Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
 

Messaggi del 21/07/2008

Times are A-changing

Post n°163 pubblicato il 21 Luglio 2008 da middlemarch_g
 

Io sono una persona che cambia. Incessantemente. Un po’ per inclinazione personale alla metamorfosi. Un po’ perché la costanza di identità mi annoia, e la noia non la perdono a nessuno. Un po’ perché mi pare che non ci sia un altro motivo ragionevole per stare al mondo, perché se lo devi lasciare nello stesso modo in cui ci sei arrivato, esattamente, che sei transitato a fare? Tanto valeva restartene nel limbo celestiale tra le schiere dei beati a elevare salmi di grazia al signore suonando un tamburello.

 

Di recente sono talmente cambiata che quando torno a Roma, certe gente che non mi vede dalla metà degli anni ’90 non riesce a trattenere un moto di contenuta sorpresa. Suppongo che questo alluda soprattutto a trasformazioni esteriori. Però quando mi fanno certe scene a me viene sempre da pensare: ti sembro cambiata fuori, caro? Dovresti vedere cosa è successo qua dentro. Quella si che è una cosa che ti sorprenderebbe! E non questi quattro stracci che servono solo a darmi una variante di look.

 

Se il cambiamento sia stato in meglio o in peggio non è un dettaglio che valga la pena puntualizzare, se non altro perché è un dato talmente soggettivo che è inutile perderci del tempo.

 

Insomma negli anni ho assunto molte diverse identità e sono migrata di pelle in pelle cercando di passare attraverso tutto quello che avevo voglia di sperimentare. Diciamo che ho interiorizzato il teorema di Agrado, il transessuale di Tutto su mia madre: ogni donna è tanto più vera quanto più assomiglia all’immagine che ha sognato di se stessa.

 

C’è un solo dettaglio che dalla prima all’ultima tiene insieme ognuna delle mie diversa personalità: tutte, indistintamente, stanno sul cazzo a mia madre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

FS informa?

Post n°162 pubblicato il 21 Luglio 2008 da middlemarch_g
 
Foto di middlemarch_g

C’è una cosa che non smette mai di affascinarmi. Ogni volta è una sorpresa esilarante, perché di norma, in condizione diverse, il tempo che passa comporta sempre qualche impercettibile miglioramento. Sapete come si dice: practice makes perfect. Se non altro per disperazione. Vale dappertutto, tranne che qui.

Per cui è sempre con stupefatta ammirazione che ascolto gli annunci sui treni delle Ferrovie dello Stato in seconda battuta, quelli che dopo la versione italiana vengono tradotti in inglese.

Che l’inglese verosimilmente sui treni non lo parli nessuno, vabbè, ci può stare. Con quello che li pagano francamente anche io non mi sentirei stimolata ad allargare il raggio minimo delle mie competenza. Se maneggio con perizia un’obliteratrice di metallo e so dire con voce suadente biglietto, prego, onestamente mi pare di aver fatto molto più del mio dovere, con buona pace di Brunetta.

Però allora, mi domando io, perché li sottoponete a quest’inutile ordalia? E se proprio non è possibile evitare lo scempio, magari in ottemperanza a qualche norma europea, perché non gli scrivete la pronuncia? Una roba tipo:  ui inform aua passengers…non avrebbe maggiori possibilità di essere decodificata da un’utenza internazionale, rispetto a quella poltiglia sputazzata nei microfoni, incomprensibile perfino per me che ho ascoltato la versione italiana due secondi prima?

Il bello è che oggi, mentre ascoltavo queste perle, avevo fra le mani un saggio sulle infinite manipolazioni in cui è incorsa la tradizione manoscritta dei testi biblici per arrivare fino a noi – e questo naturalmente ve lo dico sia perché funzionale alla storia che vi sto raccontando, sia per rimarcare il mio notevole spessore intellettuale. Manipolazioni che sono di due tipi: quelle volontarie e strumentali e i meri errori di interpretazione e trascrizione, tenuto anche conto che a volte i copisti parlavano molto male il latino, e molto peggio il greco, cioè le lingue dei manoscritti che stavano copiando, oppure si distraevano e scambiavano uno riga per un’altra.

Per cui potete facilmente capire con che efficacia mi sono compenetrata nelle dinamiche della filologia vetero e neotestamentaria quando a chiusura dell’annuncio ho sentito pronunciare questa frase: tank you your attention very much journey.

Niente da fare. Sono cose ec-ce-zio-na-li.

 
 
 

La sacralità del nostro sesso

Post n°159 pubblicato il 21 Luglio 2008 da middlemarch_g
 

Sapevamo che sarebbe stato inutile, eppure l’impulso l’abbiamo avuto. Passavamo sotto le sue finestre in piazza San Pietro e ci è venuto spontaneo pensare che avremmo potuto lasciargli una foto. Non so se avrebbe capito, e non è molto probabile pensare che avrebbe apprezzato. Però non si può dire, non si può proprio dire. In realtà, non sai mai da che parte può arrivare un miracolo.

Era un progetto un po’ utopistico, d’accordo, con una pericolosa inclinazione verso la blasfemia, ma non è stato questo a trattenerci. Sapevano di cosa stavamo parlando, eravamo davvero ispirati. La sacralità del nostro sesso è una cosa che convertirebbe perfino un eretico. E avevamo ragionevoli speranze anche per il papa.

 
 
 

Great expectations

Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

Samuel Beckett

 

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