"Avete 'n vo' li fior' e la verdura | e ciò che luce od è bello a vedere; | risplende più che sol vostra figura: | chi vo' non vede, ma' non po' valere." Guido Cavalcanti
Post n°330 pubblicato il 31 Maggio 2019 da bluaquilegia
NINA CASSIAN
BACH
Mi osserva da presunti ritratti, come un soffice organo i capelli gli rivestono la testa: non so neanche se appartengono a lui questi cilindrici boccoli d'argento, perché in fondo nessuno sa in quale luogo della terra si siano propagati la carne, i nervi e le ossa del modesto organista, gli occhi ciechi del più chiaroveggente, e mentre incediamo sulla terra germanica forse sotto i nostri passi c'è Bach e che lui ci sia è certo, ovunque l'uomo inizi a camminare. Fin dove si stendono movimenti contrari la mia attenzione erra come su scale viventi, dove sale e scende il pensiero, perché tra due suoi che si susseguono c'è un'alleanza fondamentale come tra due molecole di uranio, come tra la "e" e la "a" della severa parola "idea"; tra due suoni c'è la lotta dei contrari corpo a corpo, punto contrappunto, balenare di voci senza requie, con incidenze trionfali come una dichiarazione dei diritti dell'uomo, del diritto di rallegrarti con lucidità, di soffrire con lucidità, di rendere felicità e dolore gradini della conoscenza. Fin dove si stendono movimenti contrari le mie mani si vengono incontro, si affrontano e dipartono, attente come strumenti di un chirurgo. esplorano turbate un cervello umano, finché sui tasti freddi come stallatiti non mi appare un germanico inverno, filtro di tutte le stagioni, scintillante sintesi; case dalla superfici nitide, sbarrate da travi color caffè come segni di addizione e moltiplicazione, un'intera matematica familiare, e grondaie dalle cui labbra pendono lunghe sillabe di ghiaccio e l'ogiva del gelo e la guglia gotica sulla quale canta il gallo segnavento con la sua cresta di latta. Disciplinato inverno! E in una casa ventuno bambini con i capelli legati sulla nuca da un nastro cha la mattino improvvisano all'armonium, ventuno bambini che imparano a sottomettere ai canoni esatti della forma di fuga il sorriso, l'impazienza, lo stupore scevro da equilibrio - e, regnante su quest'ordine di vita, un nume tutelare, lui in persona, Bach, col grande volto e i capelli tubolari, Bach-padre, il padrone di casa. Così attraverso l'alito pungente della neve e il vapore intimo del caffellatte ho intravisto un'immensa famiglia orchestra, un milione di bambini cantare con voci fresche come neve novella in un mondo pacificato, un grande coro di bambini presidiare il futuro annunciato con certezza lo splendore e la purezza della terra. Ho visto dunque un consolidato inverno musicale che rischiara l'animo torbido della foresta tedesca e una casa dove la bellezza ha il gusto della vita domestica senza perdere in fascino e vigore, una casa dove tutti gli orologi procedono senza errori per ordine invisibile del tempo e dove il genio siede a tavola, spezza il pane in dodici parti e lo distribuisce all'umanità. Dodici suoni risvegliati dalle loro minuscole culle d'avorio, dodici suoni che indicano la verità, come i dodici rintocchi dell'orologio indicano mezzodì e mezzanotte; dodici suoni che lavorano come cazzuole e martelli a una costruzione impeccabile, a un minuzioso edificio di stati d'animo sovrapposti, un piano di quiete sopra uno di travaglio e sopra un altro ancora di certezza, perché il padre si è preso cura dei figli, suoi eredi nei secoli, eredi innumeri di beni innumeri: dodici suoni. E le proposizioni incise un tempo nel rame con la precisione delle linee di Durer e mistero della penombra di Rembrandt passano oggi, naturalmente, a un'eternità di platino - perché ognuna di esse è una sentenza contro la fosca Inquisizione, contro le oscure condanne, il corteggio delle maschere e gli insetti caudati, una Laus rationis, di grandioso e duttile rigore, e quando il padre piange e nelle sarabande placide il suono giace avvolto in abbellimenti e gruppetti, isolato come una lacrima in paramenti di brina, è perché molti dei suoi figli sono morti, perché, nella Passione, il figlio suo è stato crocifisso, il figlio suo terrestre che la sera è tra i compagni, a cena, che conosce il rosso canto del vino ("... Bevetene e mangiatene tutti..."), la leggiadria e la forza della donna, la devozione dell'amico ("... Benché mi convenisse morir teco, però non ti rinnegherò..."); la crudeltà dei mercenari quando fanno il proprio mestiere ("... Poi, sputandogli addosso, presero la canna e gliene percotevano il capo..."), l'uomo è cresciuto nella stima e nella dignità nell'amore per i suoi simili - e per questo il genitore plenitudinario appartiene a coloro che vogliono ristabilir la dignità e la coincidenza tra verità e bellezza, all'inesausto mondo dialettico, che vuole conferir sensibilità alle cifre e orientare ogni speranza, a coloro che provano a rispondere ogni giorno alle domande, punto contrappunto, e qui vorrei abbandonare la poesia giunta a bollore, quando si fa musica e inchinarmi sotto l'arco voltaico del criterio contemporaneo a lui, al Grande Laico, Johann Sebastian!
versi da C'E' MODO E MODO DI SPARIRE Poesie dal 1945 al 2007, a cura di Ottavio Fatica, Traduzione di Anita Natascia Bernacchia e Ottavio Fatica, ADELPHI Editore, alle pagine da 52 a 59
SEVERAL - agnizione:
Azad Nanakeli, memoria e rilievo
JOHANN SEBASTIAN BACH (BWV 572) interprete Marie Claire Alain
JOHANN SEBASTIAN BACH (BWV 564) interprete Albert Schweitzer
JOHANN SEBASTIAN BACH (BWV 988) interprete GUSTAV LEONHARDT
JOHANN SEBASTIAN BACH (BWV 988) interprete Wilhelm Kempff
small fuck nota
poesia della gratitudine, della consapevolezza del nulla scontato, perpetuo. ogni nota, di ogni segno d'amore, investe l'animo di una nobiltà, che poi è l'unica nobiltà, insorgente dalla coscienza frammento di galassie.
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