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SECONDA TAPPA - S. GIMIGNANO: giorno 1: miscellanea

Post n°529 pubblicato il 07 Settembre 2017 da Signorina_Golightly
 

Con la testa piuttosto appesantita per il giorno e mezzo milanese che è servito  per tornare a casa, sbrigare qualche faccenda, e ok, scaricare le foto di Grado, e rifare i bagagli, ma soprattutto con una certa agitazione che ha scombussolato in una sera il mio non certo saldo equilibrio emotivo, mi rimetto sul treno. Direzione Firenze, con il prezioso contributo di mia mamma che evita un'alzataccia ancora peggiore e mi accompagna al metrò. 

Questa volta il viaggio è meno piacevole, io un po' turbato per l'incontro con l'ex - ex della sera prima, e il treno molto affollato, chiassoso e nervoso. Il mio vicino sbuffa quando si rende conto che deve liberare il posto su cui aveva posato la borsa perchè è assegnato a me. Decido subito che mi sta sul cazzo.

Fortunatamente arrivo velocemente a Firenze dove mi aspettano le ferrovie regionali. Ma la mia speranza di poter far colazione nell'attesa tra un treno e l'altro evapora quando capisco che anzi devo correre per non perdere quello per Poggibonsi. 

Con i vagoni scomodi per posizionare il trolley opto per uno di quei sedili ribaltabili che si trovano tra uno scomparto e l'altro, vicino alle porte. Il che ha il vantaggio di una maggiore tranquillità, cosa che non impedisce a un bizzarro quarantenne fiorentino di attaccare chiacchiera, chiedendomi dove sono diretta e se sto viaggiando sola... In realtà la conversazione nasce dal fatto che il tizio si trova in difficoltà perchè deve andare al bagno, che è occupato da molto tempo. La sua teoria è che quelli senza biglietto si sono chiusi nei bagni dei treni per non essere beccati. E lui lo sa bene, dice...

Senza una vera ragione, mi faccio l'idea che sia disoccupato ed ex (?) tossico. Provo a imaginare che vita faccia mentre lo ascolto dire che in effetti è meglio viaggiare soli. Anzi no: dalla mia risposta di prima ha dedotto che io parlassi della mia situazione sentimentale (io mi riferivo al viaggio in treno), e quindi che non ho un fidanzato e che questo sia meglio. E lui, be', la fidanzata l'aveva, ora no (e a dire il vero non mi sembra così contento di non averla), ma proprio non andava perchè c'era il problema della gelosia... Quella di lui! O meglio di lei che lo rendeva geloso...

Rinuncio a provare qualunque tipo di ragionamento, e del resto non potrebbe aggiungere molto altro al discorso perchè mister vescica piena deve scendere.

Io penso che quel tipo pensasse che manco morto sarebbe andato in vacanza da solo e che avrebbe dato un braccio per avere una nuova ragazza di cui essere geloso.

Non ci vuole molto neppure per Poggibonsi, e scesa dal treno inizio a sperare con tutta me stessa che ci sia tempo per una seconda colazione. Vengo esaudita: nel piazzale della stazione c'è una caffetteria piuttosto tranquilla dove attendo una mezz'oretta il bus e continua la mia scrittura a mano del diario di bordo (quanto mi piace farlo!).

Poggibonsi non mi attrae per niente (avrò modo di farci un giretto poi); quindi raggiungere in pochi minuti il piazzale di San Gimignano, proprio davanti alla porta di San Giovanni, mi riempie di gioia e meraviglia: sto per varcare la soglia del tempo. Stanotte si dorme in un borgo medievale!

Il mio alloggio dista pochi metri dalla porta e dalla via principale del borgo che ha uno sviluppo prettamente longitudinale e la cui forma all'inizio mi sfugge ma poi imparerò a conoscere.

Non mi ero neppure accorta di non aver prenotato un B&B ma un affittacamere, e niente, tutto in questa vacanza mi entusiasma, così l'idea dei avere una mia camera che è un pezzo di una vera e propria casa centenaria (millenaria?), mi fa l'effetto che fanno le giostre a un bambino.

La mia casina è come tante, forse tutte, lì: casine in pietra e mattoni ocra di 2-3 piani con tetti tegolati spioventi, le finestrelle con le imposte in legno bruno, senza balconi.

La stanza è un colpo di fulmine: al secondo (e ultimo) piano, piccola, bianca, con il soffitto solcato da irregolari travi a vista in massiccio legno scuro; luci moderne e minimali, quasi soltanto lampadine, un angolo di parete attrezzato come armadio , una mensola con un vassoio provvisto di tutto l'occorrente per preparare una tisana, pavimento in cotto, ma soprattutto...LA FINESTRA!

                                   Io di quadri ne vedo tre - I see three pictures

                                       (Io di quadri ne vedo tre )

Una giocosa finestra che si apre su un vicolo e che nel soggiorno toscano sarà il mio punto di osservazione sui tetti della città, e in particolare sul tetto di fronte da cui ho la costante compagnia dei piccioni. E ogni tanto spierò la vecchina che lascia filtrare un pezzettino della sua vita quando apre la finestra della sua cucina di fronte alla mia ma un po' più in basso. Mi affaccio e mi riaffaccio quando desidero sentire calore familiare, pure se lei non si accorgerà mai di me. E le imposte in legno, regolabili in più versi, diventano il mio giochino e il mio desiderio, inesaudibile purtroppo nel mio appartamento milanese con fredde e grigie tapparelle. Ora le chiudo chè devo svestirmi. Ora le tengo le chiuse ma le apro in verticale per riuscire ad osservare i piccioni senza che mi vedano. Le imposte come un sipario che mi permette di mettere in scena il mio teatro o come il diaframma di una macchina fotografica.

(Piccioni, uffi, perchè vi immobilizzate se apro le finestre??? Siamo vicini di tetti, potremmo fare amicizia, non trovate?)

Questa tu per tu con i tetti del borgo, con il lampione-lanterna posto proprio sotto la mia finestra a conferire un tocco retrò, mi sa tanto (piacevolmente) di Luna e Gnac. 

E se lascio le imposte aperte, pure sdraiata sul letto riesco ad osservare la vita sui tetti ed ascoltare il vociare di turisti e passanti per i vicoli. E insomma, su quel letto fresco ci si sta così bene, che prima di improvvisare una visita per il borgo, mi ci faccio una bella pennichella pomeridiana.

Il primo giro per il borgo mi vede un po' nervosa: ancora senza una mappa dettagliata dei luoghi, vago confusa tra l'insopportabile orda di turisti, per lo più stranieri, e ulteriormente stordita dalla bellezza che qui è ovunque: nelle torri, nelle mura, nei pendii coltivati tutt'intorno...

L'unica cosa che ricordo bene, è che la guida raccomandava il famoso gelato dai Dondoli, vincitore di più edizioni del gelato più buono del mondo: accetto quindi quel che normalmente non farei mai, una lunghissima fila premiata dal doppio gusto zabaione al vin santo e il celebre crema di Santa Fina, una particolare ricetta locale a base di zafferano (che ho scoperto essere una famosa produzione di San Gimignano, quando lo pensavo esclusivamente orientale) e pinoli.

Il giro random prosegue per la Rocca di Montestaffoli dove posso sfogare la mia voglia di foto, con vista ora sulle colline del Chianti, ora sulle torri, le piazzette, le chiese e queste centinaia di meravigliose casette in pietra e mattoni rosso chiaro. Ancora non sono in grado di orientarmi e ordinare nella mia mente quel che vedo, e questo mi disturba.

Pure che le colline intorno sono il Chianti scoprirò soltanto a posteriori, mentre per ora sono molto più genericamente colline senesi.

Decido quindi di uscire dalle mura e seguire il consiglio dell'affittacamere, che per inciso mi faccio l'idea sia una simpatica lesbica frickettona sui 45 anni: cenare in un ristorantino appena fuori dal borgo, dove (dice) vanno gli abitanti del posto. Per il panorama, niente da eccepire, ma sul fatto che sia un ristornante da consigliare, ho i miei seri dubbi: quasi per nulla caratteristico, con piatti molto global e per lo più vegani-vegetariani. Non esattamente quel che cerco in centro Italia...

Zigzagando nei dintorni del piazzale antistante Porta San Giovanni, raggiungo un punto da cui parte una strada sterrata che ora sale ora scende, perdendosi tra i campi. Che sia lei quella Via Vecchia che cercavo senza darmi pace? La celebre via da cui si ha una vista privilegiata e spettacolare del borgo? 

                           S. Gimignano dalla Via Vecchia

                                      (S. Gimignano dalla Via Vecchia)

Non ci sono dubbi: sto davvero camminando tra quelle colline che vedevo dall'alto della rocca e che tanto desideravo calpestare fin da quando questo viaggio era soltanto una vaga idea nella mia testa. La gioia è tale che sento di voler condividere. Così mi fermo a rubare le chiacchiere tra un coltivatore di zafferano e il contadino ottantenne che possiede i campi dall'altro lato della via. L'anziano è con la moglie che mi racconta senza nasconderla la sofferenza che una vita nei campo le ha segnato il corpo malandato. Ora aiuta la figlia che ha aperto un (accogliente) B&B proprio lì, tra filari di viti e di ulivi.

                           Preziosi agricoltori a San Gimignano (lo zafferano) - Precious farmers in S. Gimignano (saffron)

                      (Preziosi agricoltori a San Gimignano (lo zafferano))

Scatto foto ai contadini che chiacchierano, chiedendomi dove trovino tanto vigore a quell'età. Entrambi hanno i volti solcati da profonde rughe, i visi abbronzati in cui spiccano vivaci e luminosi occhi azzurri.

Chiacchierando con l'anziano contadino, lascio il campo di zafferano e il suo proprietario operoso, perchè qualcos'altro mi attende: il vecchietto, saputo che desideravo fotografare il borgo dai campi, mi ha invitata a girovagare per la sua (sterminata) proprietà, fotografando a mio piacimento. Mi dice che è proprio dai suoi campi che si ha un palcoscenico unico sulla cittadina. Ed è vero! Ecco un'altra delle più appaganti sessioni fotografiche di questa vacanza a tappe!

Il tardo pomeriggio trascorre così.

La sera la stanchezza inizia a farsi sentire anche oggi (in questa vacanza credo di non essermi mai svegliata topo le otto), ma vorrei titrare le dieci per il concerto gratuito alla rocca... Mi dirigo perciò, con poca convinzione, verso il borgo. Ma la verità è che alla rocca neppure ci arrivo: mi fermo prima, per la curiosità di vedere che c'è nel sontuoso atrio che pare visitabile e che si trova al piano terra di una delle torri del borgo. Un giovane ragazzo dall'aria innocua (tipo quelli che di solito non piacciono alle donne) mi spiega che è la Casa Campatelli, aperta in queste sere dal FAI. Il concerto può aspettare: entro!

Mi addentro in questo elegante appartamento alto-borghese su due piani, ancora arredato nei dettagli, dove il tempo sembra essersi fermato all'Ottocento, come se fino a cinque minuti prima ci fossero stati dentro i proprietari affaccendati nelle loro cose. E' un'esperienza strana, pure perchè sono l'unica visitatrice: vago per le stanze illuminate dai lampadari dell'epoca, soffermandomi ora sul libro ancora aperto sulla scrivania, ora sulla Olivetti pronta per l'uso, il mappamondo, il porta-penne, cartoline, lettere. C'è pure la culla di un neonato. E quadri e fotografie di famiglia: mi sento quasi una ladra. Sono incuriosita dall'esperienza ma al contempo  non so, il tempo che si è fermato, l'assenza delle persone a cui appartengono quegli oggetto, lascia aleggiare un brivido di mortifero disagio.

                                 L'Olivetti di Casa Campatelli

                                       (L'Olivetti di Casa Campatelli)

Fuori è buio. Il concerto può saltare. Torno a godermi la mia camera.

 

 
 
 
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