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Scrive Anna maria Testa rispondendo ad un elettore Grillino e lettore del suo blog Nuovo e Utile che parla di comunicazione e marketing:
“Mandiamoli tutti a casa” è lo slogan con il quale Grillo è riuscito a fare una cosa oggettivamente importante: dar voce, corpo e peso al bisogno profondo di una politica rinnovata, trasparente, etica.
Bene: gli “slogan” sono una delle mie aree di competenza. E ti posso dire che funzionano quanto più sono semplici, evocativi, ad alta intensità emozionale. Gli slogan spesso usano consapevolmente la generalizzazione e l’iperbole. Non vanno intesi in maniera letterale. Per esempio, nel 2009 lo slogan CocaCola è “open happyness”, più o meno “stappa la felicità”. Quello di Averna è “il gusto pieno della vita”.
Ma nessuno si aspetta realmente di trovare la felicità o il gusto pieno della vita (ammesso che siano imbottigliabili) in un soft drink o in un amaro.
Ecco: intendere lo slogan “mandiamoli tutti a casa” in senso letterale, scordandosi che di slogan trattasi, e crederci aspettandosi che si trasformi in realtà, secondo me è, diciamo così, superficiale e incauto.
- Superficiale perché trattasi (di nuovo: tecnicamente) di una generalizzazione troppo sbrigativa (un po’ come dire che tutti i maschi sono aggressivi, tutti i giornalisti sono asserviti, tutti i giovani sono choosy e bamboccioni, tutti i vecchi sono inutili e rincoglioniti, tutte le donne sono zoccole a parte, ovviamente, le nostre parenti di sesso femminile… e tutti gli italiani sono corrotti e mafiosi, a parte, ovviamente, noi)
- Incauto perché, anche ammesso che sia possibile mandare “tutti” (ma tutti tutti) “a casa”, fa intendere che quello sia l’obiettivo, e la soluzione. E dopo?
Perfino Travaglio, non esattamente un oppositore del M5S, scrive che sarebbe ora di far qualche proposta costruttiva:
https://triskel182.wordpress.com/2013/04/04/doppiogrillismo-marco-travaglio/
… in questo modo, magari, il pesciolino d’oro potrebbe, per esempio, procurarci un buon Presidente della Repubblica. Una legge elettorale meno indecente. Perfino, chissà, una legge sul conflitto di interessi. Senza la quale, fra l’altro, parlare di vendere due canali Rai è, credo, piuttosto incauto.
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