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« Fermi dove siamo

Vento negli occhi, re e regine

Post n°121 pubblicato il 07 Aprile 2024 da Silentvoid

In piedi su uno sperone di roccia battuto dal vento.
Piccole rughe si formano agli angoli dei miei occhi mentre li stringo per affrontare la frusta dell'aria sul volto.
Concentro alcuni dei miei pensieri, li fermo, li trattengo nel presente, come minuscoli frammenti di eternità. Li stringo forte dentro me. E li lascio andare.

Li lascio qui, per te.

Ricordo a me stesso che ogni persona è unica; ogni momento di contatto sarà storico perchè è irripetibile; è infinitamente prezioso.
Prendetevi cura delle persone.
Aiutare è quantitativo. Prendersi cura è qualitativo.
"Servizio" - questo il significato originario del termine greco therapeia.
Chiunque svolga la funzione del terapeuta è dunque letteralmente "servitore".
E io penso che non si possa assolvere ai compiti previsti per il terapeuta, se non ponendosi totalmente al servizio del proprio "assistito" e dunque prestandogli obbedienza.
Che sembra una parola antipatica,pesante, ma non lo è in questo contesto, poiché
"ob-audire", da cui deriva obbedienza, vuol dire proprio "porsi all'ascolto".
A volte possiamo essere totalmente al servizio di un'altra persona, divenire dunque noi stessi terapia, "semplicemente" ascoltandola.
Ricordo a me stesso di ascoltare, sempre. Di svuotarmi mentre ascolto, di essere ricettivo.

Non dimenticate mai di essere ricche, di essere ricchi, infinitamente ricchi.
Siete re e regine, dei e dee. Dovete solo rendervene conto.

Possiedi te stessa e sarai padrona di ogni cosa.

Sii il maestro di te stesso e sarai il maestro di ogni cosa.

Se possiedi solo le cose,continuerai a essere una mendicante. 

Se vorrai possedere le persone, sarai un violento.

A volte inizi a credere di possedere delle "verità" spirituali, ma non cambia niente. Cambia solo la forma.

La gente cambia in continuazione, ma non si trasforma veramente.

Non essere mai avaro del tuo amore e della tua comprensione. Non accumularli altrimenti li perderai.
Non porre condizioni al tuo amore.. il modo migliore per farlo è condividere la tua
comprensione.

Ricordo a me stesso tutte queste cose, le stringo dentro me, le comprimo così forte che divengono trasparenti gocce che scivolano via dall'angolo dei miei occhi.

E cadono qui, senza rumore.

 

 
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Commenti al Post:
cassetta2
cassetta2 il 07/04/24 alle 14:32 via WEB
Ci sono tanti posti pericolosi nel mondo, ma mai come uno sperone di roccia battuto dal vento.
(Rispondi)
bisou_fatal
bisou_fatal il 07/04/24 alle 19:43 via WEB
"Col vento nei capelli,gli innamorati sulla spiaggia di un mare di inverno". Dal "La prima notte di quiete"
(Rispondi)
bubriska
bubriska il 08/04/24 alle 00:11 via WEB
Il tuo incipit del post mi ricorda molto il Viandante sul mare di nebbia, dipinto di Friedrich. Chissà forse anche il Viandante, dopo aver scalato le rocce, nel contemplare l’infinito e la nebbia stringeva forte a se i pensieri, per poi lasciarli fluire nel mare etereo. Bisognerebbe essere poeti nel muovere le nostre emozioni, custodi dei nostri sentimenti, ascoltarsi prima, per poter a nostra volta porsi all’ascolto, porsi alla sincera condivisione avendo si, come scrivi, la capacità di svuotarsi, ma anche la capacità di neutralizzare il sentire prima di essere ricettivi, perché il saper ricevere è un dono per pochi. Proprio ieri ascoltavo le parole di una terapeuta, psicologa, esoterica. Spiegava di come la condivisione, il prendersi cura, sia tutt’altro che facile da attuare e forse concordo con lei, il mettersi in ascolto dell’altro mettendo da parte il giudizio, mettendo da parte quella smania di dare consigli che altro non fa che mettere in risalto il nostro lato egoico, il nutrire un proprio bisogno più che nutrire un bisogno dell’ altro. Lo stare lì, fermi, in silenzio, in ascolto sincero donando quella presenza incondizionata, e se necessario il saper porre dei limiti all’ascolto, è un requisito umano, a parer mio, prezioso e insolito. Una qualità rara da trovare anche in chi tutto questo lo fa come mestiere. Come inconsueta è la capacità di scansare dai nostri sentimenti quella parola chiamata “possesso”, alla quale sempre l’essere umano mostra un attaccamento radicato più del significato stesso del termine. Nel ricordare di essere ricca, ricordo molto bene che amore non è sinonimo di possesso e nel dover rendermi conto di essere regina o dea, preferirei il dover rimanere solo sirena continuando a nuotare in queste acque profonde e lasciando il baule pieno d’oro in fondo al mare, in balia dei pirati. Grazie per aver condiviso e lasciato qui la profondità dei tuoi pensieri e l’opportunità per una riflessione condivisa. Ciao Silent, poeta meraviglioso, tu possiedi la qualità dell’ascolto. Dal dipinto di Friedrich “Einsamkeit und freiheit” forse poco attinente al post ma ti immagino così.
(Rispondi)
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