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18 lame per una rasatura perfetta

Post n°531 pubblicato il 02 Dicembre 2006 da kidgloves


Io, che sono ansioso di vedere oggi in piazza contro il governo avvocati e banchieri in doppio petto che sfasciano le vetrine di Mc Donalds ed incendiano i cassonetti, ho trovato fortissime analogie tra la rappresentazione pubblicitaria dell'arte di radersi la barba e quello che succede nella mia realtà.

Pubblicità lametta.

David Beckham, che con il suo patrimonio di 50 milioni di dollari, la carriera calcistica sensazionale ed il matrimonio con una Spice Girl, rappresenta il prezioso esempio dell'uomo medio Europeo (chi non ha sposato una Spice Girl?), si sveglia nel suo letto a dodici piazze e mezzo in un trionfo di lenzuola bianche e trapunte ricamate con filo d'oro e impreziosite da sfavillanti Swarovsky in edizione limitata. La sua stanza è bianca e profumata, le finestre gigantesche sono come quelle del video di "Immagine" di John Lennon e, per casa, si può ancora incontrare Yoko Ohono che, mentre John girava il video, vagava per le stanze come uno zombie ad aprir porte, finestre, appender quadri, pulire il caminetto, si sedeva sullo sgabellino del pianoforte e schiacciava a caso i tasti del piano di John facendolo incazzare come una biscia perchè gli rovinava il video. David scende la lunghissima e sfarzosa scalinata che dalla camera da letto lo porta nel salone di casa sua e, mentre sosta in una camera iperbarica perchè il dislivello tra il primo piano ed il pianterreno di casa sua è di circa 1600 metri, ne approfitta per radersi l'ispidissima barba lunga addirittura 13 micron. Prende il suo fichissimo rasoio a 18 lame con la 18esima lama pensata per dare il colpo di grazia anche all'ultima cellula di pelo che rimane sul viso, e, con il viso coperto da una coltre di schiuma da barba spessa mezzo milionesimo di millimentro, si rade in una sola passata. Con un gesto unico, continuato e mai in contropelo, elimina la barba dal suo viso come il Cif, nell'omonima pubblicita, scrosta via la cragna di due mesi dalle piastrelle della cucina. Non si sa bene per quale motivo prende ora la scala mobile del metrò (si vede che casa sua è una delle fermate) e, circondato da delle fighe arrapate, guarda in camera facendo intendere che, se lui è uno di successo, lo deve essenzialmente al rasoio bionico da barba a diciotto lame.

Quando mi rado io.

Mi suona la sveglia del cellulare con una melodia che, oltre alla piacevolezza della mano di Freddy Kruger passata amorevolmente su di una lavagna, ha anche la dolcezza del suono di un allarme antiaereo unito al volume di un muro di 12 Marshall valvolari da 100 watt. Nel dormiveglia mi parte istintivo il gesto del braccio volto a spegnere l'infernale suono, solo che, essendomi addormentato con tutto il peso del corpo su di un braccio, questo è informicolato ed incontrollabile e, invece ti pigiare delicatamente il tastino per spegnere la sveglia ululante, si infrange contro il bicchiere di acqua che tengo sul comò provocandomi un taglio alla mano profondo quanto il sentimentalismo dei servizi di Studio Aperto sui cani abbandonati. Mi metto seduto sul letto e mi stropiccio gli occhi con le manine non accorgendomi ancora della presenza della morte accanto a me che attende pazientemente che finisca di dissinguarmi per portarmi via con sè. Faccio per alzarmi ma, giusto in quel momento, entra mia mamma in camera gridandomi "Che cazzo era quel rumore di vetri rotti?". Nell'entrare in camera spalanca violentemente la porta che mi prende in pieno volto mentre io ero leggermente sbilanciato in avanti nell'atto di sollevarmi dal letto. Ricado indietro e, dolorante, mi porto le mani in faccia dicendo gentilmente a mia madre che le dò 5 secondi di vantaggio per scappare dopodichè inizio a rincorrerla con un kalashnikov e delle bombe a mano. Mia madre mi guarda in viso ed inizia ad urlare perchè ho il viso sporco di sangue ed io, leggermente stordito da quelle urla, mi tocco il capo e vedo il sangue sulle mie mani. Con calma e gentilezza, come un ultrà che ringrazia il capitano della propria squadra per aver sbagliato il gol della vittoria a porta libera al 97esimo della finale di coppa campioni, mi incazzo con lei pensando che, con la portata che mi ha tirato, mi abbia spaccato la faccia facendomela sanguinare. Vado al bagno, mi guardo allo specchio ma non vedo ferite sul volto. Mi guardo la mano e scopro che è sporca di sangue. Guardo il viso e non ci sono ferite. Guardo la mano e c'è sangue. Quindi. Viso no ferite. Mano sangue. Viso ok. Mano sangue. Rielaboro le informazioni in mio possesso, mi faccio delle foto come la scientifica in CSI, rileggo tutti i romanzi di Jeffrey Deaver per imparare le tecniche investigative sulla scena del crimine di Lincone Rime ed Amelia Sachs e giungo alla difficile conclusione: mi son fatto male alla mano e non al viso. Ripresomi da due svenimenti consecutivi per essermi cicatrizzato il taglio con la polvere da sparo come in "Rambo II", decido allora, già che ci sono, di farmi la barba (simile più ad un quadro impressionista in cui molte chiazze sono rimaste bianche, piuttosto che alla classica bella distesa di peli che posseggono i maschi della televisione). Preparo l'acqua calda, la schiuma da barba e cerco la mia lametta, ma, porca di una puttanazza, come sempre mia madre ha messo via la mia lametta da barba assieme a quella che usa lei per depilarsi le gambe. Dispongo i due oggetti sul lavandino e, con fare scentifico, inizio un profondo e complicattissimo ragionamento matematico e statistico per scoprire quale sia la mia lametta. Dopo un'ora di emicrania, decido che è meglio affidarsi al sempre caro "teorema dell'ambarabacicicocò, due lamette sul comò...". Prendo con fare deciso la prima lametta, me la passo sulla guancia sinistra e, stranamente, mi provoco un taglio di 2 centimetri. Chiaramente era quella di mia madre. Dopo dieci minuti di svenimento per essermi ricucito anche la guancia con il metodo "Rambo II", prendo convinto l'altra lametta e mi faccio un altro taglio di 3 cm perchè mia madre, nell'imbarazzo della scelta, aveva usato tutte e due le lamette per non fare favoritismi. Mi ricucio anche l'altra guancia, questa volta senza svenire perchè ormai sono diventato un veterano del Vietnam, e decido di scendere nel bagno al piano sotto dove solitamente tengo le lamette nuove. Chiaramente, a causa della debolezza per aver perso circa 2 litri e mezzo di sangue, metto male il piede sul primo gradino e mi sbilancio in avanti costringendomi ad affrontare le scale quasi di corsa per non inciamparmi nuovamente e cadere definitivamente. Nella discesa schivo abilmente una buccia di banana, uno skateboard, una pattino, una trappola per topi e tutti i clichè delle gag comiche di Tom e Jerry. Arrivo sano e salvo in salotto, ma, al primo passo che muovo, metto i piedi sui denti di un rastrello e questo, avendo io fatto leva con il mio cauto passo, si solleva da terra e mi colpisce con il manico sul naso. Perfortuna esce Clint Eastwood dalla cucina che, convinto di essere sul set di Million Dollar Babe, mi dice "ti farà male, hai un minuto per stenderla" e mi rimette in sesto il setto nasale. Giungo finalmente nel bagno di sotto e decido di radermi in santa pace. Con 62 passate a favore di pelo ed 84 in contropelo, riesco ad eliminare i peli della barba dalla faccia e a tagliarmi le basette in maniera perfettamente asimmetrica tanto che, per cercare di raddrizzarle, devo apportare delle correzioni con un uniposca nero. Mi ridisegno le parti mancanti di basetta ma, sorpresa delle sorprese, scopro che i miei amici mi hanno fatto lo scherzone di mettere il tappo nero sull'uniposca fuxia, sicchè ora mi ritrovo delle basette che neanche Andy Worhol avrebbe mai avuto il coraggio di portare. Grazie inoltre alle preziose passate in contropelo, ho anche delle irritazioni che mi donano quel tono e quella grazia che solo la pelle di chi ha appena avuto contemporaneamente la varicella, il morbillo, la rosolia e la peste nera possiede. Mi cospargo il viso di crema dopobarba no-alcol, dove il "no" suona allegramente come una simpatica presa per il culo e, a causa dei bruciori, inizio ad avere delle visioni schizzofreniche come quelle di Silvio B. nella sua stupenda opera letteraria "l'Italia che ho in mente". Affascinato da tali visioni, mi cospargo ancora di crema dopobarba entrando presto in un pericoloso tunnel di dipendenza fisica e psicologica. I miei genitori mi scoprono e mi sbattono fuori di casa perchè non vogliono avere un figlio drogato e mi obbligano ad andare in una clinica di recupero. Io mi rifiuto perchè, sniffando del dopobarba, affermo di essere in grado di smettere quando voglio. Infatti, se passate per Udine, adesso mi trovate qui, fuori dalla Upim, che chiedo ai passanti qualche spicciolo per farmi la dose quotidiana di Proraso AfterShave.

 
 
 
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