Napoli. Dalla parte di Antonio, il figlio del camorrista che ha detto «no»

C’è un giovane in Italia che deve essere conosciuto. Si chiama Antonio, è nato e vive a Napoli. Bello, alto, barba e capelli biondi. Un giovane che, come tutti i giovani, ha tanta voglia di vivere, viaggiare, studiare, esplorare il mondo, essere felice. Un giovane che sente forte il bisogno di amare e di essere amato. Credo che somigli principe Harry, giovane anche lui, che, diventato da papà, grida al mondo la sua gioia.

Antonio, però, non è un giovane qualsiasi. La sua infanzia è stata diversa da quella dei suoi coetanei. Antonio è figlio di Rosario, un boss della camorra napoletana, che tanto male ha fatto alla sua città e alla sua famiglia. La cultura camorrista, quindi, l’ha bevuta insieme al latte fin dalla più tenera età.

Che cos’è la camorra? Un’ associazione a delinquere che si divide poi in cento clan l’un contro l’altro armato. Uomini e donne che, come sanguisughe, hanno deciso di vivere a sbafo, sulle spalle della povera gente. Per loro le leggi sono carta straccia. E le persone polli da spennare. Loro sono metro e misura di se stessi. Impongono regole che altri devono osservare. Tangenti che gli altri devono pagare.

Per anni sono riusciti a ingannare anche gli onesti più ingenui. «Camorrista, sì, ma non cattivo. Camorrista, sì, ma non privo di un codice morale. Spariamo, sì, ma solo ai nostri nemici. Questioni interne. Donne e bambini per noi sono intoccabili», amavano ripetere. Bugie. Menzogne. Eppure in tanti ci hanno creduto. Poi, la maschera è caduta ed è apparso il loro vero volto. Un volto che era un ghigno. Volto di gente che non ama nessuno, nemmeno i propri figli.

Adesso, però, qualcosa di nuovo è accaduto. Qualcosa che può essere paragonato all’esplosione di una bomba. Eppure, strano a dirsi, non tutti ne hanno colto la portata. A Napoli, Noemi, una bambina di tre anni, lotta tra la vita e la morte. Un “proiettile vagante”, destinato a un altro, l’ha colpita mentre passeggiava con la nonna.

A Napoli, i camorristi, i loro affiliati, i loro scagnozzi, i loro sicari, non si fanno scrupolo di sparare tra la folla, davanti alle scuole, davanti alle chiese. E spesso ci scappa il morto. Vittime innocenti come Gesù bambino. Allora anche le coscienze dei dormienti si svegliano, anche nei più pigri c’è un sussulto di rabbia e di dignità.

La gente scende in strada e grida la sua paura. Torna a chiedere i propri diritti. In genere dallo Stato ottiene piccole risposte. Piccole, insufficienti, perché non vanno mai alle radici. Non affrontano il problema alla base. Passata la bufera, trovato il colpevole di quel determinato crimine, tutto torna come prima. Fino al prossimo dramma. Così da anni.

 

Domenica scorsa, ancora una volta, la gente è scesa in strada. Il solito corteo? No. Tra le persone, spicca Antonio, il giovanotto di cui abbiamo parlato prima. Si fa avanti. Prende il megafono. E parla. In piazza, davanti alle telecamere. Chiaramente, parla. Coraggiosamente, parla. « Sono stanco di sentirmi figlio di… Io sono Antonio Piccirillo che vuole un futuro migliore per mio padre per le future generazioni. E a tutti i figli di camorristi dico, non nascondetevi dietro un dito, i vostri padri, i nostri padri, non servono a niente. Volergli bene è un’altra cosa. La stima è importante. Fate un passo indietro, fate schifo, ci fate schifo a noi giovani e a noi figli …».

Il discorso continua e i napoletani non credono ai loro orecchi. Non è accaduta spesso una cosa del genere. Anche quando qualcuno ha preso le distanze dalla sua famiglia mafiosa, lo ha fatto in punta di piedi. Prima, perché alzare la voce è pericoloso. Poi perché non si accusa a cuor leggere chi ti ha messo al mondo senza sentirti dire di essere un traditore, un infame, un figlio degenerato. Purtroppo, tanti figli di camorra sono stati a loro volta sedotti dalla mentalità camorristica. Hanno seguito le orme paterne. Hanno continuato a camminare per quella strada maledetta.

Antonio ha dimostrato di essere un uomo coraggioso e onesto. Adesso, però, non deve essere lasciato solo. Le sue parole valgono più di mille discorsi pronunciati da chi è nato in una famiglia onesta. Questo giovane dalla barba bionda deve diventare l’icona di una città che ha voglia di rinascere, vivere, sperare. Una città stanca di temere per la vita dei suoi bambini.

Antonio deve sapere che non solo la sua Napoli, ma l’Italia intera, lo apprezza, lo incoraggia, gli vuole bene. E spera e prega che tanti altri figli di camorristi possono seguire il suo esempio. Per vivere ed essere felici. Per amare la loro città e chi li ha messi al mondo. I vecchi camorristi hanno di che riflettere se ad accusarli sono i loro stessi figli. Perché è davvero deprimente per un padre sentirsi dire dal figlio: « Papà, continuo a volerti bene, ma sappi che mi hai rovinato la vita».

 

 

 

Maurizio Patriciello

 

 

 

 

Napoli. Dalla parte di Antonio, il figlio del camorrista che ha detto «no»ultima modifica: 2019-05-10T18:58:04+02:00da Terzo_Blog.Gius

25 pensieri riguardo “Napoli. Dalla parte di Antonio, il figlio del camorrista che ha detto «no»”

  1. buon pomeriggio/sera Gius , ho visto il servizio in televisione l’ho sentito parlare e hanno intervistato anche un altro ragazzo sempre di Napoli figlio anche lui di un camorrista (il nome di questo ragazzo non lo ricordo , di cognome fa Gallo o Galli) ma da Napoli si è trasferito a Bologna e ora lavora a teatro. Che dire? Che dirti? In primis che questi ragazzi e chi come loro, sono da ammirare, che le colpe dei padri non devono e non dovrebbero mai ricadere sui figli, che queste persone non andrebbero mai lasciate sole! E’ bello leggere che c’è chi si interessa di ciò che accade attorno a noi 🙂 ; sereno fine settimana un @bbraccio, Myla 🙂

  2. Interessante questo articolo ed encomiabile la presa di posizione di questo giovane.
    Speriamo non cada nel dimenticatoio e che la bambina guarisca al meglio.
    Un abbraccio e buon lunedì, caro Gius 🙂

  3. buongiorno Gius 🙂 passo per un saluto e per augurarti un sereno mercoledì e un buon proseguimento di settimana; un @bbraccione, Myla 🙂

  4. Ci sono giorni pieni di vento, ci sono giorni pieni di rabbia, ci sono giorni pieni di lacrime, e poi ci sono giorni pieni d’amore che ti danno il coraggio di andare avanti per tutti gli altri giorni.
    R. Battaglia

    Buongiorno !!!

  5.  

    «Nel corso del cammino della mia vita ho raggiunto la certezza che le crisi avvengono per evitarci il peggio.
    Come esprimere che cos’è il peggio?
    Il peggio è aver attraversato la vita senza naufragi, cioè essere sempre rimasto alla superficie delle cose, aver danzato al ballo delle ombre, persi nell’inconsistenza, aver sguazzato nelle paludi dei “si dice”, delle apparenze, dei luoghi comuni, di non essere mai precipitato, andato a fondo in una dimensione altra e profonda di sé e delle relazioni. […]

    In una società in cui non sono indicate le vie per entrare nella profondità, resta soltanto la crisi per poter spezzare questi muri che ci circondano».

    (Christiane Singer,
    Del buon uso delle crisi, Servitium)

     

  6. Gius buon pomeriggio/sera 🙂 innanzitutto gr@zie per le belle parole scritte verso me , anche tu scrivi molto bene e fai bei commenti. Poi come ho inserito nel mio blog bisogna/serve “cadere” per potersi rialzare, servono i no, per riscoprire i si, serve fermarsi per poter ripartire. Che sia un sereno w.e.speriamo col sole un forte @bbraccio Myla 🙂

  7. In mancanza di maestri, nella società in cui viviamo, sono le crisi i grandi maestri che hanno qualcosa da insegnarci, che possono aiutarci ad entrare nell’altra dimensione, nella profondità che dà senso alla vita.

    Nella nostra società tutto concorre a distoglierci da ciò che è importante e centrale, come se ci fosse un sistema di fili spinati e di interdizioni per impedire alla persona di accedere alla propria profondità… In una società in cui non sono indicate le vie per entrare nella profondità, resta soltanto la crisi per poter spezzare questi muri che ci circondano.

    La crisi serve, in certo modo, da ariete per sfondare le porte di queste fortezze in cui siamo rinchiusi.

  8. buonasera Gius 🙂 ; leggevo nel profilo che si festeggia un compleanno 🙂 @u_gu_ri!!! ; buona domenica sera e felice settimana un @bbraccio, Myla 🙂

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