GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

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Incontri ordinariamente straordinari sul treno per Roma Termini (2)

Post n°585 pubblicato il 30 Marzo 2012 da sergioemmeuno
 

 

  E’ diverso dagli altri uomini, Emanuele. E’ così diabolicamente naturale e interessante in ogni azione, anche nel più stupido dei gesti, come per esempio girare le pagine di un libro facendole scivolare fra quelle lunghe dita… ah, come desidererei sfiorare quelle dita eleganti ma ben scolpite…

   Intanto non si atteggia a giocare al seduttore, per quanto sia raffinato oltremodo, e già questo è un buon inizio per un belloccio come lui. Potrebbe benissimo tirarsela ed esibire il proprio cervello – colto lo è – ma è tutto fuorché un intellettuale dal palato fine, e non è neanche un dandy modaiolo. Di politica e di economia non credo che gliene importi granché, o meglio, gliene frega il minimo sindacale. Altrimenti avrebbe un giornale specializzato sottobraccio o nel borsone misterioso.

  

   Ci si aspetta che la sua bocca divenga torrenziale da un momento all’altro, quando l’argomento scivolerà sulla sua professione – d’altronde deve averci dedicato una vita –, e se partecipa a conferenze non è un biologo qualunque. Così la bolla svanirà e il cavaliere si rivelerà nient’altro che un solitario stakanovista concentrato sul proprio impegnativo lavoro. Come altri uomini di elite.

   <<Insomma, un lavoro di vocazione il tuo, no?>> riprendo il filo del discorso interrotto poc’anzi.

   <<Ti dirò… per molti anni la passione mi ha spinto e mi ha dato tantissimo: una forza invisibile, credimi. Altrimenti non sarei arrivato a questo punto…>>

   <<Continua.>> Mi muovo su due piani: sul primo, quello della conversazione; sul secondo, dove cerco di non mostrare un eccessivo interesse nei suoi confronti. E sì, sono una donna un po’ all’antica: e una femmina come me deve fare la parte della preda: né più né meno.

   <<Poi però la passione non basta più, serve qualcos’altro…>> Quegli occhi scuri, appiccicati al finestrino, si moltiplicano e sembrano rapaci notturni in spasmodica attesa: un segnale di mobilità, un qualcosa di magmatico, d’irrequieto si agita nell’abisso dello sguardo del mio compagno di viaggio. E quella pacatezza nelle lunghe mani che manovrano nell’aria, quella “non appartenenza” ad alcun stereotipo di Uomo, quelle folate di Hypnose di Lancome, quella mente solitaria che batte scollegata da tutti gli orologi del pianeta, ecco, un pensiero impudico e legittimo si fa strada in me: tutto ciò ha un senso. E anche se non ci fosse un senso, farei di tutto pur di trovarne uno

   Nel più bello del ragionamento, mi lascia sola su una fune sospesa a mezz’aria; quindi, un suo improvviso sorriso di conforto e di vicinanza mi contagia all’istante: <<Poi, Sabrina, serve nient’altro che la voglia, la fame di vita.>>

   <<Non mi chiedi come la penso a riguardo?>>

   <<No. So già che la pensi come me.>> Sfacciato.

   <<Cosa stai leggendo?>>

   <<Il giocatore, di..>>

   <<Sì sì lo so>>, lo interrompo con garbo.

   <<Giusto, che idiota sono! La letteratura è il tuo pane…>>, mormora con garbo speculare al mio.

   <<Beh sì. Ti piace Dostoevskij, come mai>>, osservo distogliendo lo sguardo dal finestrino.

   <<Mi piace la sua analisi della psiche umana. Tutto qui.>>

   Nel frattempo passa il bibitaro per i corridoi, e ci prendiamo due meravigliosi caffè in bicchierini di plastica.

   Prima di bere, tocca il bicchierino alle estremità con gli indici, quasi volesse ipnotizzare il caffè, e si volge verso di me. E via! un altro sorriso da ambo le parti.

…Poi serve nient’altro che la voglia, la fame di vita.

Non mi chiedi come la penso a riguardo?

No. So già che la pensi come me.

Ecco, ho solo un desiderio, ora. Che questo treno, che conosco meglio delle mie tasche, almeno per oggi, non arrivi mai a quell’odiato capolinea.

 
 
 
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