Anche noi, a volte, di fronte alla Parola del Signore potremmo mormorare contro una durezza che ci spaventa. Ma a guardare bene non è la durezza di quelle parole, quanto piuttosto quella del nostro cuore. Quando contiamo solo sulle nostre forze e non ci lasciamo guidare dallo Spirito, la nostra fede cede e ci troviamo a non credere a quell’immenso dono che Dio fa di se stesso. E ancora, ci scandalizziamo quando vediamo che il dono di se stesso vale anche per chi secondo noi non lo “merita”.
Gesù ci invita a riflettere, a pensare da quale parte vogliamo stare, quale direzione vogliamo prendere.
La libertà di seguire Gesù, deriva dal fatto di aver sperimentato veramente che solo la sua parola dona salvezza. Egli parla al cuore di ciascuno, si dona a tutti, a chi lo tradisce, come a chi lo rinnega, infatti afferma che non sono i sani ad aver bisogno del medico, ma i malati.
Allora mettiamoci in cammino: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Andiamo a Lui con la nostra povera fede, tra alti e bassi, tra dubbi, paure e sprazzi di luce; affidiamogli il nostro povero cuore perché se ne prenda cura, cosi che impari ad ascoltare senza giudicare, a parlare senza ferire, ad amare senza umiliare, impari la fede quotidiana per credere e vivere nel suo amore.
“Signore,
da chi andrò se non da Te?
Desidero che i miei piedi seguano il cuore,
perché solo così ciò che la Tua Parola mi dona,
torni a Te, con me.
Spesso vago,
neppure io so dove andare
e mi spavento come un bimbo del buio.
Abbi cura di me,
Tu che sei luce, apri i miei occhi, affinché veda che sei Tu per primo
Un Dio che per darci la vita si fa mangiare non è solo un’espressione molto forte, ma è la realtà a cui siamo invitati a partecipare.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”.
Carne e sangue, sono segni concreti della della vita e del dono totale che Gesù compie per noi attraverso la sua umanità.
Mangiare e bere ci permette di assimilare cio che assumiamo. Per crescere bene abbiamo bisogno di mangiare bene, e nulla come il corpo di Cristo ci può far crescere e aderire a Lui, il Signore di ogni bontà.
Partecipando alla Cena Eucaristica, assimiliamo la sua vita: corpo e sangue, tutto di Lui perché nulla di Dio rimanga a Dio, ma tutto venga donato all’uomo. Perché partecipando al suo corpo e al suo sangue scenda su di noi la pienezza di ogni grazia e benedizione dal cielo.
Questa offerta totale della sua umanità, ci rende visibile quel Dio invisibile che è tutto e solo amore per noi; qui si celebra l’alleanza nuova e definitiva tra cielo e terra, tra la mia umanità e la sua grandezza.
Nel dono della carne e del sangue di Gesù, il Figlio di Dio, si svela e si compie il dono di una vita che dura per l’eternità, perché solo chi mangia la Vita, ovvero chi partecipa del suo amore vivrà sempre nell’amore, e di questo ricevendo nelle nostre mani il suo corpo, gioiamo dicendo: “Amen”.
“Signore,
a volte sono così stanco
e mi rifugio qui,
in uno di questi banchi della chiesa,
tra le gente, che come me,
viene per chiedere coraggio, conforto.
“Amen!”. Ti ho tra le mani,
eppure sono io che da sempre
sono nelle Tue.
Scendi nel mio cuore,
rassicuralo,
perché non ho altro che Te,
Sii Tu la mia ripartenza
quando il cuore fatica a vedere,
e fa che li ritrovi la forza
in quell'”amen” di Te.”(Shekinaheart eremo del cuore)
«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre». Dio è il soggetto dell’azione che ci affascina, che ci fa ardere il cuore, e poco alla volta, rinnova il miracolo della sua presenza nascosta, ma viva e vivificante. Nessuno ha mai visto Dio, eppure ci attira a sé, nella concretezza dei nostri rapporti, in quella umanità che ha voluto condividere con ogni essere umano, nei nostri luoghi quotidiani; qui ci ammaestra e ci dona un pane migliore di tutti: “è il pane che discende dal cielo”.
Il pane è il Figlio mandato dal Padre, quanti si nutrono di esso partecipano alla vita del cielo e diventano un pezzetto di cielo per gli altri qui in terra.
L’uomo vive da sempre con lo sguardo al cielo, col desiderio di superarsi, di scoprire nuovi mondi, ma impara a vivere su questa terra vedendo solo l’invisibile, quelle cose più vere e autentiche che costruiscono le relazioni, quei gesti di amore, di misericordia, di benevolenza, quelle briciole di pane che nutrono la vita.
Lasciamoci attirare da quell’Amore che ci insegna ad alzare lo sguardo, a vivere da risorti, a credere in Gesù che è la rivelazione piena e perfetta del Padre per la nostra salvezza.
“Signore,
attira il mio cuore a Te,
tienimi accanto,
così che la mia ferita
incontrando la Tua guarisca.
Tu, Signore risorto,
ti fai pane per amore,
possa sentire questo amore.
In ogni silenzio o solitudine,
sia il Tuo pane la mia forza,
poiché la stessa forza che mi attira a Te,
è quella per cui mi hai amato sino alla fine.
Possa il Tuo pane rendermi capace di amare come Te.”
La volontà del Padre, è il desiderio che tutti possiamo partecipiare della sua stessa vita, non a una vita qualunque, bensì eterna. L’uomo è una creatura fatta per l’infinito, geme dell’eternità che porta in sé e cerca cosi una pienezza di vita che gli arrechi felicità già qui in terra.
Gesù ci indica un alimento per saziare la nostra fame di vita, fame di eternità: il pane. Tuttavia il nostro semplice pane, non sarebbe in grado di sfamare l’uomo nel suo desiderio più profondo, se Dio stesso non si fosse fatto pane per entrare in ciascuno, per diventare relazione di vita. In quel pane è racchiusa una potenza di vita tale da contenere tutto l’amore del Padre, del Figlio, l’amore dei fratelli e per i fratelli: lì c’è la vita eterna.
Dio vuole farci vivere da risorti, perché con la sconfinata ricchezza del suo amore, possiamo avere la forza di vincere le nostre morti, ovvero tutti quegli angoli bui, dove non è ancora entrata la luce della salvezza.
Apriamo brecce di luce, brecce di vita, lasciamoci raccogliere da questa volontà di salvezza che Dio ha per noi, cosi da vivere nella pienezza del suo amore la vita eterna che è la vita dell’Eterno.
“Signore,
dall’eternità il mio nome è nel Tuo cuore.
Sono nato per una grande vocazione: essere figlio.
C’è un solo pane del cielo, quel pane quotidiano che noi chiediamo in preghiera, oppure a Messa, nel Padre nostro. Un pane per nutrire non solo il nostro corpo ma il nostro cuore. Un pane, cibo che in qualsiasi luogo o continente, ciascuno si trovi, il significato è sempre lo stesso.
Che cos’è il pane? Un alimento semplice, di base, il pane è casa, il pane del cielo è Dio. E cibarsi di questo, è fare casa con Dio. Un Dio che dal cielo viene a darci se stesso: in quel pane c’è tutto. A noi resta solo prenderlo, lasciare che sia il Suo pane in grado di sanare il nostro cuore e nutrire in profondità quelle ferite, che senza quel pane condurrebbero ad una fame sproporzionata, tanto da sfamarci con ciò che cibo non è. Ed in fondo lo sappiamo, perché il nostro cuore sta bene con Lui, siamo fatti per il cielo e per quel pane.
Cibarsi di quel pane in fondo non è così strano, è vita per la nostra vita. Allora andiamo incontro a quel pane, unendo le mani accogliamolo con amore e devozione e in quel “Amen” riconosciamo Lui, il Signore della vita entrare in noi.
Non c’è amore più grande, non c’è dono più immenso di quello che è Dio per noi, perché mentre ogni speranza effimera promette un futuro che soddisfa una fame parziale, Egli invece è già qui presenza, e nutre ora una fame più profonda.
Cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio? Credete! Credete in quel Figlio in cui Dio ha posto il suo sigillo. Credere in Gesù è l’inizio, la chiave per sentirci dei veri discepoli di Dio. Un cammino di sequela che ci porterà a sentirci figli amati e a vedere che anche su di noi, Dio ha posto un sigillo.
Ma ogni meta comincia con un passo: credere. Credere non è semplice; non è solo andare a messa, fare buone azioni, credere è sapere che dentro tutta la nostra storia, Dio è con noi. Dio non è uno spettatore di ciò che ci capita, Dio è dentro la nostra storia ed proprio il sigillo di Gesù a testimoniarlo, perché in quel Figlio in cui Lui ha posto il suo compiacimento, ci siamo anche noi.
Avevamo bisogno di Gesù per sentire Dio vicino. Abbiamo bisogno di Lui per credere. Quale è il primo passo per credere? Scoprire che anzitutto Lui crede in noi. Meraviglioso! Io, con la mia storia, il mio peccato sono riconosciuto da Dio come degno di stima, e crede in me forse come mai nessuno a saputo fare.
Il Signore di ogni storia sappia farvi crescere nella fiducia, possiate sentirlo sempre accanto, persino nei passi incerti. E quando il cuore è spezzato, sia capace di tenerlo in ogni parte nella sua mano.
Credere è il passo giusto, non è avventato, credere è rispondere ad un amore di Dio che sempre è qui per dirti: non temere io credo in te!
Gesù afferma la verità di sé stesso: è Lui che è morto ed è risorto, è Lui che ci ha liberato dai nostri peccati, è Lui in mezzo a noi a portare la pace.
Il nostro animo non dev’essere più turbato, il nostro cuore ora può rassicurarsi perché il Signore non ci ha abbandonato, è nel mezzo di ogni vita che vuole accoglierlo con cuore sincero.
Affidiamo a Lui il nostro cuore, ogni tempesta e sentiamo per noi queste parole: “pace a voi”. Pace a te, che in queste parole cerchi speranza, pace a te, le cui forze sono allo stremo. Egli è con te e ti porta la pace, affinché tu non ti senta mai solo e possa sentire la mano di Dio in ogni tuo passo.
“Signore,
“sono proprio io”,
uso le Tue parole per dirti la verità di Te:
ho bisogno di pace,
ho bisogno di forza.
Eccomi,
come i discepoli ho bisogno di una parola di speranza.
Tante incongruenze troviamo nel Vangelo di oggi. I discepoli, molti dei quali erano pescatori, per esperienza sanno che non si attraversano il mare al buio di notte, men che meno con un forte vento; poi vedono Gesù e invece di riconoscerlo si spaventano, eppure avevano appena mangiato con Lui, sono stati testimoni di un miracolo di pani e di pesci; hanno visto Gesù essere compassionevole con una folla bisognosa di pane e d’amore, di essere guarita, di ascoltare la sua parola.
Gesù ancora una volta rassicura tutti: “Sono io, non abbiate paura!”. Lui si fa presente, proprio quando sembra che la nostra vita non riesca ad attraversare i passaggi della sua storia, senza qualcuno che ne accompagni il suo andare. Abbiamo bisogno di questo Dio d’amore, che plachi il tumulto del nostro cuore. Non dobbiamo aver paura di Dio, questa ci coglie non tanto per assenza di coraggio, quanto per mancanza di fiducia, quando ci facciamo un’idea sbagliata di Dio, pensando che Lui voglia toglierci qualcosa, invece Egli dona, non scordiamocelo mai. Dona tutto se stesso, perché la nostra vita possa attraversare ogni momento, ogni situazione, tutta la nostra storia per approdare ad una fede libera e senza paura.
Alla “mancanza” di quella folla affamata, corrisponde l’abbondanza di pane che il Signore dona. A quel bisogno di amore della folla, venuta per incontrare Gesù, corrisponde una compassione capace di andare in profondità, così che sia nutrito anche il cuore.
L’abbondanza con cui il Signore nutre, è paragonabile alla Provvidenza che ci viene incontro lungo il giorno; può essere un sorriso inaspettato, un saluto o semplicemente qualcuno in grado di dirci: “sono qui con te”, oppure anche solo camminare per strada e vedere i colori che la primavera ci ha donato, quel verde brillante delle foglie nel cielo blu del tramonto, sono segni che Lui ci è accanto e come allora, usa ciò che ha per arrivare a noi.
È interessante notare come Gesù faccia raccogliere con attenzione l’avanzo di quell’abbondanza, che non vada sprecato. Si, perché l’amore si consuma, non si spreca. Tutta quella folla verrà nutrita, eppure nonostante questo non capisce, cercano di farlo Re. Ma Gesù non è re come dicono loro, la sua vita è spesa per amore, non per potere.
Spesso anche noi ci sentiamo parte della folla, corriamo e la frenesia del quotidiano ci fa dimenticare di Lui, dei dettagli della sua presenza, in noi. Oggi andiamo a quel pane Eucaristico come la prima volta, ma non siamo piu dei bambini siamo uomini e donne con il nostro carico di speranze come quella folla che in fila attende quel pane. Mettettiamo nelle sue mani il nostro cuore, così che lo benedica e lo guarisca dalla ferita e dal peccato. Quei pani e pesci sono un evento straordinario, che diventerà per noi quotidianità nella mensa Eucaristica. A noi il compito di ricordare la Sua compassione, la sua Parola nella domanda a Filippo, il suo essere in disparte a pregare, così da essere capaci di vedere la compassione. L’ascolto e la preghiera, siamo quei pani e pesci spezzati in abbandonanza, dove il cuore rivolto all’altare di Dio, in quel “amen”, ponga tutto se stesso e senta quanto Dio per primo ha messo se stesso per noi, affinché nessuno vada perduto.
“Signore,
“Amen”, ti accolgo in me,
liberami Tu.
Pane del cielo,
venuto in un cuore dalla fame abbondante,
possa la Tua compassione,
il mio l’ascolto e la preghiera,
essere un inizio in cui
sentirti accanto,
così che amandomi profondamente sappia mettere il cuore,
Nel Vangelo di oggi, troviamo scritto: “senza misura egli dà lo Spirito”.
In precedenza a tale versetto, Gesù stava spiegando la differenza tra coloro che vengono dall’alto e chi viene dalla terra. Qui è in gioco anche la nostra vita, tra alti e bassi, tra sprazzi di cielo e fango. Da dove veniamo? Siamo terreni, fragili, ma con il cielo nel cuore, perché “senza misura egli dà lo Spirito”.
Senza misura, perché è così l’amore di Dio. Se vuoi unire cielo e terra, solo l’amore può farlo. Se vuoi unire il tuo cielo e la tua terra, solo Lui potrà farlo. A noi è chiesto solo di accogliere e di accoglierci quando vorremo essere altro da quello che siamo, quando la nostra fragilità diventa risposta alle nostre azioni, eppure al di là di ogni ferita o battaglia interiore, c’è sempre un cielo a cui affidarsi.
Senza misura è l’amore di Dio. Serve lo Spirito per comprendere, e nella Trinità, lo Spirito è proprio l’Amore che unisce Padre e Figlio. Senza misura, ci viene dato uno Spirito che ci unisce a Lui, in una relazione da figli.
Nel cielo è la tua dimora, la terra un posto di passaggio, attraverso cui poter vivere già senza misura un amore che perdura, un amore capace di annullare le distanze tra il Padre e il Figlio, così che tu ti senta a casa con Dio.
Sei figlio, un essere umano capace di elevare il cuore, se solo senza misura coglierai il Suo amore, e senza misura lo donerai ai fratelli; nessuno sentirà la mancanza di Dio poiché Egli non manca, precede, non abbandona, annuncia e dal tuo peccato ti perdona.