“If you’re leaving close the door.
I’m not expecting people anymore.”
[Se stai uscendo chiudi la porta non aspetto più persone]
Sono i versi iniziali di “When a blind man cries“, brano inciso durante le session del celebre “Machine Head” e inizialmente escluso dal disco, per essere relegato come B-side del singolo “Never Before“.
La canzone era notoriamente invisa al chitarrista Ritchie Blackmore, al punto di non essere mai suonata dal vivo durante la sua militanza nel gruppo. Le cronache raccontano di un’unica esecuzione in un concerto del 1972 a Quebec nel Canada; solo perché quel giorno Blackmore era malato, e sostituito da Randy California degli Spirit.
In quegli anni i Deep Purple erano in pieno fulgore Hard Rock, così come immortalati nel pieno del loro funambolico estro nel celebre live “Made In Japan” (1972), da molti considerato come il miglior Live della Storia del Rock, tanto da consacrare la band come la più dura e rumorosa del circus dei primi anni settanta. In quel tripudio di folate strumentali e improvvisazioni suonate a mille sembrava esserci poco spazio per questo piccolo blues prestato al rock.
Peccato. Miles Davis diceva che “non è importante che uno suoni molto, basta che non suoni nulla di cui non sia convinto“. Nel ‘solo’ di A Blind… non c’è una nota che sia superflua, sono tutte incastonate alla perfezione; al riparo da altre perturbazioni sonore, è possibile scorgere in modo impeccabile il grande tocco del chitarrista Blackmore.
Nel 1993, in piena tournéé di “The Battle Rages On“, Blackmore molla per l’ennesima volta i Deep Purple, lo rimpiazzano in via provvisoria con Joe Satriani che a sua volta farà il nome di Steve Morse, destinato poi a restare in via definitiva nella band. Morse riprende in mano ‘A Blind’ dandole una nuova anima. Non si limita ad eseguire il pezzo come concepito in origine, aggiungendo un secondo assolo, lo manda in trance con il suo chitarrismo allucinato e coinvolgente. L’impianto della voce calda di Ian Gillan rende tutto il turgore del soul. La sua Blind, dai 3:30 iniziali arriva a sfiorare i 7 minuti. Il brano entra in pianta stabile nella scaletta dei concerti del 1996. La versione originale viene finalmente inclusa nella ristampa di “Machine Head”, uscendo definitivamente dall’oblio.
Tra le varie versioni presenti in rete, la migliore resta quella immortalata nel “Live at the Olympia ’96” di Parigi.
Ascoltare per credere.
CrossPurposes
Millegaranzieperte
Il brano è di un certo spessore lo si può intuire da come è stato composto, sempre poco ascoltato forse x seguire i più classici della band ma non ha niente da invidiare agli altri, nelle composizioni dei Deep Purple c’è sempre qualcosa di originale per ogni brano che si ascolta, sempre fuori dagli schemi e questo è quello che li definisce come dei fuoriclasse, Blackmore fondatore e compositore, chitarrista molto tecnico virtuoso e fantasioso ha portato a livelli stratosferici i Deep, Morse non da meno, ha dato un risvolto un po’ diverso alla band con le sue alchimie musicali e garantisco ke vederlo suonare è un gran piacere. Per anni è stato uno dei migliori chitarristi al mondo
ᗷᑌOᑎGIOᖇᑎO ᗪᑌᑕᗩᒪEᗯIᔕ! Grazie per il tuo intervento e per tutte le tue indicazioni musicali. Per me i Ⓓⓔⓔⓟ Ⓟⓤⓡⓟⓛⓔ erano solo un nome in un certo qual modo – tra icone magliette e spillette, riverberi del passato della storia del rock. Come non conoscere la mitica ‘Child in time’ che ti porta ai confini dell’Universo! Ma un pezzo celebre non è la discografia di una band. Come le variazioni strumentali all’interno di un brano, tanto è il percorso di una band. Grazie ai tuoi suggerimenti, e di chi scrive in Millenium, il Rock si spiega e si esprime ancora. grazieᗰIᒪᒪE
Duca, hai ragione su tutta la linea, sia riguardo a Blackmore che ai Deep Purple che a Morse. Di Morse mi piace il fatto che, oltre ad un’indiscutibile tecnica e al variegato mondo musicale che si porta dietro, ha anche una grande personalità che gli consente di confrontarsi con grandi classici senza lasciarsi intimorire, aggiungendo il suo tocco di personalità. Oltre a quello che ha fatto e continua a fare coi Deep Purple, io ho sempre presente la versione short di Kashmir dei Led Zeppelin che fece coi Dixie Dregs, dove nel finale la reinterpreta a modo suo anziché limitarsi a fare il verso.
Aggiungo che Mille ha voluto aggiungere un tocco d’anima al post.. io ho detto ok, però firmati .. devi prenderti i tuoi meriti .. e assumerti le tue responsabilità 😉
Ehi Cross non mi avevi detto ancora nulla sulla short version di di Kashmir 🙂 E a proposito di reinterpretazioni ho un argomento quesito Deep/Led – It’s A Beautiful Day/Spirit da sottoporti. Quanto al post, ho semplicemente (forse) tradotto alcuni input e spero non siano fuori tema ‘.)
Firmo:)…e il tocco d’anima serve altrimenti c’è wikipedia, no? Mi spiego, lungi da me l’idea di essere esaustiva sulla storia del rock, la sensualità del rock è affare noto, l’epoca e le genti hanno subito ed espresso al tempo una seria influenza sulla libertà di ‘costume’ …e in questo, sentimenti profondi legati alla liceità del corpo. Luci e ombre del ’68, molte riflessioni sono, non solo attuali, soprattutto volutamente soppresse e sostituite da una cosiddetta libertà sessuale e altre apparenti libertà che delineano piuttosto una marea di tabù e algidi miti moderni e inconclusivi. Quindi il ‘rock che si fa caldo’ è il giusto rimando alla naturalità del genere, e più 😉
Da come crescono i numeretti delle visite per l’inverno ci sarà ………..il riscaldamento ecologico ! Bravi!
^_^ ah ah madeinfrance, detto così mi sembra un’ottima cosa
Ciao Cross è un piacere fare la tua conoscenza su un tema da cui seguo dal 77 circa, ero molto piccolo quando iniziai ad ascoltare i Deep, avevo circa 7 anni tutto x merito di un mio fratello più vecchio di me, quei primi dischi erano il top in quegli anni specialmente made in japan ke tutt’ora ascolto con grande passione, il miglior concerto dal vivo ke secondo me vale ancora e nn ha paragoni in termini di live, una vera pietra miliare, fa piacere condividere queste cose e trovare persone molto attente e colte, sappiamo benissimo come erano con Lord e Blackmore e altrettanto bene con Morse e Airey, sono un evoluzione molto importante nella carriera della band e devo dire che fino qui ci sta tutto bene.
Ad ogni modo felice di scambiare 4 chiacchiere ma avremo modo di conoscerci meglio in altra sede
Ciao Duca, piacere mio. Io nel ’77 avevo 4 anni e non avendo nessuno in famiglia o tra amici che mi guidasse, ci ho messo qualche anno in più a farmi le ossa con certa musica. Per quanto riguarda i Purple, il valore del Made In Japan è incontenstabile, anche se penso che, nell’aver immortalato il gruppo al meglio, abbia creato qualche problema nel far apprezzare tutto il resto della produzione del gruppo. Anche gli stessi pezzi suonati a mille nel live, si fa fatica ad ascoltare gli standard originali, dopo essersi riempiti le orecchie di quelle esecuzioni. Anche per questo ci ho tenuto a portare alla luce un episodio a margine (ma cmq significativo. anche dell’immagine che volevano dare all’esterno all’epoca) come quello di Blind, che sicuramente conoscono i fans dei Purple, ma magari ignorano quelli che ascoltano un po’ di tutto, e logicamente non sanno tutto di tutti. Lo stesso criterio seguito, peraltro, per i Pink Floyd a proposito di Saucerful of Secrets.
Complimenti a 1000 x tutto quello ke sta facendo x il blog e a tutti voi che partecipate
Grazie DUCA! La lista di concerti Rock che mi hai raccontato di aver partecipato dal vivo è a dir poco stratosferica…penso che hai avuto la fortuna di seguire le band nel massimo punto di ascesa della loro carriera musicale prima della nuova Era…ᗰIᒪᒪE
Complimenti all’autore , molto preparato .Mi piace molto la scelta di proporre uno dei brani meno conosciuti di una band che ha caratterizzato la scena rock degli gli anni 70
Si Kosmic, sono brani scelti, particolarmente meditati prima della pubblicazione. Come dei vini lasciati ad affinare nelle botti di *Millenium*. Mi unisco ai tuoi complimenti per l’abile Cross. Notte in musica. Ko’