Intervista a “Servizio Pubblico ” di Michele Santoro

La mia Intervista a “Servizio Pubblico” di Michele Santoro su Prima Guerra mondiale e dintorni. (nessi su sutzu per chi non l’avesse vista e sentita).
di Francesco Casula

Quando scoppia il primo grande conflitto mondiale nel 1914, dopo l’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria il 28 agosto a Sarajevo, l’Italia non entra in guerra: il Parlamento, composto soprattutto da liberali, socialisti e cattolici, era neutralista.
La stragrande maggioranza era infatti contrario alla guerra: i liberali, per motivi politici ed economici, perché ritengono la guerra strumento di distruzione di persone e cose; i socialisti, per motivi ideologici e politici, perché nella guerra, qualunque Stato vinca, a essere macellati sono i proletari, essi sostengono invece la lotta di classe e la rivoluzione proletaria non la guerra; i cattolici per motivi dottrinali e religiosi: solo Dio è padrone della vita.
A fronte della neutralità del Parlamento il re Vittorio Emanuele III (noto come Sciaboletta) con il ministro degli esteri Sidney Sonnino e il Primo ministro Antonio Salandra sfiancano il Parlamento, per un intero anno, costringendolo alla fine a cambiare opinione e a entrare in guerra il 24 maggio del 1915.
Dopo lo scoppio della guerra, il re con il ministro degli esteri e il capo del governo hanno colloqui sia con le potenze dell’Intesa che con gli Imperi centrali. Ebbene l’Austria si dichiara disponibile a cedere all’Italia, se solo fosse rimasta neutrale, le cosiddette terre irredente. E Giolitti, il gran capo dei liberali, in una lettera privata, poi pubblicata dal quotidiano “La Tribuna”, aggiungerà che “era disponibile a cedere le terre irredente e parecchio di più”.
La Stampa e i Media si guardarono bene dal darne notizia, anche dopo la desecretazione della trattative. Solo don Lorenzo Milani, parroco di Barbiana, a più riprese ne parlò e ne scrisse in “Lettera ai giudici” (1965), denunciando che quella guerra si poteva evitare. Fu inascoltato.
L’Italia nonostante tale disponibilità dell’Austria, entrerà in guerra, con la stragrande maggioranza della popolazione contraria. Le punte di diamante dei guerrafondai e bellicisti sono i nazionalisti, i futuristi (per il loro capo, Marinetti, la guerra è “la sola igiene del mondo”) i dannunziani, Mussolini con “Il popolo d’Italia”. A favore della guerra si dichiarano anche i grandi Giornali e Quotidiani ma soprattutto la grande industria metallurgica e meccanica che vede nella guerra un’occasione formidabile per fare immani profitti con la vendita delle armi e le sicure commesse da parte dello Stato.
Una guerra “inutile strage” e “gigantesca carneficina”, come denuncerà il Papa Benedetto XV nell’enciclica Ad Beatissimi Apostolorum Principis. Con 10 milioni di morti. Per non parlare dei dispersi e mutilati. Cui la Sardegna, in proporzione agli abitanti pagherà il fio più alto: 13.602 morti.
Quella guerra che Emilio Lussu nel suggestivo libro testimoniale “Un anno sull’Altopiano” descriverà mirabilmente. Lui che da “convinto e chiassoso interventista” si arruolerà volontario ma al fronte ne sperimenterà l’atrocità l’assurdità e l’insensatezza: con la protervia e la stupidità dei generali che manderanno al macello i soldati; con i miliardi di pidocchi e di topi; con la polvere e il fumo, i tascapani sventrati, i fucili spezzati, i reticolati rotti.
In cambio delle migliaia di morti – scriverà il grande storico sardo Raimondo Carta Raspi – ci sarà il retoricume delle medaglie de dei ciondoli. Ma la gloria delle trincee non avrebbe sfamato la Sardegna, perché le patacche, anche se seminate, non produrranno grano.
E la guerra di oggi in Crimea? Ha analogie con quella del Quindici/Diciotto? Sì. Questa come quella, continua ad essere voluta dagli Stati (Europei e America) ma non dai popoli; continua ad essere sostenuta dai Grandi Giornali e, soprattutto dalle industrie belliche per ingrassarsi con ciclopici profitti. Esattamente come nella Prima Guerra mondiale.
E la nostra Isola? Gravata dal 65% delle servitù, basi e poligoni militari per l’esercitazione e la sperimentazione di armi degli eserciti di mezzo mondo. E noi sardi? A produrre armi munizioni e bombe nella RWM di Domusnovas.
Da Isola di pace a Isola di guerra.

La mia Intervista a “Servizio Pubblico” di Michele Santoro su Prima Guerra mondiale e dintorni. (nessi su sutzu per chi non l’avesse vista e sentita).

di Francesco Casula

Quando scoppia il primo grande conflitto mondiale nel 1914, dopo l’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria il 28 agosto a Sarajevo, l’Italia non entra in guerra: il Parlamento, composto soprattutto da liberali, socialisti e cattolici, era neutralista.
La stragrande maggioranza era infatti contrario alla guerra: i liberali, per motivi politici ed economici, perché ritengono la guerra strumento di distruzione di persone e cose; i socialisti, per motivi ideologici e politici, perché nella guerra, qualunque Stato vinca, a essere macellati sono i proletari, essi sostengono invece la lotta di classe e la rivoluzione proletaria non la guerra; i cattolici per motivi dottrinali e religiosi: solo Dio è padrone della vita.
A fronte della neutralità del Parlamento il re Vittorio Emanuele III (noto come Sciaboletta) con il ministro degli esteri Sidney Sonnino e il Primo ministro Antonio Salandra sfiancano il Parlamento, per un intero anno, costringendolo alla fine a cambiare opinione e a entrare in guerra il 24 maggio del 1915.
Dopo lo scoppio della guerra, il re con il ministro degli esteri e il capo del governo hanno colloqui sia con le potenze dell’Intesa che con gli Imperi centrali. Ebbene l’Austria si dichiara disponibile a cedere all’Italia, se solo fosse rimasta neutrale, le cosiddette terre irredente. E Giolitti, il gran capo dei liberali, in una lettera privata, poi pubblicata dal quotidiano “La Tribuna”, aggiungerà che “era disponibile a cedere le terre irredente e parecchio di più”.
La Stampa e i Media si guardarono bene dal darne notizia, anche dopo la desecretazione della trattative. Solo don Lorenzo Milani, parroco di Barbiana, a più riprese ne parlò e ne scrisse in “Lettera ai giudici” (1965), denunciando che quella guerra si poteva evitare. Fu inascoltato.
L’Italia nonostante tale disponibilità dell’Austria, entrerà in guerra, con la stragrande maggioranza della popolazione contraria. Le punte di diamante dei guerrafondai e bellicisti sono i nazionalisti, i futuristi (per il loro capo, Marinetti, la guerra è “la sola igiene del mondo”) i dannunziani, Mussolini con “Il popolo d’Italia”. A favore della guerra si dichiarano anche i grandi Giornali e Quotidiani ma soprattutto la grande industria metallurgica e meccanica che vede nella guerra un’occasione formidabile per fare immani profitti con la vendita delle armi e le sicure commesse da parte dello Stato.
Una guerra “inutile strage” e “gigantesca carneficina”, come denuncerà il Papa Benedetto XV nell’enciclica Ad Beatissimi Apostolorum Principis. Con 10 milioni di morti. Per non parlare dei dispersi e mutilati. Cui la Sardegna, in proporzione agli abitanti pagherà il fio più alto: 13.602 morti.
Quella guerra che Emilio Lussu nel suggestivo libro testimoniale “Un anno sull’Altopiano” descriverà mirabilmente. Lui che da “convinto e chiassoso interventista” si arruolerà volontario ma al fronte ne sperimenterà l’atrocità l’assurdità e l’insensatezza: con la protervia e la stupidità dei generali che manderanno al macello i soldati; con i miliardi di pidocchi e di topi; con la polvere e il fumo, i tascapani sventrati, i fucili spezzati, i reticolati rotti.
In cambio delle migliaia di morti – scriverà il grande storico sardo Raimondo Carta Raspi – ci sarà il retoricume delle medaglie de dei ciondoli. Ma la gloria delle trincee non avrebbe sfamato la Sardegna, perché le patacche, anche se seminate, non produrranno grano.
E la guerra di oggi in Crimea? Ha analogie con quella del Quindici/Diciotto? Sì. Questa come quella, continua ad essere voluta dagli Stati (Europei e America) ma non dai popoli; continua ad essere sostenuta dai Grandi Giornali e, soprattutto dalle industrie belliche per ingrassarsi con ciclopici profitti. Esattamente come nella Prima Guerra mondiale.
E la nostra Isola? Gravata dal 65% delle servitù, basi e poligoni militari per l’esercitazione e la sperimentazione di armi degli eserciti di mezzo mondo. E noi sardi? A produrre armi munizioni e bombe nella RWM di Domusnovas.
Da Isola di pace a Isola di guerra.

Intervista a “Servizio Pubblico ” di Michele Santoroultima modifica: 2024-03-12T18:01:18+01:00da fcasula45