Creato da nagel_a il 27/12/2008

la finestra

gli scenari dell'anima

 

Il maratoneta

Post n°435 pubblicato il 16 Agosto 2011 da nagel_a


C'è chi distingue i caratteri umani attraverso una metafora atletica e individua due archetipi: il centometrista e il maratoneta.
Il centometrista è descritto come l'eroe romantico che scala mura di castelli ed è capace di slanci ed entusiasmi. Uomo che punta ogni sua energia nello scatto e nella conquista.
Il maratoneta diviene, di contrappunto, lo scrigno della pazienza, colui che con la costanza e la perseveranza raggiunge la meta. Un po' noioso tutto sommato, eppure affidabile, senza sorprese.

Non sono per nulla d'accordo. Se devo prendere in considerazione un uomo e se devo innamorarmi, non sarà che di un maratoneta centometrista, capace di coniugare lo scatto entusiastico e la quotidianità.
A che serve chi sappia fare solo lo scatto senza saper mantenere il fiato sulla lunga distanza? A che serve la costanza se tutto si riduce a monotona ripetizione?

Ecco... non mi accontento di nulla meno.

[Devo solo verificare se io so essere altrettanto..]

 

 
 
 

Per quel che rimane

Post n°434 pubblicato il 11 Agosto 2011 da nagel_a


"Come ogni fiaba perfetta, anche questa ci mette a parte dell'amorosa rieducazione di un'anima - di una attenzione - affinchè dalla vista si sollevi alla percezione. Percepire è riconoscere ciò che soltanto ha valore, ciò che soltanto esiste veramente. E che altro veramente esiste in questo mondo se non ciò che non è di questo mondo?"
(C. Campo, Gli imperdonabili)

Vi sono metamorfosi che ci appartengono lungo tutto l'arco della vita. Segnano lo stacco, di volta in volta, tra un passato e un presente, liberando crisalidi e vibrando nuove ali. La frazione di tempo sul liminare del passaggio, lascia l'anima nuda e attenta, prima di indossare la nuova veste.
La percezione è un filo rosso che qualcosa o qualcuno ci ha messo in mano in un'infanzia lontana. Se ne perde persino il ricordo, avvolto da nebbie indistinte, e se ne dimenticano le istruzioni. Eppure nei momenti cruciali, nelle metamorfosi che segnano il passo, quel filo rosso riappare e spesso ci fa condurre scelte apparentemente insensate. E' il filo di Arianna attraverso il labirinto.

Forse è la stessa percezione che ci conduce, come nelle favole, a cercare quell'unica persona che possiamo ri-conoscere, perchè già ne possediamo intima immagine, ne abbiamo dimestichezza al tatto. E il tempo si plasma come un'attesa, l'attesa, per quell'unica persona che non ci fa sentire soli.

 

 
 
 

Inerzia e attrito

Post n°433 pubblicato il 09 Agosto 2011 da nagel_a


L'interazione tra il mondo intorno e il mondo dentro è il gioco su cui scommettono gli dei. La pelle è superficie di contatto, arena di scontro. Siamo biglie d'acciaio in un flipper.
Proseguiamo indenni, per inerzia, quando eventi e persone ci lasciano scivolare, senza intaccare il nostro moto, senza scuotere la nostra abitudine. Lenti e pigri. Introversi.
Sobbalziamo, smarriti dalla sorpresa, quando, ad un solo sfiorare, s'imprime alla nostra velocità uno scarto. Lo scarto ha dimensioni variabili ed esiti imprevedibili, dal sussulto alla stasi, alla caduta libera, impressi dall'entità dell'attrito.

Capisco gli dei e il loro divertimento che assiste allo scompiglio. E forse tutto sommato si sta meglio a fare la biglia impazzita che non la dea composta e pettinata che schiaccia solo un bottone.

  

 
 
 

stralcio

Post n°432 pubblicato il 07 Agosto 2011 da nagel_a


Posò la penna, in diagonale sul foglio. Un foglio A4, bianco intatto, se non fosse stato per quel punto in alto a sinistra. Un punto incerto, sospeso come il discorso che avrebbe dovuto trovare luce in quelle righe. Era tutto nitido nella sua testa prima di sedersi. Aveva chiari come scorrere d'acqua i suoi doveri e le sue responsabilità. Molto ben presente la strada che si era tracciata e che da allora seguiva senza sbavature apparenti, senza deviazioni che non fossero quelle relegate alla sfera della sua fantasia. Innocui embrioni non tradotti in gesti, solo cullati là dove le emozioni rimangono silenziose.
Almeno finchè non implodono distruggendo sistemi e creandone altri.
La trasformazione della materia, la sua malleabilità alle cose del mondo.
Sentiva il calore delle dita su cui era poggiata la guancia, una sensazione quasi esterna al suo corpo. Un corpo che in quel momento stava lì zitto, senza richieste, favorendo l'annullamento nella catena dei pensieri. Proprio il corpo che aveva compiuto il primo gesto di ribellione. La sua pelle che aveva rifiutato i tocchi della routine, che aveva dato sostanza alla parola bisogno. E ora la ragione inseguiva le tracce, raccoglieva indizi, cercava spiegazioni. Disattesa la sottomissione dei sensi, esplorava la soluzione più razionale. Sperando che la logica e il rigore scacciassero il dolore. Credendo nel potere salvifico di una conciliazione meccanica.

 

 
 
 

Feltro e grasso

Post n°431 pubblicato il 04 Agosto 2011 da nagel_a

Sono le anime delle cose a intessere i discorsi più profondi con quella parte autentica di noi che sta tra la pancia e il cuore. Una dissonante vibrazione che s'imprime negli strati di memoria incosciente e riappare nelle manifestazioni razionali, come un retaggio innato altrimenti inspiegabile.

Così ricerchiamo quel sole che ha scaldato i giorni della nostra nascita o il freddo che l'ha redenta. Onoriamo il feltro e il grasso che ci hanno consentito di sopravvivere, con formule da sciamano. Temiamo le farfalle che dalla culla abbiamo ingoiato, per l'imprevedibilità del volo e la cupezza vellutata delle loro ali.

 

 
 
 

Il demone del sonno

Post n°430 pubblicato il 03 Agosto 2011 da nagel_a


Ci sono sere che nascono inspiegabilmente diverse.
Non si sa in quali mondi si verrà trascinati e come ci si salverà dalle loro attrazioni. La simbiosi nel sonno è assoluta e i passi in quegli spazi paralleli avranno riflessi nelle fughe reali concluse smarriti sulla soglia. A volte il cuore si sposta. Sale verso la gola a cercare più ossigeno per bruciare le sue palpitazioni. Devono essere i fili invisibili di qualche demone beffardo che studia i tortuosi percorsi tra sonno e veglia. Ogni filo induce al nostro corpo un movimento scomposto che nella notte affetta lo spazio della stanza. E il respiro convulso ne spezza il silenzio.

 

 
 
 

Despina

Post n°429 pubblicato il 28 Luglio 2011 da nagel_a

 

Forse il desiderio è un serpente multiforme, dalle scaglie cangianti e dallo sguardo ipnotico. Si attorce attorno ai pensieri e ai bisogni degli uomini e una volta ben saldo inocula il suo veleno. E’ denso e nero quel veleno, si amalgama feroce al sangue e ne diviene indispensabile ossigeno.
L’uomo che ne abbia provato il morso e che lo senta scorrere nelle vene, ne rimane prigioniero.

Ogni scaglia è lo specchio di una prospettiva, il riflesso di uno sguardo.
Sarà così che ogni uomo darà un nome diverso a uno stesso desiderio. Come un miraggio ne descriverà le forme e la consistenza, cullandone l’immagine e vezzeggiandola come un bimbo in una culla.
E farà pazzie per quel miraggio, come il cammelliere assetato che sogna l’oasi o come il marinaio che abbia le gambe stanche dall’onda.

 

In due modi si raggiunge Despina: per nave o per cammello. La città si presenta differente a chi viene da terra e a chi dal mare. (…) Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone; e così il cammelliere e il marinaio vedono Despina, città di confine tra due deserti.

(I. Calvino, Le città invisibili)

 

 
 
 

Il pretesto

Post n°428 pubblicato il 27 Luglio 2011 da nagel_a


A volte mi capita di girarci attorno per giorni. Ne sfioro i contorni e ne intuisco le sfumature, ma al momento di afferrarlo per possederlo e piegarlo alla mia comprensione, mi sfugge. Irriverente pensiero.

Ci sono pensieri che aleggiano indefiniti, in qualche spazio di nuvole sopra la nostra testa. Forse pensieri provocati dall'aria elettrica che preannuncia un temporale, forse resi afosi e stagni dalla canicola che si libra sull'asfalto. E stanno lì, come una brocca di sangria sul tavolo: ne vediamo il vetro imperlato di condensa, ne pregustiamo la frescura, ne immaginiamo la dolcezza contenuta del nettare a dissetarci... eppure nulla, il piano del tavolo è per poco al di fuori della portata della nostra mano.

Sto inseguendo pensieri in questi giorni. Vado a caccia delle loro oasi. Ma la mia rete da farfalle rimane vuota.

 

 
 
 

Considerazioni di una sera di mezza estate

Post n°427 pubblicato il 24 Luglio 2011 da nagel_a


 

"Il cuore gli battè sempre più in fretta mentre il viso bianco di Daisy si accostava al suo. Sapeva che baciando quella ragazza, incatenando per sempre le proprie visioni inesprimibili all'alito perituro di lei, la sua mente non avrebbe più spaziato come la mente di Dio. Così aspettò, ascoltando ancora una momento il diapason battuto su una stella. Poi la baciò. Sotto il tocco delle sue labbra Daisy sbocciò per lui come un fiore, e l'incarnazione fu completa."

Ci sono follie che partono da lontano, che si annidano nel cuore o nella mente, nuclei dolenti avvolti dalle brume delle illusioni. Si alimentano, forse, fin dalla fanciullezza, quando una vaga sensazione dell'universo porta inevitabilmente a considerare l'esistenza di un verso nello scorrere degli eventi.
Il culmine di quel verso informa di sè ogni immaginazione successiva. E non importa con quanta forza la vita e le esperienze si oppongano al credo di quella segreta fede.
Essa perdurerà, anche solo fievolmente, attraverso ogni ostacolo e ogni fallimento.
Sarà facile allora comprendere, oltre ogni apparente scetticismo, la convinzione in un destino sovrano.

[Le follie esplodono più facilmente nei sensi tentati dal caldo d'agosto.]

Quant'è il tempo necessario all'estinguersi di un'illusione su cui si è fondata una parte dell'esistenza? A recidere definitivamente la credenza in un destino? In un tracciato predeterminato e rivelato a tratti con segni inequivocabili?
Quanto per tornare ad attribuire al vissuto, semplici, fortuite e casuali coincidenze, perfettamente equivalenti sul piatto delle infinite possibilità?

"Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato."
(F.S. Fitzgerald, Il grande Gatsby)

 

 
 
 

Etichetta non trovata

Post n°426 pubblicato il 21 Luglio 2011 da nagel_a


Ci sono giorni in cui il tempo scorre svelto, misurato da gesti e mete certe. Ogni energia mentale sembra assorbita e resa innocua dai movimenti coordinati del corpo, dalla tensione all'obiettivo immediato, determinato.
Così organizzo, scelgo, scarto, inscatolo, apro, spolvero, ordino secondo nuovi rigori. A volte riaffiorano ricordi e immagini, a volte domande che interrogano il tempo. Ma tutto ciò che la mente tenta oltre il comando degli arti, viene rincantuzzato: non ora!

Lasciamo poi che allo sfinimento del lavoro fisico, si affianchi una lettura di quelle che incidono carne e coscienza ed ecco che rimane il silenzio. Come se le (mie) parole non fossero che orpelli, perle di vetro tra le mani di una bimba vezzosa.
E così mi sembra che il (mio) scrivere sia il lamentarsi per un raffreddore in una stanza di malati terminali...

Così intanto taccio... almeno per un po'.
(non per pessimismo, solo per asincronia... trasloco:))

 

 
 
 

De ja vu

Post n°425 pubblicato il 15 Luglio 2011 da nagel_a


 

A volte dal mio guardare traguardano gli occhi di mille uomini del passato. Sguardi di saggi, di guerrieri, di pazzi. Attraverso questi sguardi il torrente muta la sua voce, parla altrove, da lontano, dai sassi e dal muschio.

Allora è la follia dell'allucinato cammino sulle pietre scistose di un deserto che le mappe non riportano, tra le esalazioni solforose di una terra arida e le proiezioni scheletriche di piante assetate, monito in un inferno dantesco. 
E' la pelle riarsa dal sole e dal sale di navigazioni lungo rotte mai scritte, seguendo stelle che disegnano una nuova astronomia e spiando tra le onde il risalire di mostri marini nati dalla fantasia di Verne. 
E' lo stilita sul ramo nudo di un paesaggio metafisico, astratto ed essenziale, come pensieri rivolti a un dio lontano che si ama nella sua assenza.
Sono le vie dei bassifondi, inciampando nella miseria umana, nei suoi delitti e nelle sue oscenità, palco per ladri e assassini, medicando una pietà che sanguina impotente. 
E' il pugno nello stomaco di condanne senza appello, nell'orrore cui può giungere la follia dell'uomo contro l'uomo, assistendo a uno spettacolo che nella memoria ha un suo tabernacolo intatto dove brucia ogni giorno un sacrificio senza misura (quel senza misura che dovrebbe stabilire il valore di ogni vita umana).

 

 
 
 

La follia

Post n°424 pubblicato il 13 Luglio 2011 da nagel_a


Ogni uomo insegue la sua follia, per fede o per paura.
In questa follia si rintracciano le coordinate della distruzione che egli si sceglie: distruzione assoluta o distruzione selettiva.
Si mina la fede, quasi mai la paura.

 
 
 

Interiezioni

Post n°423 pubblicato il 11 Luglio 2011 da nagel_a


Quest'io che indosso. Quest'io che ho, che sono.
Temprato dai percorsi vissuti, dai graffi e dalle carezze, modellato dai pieni e dai vuoti attraversati. 
Forse frutto accidentale di una tra le infinite possibilità abitate.

E se il viaggio e la meta, non fossero che i vestiti di quell'io iniziale? E così le esperienze e le conoscenze, fossero il linguaggio di cui si serve per raccontare qualcosa dei suoi innati paesaggi interiori?
Io sarei stata io comunque, attraverso qualunque tracciato. Solo peggio o meglio vestita. Solo muta o più abile cantastorie.


"... accettava imperturbabile qualunque possibilità perchè era sempre interamente se stesso. Sia che la sua storia dovesse svolgersi parallela a uomini e nazioni, sia che dovesse cessare. Da tempo aveva rinnegato qualsiasi calcolo delle conseguenze, e pur ammettendo che i destini degli uomini sono dati una volta per tutte, pretendeva di contenere in sè tutto ciò che sarebbe mai stato nel mondo e tutto ciò che il mondo sarebbe stato per lui, e se anche la sua sorte fosse stata iscritta nella roccia primordiale, rivendicava il diritto di agire e così diceva, e avrebbe guidato il sole implacabile fino al suo oscuramento finale come se fosse stato lui a ordinare tutto questo in ere remote, prima che ci fossero sentieri in qualche luogo, prima che ci fossero uomini o soli a percorrerli."
(Cormac McCarthy, Meridiano di sangue)

 

 
 
 

La soglia

Post n°422 pubblicato il 09 Luglio 2011 da nagel_a


Ho visto sbiadire le volute di fumo laggiù dove schiarisce il cielo. Rimane la voce roca di camini e ciminiere, minareti di una città industriale solitaria e nuda.
Vi è un passo che non conosce fretta nè meta, quello immerso nella luce rarefatta dell'imbrunire. Quando le cose galleggiano senza tempo e lo spazio sembra liquefarsi senza leggi.

Sbuffi di fuoco dalle torri all'altro capo del ponte, scenario di un futuro già remoto, contraltare alle guglie di rame ossidato.

Sembra sia eterno quel punto del giorno che cede alla sera, non riesco mai a cogliere i singoli metamorfici stadi in cui la luce si smorza ed è già scuro.
Come ogni passaggio, come ogni età.
Interrogo soglie, da sempre, e l'enigma del loro sfuggire alla durata.
Non ne conosco che il prima e il dopo.
L'istante che attraversa è incommensurabile e non rimane. Non rimane nello spazio, nel tempo, tra le mani, nella memoria.

Nulla a che vedere con un ponte, soglia tra un'evanescente Venezia e una futuribile Marghera, tra un passato sognante e putrido e un futuro di labirinti siderurgici.

 

 
 
 

Polemos

Post n°421 pubblicato il 06 Luglio 2011 da nagel_a


C'è una vena di intransigenza che intride i pensieri e il caldo esalta .
L'arroganza di una ragione che non può essere provata, perchè ogni logica in fondo possiede le sue arbitrarietà e le sue interpretazioni. Così uno stesso fatto dipende dalle differenti prospettive e i racconti sono inconciliabili, senza sintesi.
Come se mancasse un'armonia del buon senso, che avrebbe anche una sua convenienza, un risparmio di tempo e di energie oltre che di bile travasata. Eppure questo buon senso non trova spazio nè voce. Il ruolo del mediatore è ingrato, paliativo poetico e quasi eroico, come il canto di una moderna Cassandra.
Rimane una qualche snobistica e inutile consapevolezza di stare al di fuori di mischie senza causa e senza futuro.

 

 
 
 

Acqua

Post n°420 pubblicato il 04 Luglio 2011 da nagel_a


Acqua torbida di onde mosse, densa di sabbia sospesa. Memoria in polvere bianca sulla pelle accaldata. Acqua giocosa nella spuma invadente di dune irriverenti.
Il corpo scafo, la gamba prua a sfidare allineamenti drizzati dal vento e dalle correnti. Il salmastro di alghe disperse a saturare l'aria e i capelli pastosi da gorgone marina.
Costruiti castelli, sacrificate le spalle al sole, lasciata scorrere fine sabbia tra le dita. Sono, adesso, la frescura dei boschi e la negritudine di ciliegie non colte.
Dormo ancora in mondi sommersi dal caos, ma senza il brusio avido e assetato delle zanzare.
Sono di nuovo a casa.

"Anche se cambio luogo - anche se cambiassi mondo -, mi ritrovo sempre con me, con il solito me stesso."
(E. M. Cioran, Taccuino di Talamanca)

 

 

 
 
 

Vacanze

Post n°419 pubblicato il 14 Giugno 2011 da nagel_a

 

In pausa le riflessioni, gli spunti e le note volanti. 
In pausa le immagini, le fantasie e le masturbazioni mentali.

Au revoir
Vado al mare :)

 
 
 

Brandelli

Post n°418 pubblicato il 11 Giugno 2011 da nagel_a


Sai quale veste indossa la disperazione quando assiste la tua insonnia? Quale silenzio si frange sulle sponde della notte mentre il lenzuolo è scudo al buio? Quanto è fondo il vortice dei pensieri quando non si trovano risposte e le domande sono echi vuoti? Con quanto fragore assorda le orecchie il rimbombo di una voce ormai spenta?

E' bastata una domanda, una semplice richiesta, un nulla in un contesto di niente. Affiorano alghe imprigionate dal fango e tingono l'acqua di scarlatti ricordi. Nello spazio della memoria si atrofizza il tempo, una cicatrice che contrae i giorni e tutto sta di nuovo lì, vivido e bruciante, livido e tagliente a mutilare entusiasmi, a scarnificare speranze.
Finite le notti di pianti e ombre azzurre allo specchio. Divelti i sogni sul fare del giorno. Affondati negli strati più fondi della pelle, le parole, le carezze, i baci. Non ti chiedo più quali sogni sognare, omino delle nanne, in quali viaggi immaginari librare il tuo tappeto.
Ora sogno ad occhi aperti e tu rimani prigioniero di una domanda, semplice richiesta, nulla in un contesto di niente.

 

 
 
 

La sentinella

Post n°417 pubblicato il 09 Giugno 2011 da nagel_a


Arciere dalla chioma scura e dal petto glabro, a che miri laggiù tra il folto degli alberi?
Non è il nemico dalla cotta d'acciaio, non è il cervo dagli zoccoli sonanti. Dove punti la freccia che semina morte? Non è la corteccia rugosa della quercia centenaria, non è il pesce guizzante nello stagno.
Chi vuoi colpire con la tua precisione? Su cosa poggia il tuo sguardo deciso e tagliente? Perchè ti trovi su quei merli, senti calda la pietra sotto i tuoi palmi? Fiuti il vento e la sua direzione?

Posa il tuo arco, arciere, riponi la freccia tra le altre, abbandona la faretra e rilassa la spalla. Addolcisci il nero degli occhi e abbandonati alla brezza leggera. Nulla turba la quiete tra il folto degli alberi. Dormono l'orso e la volpe. Riposa il picchio. Lontano si ristora il nemico.
Dormi arciere, sia lieve il sonno e dolce il sogno.

 

 
 
 

Il respiro

Post n°416 pubblicato il 08 Giugno 2011 da nagel_a


Scava, sprofonda uomo. Affonda nei tuoi polmoni. Riempili d'aria, di quell'aria preziosa e sfuggente, beffarda e impietosa. Aria che innaffi il tuo sangue e lo spinga irruente nelle tue arterie. Respira uomo, chè il tuo sangue scorra e dimostri la tua volontà di vivere. Inala quell'unica possibilità che hai di sperare. Ubriacati d'aria, quell'aria che preme e non trova vie, che inciampa nella tua testarda impotenza.
Apriti uomo, lascia andare, lasciati andare.

 
 
 

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"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città

 

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