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Togliatti2

Post n°1945 pubblicato il 15 Ottobre 2014 da deosoe

 

L'inizio dell'attività politica[modifica | modifica wikitesto]L'Ordine Nuovo[modifica | modifica wikitesto]

 

 

Il primo numero de L'Ordine Nuovo

A Torino, Togliatti insegnò diritto ed economia in un Istituto privato e collaborò come cronista nel quotidiano socialista Avanti!: s'impegnò anche nell'attività politica delle sezioni del Partito e tenne il suo primo comizio a Savigliano.

Nel 1919 il Partito socialista era in piena espansione di consensi elettorali, particolarmente nel capoluogo piemontese, dove lo sviluppo industriale aveva creato un forte nucleo operaio. Dopo il successo della Rivoluzione russa i giovani socialisti torinesi, Gramsci in testa, avevano avvertito che, di fronte all'inerzia dei dirigenti socialisti nazionali - parte dei quali ritenevano che la rivoluzione socialista sarebbe avvenuta ineluttabilmente per forza propria, mentre altri consideravano strategica una politica esclusivamente riformista - quello torinese poteva essere un laboratorio politico dove sviluppare le premesse di una rivoluzione italiana, per conseguire la quale occorreva però un'azione diretta allo scopo. Per dare voce a tali esigenze, per comprendere i nuovi, enormi problemi creati dalla guerra e dalle rivoluzioni che si sviluppavano in Europa e per fare i conti con la cultura italiana contemporanea, GramsciTascaTerracini e Togliatti fondarono il settimanale L'Ordine Nuovo, il cui primo numero uscì il 1º maggio 1919.

Togliatti vi tenne la rubrica culturale «La battaglia delle idee», con articoli spesso polemici: ne fecero le spese il già ammirato Prezzolini, ora giudicato un moralista, un «maestro di scuola, predestinato alla sterilità», lo scrittore Piero Jahier, cui rimproverò il dilettantismo politico e Piero Gobetti, un «predicatore del rinnovamento morale del mondo», un «ragazzo d'ingegno» sì, ma dal «frasario nuvoloso che dovrebbe dare l'illusione della profondità».[12] La recensione al libro Polemica liberale del noto giornalista Missiroli gli diede occasione, dopo aver riconosciuto i meriti storici dei principi liberali, di denunciare i limiti del liberalismo politico italiano, «movimento di un'aristocrazia intellettuale e non riscossa di sane e forti energie sociali», rispetto al quale «il socialismo può diventare il vero liberatore del paese nostro».[13]

 

 

Amadeo Bordiga

Da giugno, sotto l'impulso di Gramsci, il settimanale mutò interessi e contenuti: meno rassegne culturali e più attenzione alle forme di organizzazione che il movimento operaio italiano si stava dando, sulla scorta dell'esperienza russa dei Soviet come di quella tedesca dei Revolutionäre Obleute e degli Arbeiterräte austriaci: la creazione dei Consigli operai. La commissione di fabbrica è giudicata da L'Ordine Nuovo non solo un organo di democrazia operaia ma anche il nucleo di un futuro potere proletario, l'«ordinatrice di fatto e di diritto di tutto il regime di produzione e di scambio».[14]

Le valutazioni positive de L'Ordine Nuovo contrastavano con le posizioni critiche, per diversi motivi svolte al riguardo tanto dai sindacalisti della Camera del Lavoro - che rimproverano di anarchismo quegli operai - quanto da Amadeo Bordiga, che dalla rivista Soviet accusava l'iniziativa di «economicismo»: il proletariato non può emanciparsi sul terreno dei rapporti economici «mentre il capitalismo detiene, con lo Stato, il potere politico».[15]

 

 

Togliatti nel periodo della collaborazione a L'Ordine Nuovo

Il movimento dei Consigli continuò a svilupparsi, insieme all'estensione dei conflitti sindacali, delle serrate e delle occupazioni delle fabbriche, e gli ordinovisti, come del resto la FIOM, appoggiarono l'occupazione dellaFIAT, avvenuta il 1º settembre 1920 a seguito della serrata industriale, che fu imitata da quasi tutte le fabbriche della città, e la gestione della produzione attivata dai Consigli operai in assenza dei tecnici e dei dirigenti della fabbrica. Togliatti, che in luglio aveva assunto la carica di segretario della Sezione socialista torinese, era convinto che la dittatura proletaria fosse attuabile «perché era realizzata la sua fondamentale premessa storica: il prevalere del proletariato industriale e rivoluzionario nella vita del paese, e l'imporsi della sua ideologia di conquista a tutte le categorie di lavoratori».[16]

 

 

 
 
 
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