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Post N° 58

Post n°58 pubblicato il 22 Novembre 2007 da marea14
 

I familiari delle vittime di mafia NON ringraziano Mastella

 Alcuni giorni fa il Ministro Mastella ha dichiarato di aver querelato Beppe Grillo per aver affermato, parlando del caso Why Not: “La magistratura è stata fermata dalla politica. Una volta, nel 1992, con Falcone e Borsellino, si usava il tritolo. Oggi interviene direttamente il Ministro della Giustizia”.
Dimenticando, poi, che le stesse cose dette da Grillo erano state già dette nei giorni precedenti da diversi familiari di vittime della mafia, a cominciare da Salvatore Borsellino, Rosanna Scopelliti, Sonia Alfano, etc., Mastella ha aggiunto di voler devolvere alle vittime delle mafie il risarcimento dei danni richiesto a Grillo.
Ma i familiari delle vittime non ci stanno.



Il primo a parlare è
Benny Calasanzio, nipote degli imprenditori Paolo Borsellino (zio di Benny) e Giuseppe Borsellino (nonno di Benny) uccisi dalla mafia rispettivamente il 21 aprile 1992 ed il 17 dicembre 1992.
Scrive
Benny Calasanzio:
[omissis] La famiglia Calasanzio rifiuta formalmente ogni contributo, ogni centesimo proveniente da queste fonti, non perché siamo ricchi od arroganti, ma perché abbiamo vissuto una tragedia che ci ha duramente messi alla prova, e perché vorremmo solo una buona politica, un impegno serio per stare accanto a quelle famiglie come la nostra che sono state colpite da una associazione criminale.
La dignità non si compra, caro ministro, continui per la sua strada, lasciandoci in pace, perché siamo gente onesta, modesta e composta, che non vogliamo mai essere confusi con chi fa la guerra alla magistratura democratica che porta avanti le proprie indagine con rispetto sia per la parte offesa che per gli indagati. [omissis]


Immediata è la risposta di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992.
Scrive
Salvatore Borsellino:
 
Ricevo da Benny Calasanzio una lettera piena di dignità e di disgusto per l'ultima, inaccettabile esternazione del signor Clemente Mastella, mi ripugna adoperare per questo personaggio il titolo di Ministro della Repubblica, che ha annunciato di avere intenzione di querelare Beppe Grillo per le sue dichiarazioni al Parlamento Europeo e di volere devolvere gli eventuali proventi di questa querela ai familiari delle vittime della mafia.
La minaccia di querela e' uno spauracchio che viene ormai correntemente usato come surrogato degli “avvertimenti mafiosi” da politici che hanno dimestichezza con questo tipo di procedure, per cercare di tacitare le accuse loro rivolte da giornalisti, scrittori, presentatori e anche persone comuni che scrivono in rete e sui blog.
Lo stesso signor Mastella, non molto tempo fa non trovò di meglio per replicare alle accuse che gli avevo rivolte con lettere aperte pubblicate in rete e nel corso della trasmissione di Anno Zero che ricordarmi di "avere fatto concedere la pensione alla famiglia Borsellino".
In quella occasione replicai in primo luogo al signor Mastella che non si tratta della “concessione” di un Ministro, ma di un “riconoscimento” da parte dello Stato, ma probabilmente lo stesso signor Mastella e' troppo abituato alle consuetudini clientelari per afferrare la differenza.
In secondo luogo che, per quanto mi riguarda, oltre a non essere ovviamente beneficiario di alcuna pensione, ho persino rinunciato a richiedere la “provisionale” che avrei potuto richiedere come parte civile nel processo per l'assassinio di mio fratello perché quello che mi aspetto dallo Stato è solo Giustizia e non provvedimenti economici.
Ma probabilmente il signor Mastella non e' competente neanche in fatto di Giustizia e quindi non ha ritenuto di darmi una risposta.
Per finire poi ricordo allo stesso signor Mastella che nelle sue affermazioni fatte al Parlamento Europeo Beppe Grillo non fa altro che riportare quanto da me già affermato in una lettera aperta del 20 settembre:
"Ieri era stato necessario uccidere uno dopo l'altro due giudici che da soli combattevano una lotta che lo Stato Italiano non solo si è sempre rifiutato di combattere ma che ha spesso combattuto dalla parte di quello che avrebbe dovuto essere il nemico da estirpare e spesso ne ha armato direttamente la mano.
Oggi non serve più neanche il tritolo, oggi basta,alla luce del sole, avocare un'indagine nella quale uno dei pochi giudici coraggiosi rimasti stava ad arrivare al livello degli “intoccabili”, perché tutto continui a procedere come stabilito. [omissis] ".
Ecco quanto ho scritto e riaffermo.
Se il signor Mastella ritiene di dover querelare per le sue frasi Beppe Grillo, lo prego di fare la stessa cosa anche nei miei confronti, mi potrà così poi devolvere, come familiare di una vittima della mafia, una parte dei proventi che gli deriveranno dalla messa in pratica del suo “avvertimento”.
Alla lettera di Benny Calasanzio non ritengo di poter aggiungere altro se non che mi associo alla sua richiesta fatta per conto della propria famiglia.
E' così piena di dignità offesa e di disgusto per le squallide dichiarazioni dei politici cui fa riferimento che ogni altra parola sarebbe superflua.
Salvatore Borsellino


Ugualmente dura è la lettera aperta a Beppe Grillo, scritta da Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe Alfano, ucciso dalla mafia l’otto gennaio 1993.
Scrive 
Sonia Alfano
:
[omissis] La sottoscrittta insieme a Salvatore Borsellino, Rosanna Scopelliti e Aldo Pecora nell'ambito di diverse lettere e interviste rilasciate a diversi organi di stampa, hanno chiaramente ed inequivocabilmente parlato di Mastella definendolo più che amico di un mafioso, testimone di nozze di Francesco Campanella, nonché bravo ad intrattenere rapporti molto cordiali con esponenti di spicco  dell'indagine WHY NOT; tra l’altro  proprio la sottoscritta nel corso di un'intervista rilasciata a Porta a Porta l'8 ottobre scorso, e trasmessa la stessa sera, affermava testualmente: "oggi non è più necessario uccidere magistrati come Falcone, Borsellino, Costa, Terranova o come Scopelliti; oggi basta semplicemente trasferire un magistrato con uno strumento normativo come quello che sta adoperando Mastella, e poi tornerà il silenzio".
Mastella in studio, nonostante sia stato pungolato da Vespa, ha commentato gli eventi di quel giorno senza entrare nel merito delle mie affermazioni.
[omissis]
E pensare che ero convinta che il caro Mastella avesse toccato il fondo quando dopo la trasmissione AnnoZero, si rivolse a me e Rosanna Scopelliti definendoci due giovani qualunque portate negli studi televisivi con chissà quali propositi. Non che essere definite persone qualunque ci offenda, anzi! Semplicemente sconoscendo i nostri cognomi e le storie dei nostri padri, confermava la teoria secondo la quale Mastella da sempre è impegnato a coltivare ben altri rapporti di amicizia  che gli hanno sottratto il tempo necessario per studiare la storia degli ultimi anni del nostro paese.
A questo punto
 visto che ti querelerà per le stesse cose  dette anche da me, invito pubblicamente lo stesso Mastella a querelarmi, dopodiché in caso di sua vittoria  lo risarcirò con gli stessi soldi che mi devolverà visto  che ha espresso il desiderio di devolvere eventuali proventi da questa  querela a favore delle vittime della mafia. O pensa che querelare familiari di vittime della mafia  non lo porrebbe bene agli occhi dell'opinione pubblica? Opportunismo insomma. Scherzi a parte Mastella, ma lei è veramente convinto di poter continuare a gongolare per come ha propinato e fatto metabolizzare le sue malefatte agli italiani con il placet del capo del governo e non solo, e addirittura continua a credere di poter fare elemosina a chi lei non è neanche degno di rivolgere le sue scuse?
Sonia Alfano


Strane coincidenze: Mastella e Cuffaro testimoni di nozze di Francesco Campanella … e prima di Mastella era stato Cuffaro, lo scorso anno, a dichiarare di voler devolvere i soldi provenienti dalle cause di diffamazione alle famiglie delle vittime di mafia, suscitando lo sdegno di Benny Calasanzio.

 C’è molta amarezza e molta delusione nelle parole di
Benny Calasanzio
quando dice che la gente “è stanca. Se il governo Berlusconi era riuscito ad infiammare gli animi, a tirare fuori l’orgoglio democratico e a farla ribellare contro un regime televisivo che stava stravolgendo tutto, oggi questo governo sta riuscendo a ricacciare lontano chi davvero credeva ancora nella politica come nobile arte di amministrare la cosa pubblica”.
Benny Calasanzio è un ragazzo che ha vissuto sulla propria pelle il dramma della ferocia mafiosa fin da quando era molto piccolo … è uno di quei tanti ragazzi impegnati nella Sinistra Giovanile, uno di quei tanti ragazzi che sogna un governo composto da gente integra e disposta all’ascolto, uno di quei tanti ragazzi che sogna una classe politica trasparente ed onesta … e si chiede: “Davvero in Italia ci sono tanti pericolosi antipolitici? O è vero, invece, che l’Italia è piena di politici che non hanno più nemmeno l’idea di come si faccia questa politica?

 
Rispondi al commento:
marea14
marea14 il 02/12/07 alle 15:00 via WEB
Non ho risposto sulle tue domande sulla manifestazione perché questo è un post dedicato ad un altro argomento e non trovo corretto che si parli d’altro dal momento che ci sarebbe moltissimo da dire sul problema della violenza contro le donne e sulla manifestazione del 24 novembre.
Cercherò, perciò, di sintetizzare, per quanto possibile quello che penso chiudendo, però, qui il discorso perché altrimenti si rischia di aprire un lungo dibattito che nulla ha a che fare con il post sui familiari delle vittime di mafia.
Per quanto riguarda lo stalking, ti invito a leggere qui qui e qui.
Il pacchetto sicurezza c’entra (ma tu i giornali li leggi?) perché è stato approvato come reazione all’assassinio di Giovanna Reggiani da parte di un romeno, come se il fenomeno della violenza sulle donne fosse dovuto agli immigrati. La terribile vicenda di Giovanna non può essere un pretesto per criminalizzare etnie diverse. In questo modo è stato completamente stravolto il problema della violenza sulle donne: non esiste colore o etnia che possano essere additati quali responsabili del fenomeno della violenza ed è arcinoto che solo una piccolissima percentuale di donne subisce violenza da sconosciuti ed in luoghi pubblici … i violentatori per antonomasia sono i nostri fidanzati, i nostri mariti, i nostri padri, i nostri amici …
La violenza contro le donne non conosce differenze di classe, di etnia, di cultura, di religione o di appartenenza politica. La violenza contro le donne è una violenza di genere: non ha mai avuto passaporto.
Non è difficile capire che la campagna contro i rumeni è strumentale, tant’è che si sono avuti e continuano ad aversi intollerabili atti di xenofobia contro i rumeni o iniziative allucinanti tipo questa. o questa.
Io, purtroppo, per un infortunio che ho avuto ad un ginocchio, non ho potuto partecipare alla manifestazione. Sono andata, però, a vedere la formazione e la partenza del corteo in P.zza della Repubblica.
In realtà la manifestazione è iniziata in piazza, prima ancora che partisse il corteo. È iniziata, infatti, con un piccolo spettacolo delle ragazze rom la cui presenza ha caratterizzato fortemente l’iniziativa.
Già nel comunicato stampa del primo novembre di controviolenzadonne (il gruppo che ha lanciato ed organizzato l’iniziativa), redatto in seguito all’aggressione che c’è stata a Roma nei pressi della stazione di Tor di Quinto, si leggeva: “Ancora una volta la violenza maschile viene ricondotta a un problema di sicurezza delle città e di ordine pubblico, strumentalizzando a fini politici il dramma di donne che vengono stuprate e in molti casi uccise. La violenza contro le donne continua a essere trattata come devianza di singoli o come responsabilità da addossare alla nazionalità degli aggressori e degli omicidi, mentre è strutturata all'interno della società e della famiglia, e deriva dal dominio storico di un sesso sull'altro“.
Le modalità della manifestazione sono state, poi, decise a maggioranza delle varie assemblee preparatorie che si sono susseguite dal 21 ottobre in poi e sono state ripetute più volte dagli altoparlanti del camion dell’organizzazione: in testa il coordinamento della rete di controviolenzadonne, seguito dagli altri gruppi partecipanti nel seguente ordine:
1) le donne rom
2) il camion dell’organizzazione
3) i gruppi di sole donne
4) centri antiviolenza
5) i gruppi misti di donne e uomini
6) le rappresentanze di partiti politici
Inoltre, dal momento che la testa e la maggior parte del corteo era formato da sole donne, i fotografi ed i giornalisti non dovevano entrare nel corteo (nella parte caratterizzata da sole donne che avevano scelto di marciare separate) ma dovevano svolgere il proprio lavoro stando ai lati del corteo.
Poche e chiare regole che venivano ripetute continuamente e che esigevano di essere rispettate. Eppure ho assistito a numerosissime scene di giornalisti, fotografi e vari uomini curiosi (o strafottenti) che entravano continuamente all’interno della testa del corteo (per non parlare degli uomini che si mettevano dietro gli striscioni separatisti per farsi fotografare o di quel “signore” che è venuto addirittura con un megafono per inveire, usando termini estremamente offensivi, contro quelle donne che avevano deciso di manifestare da sole) e che venivano invitati ripetutamente ad andare ai lati o alla fine del corteo. E non si trattava di “sprovveduti” perché erano quasi sempre gli stessi. Ed io penso che violenza sia anche la mancanza di rispetto (soprattutto quando è reiterata e plateale) delle regole che le donne richiedono.
Devo, comunque, aggiungere che questo non è stato il comportamento della maggior parte degli uomini che sono venuti alla manifestazione (e che si sono messi, senza problemi, negli spezzoni di corteo misti), ma ne ho parlato sia perché mi hanno molto irritato (e posso assicurare che le organizzatrici, almeno fino a quando ci sono stata io, li hanno invitati ripetutamente a mettersi ai lati del corteo con una pazienza che io non avrei avuto, come hanno del tutto ignorato il “signore” col megafono … per cui se, per caso, ad un certo punto hanno perso la pazienza dando qualche spintone, hanno tutta la mia comprensione) sia per far capire meglio le notizie relative a determinati fotografi che hanno denunciato scandalizzati di essere stati buttati fuori.
Essendo andata via alla partenza della manifestazione, non ero presente all’episodio della Prestigiacomo. Francamente, però, sono rimasta allibita dal clamore che la cosa ha suscitato. Le regole valgono per tutti, anche per le donne, compresa la Prestigiacomo. Ed è fuori dubbio che la Prestigiacomo voleva inserirsi alla testa del corteo (riservato alle donne che avevano organizzato la manifestazione e, quindi, non a lei) insieme alle proprie guardie del corpo (tre o quattro uomini) in una parte in cui non era ammessa la presenza degli uomini. Senza parlare, poi, del fatto che questo atto di prepotenza veniva compiuto da una persona che ha sostenuto e partecipato al Family Dey e che ha fatto proprie le politiche xenofobe e familistiche … quelle politiche, cioè, che erano fortemente denunciate dai contenuti espressi dalla manifestazione: le donne, infatti, sono scese in piazza per dire no alla violenza e alla sua strumentalizzazione in chiave xenofoba e repressiva; per questo il risalto dato alle donne rom non è stato casuale. Mi sembra del tutto evidente che il posto della Prestigiacomo non poteva essere lì ma alla fine del corteo (e mi chiedo anche: ma come si fa ad andare ad una manifestazione di donne insieme alle guardie del corpo?).
Ma la testa di una manifestazione fa gola perché dà immediata visibilità …
Io la definirei una banale contestazione che non meritava tutto questo clamore ma che è stata amplificata dalla condanna delle Ministre che, a loro volta, facevano “passerella” su un palco allestito in Piazza Navona, luogo di arrivo del corteo. Le ministre avrebbero fatto bene a fare un passo indietro ed evitare, in questa occasione, sia la propria solidarietà a chi aveva prevaricato le decisioni sulle modalità di partecipazione alla manifestazione cercando visibilità (cioè la Prestigiacomo), sia un protagonismo che doveva essere della piazza … di una piazza la cui forza era l’organizzazione dal basso … di una piazza che parlava del dramma della violenza sulle donne. Gli accordi con “La 7” non prevedevano alcun palco in Piazza Navona perché le organizzatrici avevano preparato uno schermo gigante che dava voce alle donne che in prima persona avevano subito violenza. ”È per questa ragione che ci siamo riappropriate del corteo e della piazza spontaneamente e collettivamente. Altro che violenza, la nostra contestazione è stata una forma di autodifesa.” ha scritto, in una lettera aperta del 30 novembre, l’Assemblea romana, riunitasi presso la Casa Internazionale delle Donne per un momento di riflessione e di confronto politico dopo la manifestazione nazionale del 24 novembre. E non dimentichiamo, poi, che queste ministre che non hanno saputo resistere alla visibilità, sono anche responsabili dei forti ritardi esistenti in merito a misure adeguate per far fronte alla violenza contro le donne. Erano, perciò, le ultime ad aver diritto di parola in quella manifestazione.
Qualcuno si è chiesto e me lo chiedo anche io: come mai a ministri e capi del governo, capita continuamente di essere fischiati pubblicamente senza che questi episodi vengano bollati come "atti di violenza”, come invece è successo in questo caso?
E mi chiedo ancora: non è che questo “protagonismo” voleva “oscurare” la protesta contro il pacchetto sicurezza che ha strumentalizzato la violenza sulle donne? Troppo scomodi i contenuti che venivano espressi dalla manifestazione?
E così i media, polarizzando l’attenzione prima sulla scelta delle organizzatrici di fare un corteo di sole donne (scelta poi superata dalla decisione di ammettere i gruppi misti alla fine del corteo) e poi dalla contestazione alla Prestigiacomo ed alle ministre, hanno finito per offuscare il tema vero della manifestazione che era da un lato quello di denunciare l’escalation di violenza che colpisce le donne (principalmente nelle loro case) e dall’altro quello di dichiarare senza alcuna ambiguità il no delle donne a politiche xenofobe e razziste. Polarizzare l’attenzione sulle contestazioni piuttosto che sui contenuti e sul significato della manifestazione è anche un modo per dire che non si può (o non si vuole) riportare al centro del dibattito politico e culturale la violenza maschile contro le donne. Ed anche questo è un atto di violenza contro le donne.
Quando il dito indica la luna gli ipocriti guardano il dito ha scritto la Casa Internazionale delle Donne in un comunicato stampa del 25 novembre.
Nello stesso comunicato si legge:
”La manifestazione intendeva denunciare il disconoscimento della realtà, compiuto nelle politiche securitarie: la violenza alle donne non c'entra nulla con il "pacchetto sicurezza" ma richiede piuttosto un decisivo salto di qualità culturale e antropologico, e un impegno politico in questo senso.
In particolare, si era perciò deciso di non avere palchi a conclusione del corteo, per evitare lo spettacolo dei soliti "cappelli" partitici. A piazza Navona, invece, le 150.000 donne hanno trovato ad accoglierle un "fuori programma", un palco televisivo, con donne parlamentari e ministre … sarebbe stato opportuno, per le politiche di professione, prendere sul serio le discriminanti poste dalle donne, ed evitare quindi ogni protagonismo mediatico.
Non dunque di intolleranza, si tratta, né tanto meno di violenza verbale: troppi organi di dis-informazione descrivono così la vivace reazione delle organizzatrici, secondo vecchi metodi maschili, ma perdono l'occasione di esplicitare il senso e la novità di una grande affermazione di autonomia politica delle donne.”

Sono completamente d’accordo con la Casa Internazionale delle Donne: Quando il dito indica la luna gli ipocriti guardano il dito
Ho scritto questo commento unicamente per rispondere alla tua curiosità ma, RIPETO, non è questo il post su cui aprire un dibattito su questo argomento.
 
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