Come la lavatrice.

L’ultima volta che ti ho accesa una decina di giorni fa.
Alla sera, così da risparmiare sulla luce… mi poso sul letto in attesa che tu finisca.

Ad un certo punto mi sembra di sentire uno scroscio improvviso, potente, come fosse un fiume in piena dopo un temporale di giorni; non mi stupisco, ne fa uno al giorno, più o meno sul calar della sera.

Quando sento che l’oblò stacca la sicurezza mi alzo, scopro che il fiume in piena è passato sul mio balcone, il tubo di scarico dell’acqua si è logorato fino ad aprirsi, dopo un primo momento di incredulità, beh un gran profumo di bucato. sgrunt!

Stendo e rifletto.

Penso che non ho intenzione di investire in un tecnico per il cambio del tubo, non riesco a guardarlo subito, comincio ad accumulare la biancheria da lavare.

A inizio settimana mi cimento, naturalmente la mia lavatrice non ha lo sportello sul retro, comincio a cercare su vari tutorial, il compito di per se è banale ma nessun tutorial racconta la mia lavatrice.

Mi armo di cacciavite, e svito le uniche due viti “in vista”. Tolgo il top superiore, vedo il tubo ma non arrivo in nessun modo a vedere dove è agganciato. il blocco esterne è un tutt’uno, non mi capacito di come io possa arrivare sotto il cestello.
Comincio a svitare, tolgo il cassetto svito il supporto, smonto la mascherina anteriore computerizzata, tolgo il filtro, in basso, e ci trovo pure dieci centesimi, cerco di capire se è possibile smontarlo, ma no.. e quindi comincio a svitare l’oblò cercando di arrivare via vai sempre più in basso. Poi mi fermo,  il cambio del tubo è una cosa troppo semplice, non può essere possibile tutto quel lavoro.

Mi rassegno demoralizzata e rimonto uno dopo l’altro tutti i pezzi.
Faccio la prova accensione e funziona.
Ottimo, non ho danneggiato la centralina.

Abbandono la missione per qualche giorno, poi provo a inventarmi una soluzione.
Silicono il tubo lì dove si è lacerato.

Questa mattina controllo e il risultato è pessimo, il silicone gli ha fatto il solletico.
Decido che è giunta l’ora di portare tutto alla lavanderia a gettoni, ma no, prima voglio tentare di nuovo.

Banalmente, penso:
se non ci arrivo dall’alto, forse potrei arrivarci dal basso?!

Ruoto la lavatrice su un lato e la appoggio in orizzontale. Tadannn!
Il sotto è vuoto e l’accesso al tubo è immediato!
5 minuti e smonto tutto, esco, acquisto il ricambio, torno, lo monto, pulisco, lavo, sistemo.

… faccio due lavatrici, non una goccia d’acqua sul balcone, stendo, fiera…. 11, 50 euro di felicità.

 

Penso.
“da che punto guardi il mondo tutto dipende”

Ci incaponiamo spesso su strade tortuose, lunghe, faticose, devastanti, stressanti, sofferenti, umilianti. Ci incaponiamo rimanendo lì, non dandoci nessuna possibilità, non vedendo nessuna alternativa, non riuscendo talvolta a mettere insieme anche solo un pensiero diverso. Sfregiamo i nostri pensieri, le nostre azioni, le modelliamo per provare a passare, a farci strada, a raggiungere quell’obiettivo che talvolta neppure vediamo da dove siamo, ci intestardiamo, fissi e coi paraocchi.

Poi ci allontaniamo.

Ma tant’è per risolvere dobbiamo tornarci, con aria al cervello, con una lente nuova, con idee diverse.
Cambiare la prospettiva.

Non una consapevolezza nuova, però così in un’azione semplice è stato chiaro vedere la strada e pensare che le alternative ci sono, sì, ci sono.

 

 

 

Vento in faccia

seduta nel marciapiede in campagna.

sul calar del giorno, i colori che cominciano a divenire arancioni.

Soffia un vento leggero che profuma di pianura, di erba tagliata fresca mista a fieno, secco, steso ancora nei campi.

C’è tantissimo verde, verde nuovo, chiaro, fresco, di germogli nuovi, rose rampicanti che sbocciano in moltitudine, galline nell’aia, galli che mangiano latte coi gatti.

 

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….

un post in bozza, lasciato lì il 18 maggio.
un mese dopo, e scivola via il tempo, di giorni e di notti, di albe e di tramonti, di routine e di urgenze, di attimi, di pensieri, di fronti corrugate e di malessere, di fatica del corpo, di mani sporche, di testa nella sabbia.

 

Apertura.
Ho bisogno di aprire.

 

Giugno 1996

Lo ricordo come un’ingiustizia.

Da sempre era passata all’orale prima la sezione A poi la B.
Ero “tranquilla”.

Quell’anno no.
Una mia compagna di classe avrebbe poi dovuto sostenete un esame per entrare al conservatorio e il mio professore di musica, nonché suo padre, fece in modo di invertire l’ordine degli orali così da permettere alla figlia di avere qualche giorno in più per studiare e prepararsi al conservatorio.

Andai su tutte le furie perché iniziare dalla sezione B voleva dire iniziare da me!

“Dai, ma così finisci prima e quando tu sarai già libera gli altri dovranno ancora finire”

Nella stessa scuole era passato anche mio fratello, un paio d’anni prima, stessa sezione, stessi professori.
Avevo il “merito” di essere la più brava tra i due, tranquilla, pacata, sempre al proprio posto, mai sopra le righe, mai in evidenza.
E io mi immaginavo lui, col banco attaccato alla cattedra della professoressa di italiano, alla quale la sua classe faceva di tutto, raccolta dei piumini in primavera da infilare nel registro di classe (lei ovviamente allergica al polline), biro bic che diventavano cerbottane dalle quali partivano infiniti micro pezzettini della gomma bianca staedtler,

Lui con i suoi mozziconi di gomma nell’astuccio, io che la pulivo contro il muro per averla sempre bianca.
Lui attaccato alla cattedra, io sempre in fondo alla classe.

Comunque…

“ti prendiamo il motorino se prendi un voto alto”

All’epoca facevo il corso di chitarra e mio fratello invece suonava a scuola la tastiera.
Mi ero impegnata a preparare il pezzo di musica con entrambi gli strumenti, ero fiera di poter dimostrare quello che avevo imparato.
Mi presentai all’appello.
Non ricordo più nulla se non l’agitazione all’ingresso dell’aula di musica, dove in semicerchio erano disposti i professori e la delusione quando, felice, annunciai di voler suonare il pezzo con la tastiera:

“Non ci interessa il pezzo al piano, a scuola il tuo strumento è la chitarra”

Durò poco, fui bloccata a metà esposizione e liquidata.
Uscii dall’aula in un bagno di sudore e trovai quella sensazione di libertà che tanto mi avevano promesso.

Presi sufficiente.

“ti prendiamo il motorino se prendi un voto alto”

Mi rimbombavano in testa quelle parole, uscii dalle medie col voto più basso.
Non mi meritavo il motorino.
Ho pianto tanto, perché quel ricatto era fortissimo nella mia testa. Non lo volevo più, il motorino.
Non volevo essere accontentata, l’accontentarmi mi faceva ancora più male.
Dietro quella loro frase c’era forse la certezza che non potevo essere “giudicata” allo stesso livello di mio fratello.
Ma davanti a quel voto pubblicato io mi sentivo svalutata, non ero stata sufficientemente brava, oddio sufficientemente si, ma non abbastanza.
Sentivo l’ingiustizia del cambio delle sezioni e l’arroganza con quale mi aveva detto di no, sentivo l’amarezza di non aver potuto dimostrare il mio impegno, sentivo di non essere stata compresa.

Qualche settimana dopo ci fu il saggio della scuola musica, il mio professore delle medie, che ne faceva ovviamente parte, mi chiese di prestargli la chitarra per accompagnare un paio di ragazzi, visto che alla sua aveva rotto una corda.
Naturalmente accettai.

Suonò.
Applausi.
Scese dal palco.
Mi consegnò la chitarra.

Rimasi impietrita, nella foga con cui aveva suonato, aveva rigato tutta la cassa sotto le corde e aveva divelto mezza rosetta.
Glielo feci notare con imbarazzo e incredulità

“massì, puoi prendere i pennarelli e disegnare il pezzo mancante”

Non una scusa, nulla.
Mi aveva nuovamente banalizzato, spento e anche umiliato.

Mi impegnai a disegnare la rosetta, ma il colore sbavava sul legno infilandosi tra le venature..
capii che non era possibile, lasciai perdere..
Inutile dire che di lì a poco “appesi” la chitarra al muro.

Ecco è per tutto questo
che ti ho invitato a credere in te stessa,
ad alimentare il tuo sapere
e a far brillare sempre i tuoi occhioni,
perché le promesse non diventino delusioni
perché nessuno possa spegnere la tua luce
perché tu possa vivere ogni emozione, attraversandola…
Ed ora che il traguardo lo hai raggiunto, vola, ancora e ancora!

Perfezione

Che all’improvviso ti ritrovi zia.

nelle mani un frugoletto, che è il più bello, il più profumato, il più delicato, il più indifeso, il più..
che si scioglie in una forma e che ti rapisce nei lineamenti, morbidi, pieni, rotondi, perfetti.

la guardo e mi emoziona, come emoziona chiunque forse.
Mi commuove la meraviglia della creazione, nella vita della vita.

Mi commuove guardare i suoi genitori, nuovi anche loro, a questa vita.
Ascolto le loro paure e “educo” i loro sogni.. che sognare le loro passioni nel frugoletto mi rompe dentro.

Guardo i nonni e li penso genitori.
La passione e la protezione una e l’indifferenza, il distacco, il disinteresse l’altro.
Ruoli diversi medesimo approccio.

Vite diverse e famiglie diverse ad accoglierli ed accompagnarli a loro volta nella vita.

Un turbinio di dentro e fuori, di cura dell’altro e di protezione di me stessa, un vortice di paragoni tra i vissuti che conglobano tutti a lei.

Pensando sempre che ci si muova per il meglio, del proprio meglio nel dare il meglio. Eppure.

 

Ancora non ti ho scritto per benedirti a questa vita, ma lo farò, presto.