Il mio divino Cuore è così appassionato d’amore per gli uomini, che non potendo più racchiudere in sé le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda. Io ti ho scelta per adempiere a questo grande disegno, affinché tutto sia fatto da me”.
Una seconda visione le apparve agli inizi del 1674, forse un venerdì; il divin Cuore si manifestò su un trono di fiamme, più raggiante del sole e trasparente come cristallo, circondato da una corona di spine simboleggianti le ferite inferte dai nostri peccati e sormontato da una croce, perché dal primo istante che era stato formato, era già pieno d’ogni amarezza.
Sempre nel 1674 le apparve la terza visione, anche questa volta un venerdì dopo la festa del Corpus Domini; Gesù si presentò alla santa tutto sfolgorante di gloria, con le sue cinque piaghe, brillanti come soli e da quella sacra umanità uscivano fiamme da ogni parte, ma soprattutto dal suo mirabile petto che rassomigliava ad una fornace e essendosi aperto, ella scoprì l’amabile e amante Cuore, la vera sorgente di quelle fiamme.
Poi Gesù lamentando l’ingratitudine degli uomini e la noncuranza rispetto ai suoi sforzi per far loro del bene, le chiese di supplire a questo. Gesù la sollecitò a fare la Comunione al primo venerdì di ogni mese e di prosternarsi con la faccia a terra dalle undici a mezzanotte, nella notte tra il giovedì e il venerdì.
Vennero così indicate le due principali devozioni, la Comunione al primo venerdì di ogni mese e l’ora santa di adorazione.
La quarta rivelazione più meravigliosa e decisiva, ebbe luogo il 16 giugno 1675 durante l’ottava del Corpus Domini. Nostro Signore le disse che si sentiva ferito dalle irriverenze dei fedeli e dai sacrilegi degli empi, aggiungendo: “Ciò che mi è ancor più sensibile è che sono i cuori a me consacrati che fanno questo”.
Gesù chiese ancora che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini, fosse dedicato a una festa particolare per onorare il suo Cuore e con Comunioni per riparare alle offese da lui ricevute. Inoltre indicò come esecutore della diffusione di questa devozione, il padre spirituale di Margherita, il gesuita san Claude de la Colombiere (1641-1682), superiore della vicina Casa dei Gesuiti di Paray-le-Monial.
Margherita Maria Alacoque proclamata santa il 13 maggio 1920 da papa Benedetto XV, ubbidì all’appello divino fatto attraverso le visioni e divenne l’apostola di una devozione che doveva trasportare all’adorazione dei fedeli al Cuore divino, fonte e focolaio di tutti i sentimenti che Dio ci ha testimoniati e di tutti i favori che ci ha concessi.
Le prime due cerimonie in onore del Sacro Cuore, presente la santa mistica, si ebbero nell’ambito del Noviziato di Paray il 20 luglio 1685 e poi il 21 giugno 1686, a cui partecipò tutta la Comunità delle Visitandine.
A partire da quella data, il movimento non si sarebbe più fermato, nonostante tutte le avversità che si presentarono specie nel XVIII secolo circa l’oggetto di questo culto.
Nel 1765 la Sacra Congregazione dei Riti affermò essere il cuore di carne simbolo dell’amore; allora i giansenisti intesero ciò come un atto di idolatria, ritenendo essere possibile un culto solo al cuore non reale ma metaforico.
Papa Pio VI (1775-1799) nella bolla “Auctorem fidei”, confermava l’espressione della Congregazione notando che si adora il cuore “inseparabilmente unito con la Persona del Verbo”.
Il 6 febbraio 1765 papa Clemente XIII (1758-1769) accordò alla Polonia e all’Arciconfraternita romana del Sacro Cuore la festa del Sacro Cuore di Gesù; nel pensiero del papa questa nuova festa doveva diffondere nella Chiesa, i passi principali del messaggio di s. Margherita, la quale era stata lo strumento privilegiato della diffusione di un culto, che era sempre esistito nella Chiesa sotto diverse forme, ma dandogli tuttavia un nuovo orientamento.
Con lei non sarebbe più stata soltanto una amorosa contemplazione e un’adorazione di quel “Cuore che ha tanto amato”, ma anche una riparazione per le offese e ingratitudini ricevute, tramite il perfezionamento delle nostre esistenze.
Diceva la santa che “l’amore rende le anime conformi”, cioè il Signore vuole ispirare nelle anime un amore generoso che, rispondendo al suo, li assimili interiormente al divino modello.
Le visioni e i messaggi ricevuti da s. Margherita Maria Alacoque furono e resteranno per sempre un picco spirituale, dove venne ricordato al mondo, l’amore appassionato di Gesù per gli uomini e dove fu chiesta a loro una risposta d’amore, di fronte al “Cuore che si è consumato per essi”.
La devozione al Sacro Cuore trionfò nel XIX secolo e il convento di Paray-le-Monial divenne meta di continui pellegrinaggi; nel 1856 con papa Pio IX la festa del Sacro Cuore divenne universale per tutta la Chiesa Cattolica.
Sull’onda della devozione che ormai coinvolgeva tutto il mondo cattolico, sorsero dappertutto cappelle, oratori, chiese, basiliche e santuari dedicati al Sacro Cuore di Gesù; ricordiamo uno fra tutti il Santuario “Sacro Cuore” a Montmartre a Parigi, iniziato nel 1876 e terminato di costruire dopo 40 anni; tutte le categorie sociali e militari della Francia, contribuirono all’imponente spesa.
Proliferarono quadri e stampe raffiguranti il Sacro Cuore fiammeggiante, quasi sempre posto sul petto di Gesù che lo indica agli uomini; si organizzò la pia pratica del 1° venerdì del mese, i cui aderenti portano uno scapolare con la raffigurazione del Cuore; si composero le meravigliose “Litanie del Sacro Cuore”; si dedicò il mese di giugno al suo culto.
Affinché il culto del Cuore di Gesù, iniziato nella vita mistica delle anime, esca e penetri nella vita sociale dei popoli, iniziò, su esortazione di papa Pio IX del 1876, tutto un movimento di “Atti di consacrazione al Cuore di Gesù”, a partire dalla famiglia a quella di intere Nazioni ad opera di Conferenze Episcopali, ma anche di illuminati e devoti governanti; cito per tutti il presidente dell’Ecuador, Gabriel Garcia Moreno (1821-1875).
Fu tanto il fervore, che per tutto l’Ottocento e primi decenni del Novecento, fu dedicato al culto del Sacro Cuore, che di riflesso sorsero numerose congregazioni religiose, sia maschili che femminili, tra le principali vi sono: “Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore” fondata nel 1874 dal beato Leone Dehon (Dehoniani); “Figli del Sacro Cuore di Gesù” o Missioni africane di Verona, congregazione fondata nel 1867 da san Daniele Comboni (Comboniani); “Dame del Sacro Cuore” fondate nel 1800 da santa Maddalena Sofia Barat; “Ancelle del Sacro Cuore di Gesù” fondate nel 1865 dalla beata Caterina Volpicelli, diversi Istituti femminili portano la stessa denominazione.
Attualmente la festa del Sacro Cuore di Gesù viene celebrata il venerdì dopo la solennità del Corpus Domini, visto che detta ricorrenza è stata spostata alla domenica; il sabato che segue è dedicato al Cuore Immacolato di Maria, quale segno di comune devozione ai Sacri Cuori di Gesù e Maria, inscindibili per il grande amore donato all’umanità.
In un papiro egiziano di circa 4000 anni fa, troviamo l’espressione della comune nostalgia d’amore: “Cerco un cuore su cui appoggiare la mia testa e non lo trovo, non ci sono più amici!”.
Lo sconosciuto poeta egiziano era dolente per ciò, ma noi siamo più fortunati, perché l’abbiamo questo cuore e questo amico, al pari di s. Giovanni Evangelista che poggiò fisicamente il suo capo sul petto e cuore di Gesù.
Possiamo avere piena fiducia in un simile amico, Egli vivendo in perfetta intimità col Padre, sa e può rivelarci tutto ciò che serve per il nostro bene.


 
 
 

L'ADORAZIONE IN SPIRITO E VERITÀ

Post n°1114 pubblicato il 13 Giugno 2009 da lillysorriso

L'ADORAZIONE IN SPIRITO E VERITÀ

 

Pater tales quaerit, qui adorent eum (Jo 4, 23).

1. ORIENTAMENTO GENERALE.

L'adorazione eucaristica ha per oggetto la Persona Divina di N. S. Gesù Cristo, presente nel SS.mo Sacramento. Egli c'è, vivente e vuole che noi gli parliamo; a sua volta Egli parlerà a noi.

Tutti Possono parlare a Nostro Signore; non è forse là per tutti? Non disse egli: "Venite a me, voi tutti"?

Questo colloquio che s'intreccia tra l'anima e Nostro Signore è appunto la vera meditazione eucaristica, è l'adorazione.

L'adorazione è una grazia per tutti. Ma per non sprecarla e non cadere nella disgrazia di farla per abitudine, e per evitare l'aridità dello spirito e del cuore, gli adoratori devono ispirarsi all'attrattiva particolare della grazia, ai misteri della vita di Nostro Signore, della SS.ma Vergine, o alle virtù dei Santi, con lo scopo di onorare il Dio dell'Eucaristia per tutte le virtù della sua vita mortale, e per le virtù di tutti i Santi, dei quali egli fu un tempo la grazia e il fine, ed è ora la corona di gloria.

Calcolate quell'ora di adorazione che vi è toccata, come un'ora di Paradiso; andateci come si va al cielo, come si va al banchetto divino, ed essa sarà desiderata, e salutata con trasporto. Alimentatene soavemente il desiderio nel vostro cuore. Dite a voi stesso: "Per quattr'ore, per due, per un'ora io starò ad un'udienza di grazia e di amore, presso Nostro Signore; è stato lui ad invitarmi, ora mi attende, mi desidera".

Quando vi capitasse un'ora che costa fatica alla natura, rallegratevi, il vostro amore sarà più grande perché sarà più sofferente: è un'ora privilegiata, la quale sarà contata per due.

Quando per infermità, per malattia o per impossibilità non vi è possibile fare la vostra ora di adorazione, lasciate che per un momento il vostro cuore si rattristi, poi mettetevi in adorazione spirituale, in unione con quelli che in quel frattempo si dedicano all'adorazione. Allora nel letto del vostro dolore, in viaggio, o durante l'occupazione che avete tra mano, state in più concentrato raccoglimento; e riceverete il medesimo frutto che se aveste potuto adorare ai piedi del Buon Maestro: quest'ora sarà computata a vostro favore, e forse sarà anche raddoppiata.

Andate da N. Signore così come siete; la vostra meditazione sia naturale. Attingete dal vostro patrimonio individuale di pietà e di amore, prima di pensare a servirvi dei libri; amate il libro inesauribile dell'umiltà amorosa. E' certo buona cosa che un buon libro vi accompagni , per rimettervi in carreggiata quando lo spirito volesse sviarsi e i sensi assopirsi; ma tenete bene a mente che il nostro Buon Maestro preferisce la povertà del nostro cuore anche ai più sublimi pensieri ed affetti presi in prestito da altri.

Sappiate che Nostro Signore vuole il vostro cuore, non quello degli altri; vuole il pensiero e la preghiera di questo cuore, come espressione naturale del nostro amore per Lui.

Il non voler andare da Nostro Signore colla propria miseria o povertà umiliata, spesso è frutto di un sottile amor proprio, d'impazienza e di pigrizia; eppure è proprio quello che nostro Signore preferisce, ama e benedice più di ogni altra cosa.

Attraversate giornate di aridità? Glorificate la grazia di Dio, senza la quale voi non potete nulla. Rivolgete allora la vostra anima al cielo, come il fiore allo spuntar del sole apre il suo calice, per accogliervi la rugiada benefica.

Vi trovate in uno stato d'impotenza assoluta? Lo spirito è nell'oscurità, il cuore sotto il peso del proprio nulla, il corpo è sofferente? Fate allora l'adorazione del povero; uscite dalla vostra povertà e andate a posarvi in Nostro Signore. Offritegli la vostra povertà affinché egli l'arricchisca: è questo un capolavoro degno della sua gloria.

La tentazione, la tristezza vi travaglia? Tutto vi disgusta, tutto vi porta a tralasciare l'adorazione, sotto il pretesto che offendereste Dio, che lo disonorereste anziché servirlo? Non ascoltate questa speciosa tentazione. In tal caso voi farete l'adorazione del combattimento e della fedeltà a Gesù, contro voi stesso. No, no, che voi non gli fate dispiacere; anzi lo rallegrate, il vostro Buon Maestro che vi guarda, lui che ha permesso a Satana di turbarvi. Egli vuole da voi l'omaggio della perseveranza, fino all'ultimo minuto del tempo che noi dobbiamo consacrargli.

La confidenza, dunque, la semplicità e l'amore vi accompagnino sempre nell'adorazione.

2. L'AMORE SIA LA VOSTRA BUSSOLA.

Volete essere fortunato in amore? - Vivete continuamente nella bontà di Gesù Cristo, che è sempre nuova per voi; seguite in Gesù il dramma del suo amore, contemplate la bellezza delle sue virtù, la luce del suo amore, piuttosto che i suoi ardori: in noi il fuoco dell'amore passa presto ma la verità di esso rimane.

Cominciate tutte le vostre adorazioni con un atto di amore, e aprite deliziosamente la vostra anima alla sua azione divina. Sovente nell'adorazione vi fermate a mezza strada il motivo è che voi avete cominciato da voi stesso; e anche se cominciate da qualche altra virtù che non sia l'amore, voi sbagliate strada. Forse che il bambino non abbraccia la mamma, prima di obbedirle? - L'amore è la sola porta del cuore.

Volete essere nobile in amore? - Parlate all'Amore di lui stesso. Parlate a Gesù del suo Padre Celeste, che egli ama tanto, parlategli delle fatiche da lui intraprese per la gloria del Padre: rallegrerete tanto il suo cuore, ed egli vi ripagherà con altrettanto amore.

Parlate a Gesù del suo amore per tutti gli uomini: si dilaterà il suo cuore, si dilaterà il vostro cuore di felicità e di amore.

Parlate a Gesù della sua santa Madre da lui amata così intensamente; gli rinnoverete la felicità di sentirsi un buon figliolo; parlategli dei suoi santi, per glorificare la sua grazia in loro.

Il vero segreto dell'amore è questo: obliare se stesso, come S. Giovanni Battista, per esaltare e glorificare il Signore Gesù.

Il vero amore non guarda a ciò che dà, ma a quello che l'Amato merita.

Allora Gesù, contento di voi, vi parlerà di voi stessi. Vi dirà l'amore che sente per voi e il vostro cuore si dilaterà ai raggi di questo sole, come il fiore, umido e infreddolito dalla notte, che si schiude ai raggi dell'astro del giorno. La sua dolce voce penetrerà l'anima vostra, come il fuoco penetra un corpo infiammabile. E voi direte, con la Sposa del Cantico: - "La mia anima si è liquefatta di felicità alla voce del mio diletto", Allora voi lo ascolterete in silenzio, o meglio, voi passerete all'azione più forte e soave dell'amore: voi vivrete in lui.

Ciò che più tristemente impedisce lo sviluppo dell'amore e della grazia in noi è questo, che non appena noi arriviamo ai piedi del Buon Maestro, incominciamo senz'altro a parlargli di noi, dei nostri peccati, dei nostri difetti, della nostra povertà spirituale; ci affatichiamo insomma lo spirito alla vista delle nostre miserie e ci attristiamo il cuore alla vista della nostra ingratitudine e della nostra infedeltà. La tristezza conduce al dolore, il dolore allo scoraggiamento, e occorrerà poi molta umiltà e parecchio sforzo per districarsi da questo labirinto e ritrovarsi liberi in Dio.

Non fate più così. Siccome il primo movimento dell'anima influisce ordinariamente su tutta l'azione, dirigetevi subito verso Dio e ditegli: - "O buon Gesù, quanto sono contento e felice di venire a trovarti; di venire a passare quest'ora con te, per dirti il mio affetto! Quanto sei buono per avermi chiamato! Quanto sei amabile, tu che ami una creatura così povera come me! Oh, sì, io ti voglio tanto bene!"

L'amore allora vi ha già aperta la porta del cuore di Gesù: entrate, amate, adorate!

3. L'EUCARISTIA COMPENDIO DEL CRISTIANESIMO.

Per adorare con frutto bisogna ricordarsi che Gesù Cristo è presente nel l'Eucaristia, in essa glorifica e continua tutti i misteri e tutte le virtù della sua vita mortale.

Bisogna pensare che l'Eucaristia è Gesù Cristo passato, presente e futuro; che l'Eucaristia è l'ultimo stadio dello svolgimento dell'Incarnazione e della vita mortale del Salvatore; che Gesù Cristo ci dà in essa tutte le grazie; che tutte le verità fanno capo all'Eucaristia, poiché essa è Gesù Cristo stesso.

La SS.ma Eucaristia sia dunque il punto di partenza per meditare i misteri, le virtù e le verità della religione. Essa è il fuoco, le altre virtù sono soltanto dei raggi. Partiamo dal fuoco e noi stessi irraggeremo.

Che cosa c'è di più semplice che il vedere le analogie tra la nascita di Gesù nella stalla e la sua nascita sacramentale sull'altare e nei nostri cuori?

Chi non vede che la vita nascosta di Nazaret continua nella Divina Ostia del Tabernacolo e che la Passione dell'Uomo-Dio del Calvario si rinnova nel Santo Sacrificio, in ogni istante della sua durata e in tutti i luoghi del mondo?

Nostro Signore non è dolce ed umile di cuore nel Sacramento, come già lo fu durante la sua vita mortale? Non è continuamente il Buon Pastore, il Consolatore, l'Amico del cuore?

Beata l'anima che sa trovare Gesù nell'Eucaristia e nell'Eucaristia tutte le Cose!

 

 
 
 

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Post n°1113 pubblicato il 08 Giugno 2009 da lillysorriso

Navigatori esploratori del multimedialeSaggi e profani insistono a dire che la televisione trasforma gli adolescenti in barbari.  Penso invece che la televisione o meglio, le televisioni, non scopriamo l’acqua calda, contengono messaggi sub-liminali ormai ben noti, input “estremi” per raccogliere guadagni…e poco contano i limiti imposti dalle regole, o il bon-ton richiesto dal vivere civile. Questo andazzo, non autorizza a pensare che ciò induca una ipnosi collettiva, la  deriva che un po’ tutti affrontiamo in questo presente, è sul serio un cataclisma che ferisce, soprattutto i più giovani, coloro che non sono in possesso di strumenti difensivi.  In particolare coloro che ancora non hanno sviluppato capacità critiche. Di certo la televisione non è il nostro genitore, neppure il nostro educatore, ancor meno il nostro compagno di viaggio. Per cui affermare che: “la vita mi è passata davanti, e non me ne sono accorto”, perché la televisione mi ha condizionato, o peggio ipnotizzato, è davvero una mera giustificazione. La televisione ...

... è l’imputata? La corte che giudica saremmo noi? Coloro che non hanno tempo neppure per fare l’amore? Per una carezza? Per una preghiera? Mi viene da pensare che la liceità di una accusa così qualunquista al tubo catodico, sia espressa per colmare e riempire quei vuoti e lacune, più volte sottolineati, ma comodamente licenziati.

La verità, una delle tante e troppe verità, è che siamo noi ad aver creato tanti bambini spot!!!

Perché non ammettere che quando cominciano i compromessi con le proprie responsabilità di genitori, di educatori, di accompagnatori, si è destinati a una proiezione virtuale, che indica nei ragazzi una imbecillità non loro, ma piuttosto nostra.

La televisione non è il fine che compie il percorso della nostra vita, è solo un mezzo per informarci e intrattenerci; per un tempo necessario, e non per intero.

Dovremmo fare nostra la filosofia di S. Agostino, indipendentemente dalla fede che ognuno professa. Filosofia del dialogo e della relazione improntata a ribadire il valore della memoria, dell’intelletto, della volontà, per aiutarci a comprendere i segni di un disagio che è sempre più relazionale. Per non inciampare nella vulnerabilità delle giustificazioni, nelle incredulità costruite, nelle inadeguatezze improvvise.

È una filosofia che potrebbe allontanare il pericolo incombente dell’inabitabilità dell’uomo con se stesso e con gli altri, figuriamoci in una pseudo convivenza mediatica.

Condannare alla reclusione a vita la televisione non è il vero obiettivo, forse affidarci a risposte più sfumate non significa andare incontro a conclusioni errate, ma a un giudizio meno approssimativo.

Esistono geometrie che non conosciamo, incertezze, solo i comandamenti sono certi, indiscutibili.

In conclusione siamo dentro fino al collo nell’era delle comunicazioni istantanee, stiamo diventando tutti navigatori-esploratori del multimediale.

Proprio per questo sarebbe bene tendere a fare gli entronauti di noi stessi quanto meno per ascoltare-guardare   con orecchi-sguardi nuovi i tanti figli, al palo, in attesa.

 
 
 

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Post n°1112 pubblicato il 07 Giugno 2009 da lillysorriso

Riflessioni sulla liturgia della
Domenica della SS. Trinità    B

Le letture illuminano sull’azione d’amore che la Santissima Trinità ha nei nostri confronti.
Dio è particolarmente presente, con i suoi prodigi, nella storia del popolo ebreo. Egli è l’unico. Il popolo deve corrispondere, osservando le sue leggi ed i suoi comandi.
San Paolo, nella seconda lettura, parla del rapporto che il cristiano ha con le Persone divine: figlio del Padre, coerede di Cristo, riceve lo Spirito. La disponibilità a partecipare alle sofferenze di Cristo vuol dire partecipazione alla sua glorificazione, nella visione di Dio.
Il comando missionario di Gesù nel Vangelo è di andare dappertutto a far discepoli, battezzando nel nome della Santissima Trinità, ma anche facendo osservare quanto Gesù prescrive.
Padre, Figlio e Spirito Santo sono presenti in ogni uomo, nella Chiesa, nel mondo, per fare di tutti un’umanità salvata, purchè si accetti corrispondendovi la loro presenza salvifica.
La Comunità Trinitaria è veramente il valore ultimo e supremo, il solo vero fine ultimo dell’uomo; poiché Dio, e Dio soltanto, è la pienezza di ogni perfezione.
Si tratta di un grande mistero, realtà indicibilmente più grande di ogni comprensione umana. Dio non cesserà mai di stupire l’uomo.
La preghiera non deve ridurre Dio ai limiti dell’uomo, ma dilatare l’uomo agli orizzonti di Dio. Il silenzio che il Padre sembra opporre in tanti casi alle richieste umane nasce dalla autenticità della sua paternità, dalla sua fermezza nel non accondiscendere  semplicemente ai progetti umani per poter sostituire ad essi progetti ben più grandi, nati dal suo amore.
Il mistero di Dio non è un mistero di solitudine, ma di convivenza, di creatività, di conoscenza, di amore, di dare e ricevere in modo inesauribile e oltre ogni possibile aspettativa.
Chi vuol vivere con Dio non si trova davanti a una conclusione, ma sempre davanti a un inizio, sempre nuovo come ogni nuovo giorno.
Anche oggi Dio manda il suo Figlio nel mondo perché chiunque crede in Lui abbia la pienezza della vita. La comunione al Corpo e al Sangue di Cristo nell’unico Spirito è per noi pegno della vita eterna.                                                                                                                                                                                          



 
 
 

LE PROVE SONO LA PORTA DEL CIELO. -

Post n°1111 pubblicato il 07 Giugno 2009 da lillysorriso

 LE PROVE SONO LA PORTA DEL CIELO. - Le prove pazientemente sopportate sono la porta del paradiso, e vi ci introducono. Questo ci insegna la Sacra Scrittura con quel testo: «Non bisognava forse che il Cristo patisse tutte queste pene (la sua passione), e così entrasse nella sua gloria?» (Luc. XXIV, 26), e con quell'altro chiarissimo che si legge negli Atti Apostolici: «Bisogna che per mezzo a molte tribolazioni noi entriamo nel regno di Dio» (XIV, 21). Ora se bisognò che Gesù Cristo soffrisse, sostenesse ogni genere di prove, e entrasse alla gloria per la via dei patimenti e della croce, non ci ha egli, con questo, chiaramente indicato che se non si dà altra strada che metta al cielo, questa però vi mette sicuramente, e che chiunque la calca è certo di entrarvi? Le prosperità e la felicità di questa vita sono, al contrario, la porta dell'inferno. Perciò vediamo Dio concederle bene spesso ai tristi ed agli empi, e negarle ai buoni...
«Chiunque adora voi, o Signore, diceva Tobia, è sicuro che se sostiene prove in vita sua, sarà coronato; se è afflitto, sarà liberato; se percosso, otterrà misericordia» (TOB. III, 21). «Coloro che hanno seminato nel pianto, mieteranno nella gioia, dice il Salmista. Essi andavano e piangevano spargendo la loro semenza; ritorneranno lieti e giubilanti portando in mano i loro covoni» (Psalm CXXV, 5-6).

12. DISGRAZIATI QUELLI CHE NON HANNO PROVE. - Vivere senza prove, è un vivere per l'inferno... Sappiano quelli i quali rifiutano le prove loro mandate da Dio, che in essi non è l'impronta di Dio, ma quella del demonio, e che saranno infelici e in questa e nell'altra vita. Infatti è chiara la parola dello Spirito Santo: «Coloro che non hanno ricevuto le prove nel timor del Signore, ma dimostrarono la loro impazienza e mormorarono contro Dio, furono abbandonati alla spada dell'Angelo sterminatore» (IUDITH. VIII, 24-25)... Non accettare le prove con cui Dio ci cimenta, è un resistere a Dio; ora non è questo colpa gravissima e terribile disgrazia?
Forse che le prove bussano meno alla porta di chi si rifiuta di accoglierle? Oibò: molte volte anzi vi si affollano in maggior numero e più gravi... Si perde il merito che dovrebbero procurare... Si cambiano in peccato... Invece di essere principio di ricompensa, diventano principio di castighi... Il mondo tutto è un vasto fornello in cui sono gettati gli uomini, Là il giusto rassomiglia all'oro, l'empio alla paglia. Per mezzo del medesimo fuoco, il giusto è purificato, santificato; l'empio è divorato, consumato, condannato. E Dio, osserva S. Agostino, è nell'uno e nell'altro caso lodato; in quello per la ricompensa, in questo per il castigo; nel primo per la sua misericordia, nel secondo per la sua giustizia (Dei civit. Dei).

 
 
 

GESÙ CRISTO E I SANTI, MODELLI NELLE PROVE.

Post n°1110 pubblicato il 06 Giugno 2009 da lillysorriso

GESÙ CRISTO E I SANTI, MODELLI NELLE PROVE. - Ogni vero cristiano deve bere il calice delle prove; gli è necessario tracannarlo, se vuole guarire e vivere. E perché nessuno dica: Non posso bere, non mi regge l'animo d'appressarvi le labbra, non lo berrò, Gesù Cristo, pieno di sanità, Gesù Cristo, l'innocenza e la santità in persona, l'ha sorbito egli il primo, fino alla feccia; sì, l'ha bevuto, affinché noi, miseri infermi, coperti di ferite e di piaghe, carichi di peccati, oppressi dai debiti, lo beviamo per guarire, cancellare i peccati, ricuperare l'innocenza, pagare i debiti, assicurarci il cielo, dove nulla di macchiato può entrare. Quale amarezza vi è in questo calice delle prove, che Gesù prima di noi non l'abbia assaggiata? Si tratta forse di disprezzi e d'ingiustizie? Egli ne fu abbeverato quando, cacciati i demoni dagli ossessi, senti dirsi dai suoi nemici: Nel nome di Belzebù costui mette in fuga i diavoli: sono amari i patimenti, i dolori? Egli fu legato, flagellato, incoronato di spine, inchiodato su la croce. E amara la morte? Ci mette ribrezzo il genere di morte che ci minaccia? Eccolo rendere l'ultimo fiato in mezzo a due ladroni, sopra una croce, il supplizio più ignominioso che fosse in uso a quei tempi... Sia dunque Gesù Cristo nostro modello in tutti i generi di prove.
Anche i Santi ci offrono modelli da imitare nelle prove; e senza fare parola di altri, Tobia e Giobbe furono, sono e saranno in ogni tempo due esempi chiarissimi e due lucidissimi specchi di pazienza per tutti i ciechi, gli afflitti, i disgraziati, i poveri, i perseguitati. Di Tobia la Sacra Scrittura dice che si mantenne saldo nel timore di Dio, rendendo grazie al Signore tutti i giorni della sua vita (TOB. II, 14). Vi è qui un atto eroico di pazienza: è questo lo stato di un uomo santo e perfetto che nulla curandosi di tutte le cose terrene, aiuti od ostacoli, tiene lo spirito in cielo, e gusta anticipatamente la felicità celeste... Così pure Giobbe, oppresso da afflizioni di ogni genere e di ogni lato, esclamava: « Dio mi ha dato dei beni, Dio me li ha tolti; accadde come piacque al Signore; sia benedetto il suo nome» (IOB. I, 21)... In mezzo alle più dure prove, che ammirabili modelli non ci presentano i patriarchi, i profeti, gli apostoli, i martiri, i confessori, le vergini, i missionari, i santi di tutte le età, di tutti i sessi, di tutti i tempi, di tutti i luoghi, di tutte le condizioni!
Singolari e meravigliose sono certamente le vie, le maniere, e le ragioni secondo le quali Dio conduce i suoi eletti per il deserto di questa vita. A traverso le prove, le insidie, i pericoli, i nemici, le angustie, i travagli, le tentazioni, le persecuzioni, le croci, il martirio egli li guida alla terra promessa, li introduce nella terra dei viventi.

 
 
 

LE PROVE SONO UN ECCELLENTE RIMEDIO

Post n°1109 pubblicato il 05 Giugno 2009 da lillysorriso

 LE PROVE SONO UN ECCELLENTE RIMEDIO. - Vi sono delle ferite che invece di nuocere alla sanità, ne sono anzi efficacissimo rimedio: questo fanno nell'ordine spirituale le prove. Da S. Giovanni Crisostomo vengono paragonate al ferro dell'aratro; perché con esse noi apriamo e solchi amo il terreno del nostro cuore, affinché se vi si tengono abbarbicate erbe cattive, rovi e spine, siano interamente schiantate, e noi diventiamo terreno diligentemente coltivato, atto a ricevere il seme della grazia e della virtù (Homil. de Cruce).
Ma che cosa dobbiamo fare per profittare delle prove? Bisogna imitare la pazienza di Giobbe e con lui ripetere: Il Signore mi ha dato ogni mio avere, il Signore è padrone di ritoglierselo; è avvenuto come piacque al Signore; sia benedetto il nome di Dio! (IOB. I, 21). Bisogna imitare Tobia il quale diceva: « Io vi benedico, o Signore Dio d'Israele, perché mi avete castigato e salvato» (Tob. XI, 17). Figlio mio, dice il Signore per bocca del Savio, quando tu ti consacri al servizio di Dio, sta nella giustizia e nel timore, e prepara l'anima tua alla prova. Umilia il tuo spirito e attendi con pazienza. Sopporta gli indugi di Dio. Accetta tutto quello che ti succede e rimani in pace nel tuo dolore. Affidati a Dio ed egli ti libererà; conserva il suo timore e in esso invecchia (Eccli. II, 1-4, 6).
Chi desidera di piacere a Dio e diventare suo erede per la fede, per essere chiamato figlio di Dio, deve anzitutto, dice S. Efrem, armarsi di longanime pazienza per prevenire le tribolazioni, le angustie, le strettezze, le malattie, i patimenti, gli affronti, le ingiurie, le tentazioni, i demoni, e poter sopportare tutte queste prove (Tract. de Patientia). «Quando l'anima si attacca fortemente a Dio, nota S. Gregorio Papa, cosicché altro non veda fuori che lui in tutte le cose, ogni amarezza si cambia per lei in dolcezza; ogni afflizione le è riposo (Moral. lib. V)». Il più cospicuo vantaggio che, a parere del Crisostomo, uno può ricavare dalle prove, quello che ne aumenta infinitamente il merito e la ricompensa, è di rendere grazie a Dio

 
 
 

VANTAGGI DELLE PROVE

Post n°1108 pubblicato il 04 Giugno 2009 da lillysorriso

VANTAGGI DELLE PROVE. - «Noi non siamo passati per il fuoco e per l'acqua, dice il Profeta, e voi, o Signore, ci avete condotti in luogo di refrigerio» (Psalm. LXV, 12). «Io ho trovato dappertutto tribolazioni e dolori; perciò ho invocato il nome del Signore» (Psalm. CXIV, 3). «Signore, voi mi avete provato e conosciuto» (Psalm. CXXXVIII, 1). Le tribolazioni, le prove, le croci, fanno a pro delle anime fedeli quello che il fuoco fa all'oro, la lima al ferro, il vaglio al grano.
Sottoposto S. Paolo a dure prove e a terribili tentazioni, scongiura il Signore che lo liberi. Ma avendo gli il Signore risposto: Ti basta, o Paolo, la mia grazia; perché la forza nella debolezza si perfeziona, l'Apostolo soggiunge: «Volentieri mi glorierò adunque delle mie infermità, affinché in me dimori la forza di Cristo. Perciò mi compiaccio e gioisco nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle ambasce per Cristo; perché quando appaio debole, allora sono forte» (II Cor. XII, 9-10).
Chi meglio di Gesù conosceva quello che tornava più vantaggioso all'uomo? Or bene, sapete voi in che cosa egli pose i più grandi beni e vantaggi dell'uomo? Andate a meditare il sublime suo sermone del monte, e vedrete che Egli li fa consistere in otto prove le quali chiamò beatitudini, appunto per le grandi utilità che da esse derivano... Le prove sono avvertimenti che hanno lo scopo di conservarci nella grazia e nella virtù. di preservarci dal peccato e dall'inferno, di assicurarci l'eterna salute. «L'oro e l'argento sono saggiati al fuoco, dice il Savio, e le anime care a Dio passano per la fornace dell'umiliazione» (Eccli. II, 5). Come il fuoco non nuoce all'oro, ma gli è vantaggioso, perché lo prova, lo purifica, lo forbisce e lo rende più lucente, così il crogiuolo delle prove, delle umiliazioni, delle afflizioni, mette al cimento colui che le sopporta, lo purifica, lo perfeziona, lo illustra, lo rende accetto a Dio e degno di lui...
S. Bernardo mette in rilievo che tre cose propone Gesù Cristo, l'Angelo del gran consiglio, all'anima ragionevole fatta ad immagine della Trinità Santissima: e sono la servitù. l'annientamento, le spine. La servitù, nell'abnegazione di se stesso; l'annientamento, nel portare la croce; le spine, nell'imitazione di Gesù Cristo; e gliele propone affinché l'anima, dallo stato di una triplice felicità decaduta, si rialzi dalla sua triplice miseria per mezzo dell'obbedienza e dell'umiltà nell'afflizione. Poiché essa era caduta di per se stessa dalla società degli Angeli e dalla visione di Dio, cioè dalla libertà, dalla dignità, dalla beatitudine. Ascolti dunque il consiglio che le è dato, affinché rinunziando a se stessa, cioè alla propria volontà, ricuperi la sua libertà; portando la sua croce, cioè crocifiggendo la propria carne con le concupiscenze sue, ritorni, per il bene della continenza, nella società degli Angeli; seguendo Gesù Cristo, cioè imitando la sua passione, ritrovi la visione della sua chiarezza; poiché se noi patiamo con lui, regneremo anche con lui (Serm. in Cant.). Non si poteva meglio che con queste parole mostrare l'intima ragione e la molteplice utilità delle prove.
Le prove sono la verga di Dio; esse fanno ai noi un frumento degno dell'aia del Signore, sceverandoci dalla paglia... Dice S. Agostino: «Nella fornace la paglia brucia, l'oro si purga; quella si converte in cenere, questo si spoglia della scoria. La fornace figura il mondo; l'oro, i giusti; il fuoco, le prove, le tribolazioni, le avversità; il fornaciaio, Iddio. Io faccio quello che vuole il fornaciaio, e dov'egli mi colloca, io rimango. È mio dovere il sopportare tutto pazientemente, egli sa come purgarmi. Bruci pure la paglia per incendiarmi e consumarmi, io mi adatto; essa viene ridotta in cenere, ed io resto purgato di ogni bruttura. Nessun servo di Gesù Cristo va esente da prove; se tu t'immagini di poterne fare senza, non hai ancora cominciato ad essere cristiano. Le prove interiori ed esteriori preparano la glorificazione del peccatore; sforzano il riluttante, istruiscono l'ignorante, proteggono il debole, stimolano il tiepido, custodiscono quello che corre e iniziano a quella, morte che è il cominciamento della vita eterna (Serm. III, in Machab.)».
Beato l'uomo che è provato da Dio! Non rigettiamo dunque le prove alle quali ci sottopone, perché egli ferisce e risana, percuote e salva... Questo ci assicurano i suoi inspirati; Dio ha moltiplicato sopra di loro le prove, le infermità, le croci, diceva già il Salmista, e dopo queste essi avanzano a grandi passi per il buon cammino (Psalm. XV, 4). Le acque, dice Giona, mi assalirono così impetuose ed alte, che mi cacciarono fino alle porte della morte; l'abisso mi ha ingoiato, l'oceano mi seppellì nei suoi gorghi. Quando l'anima mia fu tutta concentrata in me, io mi ricordai di voi, o Signore, e la mia preghiera fu esaudita; voi avete parlato al pesce, ed esso mi ha rigettato sul lido (ION. II, 6, 8-11). «I sapienti del popolo, dice Daniele, cadranno sotto il fendente delle spade, tra le fiamme ed in prigione. E cadranno, affinché siano rinnovati e scelti e purificati» (DAN. XI, 33, 35). Il profeta Malachia raffigura Iddio al fuoco che divora, all'erba dei gualchierai; e lo presenta come seduto al fornello dove purga i figli di Levi, come si purifica l'oro e l'argento nel crogiuolo (III, 2).
In mezzo alle prove, bisogna mantenere sempre l'anima tranquilla, essendo certo che il soccorso divino arriva quando manca ogni aiuto umano... Inoltre la virtù messa al cimento ingigantisce, dice S. Leone (Serm.). Perciò quel detto del Dottore di Chiaravalle: «Più siete provati, e più vi arricchite» (In Sentent.). Il medesimo Santo poi osserva ancora, che dalle tribolazioni ricaviamo tre principali beni: l'esercizio, affinché la virtù non si intiepidisca per l'accidia e la noncuranza; il patimento, affinché la forza della nostra costanza sia esempio ed incoraggiamento degli altri; la ricompensa, affinché il peso della gloria aumenti in ragione della gravità delle prove (Sentent.). Assennatissime pertanto e sempre da ricordare sono quelle parole di Giuditta: «Non inquietiamoci per i mali che soffriamo, ma considerando che questi mali sono molto più lievi di quelli che meriterebbonsi i nostri peccati, e che noi siamo castigati come servi, teniamo per certo che Dio vuole correggerei, non perderci» (IUDITH. VIII, 26-27).
«Per quelli che amano Dio, tutto riesce a bene», dice il grande Apostolo (Rom. VIII, 28). Il cristiano non deve mai dimenticare un istante queste parole. Nella povertà, nelle malattie, nelle persecuzioni, nelle calunnie, nei naufragi, negli incendi, negli smarrimenti, nell'esilio, nella morte, ricordi che ogni cosa torna a vantaggio di chi ama Dio. In ogni genere di prove, il vero cristiano deve dire a se stesso: Io sono certo che nulla può succedermi di penoso, di disgustoso, di amaro, di crudo, che non sia anticipatamente regolato secondo l'ordine paterno della Provvidenza. lo sono sicuro che né gli uomini, né i demoni, né le creature tutte potranno giammai provarmi oltre quello che Dio vuole, che ha preveduto, ed oltre il potere ch'egli ha loro concesso, perché tutto volga a mio vantaggio. Qualunque prova dunque piaccia a Dio mandarmi, io l'accetto, non mi vi rifiuto, non indietreggio; perché altra cosa io non voglio fuori della santa volontà di Dio; deh! si compia essa pienamente in me ed in tutte le creature. Non cade infatti un capello dalla nostra testa senza il volere di Dio. Sottomettermi ad esso in tutte le prove, le avversità, le afflizioni, i dolori, le croci, è mio sommo vantaggio; è il vero mezzo di tesoreggiare per l'eternità e di essere felice in questa vita...

 
 
 

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Ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini, che non ha risparmiato nulla fino a esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo amore. E invece di riconoscenza non riceve dai più che ingratitudine per le irriverenze e i sacrilegi, per la freddezza e il disprezzo che hanno per me in questo sacramento di amore.

 

 

 

 

 

 

 

..Gesu è vivo!

 

Gesu è vivo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LAMPADA AI MIEI PASSI E' LA TUA PAROLA

 

AVE MARIA

Ave, o Maria piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso, e nell’ora della nostra morte.
Amen.

 

PADRE NOSTRO

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Amen.

 

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