Creato da poison.dee il 09/11/2005
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Racconti di viaggio _ da Quimper a Dinan

Post n°1677 pubblicato il 10 Luglio 2012 da poison.dee
 
Tag: in giro


Dopo una notte un po’ movimentata, nel senso che la bionda mi è stata male, al mattino la situazione sembrava tornata alla normalità, e, dopo aver tentato inutilmente di fare colazione e aver fatto due passi per il centro di Quimper, ce ne siamo andate. Abbiamo deciso di fare una deviazione “fuori programma” verso Pointe du Raz, visto che l’avevo promesso al dottor Piazza, e io le promesse le mantengo!
Siamo arrivate lì che erano circa le 10, i bar e i negozietti di souvenir stavano aprendo. Diciamo che i ritmi da queste parti non sono propriamente “nordici”, ecco. Dopo aver pagato SEI fottutissimi euro di parcheggio, tariffa fissa, sia che tu ci stia 10 minuti sia che tu decida di accamparti lì tutto il giorno, ci siamo spinte fino al faro.  Circondate da gruppi di anziani in gita, abbassavamo drammaticamente l’età media.
Prima di partire ci siamo fatte un caffè, e, dopo aver fatto capire alla gentile addetta al parcheggio che 50 meno 6 fa 44, e che dal resto che mi aveva dato, tutto in monete da 2 euro, (levenisseilcagottoasinghiozzo)  mancavano ancora 10 euro, abbiamo abbandonato quel luogo ameno, per dirigerci verso uno dei numerosi enclos paroissiaux(*)  della zona, quello di Saint-Thégonnec.

Abbiamo pranzato in una trattoria del paese,  che sembrava il classico luogo di sosta dei camionisti. Infatti le porzioni erano decisamente abbondanti, con tanto di antipasto a buffet. Abbiamo mangiato dignitosamente e poi, dopo aver visitato il complesso parrocchiale, ci siamo spostate a Ploumanac'h. Abbiamo ignorato bellamente il centro abitato, per visitare la scogliera  della Pointe de Squewel con le formazioni rocciose in granito rosa. La cosa bella di muoversi in questo periodo è che in ogni posto visitato finora non c’è mai calca, i parcheggi sono semi-deserti e riesci a fare delle fotografie senza che vengano riempite da miriadi di turisti vestiti malissimo. Ma perché uno quando è in vacanza si deve necessariamente conciare come un deficiente? Scusate, ma ogni tanto la merdosa snob che alberga in me prende il sopravvento.

Abbandonata la scogliera facciamo tappa a Tréguier, paesino delizioso, con un’imponente cattedrale. Peccato che il sagrato sia adibito a parcheggio. Visitiamo il chiostro e, pervase da un misticismo senza eguali, con l’app di booking.com prenotiamo l’albergo a Dinan. Prima di raggiungere la nostra destinazione facciamo un’altra deviazione alla volta di Plougrescant, per visitare gli affreschi naif nella piccola chiesa del paese. Ma quando arriviamo è già chiusa. Ci accontentiamo di osservare il bizzarro campanile storto, e via, verso il nostro albergo.



Che si trova a 3 km da Dinan, in mezzo ai campi. Un posto incantevole, comodissimo per gli spostamenti. Dopo aver preso possesso della nostra stanza siamo andate in città per la cena,
qui.

(*) I cosiddetti enclos paroissiaux (“recinti parrocchiali”) rappresentano una peculiarità dell'architettura e dell'arte cristiana della Bretagna, che si trova soprattutto nel Finistère : si tratta di complessi parrocchiali recintati, frutto dell'opera di vari artisti realizzati in granito (specie in kersantite o pierre de kersanton, un granito scuro) tra il XVI e il XVIII secolo attorno ad un cimitero e costituiti solitamente, oltre che dal recinto e dallo stesso cimitero, da un arco trionfale, da una chiesa, da una cappella funeraria, da un ossario e da un calvario.Prendono il nome dall'enclos, ovvero dal recinto in pietra che circonda il complesso e che serviva per separare lo spazio sacro dall'esterno, vale a dire lo spazio profano.Complessi religiosi di questo tipo sono molto numerosi in Bretagna: ne esistono una settantina soltanto nella Bassa Bretagna. Tra i complessi parrocchiali bretoni più famosi, figurano quelli di Guimiliau, di Lampaul-Guimiliau, di Plougastel-Daoulas e di Saint-Thégonnec nel Finistère settentrionale, di Pleyben nel Finistère meridionale e di Guéhenno nel Morbihan.

 
 
 

Ernest Borgnine - 1917 - 2012

Post n°1676 pubblicato il 09 Luglio 2012 da poison.dee
 
Tag: r.i.p.

 

 
 
 

Detachment

Post n°1675 pubblicato il 09 Luglio 2012 da poison.dee
 
Tag: cinema

And never have I felt so deeply at one
and the same time so detached from myself
 and so present in the world”.

Un film che inizia con una citazione di Camus, e termina con un passaggio di Edgar Allan Poe la dice lunga su quanto si rida durante il film.
Un po’ meno di niente, esatto.
Un film triste parecchio. Ma bello. Insomma, bello triste.
C’è Adrien Brody, tutto stropicciato e sexy.
Oh, a me quelli così, tutti un po’ stropicciati mi piacciono mica poco, che ci posso fare?   
Dicevo, c’è Adrien Brody nel ruolo di Henry Barthes, professore di letteratura che si trova a prestare supplenza in una classe di un liceo pubblico frequentata da ragazzi “difficili”, seguiti da un gruppo di professori disillusi in una scuola che sta per chiudere.
La sofferenza antica di Henry, causa del suo atteggiamento distaccato nei confronti delle persone, riemerge in alcuni flashback durante le visite all’anziano nonno che, in seguito al suicidio della figlia, ha perso la lucidità.
L’incontro casuale con Erica, prostituta minorenne, e il suicidio di un’alunna che in una foto raffigura il professore come un uomo senza volto in una classe senza persone, probabilmente riusciranno a far breccia nella corazza di Henry, sgretolando quel muro che lui stesso ha costruito attorno a se, pensando che scivolare sulla superficie delle cose sia l’unica maniera per non affondare.
Nel cast ci sono anche Lucy Liu e James Caan, e il regista, Tony Caye, è lo stesso di American History X.

 
 
 

Racconti di viaggio _ da Carnac a Quimper

Post n°1674 pubblicato il 06 Luglio 2012 da poison.dee
 
Tag: in giro


Colazione in una boulangerie-patisserie del paese e partenza per Port-Aven. Minuscolo paesino sulle rive dell’Aven che tanto ispirò pittori come Paul Gauguin e Paul Sérusier, ci ha visto protagoniste di una romantica passeggiata per i boschi, lungo la via dei mulini (ad acqua), dove frotte di artisti trovarono ispirazione per le loro opere. Arrivate al terzo mulino io e la bionda ci siamo guardate con il migliore dei nostri sguardi languidi e, totalmente ispirate, ci siamo dette: “Torniamo indietro?”
Dopo anni di viaggi in coppia, io e la bionda siamo perfettamente allineate (da non confondere con “in linea”) ed è davvero raro che ci si trovi in disaccordo su qualcosa. Quindi abbiamo concluso la romantica passeggiata nel bosco e ci siamo dedicate al paese che, essendo il luogo in cui è nata la “scuola di Pont-Aven”,
movimento postimpressionista a carattere simbolista, è disseminato di gallerie d’arte e studi di pittori più o meno dotati. Ma non solo.
Il paese, con mio sommo dispiacere, pullula anche di biscottifici. Siccome né io né la bionda possiamo permetterci di acquistare opere d’arte, ci siamo buttate sul biscotto. E il biscotto, che in fondo è buono, si è buttato sui nostri fianchi, ma questo mi pare superfluo (come i chili) da aggiungere. Dopo aver completato gli assagg la visita, ci spostiamo a Concarneau.


Si tratta di un 
piccolo borgo con il centro storico (ville-close) racchiuso in una cittadella fortificata, sul mare. E’ così dannatamente ordinato e pulito da sembrare finto. E forse un po’ lo è, essendo disseminato di negozietti di souvenir. La cosa non ci ha turbato più di tanto, e dopo aver depredato la Conserverie Courtin, siamo andate a pranzo in un ristorante scelto al volo, dopo aver scoperto che quello che ci ispirava indicato sulla Lonely Planet non esisteva più, o non esisteva più a quell’indirizzo.
Il tempo era mite, abbiamo addirittura pranzato all’aperto. Sulle sedie comunque, per ogni eventualità, c’erano le coperte di pile… E i camerieri erano (inutilmente) uno più affascinante dell’altro.
Lasciata Concarneau ci siamo spostate a Quimper. Appena arrivate siamo andate all’ufficio del turismo per farci consigliare un hotel dotato di parcheggio. Per pura combinazione avevamo parcheggiato 50 metri dopo l’ingresso del garage. Ma questo l’abbiamo scoperto soltanto dopo, quando, in una via a senso unico, mi sono esibita in un’impropria retromarcia per entrarci, visto che non avevo nessuna intenzione di circumnavigare la città… L’hotel, visto da fuori, è discretamente brutto, ma gode di una posizione invidiabile: attraversi la strada e sei nella piazza della cattedrale di Saint Corentin. Il centro storico è un piccolo gioiellino di vicoli e case a graticcio, ogni scorcio sembra un quadro impressionista. Camminiamo a lungo per le vie chiuse al traffico,  godendoci il pomeriggio di sole. Per godercelo meglio, ci sediamo in un bar sulla piazza, in compagnia del nostro immancabile birrino…
 

 
 
 

Racconti di viaggio _ Da Nantes a Carnac passando per Vannes

Post n°1673 pubblicato il 05 Luglio 2012 da poison.dee
 
Tag: in giro

Dopo aver abbandonato Nantes, siamo arrivate a Vannes.
Paesino delizioso e temperatura gradevole. Parcheggiamo in una via che sembra abbastanza centrale, dove, essendo domenica, il parcheggio non si paga, e ci lanciamo alla scoperta del borgo. Il porto, con il camioncino dell’ostricaro ci accoglie. Iniziamo a girare per le vie del paese con la testa in su, per guardare le vecchie case a graticcio. Non c’è molta gente in giro, cosa che io apprezzo molto.
A pranzo decidiamo di fermarci in un ristorante segnalato dalla Lonely Planet, che in anni e anni di onorato servizio non ci ha mai deluse. Scegliamo Côte et Saveurs da cui usciamo davvero molto soddisfatte. Abbiamo speso poco più che in pizzeria, mangiando piatti un po’ fuori dall’ordinario e soprattutto molto buoni. Decidiamo che il ruttino lo faremo in auto, e ci mettiamo in marcia verso Carnac, dove abbiamo deciso che dormiremo stanotte, dopo aver visitato gli allineamenti. Il paese è minuscolo, contiamo sul fatto che, essendo vicino ad un’attrazione turistica, offra delle sistemazioni alberghiere. Il primo hotel che incontriamo sembra barato. Scopriamo che in paese ce ne sono altri due. Uno ci sembra di qualità un po’ troppo elevata per i nostri standard, così scegliamo l’altro. Arriviamo, circumnavigandolo perché al mattino il paese aveva ospitato non so quale manifestazione e tutte le strade erano state chiuse, parcheggiamo in cortile ed entriamo nella reception. Il vuoto cosmico. Come essere nella mente di Flavia Vento, probabilmente. Suoniamo un campanello. Inutilmente. Poi, visto che in quanto a menti anche noi non scherziamo, ci accorgiamo di un cartello che avvisa di telefonare al numero xxxxxxxxxxxxx. Se già con l’inglese sono abbastanza ridicola, la mia conoscenza del francese è imbarazzante, coadiuvata da una pronuncia che definire terrificante è riduttivo. Con queste poco edificanti premesse, compongo il numero e mi esibisco nella prima (e spero ultima) telefonata in francese della mia vita.
Incredibilmente dopo nemmeno 5 minuti arriva una signora, che ha addirittura capito che volessimo una camera e, sorridendo, ce ne assegna una mansardata, su due livelli, arredata con gusto, pulita e spaziosa.
Abbandoniamo i bagagli e ci dirigiamo verso i siti degli allineamenti.

Io – che sono ignorante come una capra e, a differenza delle capre, non son buona nemmeno per il formaggio – ho delle nozioni storiche approssimative, dove sumeri assiri fenici ittiti e  chissà chi altri vivevano da qualche parte in qualche epoca, ogni tanto qualcuno scopriva qualcosa, e, visto che all’epoca non c’era quasi niente probabilmente faceva anche meno fatica, oppure non se ne rendeva conto. In ogni modo, per farla breve, di fronte a delle “costruzioni” di questo genere, io rimango totalmente affascinata. Oltre a chiedermi il perché il percome e il perquando. Il più delle volte non so rispondermi.
Dopo aver visitato i siti di Menec, Kermario e non mi ricordo più l’altro, abbiamo raggiunto il gigante del Manio, attraverso una breve passeggiata nei boschi… e poi siamo andate a farci una birra in riva al mare.

 
 
 

Maturando qua e là

Post n°1672 pubblicato il 04 Luglio 2012 da poison.dee
 

Mentre rientravo in ufficio sono passata davanti all’istituto tecnico parificato di sarcazzocosa, dove, pare, giovani virgulti non più acerbi ma non ancora maturi, siano alle prese con gli orali.
Sul marciapiede un giuovine, abbronzato come Fabrizio Corona, vestito come Lapo Elkann e pettinato come Boateng (insomma, se Arrigo si permette di creare il suo Frankenstein nell’ultima pubblicità di mediasetpremium, perché io no?) stava telefonando a quaccheduno. La mamma, forse.
Stralcio di conversazione intercettata:
“Ma che czz ne so, mi ha chiesto cose che le ho detto ma che czz mi stai chiedendo? Poi s’è incazzata perché ho sbagliato il nome di Zola, ma porcoddue, se io non so il francese come minchia faccio a sapere che Zola si chiama Emile e non Emiliano?”
Figlio mio, ringrazia che non sono tua madre. Intanto ti ha detto culo che sei troppo giovane, altrimenti se ti avessero chiesto di parlare di Zola tu avresti iniziato a parlare di Gianfranco. E poi, perdonami, ma “non so il francese” è una giustificazione così ridicola che se avessi detto che gli alieni ti avevano rapito e ti avevano impiantato un microchip nel cervello saresti stato senz’altro più credibile (più di Sara Tommasi, se non altro) .
Sono certa che non sai nemmeno l’olandese, ma questo non ti impedirà di certo di sapere che
Sneijder si chiama Wesley Benjamin.

 
 
 

Umorismo

Post n°1671 pubblicato il 04 Luglio 2012 da poison.dee
 

L'umorismo serve a rendere più facile la vita, a smussare gli angoli, a farti capire che le cose importanti nella vita sono veramente poche, due o tre... e noi stiamo invece a discutere ed arrabbiarci sulle altre diciotto o ventimila.

Bruno Bozzetto

 
 
 

Racconti di viaggio _ La partenza

Post n°1670 pubblicato il 03 Luglio 2012 da poison.dee
 
Tag: in giro

Dopo aver preparato una valigia approssimativa, infilandoci dentro a cazzo magliette maglioni pantaloni vestiti e pure un paio di costumi chenonsisamai, la poison recupera la bionda ed entrambe partono in direzione del traforo del Frejus. Dove scopro che il Fastpay® non se lo inculano di pezza e accettano solo o contanti o carte di credito. Attraversiamo il traforo stando attente a mantenere la distanza di sicurezza e i 70km/h. Radiotraforo ci informa di attenerci scrupolosamente alle istruzioni che ci sono state consegnate al momento del pagamento del pedaggio. Peccato che a noi non abbiano dato nulla. 
Usciamo dal tunnel. 
Le radio francesi trasmettono musica agghiacciante. Mi sembrava di essere il bambino del sesto senso con la differenza che lui vedeva la gente morta, io la sentivo. Alla radio. Se avessero messo un pezzo della Pausini probabilmente non avrei nemmeno cambiato stazione, per dire il livello.
Con un paio di soste tecniche in una decina di ore arriviamo a Nantes. O meglio, nella periferia di Nantes, dove il nostro lussuoso hotel da 40€ a notte ci attendeva.

Essendo sabato sera non avevamo voglia di andare ad infognarci in centro, e abbiamo chiesto alla receptionist di indicarci un posto per andare a cena lì vicino. La ragazza, brillante, ci ha indicato una pizzeria, poi si è ricordata che eravamo italiane e si è scusata dicendoci “no, meglio di no!” e ci ha dirottate verso un Leon-de-Bruxelles, che credo sia come un McDonald delle cozze.  Non nel senso che è frequentato esclusivamente da donne diversamente avvenenti. Anche se, dopo aver osservato buona parte della clientela, qualche dubbio mi è venuto.  
In ogni caso le cozze erano ottime.
Domenica mattina, prima di abbandonare Nantes in direzione di Vannes decidiamo di fare due passi per la città. Anche perché si doveva fare colazione. Cosa che, in un qualsiasi paese italiano sarebbe un’operazione di facilità estrema, in quanto un bar aperto lo trovi un po’ dappertutto. In Francia (in quella zona della Francia, almeno) no. Vuoi perché era domenica mattina, vuoi perché l’abbinata caffè+brioches probabilmente non usa, ma, dopo aver camminato in lungo e in largo per le vie del centro ci siamo infilate nella prima (e credo unica) pasticceria che abbiamo trovato aperta. E voi starete pensando che magari era prestissimo. No, erano già passate le 9.00.

 
 
 

Sapessi com'è strano... sentirsi un po' accaldati a Milano...

Post n°1669 pubblicato il 02 Luglio 2012 da poison.dee
 

Stanotte la pioggia ha abbassato le temperature.
Se continua così stasera potrei anche pensare di iniziare a stirare la montagna di indumenti che ho accatastato su una sedia ieri, visto che sabato ho lavato tutto quanto.  Che se qualcuno si fosse aggirato nel mio giardino sabato notte avrebbe visto una donna stendere i panni alle 4.52. Quelli della seconda lavatrice. La prima l’ho stesa attorno all’una.
L’ultima invece alle 8.30 della domenica mattina. Che ieri avevo da fare, io. C’era la Cialtropizza a Milano, mica una roba qualunque. Ho aspettato che la Espe arrivasse (quella donna sta diventando puntuale. Credo sia ora di iniziare a preoccuparsi) e siamo partite. Che dopo aver guidato per un migliaio di km per tornare a casa, farne altri 100 per arrivare a Milano è stata davvero una passeggiata.
Appena arrivate al luogo dell’appuntamento, ci siamo fatte un birrino – praticamente a digiuno – tanto per reidratarci. Che la disidratazione può coglierti all’improvviso e se tu non sei preparata son cazzi. Poi ha iniziato ad arrivare altra gente in ordine sparso, e alla fine c’eravamo tutti. Non eravamo tantissimi, ma siamo stati benissimo. Dopo un minimo imbarazzo iniziale, i discorsi hanno iniziato a farsi più fluidi. Che la birra ci abbia messo del suo è un’ipotesi che varrebbe la pena di prendere in considerazione, volendo.
Dopo due settimane in giro per la Francia avevo deciso che luglio sarebbe stato un mese dedicato al digiuno, perché una semplice dieta non sarebbe stata sufficiente a smaltire tutto il burro incastonatosi meravigliosamente sulle mie leggiadre chiappe e sul girovita. E financo sulle caviglie, secondo me.
Ma siccome il digiuno non è sano, ho deciso che ieri avrei potuto al limite rinunciare alla pizza. Infatti ho ordinato una LEGGERISSIMA mozzarella di bufala. Affumicata.
Le pizze in quel posto hanno dimensioni spropositate. Credo che Spielberg abbia creato le astronavi di Incontri ravvicinati del terzo tipo dopo aver pranzato qua.
Dopo aver pranzato, fregandocene altamente dei preziosi consigli dispensati da StudioAperto, siamo andati al parco. Perché una passeggiata, si sa, favorisce la digestione. Infatti appena arrivati, giusto un attimo prima di svenire, ci siamo seduti. Al bar. A bere.
Secondo me se il prossimo incontro si potrebbe tranquillamente organizzare in una qualunque sede degli Alcolisti Anonimi.
Poi è arrivato il momento dei saluti, con giro di baci e abbracci. Sono anche state scattate delle fotografie, a imperitura memoria, che potete vedere nel blog della Flora, che è un gran bel pezzo di donna, mentre altri resoconti, più o meno dettagliati, li potete leggere dal Cialtrone e da Lunedì, per ora.
Grazie ragazzi, sono stata davvero bene!

 
 
 

I conti tornano

Post n°1668 pubblicato il 01 Luglio 2012 da poison.dee
 

E pure io. Che ogni cosa solitamente ha un inizio ed una fine. Le mie ferie non fanno eccezione. Reduce da due settimane dove quando si raggiungevano i 23 gradi sembrava quasi facesse caldo, ho avuto uno choc termico non indifferente. Diciamo che andare a pranzo a Milano oggi non è stata una mossa molto intelligente, ma ne è valsa senz'altro la pena. Ma questa è un'altra storia di cui parleró poi. Ammesso che io sopravviva alla finale degli europei.
4.600 km in due settimane, paesi pascoli spiagge colline strade deserte musei campanili barche monoliti sole pioggia (poca) vento nebbia ostriche burro formaggi burro cozze burro carne burro patè burro insalate burro biscotti burro terrine burro frutta burro birra burro vino burro sidro burro birra burro pesce burro gamberi burro... Adoro la cucina francese, anche se io ogni tanto un po' di burro ce lo metterei, eccheccazzo. Visto che il coraggio non mi manca, ho bevuto caffè a colazione pranzo e cena. Come? Non è coraggio ma masochismo? Possibile. Quindi ieri il primo autogrill appena uscite dal traforo del Frejus è stato nostro. Non so se sia vero, ma mi è sembrato il caffè più buono del mondo. Me lo sono gustata con calma, forse ho simulato anche un orgasmo come Meg Ryan, sorridendo all'affascinante uomo rasato con la barba alla mia sinistra. Alla mia destra la bionda e, vicino a lei, una coppia. Lei con la faccia un po' triste, lui lungo e secco, affascinante come un attaccapanni di ferro con la ruggine. Anche loro alle prese col caffè. Lui finisce prima e, mentre lei è ancora alle prese con la sua tazzina, si congeda da lei con un romantico "e adesso vado a pisciare". Io, la bionda e l'uomo affascinante ci siamo guardati. Lui sicuramente rammaricato di non raggiungere certi picchi di classe a dir poco struggenti. Noi invidiose di lei, che può vantarsi con le amiche di uscire con un gentleman che al confronto Lord Byron sembra il cugino maleducato di Bossi. 

Ero quasi commossa.

 
 
 
 
 

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