“Ciao,ciao scuola.

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In tutti questi anni di precariato ne ho viste di tutti i colori , al punto che nulla più mi stupisce e mi meraviglia.Storie belle,storie assurde,storie dolorose, storie di rinascita, conflitti risolti e irrisolti.

Ma devo dire che il mio quindicesimo anno di precariato è stato l’unico anno bello della mia carriera scolastica.Nonostante i miei problemi di salute, quest’anno mi ha dato la possibilità di vivere serena ,in perfetta armonia con tutto il cotesto fatto di colleghe meravigliose, in lotta con un’unica pecora nera della situazione: una collega che  per il semplice fatto di essere moglie di un preside si sente  autorizzata a mettere discordia,dettare ordini e trattare le sue colleghe come schiavette.

L’anno si è concluso con una festa per salutare una collega che va in pensione. Sono stati momenti intensi e commoventi ma anche pieni di ironia e divertimento.

Per me è stato un momento di profonda riflessione. Pensavo ai 30 anni di carriera della collega e alla sua tristezza dinanzi alla prospettiva della pensione,pensavo al preside che sottolineava, con ironia e ammirazione, la malattia di cui è affetto chi vuole fare l’insegnante oggi. Questa malattia che  si chiama coraggio e altruismo per un lavoro incredibile non riconosciuto. Pensavo al conteggio delle generazioni che sono passate nelle mani di questa cara collega e pensavo a quante di queste generazioni sono passate nelle mie mani. Bambini a cui avrei voluto dare di più ,quel di più che lo stato crudelmente toglie tagliando risorse e possibilità che potrebbero avere risvolti miracolosi nella vita di un bambino che sarà uomo domani. E pensavo a quanto sarebbe stato bello se anche io ,un giorno, avrei potuto andare in pensione  se avessi avuto gli stessi diritti delle mie colleghe. Ma resto qui a subire l’inganno di uno stato che tratta le persone come numeri ,uno stato che ha fatto dell’ingiustizia la sua bandiera e che continua a renderci invisibili.

E mentre io continuo a dichiararmi:

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Auguro alla mia cara collega una lunga vita per godersi quella pensione frutto di tanti e tanti sacrifici, con la speranza che ci sia un futuro decente anche per noi precari.

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“Inquietudine”

 

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Sempre rapita da  questa sensazione d’inquietudine ,di attesa d’altro e avvolta da un lancinante senso di incompiuto che dà  un senso a questa inspiegabile tristezza .

Un disordine che non mi appartiene e il bisogno di rassettare questa o quella stanza  di casa  e dell’anima.

Un tuffo nel cibo per creare la felicità e riempire un barile senza fondo sentendo che non sarò mai sazia di vita,di amore, di gioia, di sogni .

Sono una stella opaca destinata all’ombra di una vita che nega il sogno di essere stella,mare, aquila.

Vivo di poesie,rapita da raffiche di versi che mi trascinano in quell’altrove che mi contiene e mi appartiene.

Vorrei gonfiare la mia anima per contenere tutto ciò che amo: il mondo,la natura, la musica, l’arte, l’amore….ma sono solo  un puntino di sabbia in un oceano sconfinato che contiene la vita e resto qui ,con un vestito che ha il colore del tempo che scorre e scolora gli istanti che restano , e continuo a danzare  con l’incompiuto rapita dal canto di quell’ antica inquietudine che mi rapisce e mi abbraccia. (copiryght CMG@art)

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