#testdrive #Volvo V90 #testroad nella montagna pordenonese per provare una delle regine delle SW

Docile e adattiva sulle balze di una prova speciale storica dei rallies del Nordest

Morbida come il velluto nell’arrampicata lungo una mulattiera

Oggi viaggiamo davvero comodi. Su un’auto che non ci fa sentire problemi di spazio. Vista da fuori non cela gli ampi volumi interni. Anche se sono distribuiti in lunghezza e in larghezza. Per dare corpo a una linea morbida ma grintosa. Perché si tratta di una SW. Di quella che è considerata una delle Regine delle station wagon. La #Volvo V90 D4 ha iniziato a coccolarci fin da quando abbiamo iniziato questo nostro viaggio a bordo dell’auto svedese. A parte vecchi ricordi rallystici, #Volvo, negli ultimi anni ci evocava la

#Volvo Ocean Race,

una delle regate più estreme in equipaggio e a tappe attorno al mondo. Nella quale sono impegnati un velista friulano, Alberto Bolzan, che ha vinto la tappa più recente, la più dura, da xx ad Auckland, e la triestina xxx Klapcic. Salire a bordo della V90 è stata davvero una bella sorpresa. Fari che intendono cancellare ogni angolo buoi della nostra visuale, una guida adattiva che non ci fa pesare i suoi interventi, nemmeno se forziamo un po’ la mano. Ci dà la sensazione di

guidare sul velluto.

Facile a dirsi! – commenterete: su una superstrada o in pianura è semplice stare comodi in auto e guidare in relax. Così decidiamo di mettere la Volvo V90 D4 alla prova. Riepilogando: 2000 cc diesel, 190 CV 4 ruote motrici. E fin qui, la scheda si discosta di poco dalla norma. Mancano l’eleganza delle rifiniture, l’accuratezza degli accessori, la comodità dei sedili. Che di solito si ritrovano su una gran turismo. Questa, invece, è quella che oltre una ventina d’anni fa avremmo chiamato un’auto familiare. Per arrivare alla pedemontana e alla montagna pordenonese assecondiamo il navigatore e toccata San Daniele del Friuli per un caffè e uno sguardo dalla cima del colle al panorama verso la valle del Tagliamento, ripartiamo verso Forgaria. Ci addentriamo nella zona montana e dopo Anduins, dove si correva una delle prime e più impegnative gare di regolarità motociclistica, e Vito d’Asio,

raggiungiamo Clauzetto.

Un paesaggio morbido, ricoperto da una folta vegetazione, che si alterna a tratti nei quali la pietra prevale sul bosco. Un territorio che presenta caratteristiche carsiche, con formazioni di calcare particolari, residui del paesaggio preistorico della zona: allora, il mare arrivava fin qui, ricopriva le Dolomiti sulle quali si trovano tutt’oggi i resti fossili di molluschi tra le rocce in quota. Ne consegue, che la strada è di montagna, si restringe e cambia frequentemente morfologia. Inducendoci a una guida attenta…, penserete. Attenta sì, ma per nulla stressante. Anzi. Il cambio automatico a 8 marce Geartronic se la cava benissimo da solo, senza lasciare mai l’auto in sofferenza su una rampa, o troppo su di giri quando il percorso diviene più scorrevole. Ma adesso viene il bello: la nostra meta, a Clauzetto, è

l’azienda faunistico venatoria di Gianluigi D’Orlandi.

Un paio di chilometri a monte delle grotte di Pradis, anch’esse da visitare. Sulla strada provinciale che ci collegherebbe a Tramonti, e attraverso il passo Rest, alla Carnia. Non a caso, questa strada è stata una prova speciale dei rally di San Martino di Castrozza, dell’Alpi orientali, del Piancacallo. Dopo avere percorso diversi chilometri di un tracciato nervoso e largo poco di più di una sola carreggiata, possiamo commentare che la V90 è davvero maneggevole, docile e morbida alla guida, comoda, reattiva: si guida con due dita sul volante anche su un percorso impegnativo come questo. Però… ci è sfuggita la strada di accesso all’azienda. Ritorniamo indietro, e la scorgiamo: poco più di una mulattiera sassosa, con i solchi tracciati dal passaggio delle auto, o più probabilmente di mezzi fuoristrada. Cerchiamo di rintracciare il proprietario. Fortunatamente il segnale del cellulare, seppur debole, arriva anche qui. E ci conferma che l’ingresso è proprio quello, esortandoci a entrare. Ruote da 19’, larghe, stradali, confortate da un assetto morbido e accondiscendente. Questo elemento, assieme al fatto che si tratta di una 4 wd, e che è nata tra le nevi della Svezia, ci fa intuire che, probabilmente, anche in queste condizioni la Volvo V90 D4 avrebbe sfoderato la sua classe ed eleganza, mettendoci a nostro agio. E così è stato. Abbiamo imboccato la mulattiera, dato gas, e l’auto

ha cominciato a inerpicarsi come se si trattasse di affrontare una normale strada asfaltata,

o nella peggiore delle ipotesi, con un fondo sterrato ma liscio come un biliardo. A un certo punto un bivio. E imbocchiamo la direzione sbagliata. Ce ne accorgiamo scorgendo oltre la radura auto fuoristrada lungo una direttrice diversa dalla nostra. E adesso? Troviamo uno spiazzo con uno spazio troppo esiguo per manovrare. Sposto la leva del comando centrale sulla posizione R, retromarcia, e sul grande display centrale si materializza l’immagine delle telecamere che mi fanno vedere l’auto dall’alto, come ripresa dal satellite, riproducendo fedelmente tutto quanto le sta attorno. In questo modo l’inversione di marcia è facilissima. Arriviamo così al centro visite, dove ci spiegano che ci troviamo in una realtà di oltre 200 ha, il compendio di una cava dismessa, allestito per dare modo a tutti di ammirare la flora e la fauna selvatica tipiche della montagna pordenonese. Altane, punti di osservazione, belvedere situati su percorsi segnalati ci permetteranno di osservare i camosci, i cervi, la lince, le aquile che nidificano nella zona. Con un po’ di fortuna anche l’orso, che però è meglio tenere a distanza. L’azienda si chiama

Monterossa, dal toponimo che forse prende il nome dai colori della montagna sovrastante, al tramonto.

Nella parte agrituristica dove si può anche alloggiare, ci fanno assaggiare il formaggio salato di Tramonti. L’erborinato di Tramonti di sotto, la minestra di riso con il ‘pestat’, una sorta di insaccato con lardo ed erbe aromati che che da tempi remoti, nelle valli, specialmente d’inverno serviva a insaporire le pietanze. Al termine della lezione sui sapori del territorio, un caffè preparato rigorosamente con la moka e quasi quasi… Andiamo ad ascoltarci un po’ di gran musica con l’impianto della Volvo? La suggestione del posto ci coinvolge e per questa volta scegliamo di affrontare un sentiero verso una serie di formazioni rocciose, che probabilmente racchiudono l’ingresso di qualche anfratto o di una grotta. E lì attorno i primi segnali della primavera ci arrivano dal mondo vegetale.

#charlieinauto77

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#Testdrive #Mercedes-AMG Station Wagon sulle strade del Friuli

IMG_8804IMG_8805IMG_8807IMG_8809Mercedes Amg Azzurra AutostarMercedes azzurra ioIMG_8823IMG_8844IMG_8847Mercedes azzurra CastelvecchioMercedes CAstelvecchio 2Mercedes CAstelvecchio 4Mercedes azzurra ruota 2IMG_8838Una familiare di classe alta, la C della Casa tedesca, con prestazioni da sportiva e 476 CV

Rimane docile e la potenza la eroga con fluidità grazie all’8 cilindri a V raggiungendo da 0 i 100 km/h in 4,2 s

A volte ti fai un’idea di una macchina, che poi viene smentita dalle tue sensazioni, dall’aggiornamento delle tue conoscenze specifiche. Debbo ammettere che per quanto riguarda la #Mercedes, le mie esperienze si erano fermate qualche anno fa. Poi, il ripetersi dei risultati in pista, le scelte di qualche amico mi avevano riavvicinato alla Casa della stella. Ma da questa condizione, alla presa d’atto che vetture confortevoli e spaziose, quindi per forza di cose non certo leggere rispetto ad altre, sono in grado di offrire prestazioni elevate al pari di quelle da corsa, mancava … la possibilità di poterne provare una. Così, quando me ne è capitata l’occasione, stavolta con #Autostar, non me lo sono fatto ripetere due volte. Azzurro metallizzato, davvero grintosa per essere un’auto familiare e comoda, la Station Wagon era una splendida #Merceds-#AMG C 63. Ecco il primo passaggio importante: era marchiata #AMG. Che è la Casa acquisita da Mercedes, come mi aveva spiegato il Pr di Mercedes-Italia, Vadim Odinzoff, nata cinquant’anni fa in un vecchio mulino trasformato in officina, che nel tempo ha curato la parte sportiva, e le auto più performanti della Mercedes. Infatti sbirciamo la scheda tecnica: 8 cilindri a V da 4 liti, 350 KW, che equivalgono a 476 CV e un prestazioni consone: 0-100 in 4,2 secondi. Tutto ciò comincia a incuriosirci e a stuzzicarci.

Motore da 8 cilindri a V da 4 litri e 350 KW per raggiungere i 100 km/h in poco più di 4 secondi

476 CV… una delle auto più potenti che ho provato. Saliamo a bordo. La portiera rispecchia il senso di compattezza e robustezza che sono proverbiali. Regoliamo il sedile di guida, molto confortevole: i comandi, che riprendono la sezione laterale del sedile e sono molto intuitivi, sono situati nella portiera di sinistra, accanto alla maniglia. Ci sediamo, azioniamo l’accensione e il volante si abbassa, per facilitarci la guida. Al centro del cruscotto uno schermo touch screen molto sensibile, comanda tutte le funzioni lasciate al libero arbitrio del guidatore. In particolare quelle di intrattenimento, dati, informazioni. Così i comandi per scegliere il tipo di guida attorno al quale ritagliare le prestazioni della vettura. Gli interni sono molto curati. Anche i sedili posteriori sono molto spaziosi. Ma all’occorrenza si ripiegano per aumentare lo spazio del bagagliaio. Sedili performanti ci avvolgono per permetterci di assorbire le dinamiche conseguenti alle prestazioni elevate dell’auto. Il volante performante AMG ci assicura una presa adeguata. Il percorso che ci attende ci porterà sul Carso triestino. Partiamo senza spingere sul pedale. Siamo in mezzo al traffico della città, ed è inutile cercare aiuto nella potenza. Raggiungiamo la tangenziale e proviamo ad accelerare, partendo da fermo. Il sedile di guida non ci consente di apprezzare la sensazione dell’accelerazione. Come sempre, la posizione, la concentrazione, la presa sul volante attutiscono l’effetto. Se ci trovassimo sul sedile accanto, ci ritroveremmo schiacciati nella morbidezza del sedile, realizzato in fibra Dinamica, creata nello stabilimento Miko di Gorizia. Non ci resta che provare l’ingresso in qualche curva secca e lunga. L’auto è incollata all’asfalto. Il confort di guida è sempre elevato. Raggiungiamo una strada più nervosa, ai piedi del Carso goriziano. Probabilmente mi debbo ancora impratichire con le regolazioni, perché in un misto veloce sento la Classe C come librarsi nel passaggio tra una curva che in gergo rallistico avrei chiamato destra veloce in sinistra veloce.

Assetto e tenuta consoni alle elevate prestazioni senza rinunciate al confort di marcia

Ma la situazione rimane sotto controllo. Perché la parte elettronica della macchina adatta l’assetto e la regolazione delle sospensioni a qualsiasi situazione. Se la usassimo con una guida più tranquilla, i sistemi di ausilio al conducente di questa Mercedes, come di altre, ci agevolerebbe nelle curve. Anche riportandoci in carreggiata nel malaugurato caso che in un lungo o breve viaggio il sonno avesse il sopravvento. È il momento di provare la staccata: i freni sono potenti e adeguati alle prestazioni. Non abbiamo l’opportunità di metterli alla prova sulla distanza. Ma probabilmente, essendo dimensionati adeguatamente e progettati per questa vettura, non ci avrebbero deluso. Finalmente un tratto in salita: il monte San Michele, un tempo percorso di una gara in salita e prova speciale di un rally. Potenza, assetto, maneggevolezza, nonostante il volume dell’auto, ci permettono una guida sportiva. Anche con una comoda e confortevole Mercedes SW Classe C. Non solo, ma la fluidità del cambio automatico, la regolarità di erogazione della elevata potenza, che, ricordo, è di ben 476 CV, ci permettono di guidare in sicurezza. Con la AMG C 63 che esegue le nostre richieste. Ci manca il tempo per provare i consumi. Ma con un uso normale, la casa assicura sono nella norma … di un 4 litri.

#charlieinauto