NON E' UN BLOG

Una voce dice: “Dove lo avete trovato?”.
Non riesco ad aprire gli occhi. Ci provo, ma non ci riesco.
Qualcun altro risponde: “E’ svenuto per strada. Ci ha avvertiti una volante”.
Sento dei passi veloci, zoccoli che sbattono sul pavimento. Oggetti di metallo che urtano tra loro tintinnando.
“Gli avete fatto il test? E’ drogato?”
“Negativo.”
“Ha bevuto?”
“Negativo. Sul referto del medico dell’ambulanza c’è scritto che probabilmente si tratta di ischemia”.
Provo a pensare ma le idee giunte ad un certo punto precipitano in un baratro buio. La notte dentro di me ruota come un mulinello d’acqua. Non mi ricordo come ho fatto ad arrivare qui. Ma qui dove?
“Vabbene, il dottor Michelini è di turno?”
“E’ in malattia…”
“Cazzo ma non c’è mai quello? Chi è di turno in neurologia?”
“La dott.ssa Paoli…”
“Andiamo bene… Ma non è quella che la settimana scorsa…”
“Sì, ma dice che è stata colpa della caposala che…”
“Lascia stare non mi interessa. Piuttosto fagli un’endovenosa. Quindici milligrammi, per iniziare”.
“Sì ma dove lo metto? Non ci sono posti.”
“Per ora lascialo in corsia. Poi vediamo. Se ne occuperà quella rincoglionita. Io tra un quarto d’ora stacco”.
E’ strano. Non mi ricordo nulla. Mi sforzo ma non mi viene in mente niente. Mi sento… vuoto. Ho dei flash, dei fotogrammi che appaiono e scompaiono. C’è del fuoco, bocche che ridono sguaiate. Un grido, sudo, ho il fiatone. Non so come mi chiamo. Forse dovrei aver paura, ma non avverto nessun tipo di emozione. Dove mi trovo? 
“Hai finito con quella siringa? E spegni quella sigaretta”.
“Stai calmo, tanto sta bene non lo vedi?”
Il calore mi sale dalle gambe. Lo sento percorrermi le vene, è tiepido. Ma allo stesso tempo ho freddo. Batto i denti anche se non voglio. Forse sto morendo.
“Hey bello, non fare scherzi che devo andare a casa. Mi senti?”
Sì ti sento. Sei tu che non senti me. Puoi ascoltare i miei pensieri?
“Dagli uno schiaffo, guarda se reagisce”.
Una brezza nulla di più. Se mi ha colpito non ho avvertito l’impatto. Forse sono già morto.
“Questo non si muove Carlo. Controllagli il polso”.
“Regolare. Ha solo un po’ di pressione bassa. Fagli un’altra puntura. Ma dove sta quella?”
Provo ad alzarmi. Comando ai muscoli di tendersi, ma l’ordine si fa onda che si infrange in un posto imprecisato del mio corpo. Riesco a pensare ma non a muovermi. Se solo mi ricordassi come si capisce se uno è ancora in vita.
“Reagisce. Sta muovendo le pupille. Respiro regolare, polso regolare”.
C’è solo buio qui. E freddo. Una costellazione di capillari che brillano sfocati all’interno della palpebra. Luci che si accendono e si spengono ad illuminare questo universo che posso vedere solo io. Mi immagino di tendere un braccio per afferrane una.
“Ha mosso una mano. Si sta riprendendo. Mi senti bello? E dai rispondimi…”
Provo a dirgli qualcosa, ma l’aria mi sembra densa. Provo a degludire ma anche questa semplice operazione mi costa uno sforzo enorme. Tossisco.
“Dove sono?”
“Ecco bravo così. Cosa hai detto? Che ha detto? Lo hai capito tu? E spegni quella cazzo di sigaretta!”
Mi ha sentito, allora non sono morto. Provo a riprendere fiato per ripetere, ma non ce la faccio. Ho la lingua gonfia come se avessi una patata in bocca.
“Non lo so ma non importa a questo punto. Sta bene, e io me ne vado”.
“Ma mi lasci così? La dottoressa non è ancora arrivata!”
“Va bene, aspettala tu che io ho da fare. Dai, fammi andare, ciao”.
Di colpo torna il silenzio. Voglio parlare  ma le parole mi rimangono incastrate nella bocca, si assiepano una contro l’altra, allora alzo un braccio ancora con gli occhi chiusi. Non ho quasi forze, o non voglio trovarle. E’ pieno di stelle qui dentro. E nessuno le può osservare.