Speciale Porcupine Tree – 3: Per anni si è molto discusso dell’influenza esercitata dai Pink Floyd nella musica dei Porcupine Tree. Sollecitato sul punto Wilson ha sempre glissato, elencando una serie di influenze più vicine al grunge degli anni novanta che alla psichedelia progressive della band inglese. A domanda precisa Wilson risponde che dei Pink Floyd ama la dimensione del viaggio nella loro musica, e la capacità di essere multimediali nell’arte della musica come espressione che coinvolge cinema, letteratura e scenografia; ma che oggi i Porcupine Tree sono ben distanti dall’essere una semplice copia dei Pink Floyd. E su questo, ha ragione da vendere.
L’impressione è che Wilson ci abbia ricamato un poco sopra giocando con gli echi floydiani, in alcuni casi quasi riprendendo il feel di alcuni brani in modo marcato (Voyage 34 è un brano costruito partendo dal riff di Another Brick in the Wall, Daughters in Excess ricrea letteralmente un pezzo di A Saucerful of Secrets, con la batteria ad anello e lo slide a grattare le corde della chitarra); di altre somiglianze più estetiche e concettuali dei brani (come Sky Moves) si è discusso a lungo. Tuttavia è fuor di dubbio che sin dagli inizi la band abbia cercato di dare un imprinting alla propria musica, con una ritmica costruita su pulsazioni basso – batteria molto più energiche e rapide rispetto alla pigra sezione floydiana (spesso costruita su 4/4 lenti), con incursioni sonore in pieno trip da space dance.
Se la batteria di Maitland era funzionale alla prima fase psichedelico-onirico del gruppo, quella di Gavin Harrison si rivelerà congeniale per la seconda vita del gruppo; la band sembra compiere un balzo in avanti di oltre venti anni dai feedback psichedelici tardo sessanta e anni settanta, assimilando altri generi sviluppati negli anni ottanta e novanta (dal metal al grunge) e approdando ad una sorta di progressive metal di grande impatto sonoro, senza rinunciare del tutto alcune suggestioni ambientali dei primi anni.
In tal senso, “In Absentia” edito nel 2002 dalla Lava records appare come il “manifesto” di una svolta sonora, costruito su percorsi e atmosfere, più che sulle canzoni. Da Blackest Eyes a The Sound of Muzak, passando per Prodigal e Wedding Nails, la musica si irrobustisce senza perdere l’ispirazione sognante dei momenti migliori; c’è ancora spazio per l’evocazione, come nella delicata “Trains”.
Ad infoltire la sezione ritmica, oltre ad Harrison, contribuisce un altro innesto, il turnista John Wesley. Pur non essendo accreditato tra i membri ufficiali del gruppo, collaborerà alla registrazione degli album, accompagnando il gruppo come chitarrista aggiuntivo nella tournée, alternandosi a Wilson negli assoli, offrendo anche una voce aggiuntiva nei canti.
Speciale Porcupine Tree – 3 la discografia clandestina e Anesthetize – Live in Tilburg
Nel periodo 2003-2004 i Porcupine Tree pubblicano alcuni live alternando alla batteria Maitland (Warszawa) ad Harrison (XM, XMII). Degna di nota l’operazione di ristampa dei vecchi CD in edizione Deluxe (doppio CD) per la KScope, arricchiti di rarità risalenti alle sessioni di registrazione dei rispettivi album. Nel secondo CD di “Up the downstair” confluisce l’EP “Staircase Infinities”, mentre la versione ampliata di Sky Moves fonde la versione britannica a quella americana, con l’inclusione di Stars Die, e con l’aggiunta di un’interessate versione alternativa della title track. Così una parte della discografia clandestina finalmente emerge, e diventa di facile fruizione.
Nel 2005 esce “Deadwing”; continuando sul solco tracciato da In Absentia i Porcupine paiono rimescolare le carte, andando a pescare brani che riecheggiano i fasti di “Up the downstair” (come in Start of Something Beautiful); c’è spazio per il progressive metal di “Open Car” e “Halo”, e con “Arriving Somewhere But Not Here” tornano le lunghe cavalcate sonore cui ci aveva abituato in passato la band da Radioactive Toy a Russia On Ice. Nel 2006 esce il DVD “Arriving Somewhere” che documenta la relativa tournée.
Nel 2007 esce “Fear a Blank Planet” che vede la partecipazione di ospiti illustri, da Robert Fripp dei King Crimson (soundscape in Way of Out Here) ad Alex Lifesun dei Rush (assolo di chitarra in Anesthetize). Proprio “Anesthetize” pare rappresentare la summa e la sintesi del viaggio sonoro dei Porcupine Tree sospesi tra vecchio e nuovo corso. In un brano ambizioso di quasi 18 minuti diviso in tre sezioni (Anesthetize, The Pills I’m Taking, Surfer) esplode il progressive metal dei Porcupine, per approdare ad un finale allagante ad alto tasso onirico. Il degno canto del cigno di una band che, partendo dalla psichedelia fine anni sessanta, arricchita di sonorità spaziali, è approdata nel corso degli anni ad una nuova personale sintesi del progressive. Seguirà la pubblicazione del DVD “Anesthetize – Live in Tilburg“.
Speciale Porcupine Tree – 3, siamo ai titoli di coda. Come sembra premonire il titolo, con “The Incident” (2010), Wilson pare creare un incidente a tavolino per mettere la parola fine alla storia della band. Un album prolisso, zeppo di brani, nessuno così memorabile da essere tramandato ai posteri; tante idee, nessuna realmente sviluppata. A voler essere buoni salviamo “I Drive the Hearse“, il brano che chiude l’album, una ballad intimista che non sfigura rispetto ad alri episodi analoghi contenuti in altri dischi. Troppo poco per una band come i Porcupine che aveva abituato i suoi fans ad altri esiti artistici. A conclusione della storia, viene pubblicato il doppio live “Octane Twisted“, un’opera bifronte. Il primo CD è la riproposizione live di The Incident tale e quale figura nel disco (stesso ordine dei brani); il secondo CD a documentazione parziale degli show del periodo, con una versione incendiaria di Hatesong, un curioso medley tra sezioni di Russia On Ice e Anesthetize, la trasognante Stars Die, la versione integrale di Even Less, e per chiudere in bellezza una versione pulsante di Arriving Somewhere But Not Here.
Qui si chiude la storia dei Porcupine Tree. Wilson, già precedentemente coinvolto da Robert Fripp per la rimasterizzazione del catalogo dei King Crimson, si avvierà ad una brillante carriera solista. Gavin Harrison collabora con la band progressive Pinapple Thief e verrà invece assoldato dai King Crimson per la celebre ‘tournée delle tre batterie‘ del 2016 ( Harrison sarà il drive della maggior parte dei pezzi, ed è lui a chiamare gli stacchi). La tranche italiana a Torino, Milano, Firenze, Roma. Barbieri si alternerà tra dischi solisti e altri progetti musicali. Più appartata la storia di Colin Edwin, al di fuori dei Porcupine Tree. E adesso godiamoci Harridan in attesa dell’uscita del nuovo disco.
CrossPurposes
La Nota di ⲙⳕⳑⳑⲉ: Tutto ciò dal punto della narrazione musicale alla quale corre al fianco quella non meno significativa dei testi, del concept stesso dell’album, basato ‘sull’imprevedibilità della vita e sul senso di smarrimento che ci colpisce quando accadono eventi ineluttabili decisi dal destino‘.
Che The Incident sappia dare il senso di demolizione della storia della Band, lo fa sulla metafora cupa della morte ma al contempo di svolta, marcata dalla considerazione che nella discesa da una ‘realtà ottimale’ vengono demolite anche convinzioni non necessarie. Così l’incidente produce straordinariamente vita, e desiderio, in queste prove di poesia contemporanea.
Millenium21
Speciale Porcupine Tree – 2 La fisionomia di una band amata anche in Italia
commento sospeso da Millenium
Veramente l’ultimo album Closure/Continuation è previsto per questo giugno 22. Il penultimo è stato pubblicato dieci anni fa, vero, tanto quanto il motivo di questo Speciale sulla storia della band. Spiace deluderti, ma non conosco nemmeno i tuoi gusti.
Chi scrive gli articoli mette in campo la propria passione ed esperienza sulla musica che ha vissuto e conosce bene, perché solo così si può dare un valore aggiunto.
Se qualcuno vuole candidarsi e scrivere di proprio pugno articoli su altri artisti e generi musicali, può anche proporsi, sarebbe più apprezzato che commenti che mancano di rispetto del lavoro altrui.
Visto che questo è un blog ad alta densità di amanti dei Pink Floyd, parlerete degli Airbag?
La linea editoriale del blog non ha preclusioni di genere, considera girata la domanda alla fazione più floydiana*_*
Preciso che mi riferisco alla band Norvegese non all’omonimo gruppo Argentino
Si grazie impossibile pensare gli Airbag argentini floydiani:)..non so se sei una buona penna tu, puoi anche scriverne direttamente e farceli conoscere , ciao
Non li conosco ma, se me ne parlate, leggo e ascolto con piacere 🙂