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LA QUESTIONE DELLA LUNGHEZZA DEL MIO PENE COME METAFORA DELL'ATTUALE SISTEMA SOCIO POLITICO

Post n°1339 pubblicato il 14 Giugno 2012 da non.sono.io

Credo di poter affermare senza pericolo di essere smentito, che qualsiasi maschio appartenente alla mia specie almeno una volta nella vita si sia sentito domandare le misure del proprio pene. E mai una volta il peso del cervello. 
I maschietti iniziano da piccoli a farsi tra loro domande esistenziali tipo: ti sono già cresciuti i peli del pube?, eiaculi?, quanto ce lo hai lungo? E così via fino a quando, una volta finita l’età dello sviluppo, magicamente questo tipo di curiosità svanisce. Credo sia solo perché non si hanno più speranze di recupero, e quindi può diventare pericoloso dichiarare cifre a cuor leggero. Ancora oggi, nel duemiladodici, sembra che l’unico metro di misura per stabilire il peso di una persona di sesso maschile sia la lunghezza del suo randello, e gli uomini, che anche se non sembra sono sensibili, questa cosa la percepiscono come un argomento da temere.
Quando da grandi gli uomini smettono di domandarsi la grandezza del pisello tra di loro, iniziano a chiederglielo le donne. E il maschio si ritrova di nuovo di fronte ad un problema che pensava di non dover più affrontare. In questo periodo inizia il balletto delle cifre: trenta, trentacinque, ventisette. Basta dire un numero a caso superiore al venti e la faccia è salva. Anche se le statistiche affermano che la misura media non supera i sedici centimetri, una signora non troverà mai nessuno disposto a dichiarare di avercelo di quella misura, fino a quando non sarà la sperimentazione empirica a confermare le teorie dei ricercatori.
Piccoli uomini che crescono con il mito del cazzo lungo, abituati ad ignorare il fatto che poi alla fine è un complesso di fattori che porta alla soddisfazione sessuale di una donna. Piccoli uomini dal cazzo normale che subiscono il mito del cazzo grande ed in base a questa formula sbagliata in partenza progettano un mondo che tende a nutrirsi di cifre piuttosto che di qualità.
Capi di stato dal pisello moscio che fanno a gara a chi ha il PIL più grande. Si riuniscono, come quando da adolescenti si misuravano il pisello insieme agli amichetti con una riga di plastica, cercando di puntarla il più vicino possibile allo scroto per guadagnare millimetri. E proprio come allora chi ce lo aveva più piccolo era uno sfigato, e veniva cacciato fuori dalla comitiva. Via, come per paura di essere contagiati. I greci ne sanno qualcosa.
E proprio come accennato poche righe fa, un PIL più grande non provoca automaticamente l’orgasmo del popolo, mentre invece, guarda un po’, un PIL modesto ma distribuito in maniera omogenea e sapiente, sì.
E’ proprio il caso di dire che funziona tutto a cazzo di cane.
Così non si offende nessuno.

 
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