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L’Angelo Pigro a quel punto inziò a battere i piedi scalzi sulla nuvola, e quando si accorse che quel suo gesto di stizza non produceva nemmeno un piccolissimo suono, si arrabbiò ancora di più. “No, no e no! Non ho voglia di volare, va bene? Sudo, mi gira la testa e poi queste ali pesano una tonnellata!”. Allora il Buon Santo gli accarezzò il viso, gli sorrise e disse: “Se non vuoi volare io non posso certo costringerti, ma sappi che non potrai più muoverti dal punto in cui ti trovi adesso. Non mi sembra qui si possa andare camminando in nessun posto…”. Ma l’Angelo Pigro serrò i pugni e contorse il suo viso in un’espressione di scherno: “Gna, gna, gna, non puoi più muoverti da qui”, ripeté con il tono della voce che imitava un ragazzino frignante, “E sai che mi frega? Tanto sono morto! Dove vuoi che vada!”. Il Buon Santo non gli rispose. Si limitò ad annuire e salutando con la mano come fosse davanti un treno in partenza alla stazione, scomparve dentro un bagliore di luce.
Passò un giorno.
L’Angelo Pigro usava le sue ali come un asciugamano da mare, e si era sdraiato a prendere il sole.
Passò un altro giorno.
L’Angelo Pigro, rincorreva gli uccelli fino a quando la sua nuvola non finiva e doveva per forza fermarsi se non voleva precipitare.
Passò il terzo giorno.
L’Angelo Pigro disegnava cerchietti sul manto morbido del suo cimurro.
Il quarto giorno L’Angelo pigro era piuttosto nervoso. A metà mattina si mise a chiamare il Buon Santo: “Buon Santo! Ho voglia di una sigaretta, me le puoi portare un pacchetto?”.
Il Santo gli apparve annunciato dal solito bagliore accecante. “Mi dispiace, ma non posso. Se vuoi le sigarette dovrai andartele a prendere da solo.”. L’angelo scocciato non gradì quella risposta: “Ma che razza di santo sei? Non dovresti essere buono?, non dovresti dar da bere agli assetati? Dai che mi sto fumando sotto… Fammi questo piacere, che ti costa?”. Il Buon Santo scosse la testa: “Ti ho già detto che non mi è permesso farlo. Se proprio non resisti, impara a volare e vacci da solo”.
L’Angelo Pigro allora si girò di spalle e ringhiò: “No, ho detto che non mi va. Piuttosto mi lascio cadere nel vuoto, tanto mica posso crepare due volte no?”.
Passò il quinto giorno.
L’Angelo Pigro provava a rollarsi la nuvola con una penna di gabbiano, ma quando ebbe finito di girare l’improbabile sigaretta si accorse che non aveva da accendere. E allora chiamò ancora: “Buon Santo! Buon santo mi puoi almeno procurare un fiammifero?”. Ma nessuno gli rispose, così gli venne da piangere. Il caso volle però che proprio in quel momento passasse un Povero Diavolo da quelle parti. Subito l’Angelo si sbracciò per attirare la sua attenzione: “Scusi Povero Diavolo sarebbe così gentile da procurarmi un fiammifero per la mia sigaretta?”. Il diavolo si avvicinò incuriosito: “Ma scusa, perché non te lo vai a comprare da solo?”, e l’angelo spiegò: “No e che non mi va proprio di volare, è così faticoso. Così se mi fai il piacere mi eviti una scocciatura”. Il Povero Diavolo comprese il problema, tese il dito indice che magicamente si infiammò come una candela e avvicinatolo alla penna di gabbiano arrotolata l’accese. L’angelo tirò due tre boccate a pieni polmoni.
Quando alla sera il Buon Santo tornò a trovare l’Angelo Pigro, lo trovò abbracciato al Povero Diavolo che gli raccontava vecchi ricordi del passato e impressioni della morte. L’angelo rideva a crepapelle di qualcosa che aveva detto il diavolo e il diavolo indicava il santo che a quel punto chiese cosa avevano tanto da sbellicarsi. L’Angelo spense un rotolo di penna di gabbiano e rispose: “Tranquillo ho solo trovato il modo di volare senza stancarmi”.