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L'ATTIMO ESATTO IN CUI CAPISCI DI STARE PER FARE UNA CAZZATA

Post n°1337 pubblicato il 12 Giugno 2012 da non.sono.io

A volte mi succede che riesco chiaramente a vedere il momento esatto in cui sto per fare una cazzata, come se la riprendessi in slow motion. Fotogramma per fotogramma, lentissimamente come uno di quei video dove si vede una goccia cadere e infrangersi. 
C’è questa idea che m’è presa da un po’ di tempo di farmi il cammino di Santiago. Non tutto naturalmente, perché non è che vado a pagare per morire disidratato in Spagna quando posso farlo benissimo sul divano di casa mia una domenica qualsiasi e gratis. Ma un tratto, il pezzo di percorso che mi serve per capire che cazzo ci sono andato a fare a morire disidratato in Spagna quando potevo farlo comodamente sul divano di casa mia.
Fissatevi bene in mente questa immagine di me che penso di andare a Santiago, perché è il primo fotogramma della sequenza in slow motion di questa cazzata che sto per fare.
Così è successo che questa idea primordiale, questa cellula madre di pensiero, annacquata in litri di noia e messa a rosolare sullo scoglionamento, piano piano ha lievitato e mi ha riempito il cervello. Alla fine, non so come, mi sono convinto che sia una cosa simpatica, un’esperienza come la chiamano adesso, che quando uno dice “ho fatto un’esperienza” di per sé già gli pare di aver fatto sul serio qualcosa. “Ho fatto un’esperienza” è la frase magica che mette tutto a posto quando uno non sa perché ha fatto qualcosa e soprattutto quando si è pentito di averla compiuta. Io che lo so che non so perché ci vado a Santiago visto che sono ateo come un sasso, che non voglio conoscere nessuno, che non ho la mania del salutismo, che durante l’anno è già tanto se mi sposto a piedi dal divano alla tazza del cesso (e solo perché la mia ragazza si rifiuta di portarmi in braccio), metto già le mani avanti in attesa di portarle dietro e mi dico: vado a fare un’esperienza. Dicono che se lo ripeti un numero infinito di volte tipo mantra, alla fine ci si può anche convincere di non star per fare una cazzata. Ma io sono scettico per natura.
Ora mi resta solo da capire perché tutte le volte che decido di fare un’esperienza, deve per forza essere un’esperienza di merda. Ma mi sono ripromesso di pensarci su appena finisco di chiarire le cause che mi spingono a fare cazzate in maniera autonoma tipo kamikaze. 
Ieri ho comprato il biglietto dell’aereo.
Fissatevi bene in mente questa immagine di me che clicco sul sito della Ryanair, perché è il momento esatto in cui la cazzata si infrange sulla mia vita come la goccia su citata. Lo vedete come va lenta?
Il viaggio in aereo è solo la prima di una quindicina di tappe che prevedono viaggi in autobus e in treno prima di arrivare all’inizio vero e proprio del percorso, e meno male che in Spagna non ci sono cammelli altrimenti prendevo pure quelli. Ci sono, in questo viaggio, una miriade di possibili imprevisti, ritardi, malintesi, cose che potrebbero andare storte, tanto che il cammino vero e proprio è l’ultima cosa che mi crea preoccupazione. Una persona normale solo ad immaginarselo già si sarebbe tirata in dietro, ma io sono sensibile nei confronti delle mie cazzate, e non vorrei mai e dico mai fargli un torto. E insisto.
Nel mio sragionare, mi immagino questa cosa come una specie di eremitaggio volontario dal retrogusto romantico e un po’ alternativo. In verità, più mi informo e più ne prendo coscienza, in agosto lì c’è più gente che a Fregene, così che credo che alla fine mi ritroverò in mezzo a non so quante persone che camminano intonando inni alla vergine, con ragazzini piagnucolosi figli di radical chic lamentandosi della scarsità di MacDonald. E allora mi mancherà terribilmente il divano, e la bava che mi scende sciabordando da un lato del labbro timidamente spalancato durante un pisolino che mi terrebbe impegnato tutto il giorno a costo zero. All’ombra di un albero, completamente fradicio di sudore, con le vesciche ai piedi, una fame da scampato alla seconda guerra mondiale, penserò: “ma che cazzo ci sono venuto a fare fin quaggiù?”.
Un pellegrino ascolterà il mio pensiero e mi risponderà: “stai facendo un’esperienza”.
Fissatevi bene in mente questa immagine di me che afferro il collo di questo chierichetto idiota sbattendolo contro il muro di una chiesa gotica in mezzo alla Galizia, perché probabilmente sarà la scena finale di questo film.

 
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SSSuami
SSSuami il 14/06/12 alle 13:22 via WEB
Ma no, a Finocchio, mica a Froscio...
 
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