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UN BUCO NEL CIELO - CAP. XX

Post n°1370 pubblicato il 11 Settembre 2012 da non.sono.io
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Quando Aureliano si fermò, il sole era arrivato quasi al ciglio del grande buco nel cielo. Più tardi l’avrebbe superato lentamente oscurandosi in quel breve tratto in cui il firmamento si interrompeva a causa dello squarcio, per poi sparire, come sempre, dietro l’orizzonte. Un futuro in fondo semplice gettava sul presente lunghe ombre stagliate su una strada polverosa. Una di quelle partiva dai piedi di Aureliano per raggiungere distorcendosi quelli di Mai, che lo guardava immobile in attesa di capire il motivo di quell’improvviso stop.
Al ragazzino l’uomo sembrò essere invecchiato in quelle poche ore in cui avevano camminato verso il mare. I suoi capelli parevano aver cambiato colore virando verso una tonalità simile alla cenere; le rughe apparivano ora più profonde e più numerose intorno agli occhi e alla bocca. Aureliano rimase qualche istante a fissare la strana espressione del bambino, poi iniziò ad avvicinarsi claudicante ma deciso. Quando arrivò a un paio di metri dal suo giovane compagno, sì guardò la ferita tastandola come sempre nell’illogica speranza che bastasse l’imposizione della sua mano per placare il dolore.
- Hai fame? – chiese al piccolo che però non risposte.
- E’ normale: sono due giorni che non mangiamo, e stai sicuro che non troveremo nulla da mettere sotto i denti fino a quando non raggiungeremo la costa.
Mai seguiva il discorso senza nemmeno battere gli occhi.
- O forse no. Forse giungeremo troppo tardi e tutti gli alimenti rimasti negli scaffali dei negozi saranno già scaduti, ammuffiti, avariati. Potremo tentare di cacciare un animale ma, come puoi vedere, non c’è più un solo essere vivente oltre a noi due ormai, e anche se fosse rimasta qualche bestia io non potrei catturarla per come sono combinato e tu…
Aureliano fece una pausa. Sembrò distarsi con qualcosa che passava da qualche parte dietro Mai, poi proseguì.
- …Tu sei troppo piccolo per farlo.  – emise un sorriso che nacque tale per morire colpo di tosse.
- Vedi Mai, ci sono cose che tu nemmeno immagini, cose che non conosci perché la tua età ti tiene ancora al riparo dalla vita, ma credo che le circostanze ti impongano una serie di riflessioni, tra le quali la possibilità di non sopravvivere. Lo so. Il concetto di “morte” per te non ha senso, sei troppo lontano dal suo richiamo naturale anche solo per comprendere cosa in verità voglia dire questa parola. D’altronde non conosci ancora nulla. Non hai mai sofferto per i tuoi errori, e non mi riferisco a quando scrivi male una frase a scuola. Alcuni sentimenti ti sono completamente sconosciuti: il pentimento, il rimorso, la delusione, la sensazione di essere arrivati a un qualche tipo di fine.
Si interruppe ancora pensieroso.
- Oh certo, da questo punto di vista è una fortuna, sai? Mi riferisco a quello che ti è successo: trovarti a vivere la tua età proprio nel momento in cui il mondo ha deciso di finire. E così ti perderai un mucchio di cose, ma molte altre avrai la sorte di non viverle. Prendila come una consolazione, in fondo lo è. Capisci a cosa mi riferisco?
Mai non si era mosso tutto il tempo. Continuava a fissare Aureliano provando a comprendere quello che voleva in realtà dirgli. Era confuso e non riuscì a far altro che negare con il capo.
- Morirai Mai. Prima io e poi tu. Non tra settanta anni, ma tra un mese, una settimana, un giorno.
Mai scosse di nuovo la testa.
- Pensaci Mai: se io me ne vado, e con questa ferita e tutto il sangue che ho perso è facile che questo possa accadere molto presto, tu rimarrai completamente solo. Riesci a immaginare cosa voglia dire?
Mai sobbalzò e poi si trattenne quasi non volesse nascondere ad Aureliano l’effetto che quelle parole avevano avuto su di lui.
- Povero Mai. Così piccolo e già così irrimediabilmente perso…
Aureliano si girò dando le spalle al bambino, fece qualche passo poi si voltò di nuovo, di scatto.
- Mentre camminavo ho parlato con dio. Mi ha detto che posso fare qualcosa prima di scomparire, qualcosa che può riscattare la mia inutile esistenza ed aprirmi le porte del paradiso. Avevo intuito bene, sei tu la mia salvezza. Mi ha rivelato che quel buco è proprio l’entrata del suo regno, e che non dobbiamo avere paura perché ci attente gioia eterna. Farai una fine orribile, almeno quanto la mia. Appena rimarrai solo, non saprai più dove dirigerti, ti perderai tra le tue paure e l’assenza di informazioni per affrontarle. Dopo qualche tempo, la fame gonfierà il tuo ventre, la sete spaccherà le tue labbra. Girerai a vuoto in questa landa desolata senza avere l’energia nemmeno per pensare. Allora ti accascerai al suolo privo di qualsiasi volontà e l’ultima cosa che vedrai sarà un enorme, inspiegabile buco nel cielo.
Mai fece una smorfia.
- Non ti preoccupare, io non permetterò che questo accada.
Appena finita la frase, Aureliano si avvicinò ancora di più al ragazzo che indietreggiò di un passo. Pensava che forse sarebbe dovuto scappare, ma non seppe capire dove e soprattutto capì che si allontanava da lui gli sarebbero comunque successi dei guai. Allora gli venne in mente il racconto del somaro a metà strada tra due balle di fieno che morì nell’indecisione se mangiare una o l’altra. Poi le cose precipitarono, inaspettate e rapide come tutte le sciagure.
Aureliano si avventò su Mai ghermendolo con un braccio. Il bambino provò a divincolarsi ma l’uomo riuscì ad afferrarlo per un lembo dei pantaloni che cadde finendo immobilizzato sotto il peso di Aureliano che nel frattempo gli era balzato addosso.
- Non devi avere paura Mai. Ti sto offrendo una via d’uscita indolore.
Non brillava più nessuna luce di umanità nello sguardo di Aureliano, sembrava ormai vivere in un mondo che non aveva più nessun collegamento con la realtà perduto nei meandri angusti di una coscienza frantumata. Allungò le mani e gli afferrò il collo iniziando a stringere. Mai si agitava provando con la sua poca forza a togliersi da quella presa mortale ma senza riuscirci e scoppiò a piangere senza produrre nessun suono.
Il sole in quel momento si trovava esattamente dietro il buco nel cielo. Per qualche minuto scesero le tenebre, le ombre fuggirono per evitare di essere testimoni di quello scempio. Aureliano stringeva sempre di più la morsa sul piccolo collo.
- Soffrire non è la cosa peggiore Mai: il brutto è sopravvivere alla sofferenza.
E contrasse la presa.

 
 
 
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