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Vento negli occhi, re e regine

Post n°121 pubblicato il 07 Aprile 2024 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

In piedi su uno sperone di roccia battuto dal vento.
Piccole rughe si formano agli angoli dei miei occhi mentre li stringo per affrontare la frusta dell'aria sul volto.
Concentro alcuni dei miei pensieri, li fermo, li trattengo nel presente, come minuscoli frammenti di eternità. Li stringo forte dentro me. E li lascio andare.

Li lascio qui, per te.

Ricordo a me stesso che ogni persona è unica; ogni momento di contatto sarà storico perchè è irripetibile; è infinitamente prezioso.
Prendetevi cura delle persone.
Aiutare è quantitativo. Prendersi cura è qualitativo.
"Servizio" - questo il significato originario del termine greco therapeia.
Chiunque svolga la funzione del terapeuta è dunque letteralmente "servitore".
E io penso che non si possa assolvere ai compiti previsti per il terapeuta, se non ponendosi totalmente al servizio del proprio "assistito" e dunque prestandogli obbedienza.
Che sembra una parola antipatica,pesante, ma non lo è in questo contesto, poiché
"ob-audire", da cui deriva obbedienza, vuol dire proprio "porsi all'ascolto".
A volte possiamo essere totalmente al servizio di un'altra persona, divenire dunque noi stessi terapia, "semplicemente" ascoltandola.
Ricordo a me stesso di ascoltare, sempre. Di svuotarmi mentre ascolto, di essere ricettivo.

Non dimenticate mai di essere ricche, di essere ricchi, infinitamente ricchi.
Siete re e regine, dei e dee. Dovete solo rendervene conto.

Possiedi te stessa e sarai padrona di ogni cosa.

Sii il maestro di te stesso e sarai il maestro di ogni cosa.

Se possiedi solo le cose,continuerai a essere una mendicante. 

Se vorrai possedere le persone, sarai un violento.

A volte inizi a credere di possedere delle "verità" spirituali, ma non cambia niente. Cambia solo la forma.

La gente cambia in continuazione, ma non si trasforma veramente.

Non essere mai avaro del tuo amore e della tua comprensione. Non accumularli altrimenti li perderai.
Non porre condizioni al tuo amore.. il modo migliore per farlo è condividere la tua
comprensione.

Ricordo a me stesso tutte queste cose, le stringo dentro me, le comprimo così forte che divengono trasparenti gocce che scivolano via dall'angolo dei miei occhi.

E cadono qui, senza rumore.

 

 
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Fermi dove siamo

Post n°120 pubblicato il 03 Aprile 2024 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

Che cosa significa misurare la velocità di un oggetto?
In questo momento stiamo ruotando a circa 1000 chilometri all’ora intorno al centro della Terra, mentre essa gira sul proprio asse. La Terra si muove intorno al Sole a circa 100.000 km/h, cioè, all’incirca, a 30 chilometri al secondo. A sua volta, il Sole orbita a 220 km/s intorno al centro della nostra Galassia, la Via Lattea che, rispetto al mare cosmico di galassie, scivola nello spazio intergalattico a velocità più che doppia. Concretamente si può dire che, proprio ora, sfrecciamo nell’universo a circa 1.225.000 km/h.
Ma tu ed io, mica ci accorgiamo di questo moto, vero? Insomma, senti un po' qua, non è che non esiste effettivamente alcun criterio per determinare in maniera assoluta se siamo in movimento oppure no? Mi sa che è proprio così, che non esiste una maniera possibile di rilevare il moto uniforme assoluto; in nessun esperimento di laboratorio nessuno è riuscito a trovare un qualsiasi effetto che permetta di stabilire la nostra velocità in maniera assoluta.
Quindi siamo fermi. Mmm... no, non mi convince.
E' ovvio che possiamo muoverci; è facile dimostrarlo effettuando un movimento qualsiasi. Quindi, amici,amiche, meglio conservare l’idea di moto, ma considerarla relativa a qualcos’altro.
Beh, se siamo un po' egocentrici, possiamo sempre ipotizzare di non essere in moto, anche se ciò implica il moto rispetto a noi di moltissime altre cose... un po' come quando siamo seduti in treno in attesa di partire, percepiamo del movimento e non capiamo se stiamo avanzando noi o il treno vicino. Visto che non esiste un sistema di riferimento assoluto, ciascun sistema di riferimento è valido tanto quanto gli altri.
Tutto è relativo, bellezza!
Ma io e te vogliamo vedere dove ci porta questa relatività. Guardiamo solo un pochino oltre l'angolo, che dici?
Bene, lo so che la prima domanda che ti viene in mente è la stessa che si è posto Aristotele: "Se un oggetto è in moto, è necessario un agente esterno per mantenere questo moto?"
Aristotele aveva i suoi ottimi motivi per ritenere che così fosse, ma io e te, anche grazie al lui, possiamo non cadere in quella trappola, e pensare che tutto sommato lo stato di quiete non sia particolarmente naturale, che niente e nessuno sia naturalmente fermo, o meglio, che è altrettanto naturale muoversi a velocità costante.
Qualsiasi oggetto mantiene senza sforzo uno stato di quiete o di moto uniforme, ma si oppone ai tentativi di modificarlo. (Provate a dare una spintarella al vostro frigorifero e vedete se si sposta tanto facilmente, tanto per dire..)

Questa resistenza noi la chiamiamo inerzia.

E qui viene il bello. Facciamo gli ultimi passi assieme amica mia, amico mio, poi ti lascio alle tue cose..
Abbiamo detto che in ogni istante gli oggetti hanno una proprietà intrinseca detta velocità. Ma accettando la relatività del moto scopriamo che questa proprietà intrinseca è illusoria. Non corrisponde a niente: non possiamo dire in assoluto se un oggetto abbia una velocità alta o nulla.
Le uniche cose reali sono la velocità relativa, e le variazioni di velocità.
Il fatto che siano reali è dovuto all’inerzia: così chiamiamo la capacità degli oggetti di resistere ai cambiamenti di velocità. Ma benché familiare, il concetto di inerzia è bizzarro: misura le variazioni di velocità, ma la velocità assoluta è priva di significato, e persino la velocità relativa pare abbastanza sfuggente, visto che dipende dall’oggetto su cui si basa il confronto. Come fanno gli oggetti a sapere che devono resistere ai cambiamenti di una cosa tanto effimera? In qualche modo l’oggetto “percepisce” tutti gli altri oggetti circostanti, così da sapere come si muove rispetto a loro, e resistere ai cambiamenti di questo moto? Come può avere senso tutto ciò?
Che cos’è mai questa cosiddetta inerzia?

Ok, qui siamo a posto, posso andare.

Sì, lo so che non è bello andarsene lasciando tante domande in sospeso, è scortese...

Facciamo così, e vediamo se migliora le cose...se ti dicessi che in questo post in realtà il mio intento non era parlare di fisica ma che ho scelto di utilizzare la fisica per costruire una metafora di qualcos'altro che ci tocca probabilmente ancora più da vicino, mi crederesti? Fammi sapere, se ti va...

Ti abbraccio, e torno a sfrecciare nell’universo a 1.225.000 km/h...


 
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L'albero e il fantasma

Post n°119 pubblicato il 28 Marzo 2024 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

Il cielo è azzurro chiaro, punteggiato da striscioline di nuvole bianco trasparente.
È un giovane uomo,ha appena ventisette anni. I capelli biondo scuro sono lunghi, gli occhi castani tradiscono l'inquietudine che lo riempie, il dolore che lo attraversa come un reticolo di crepe su una lastra di vetro.
È una giovane donna di ventotto anni. Ha occhi verde scuro,i capelli  neri. La grande forza interiore che la sua presenza trasmette è offuscata da ciò che la vita l'ha già forzata ad attraversare.
Sono seduto sull'erba, la schiena appoggiata ad un vecchio albero. Riesco a vederli entrambi.
Anche se guardassero nella mia direzione non mi vedrebbero; è come se io fossi un fantasma, come se venissi da un tempo diverso dal loro, vibriamo a frequenze diverse. Non visto, li guardo con tutta la dolcezza che il mio silenzio possa infondere nei miei occhi invisibili.
Non c'è più il cuore di quella giovane donna in questo momento, c'è una ferita pulsante nel suo petto.
Non c'è più mente nella testa del giovane uomo, c'è un grumo di nervi esposti dove dovrebbero esserci pensieri.
Cerco con lo sguardo una porta,un dettaglio posturale,un battito di palpebre, un respiro più profondo, una porta che mi permetta di capire da dove potrei entrare per essere loro vicino, perché possano sentire che possono essere amati,che
meritano di essere amati.
Non c'è nulla che io possa fare,che possa dire, perché sono trasparente ai loro occhi. Possono però vedere l'albero al quale la mia schiena è appoggiata, dunque lascerò una parola,una frase in ogni ramo.
Mi alzo in piedi, guardo entrambi un' ultima volta, sollevo appena la mia mano un po' ruvida, a mo' di invisibile saluto, poi cammino via sotto il cielo chiaro.

Non hanno mai saputo che ero lì.

...

Una brezza leggera muove piano i rami di un vecchio albero, e il rumore che fanno è come un sussurro che sembra voler dire che la vita vi spezzerà, che vi porterà via tutto, finché sarete vuoti. L' intero universo sarà vuoto,una dispersione uniforme,immota,completa. Ma qualcosa in voi ad un certo punto si staccherà con un balzo dal dolore,dal vuoto che sempre vuole trascinarvi giù,per immobilizzarvi.
Evolverete come persone, e sarà come una danza vorticosa,o forse come un lentissimo, impercettibile movimento,ma accadrà. Scoprirete il mondo,lo conoscerete meglio,per poterlo attirare in voi,per poter continuare il vostro viaggio,la vostra ricerca.

La brezza si ferma per un istante,e i rami tacciono. Poi riprende a soffiare, e le parole
appese ai rami risuonano veloci..

Tutto evolve.. l’anemone diventa calamaro,diventa pesce; lo scodinzolamento diventa nuoto, diventa strisciare; il pesce diventa lumaca, diventa lucertola; lo strisciare diventa cammino, diventa corsa, diventa volo. Le cose viventi si protendono l’una verso l’altra. Il tropismo diventa fiuto, diventa fascino, diventa concupiscenza,diventa amore. Dalla lucertola alla volpe alla scimmia all’uomo,con uno sguardo, con una parola noi ci attiriamo, ci tocchiamo,ci amiamo. Soffriremo, certo...la creazione senza distruzione non è possibile; la  distruzione senza creazione si alimenta della creazione passata. E' il fiume della vita. In seno al fiume tornano indietro correnti, turbinano mulinelli. Il fiume stesso esita, scompare,riemerge, procede. Ma il corso generale è consapevolezza crescente, dalla materia alla mente alla coscienza.

Ma in fin dei conti che ne so io, sono solo un vecchio albero che vi porta il messaggio di un amico...di un fantasma, forse.

 
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Forse dovrei spostarmi da lì...

Post n°118 pubblicato il 24 Marzo 2024 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

C'è un arciere di fronte a me. Ci guardiamo senza paura, senza rabbia. Con curiosità.
Dopo qualche tempo egli, con un movimento quasi dolce, tira la freccia per tendere l'arco. E scocca.
La freccia scivola via dall'arco.

Corre verso il mio cuore.

Nell’eternità del suo volo, mi chiedo: che cos’è questo istante?
Trovandomi di fronte alla mia fine, la mia mente si fa acuminata: scinde il tempo in momenti innumerevoli, subito trascorsi. In uno di questi istanti perfetti vedo la freccia a mezz’aria, sospesa tra i ticchettii più minuscoli dell’orologio più preciso di tutti. In questo istante senza tempo, la freccia non si muove; niente la spinge o la tira verso il mio cuore.
Ma allora come fa a muoversi?
La mia mente accoglie il mistero, lo vuole conoscere...e intanto la freccia è in volo.

Che cos’è questo singolo istante in cui la freccia è sospesa a mezz’aria? Spesso immaginiamo il tempo come una serie di istanti che si susseguono, come i ticchettii dell’orologio. Ma se cerchiamo di concentrarci su un singolo istante del presente, esso vola via prima che noi possiamo "toccarlo".
Consideriamo un "istante di tempo": proprio questo in cui mi leggi, o qualunque altro. L’istante ha una sua durata? Si protrae per un po’? Immaginiamo che duri, soltanto un pochino.
In tal caso, come qualsiasi intervallo di tempo deve avere un inizio,una metà e una fine. Dividiamolo allora a metà in due intervalli più brevi. Riguardo a ciascuno possiamo chiedere: ha una durata? Visto che possiamo ripetere il ragionamento indefinitamente, sembra che dobbiamo giungere a una delle due conclusioni seguenti. La prima possibilità è che non esista affatto un limite alla brevità degli intervalli di tempo; sembra così di avvicinarsi sempre più a un istante di tempo perfetto e ideale, di durata esattamente nulla.
In alternativa,nelle nostre divisioni infinite potremmo arrivare a un segmento di tempo dotato di una qualche durata, ma che non ammette ulteriori scomposizioni: un “atomo” di tempo. Ecco quindi le alternative: istanti di durata nulla, o di durata infinitesimale ma non nulla.Ed entrambe queste opzioni suscitano perplessità. Immaginiamo che l’istante abbia una durata esattamente nulla: in esso non c’è alcuna possibilità che avvenga qualcosa. In quell’istante, allora, la freccia si trova solo in un luogo specifico. Sta ferma, sospesa a mezz’aria. Ma se davvero la freccia si trova in un solo luogo, non può affatto muoversi durante quell’istante, proprio come la fotografia stampata di una freccia non può muoversi sulla pagina.Dunque il problema è: se il tempo è composto soltanto da molti istanti che si susseguono, e in ogni istante singolo la freccia sta ferma in un luogo, come fa la freccia ad arrivare in qualsiasi altro luogo? Ma vediamo l’altra possibilità, insieme, io e te, ti va? Sì?
Ok, allora ipotizziamo che ciò che chiamiamo istante di tempo in realtà si protragga per un po’, come le immagini fisse che, susseguendosi, compongono un film. Secondo questo punto di vista, se consideriamo un film del volo della freccia, da un fotogramma al successivo la posizione cambia; il moto appare soltanto quando si riuniscono i fotogrammi.
Un po' meglio rispetto a prima, vero? Però aspetta...i fotogrammi cinematografici sono separati da una frazione di secondo, è la nostra mente a raccordarli creando il movimento; ma che cosa raccorderebbe gli atomi di tempo? Se il mondo somiglia alla riproduzione di un film, che cosa lo riproduce, e con quale velocità? Che cosa impedisce che tutto succeda in un attimo? E che cosa raccorda un fotogramma al successivo? Nel film un’immagine può mostrare una freccia, e nell’immagine successiva, con un improvviso stacco di montaggio, il suo bersaglio. Ma la realtà non fa mai nulla del genere: ogni momento, inesorabile, sembra nascere fluidamente da quello che lo precede. In breve, come fa il moto ad avvenire, se il tempo è composto di istanti e ogni istante è privo di moto? E ancora, amica mio, amico mio, senti questa; la freccia è composta di un numero inconcepibile di atomi, disposti in un certo modo, che evolvono insieme in una certa maniera cui diamo il nome “freccia in volo”.
Di che cosa sono fatti gli atomi? Forse risponderete "quark ed elettroni", o magari "superstringhe".
Sono quindi queste particelle subatomiche infinitamente minuscole che, incoccate e lasciate andare, stanno volando attraverso l’aria e mi trafiggeranno il cuore?

Sei ancora qui con me? Bene, bene davvero.
Abbiamo formulato tutte queste domande in pochissimo tempo,appena qualche centinaio di battiti del cuore.
E vorrei parlare di questo e di tante altre cose, con te; ma ora devo muovermi, se vogliamo che ciò accada...

...la freccia si sta avvicinando.

Ti (ri)faccio l'occhiolino.

PS: Amiche e amici miei, prima che qualcuno o qualcuna lo faccia notare, lo svelo già io... l'ispirazione dietro questo post è l'idea di una riscrittura del paradosso formulato più di 2500 anni fa da Zenone di Elea, condito con un po' di fisica quantistica e un po' di suspense. E perchè? Dirà forse qualcuno. Beh, perchè io e te di questa cosa non ne abbiamo mai parlato, insieme, e mi andava tanto di farlo. E comunque il blog è mio e faccio quello che voglio io ;)

Freccia permettendo...

 
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Dietro l'argine

Post n°117 pubblicato il 21 Marzo 2024 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

La luce rosso arancio del sole mi bagna il viso mentre guido, all'alba.
È la luce tiepida di un sole appena sveglio, senza l'aggressività dell' adolescente mezzogiorno.
Guido immerso nella musica che ho scelto per tornare a casa.
Ho bisogno di dormire. Ho bisogno di un cuore lento, di pensieri evanescenti. Decido che prima voglio guardare il fiume qui vicino per qualche istante.
Fermo l'auto nello spiazzo vicino all' argine; spengo l'autoradio..mi prendo un attimo per assorbire lo spiacevole impatto col mondo quando si spegne la musica.
Scendo dalla mia auto e cammino un po'.
Tra poco potrò riposare,tra poco...
La sua sagoma in controluce è scura, non riesco a vederlo in volto.
Mi siedo sull'erba a fianco a lui. Cingo le mie ginocchia con le braccia. Non lo guardo, guardo la nebbiolina che sale dal fiume poco distante.
"Ciao"
La sua voce è lievemente baritonale, priva di colore o inflessioni.
"Ciao a te" - rispondo
"Volevo proprio parlare con qualcuno,ed eccoti qui" - mi dice.
"Posso capirlo, ma sono molto stanco, vorrei solo andare a casa, forse bere qualcosa, dare un'occhiata al mio blog e mettermi a dormire." - gli rispondo.
"Hai un blog?" - mi chiede,e mi sembra di notare un tono divertito nella sua strana voce atona.
"Eh sì, ce l' ho da molti anni, da poco ho ripreso a scriverci dopo una pausa lunghissima"
"E come si chiama il tuo blog?"
Sospiro e rispondo...
"Si chiama Hic et nunc e ,se non bastasse, il sottotitolo è 'del non saper come vivere'. In inglese.All' epoca mi sembrava una grande accoppiata titolo in latino e sottotitolo in inglese."
Nella sua risposta risento quella nota di divertimento...
"Bah, non saprei...e cosa ci scrivi di solito?"
Esito un istante prima di parlare:
"Non saprei dirtelo, ci ho scritto un sacco di cose diverse, non c'è un unico tema. Ad esempio,potrei scrivere di questo incontro, e siccome non sapevo sarebbe accaduto, come vedi sarà qualcosa di diverso da quello che ho già scritto"
"Allora rendiamo la conversazione più interessante di così,che dici?" - ribatte lui.
"Sei tu che volevi parlare" - gli rispondo io.
"Sei tu che sei venuto qui" - fa lui.
Io: Non sapevo ci fosse qualcuno
Lui: Cambia forse il fatto che volevi venire qui? Non è che magari dovevi passare di qua?
Io: non direi. Ho scelto. Ho deciso.Libero arbitrio.
Lui: sicuro che invece le cose non accadono perché devono accadere?
Io: mi sembra un po' troppo determinista come affermazione...
Lui: e tu come puoi affermare che il determinismo sia sbagliato? Che tutto ciò che ci accade debba necessariamente accadere non ti ha mai sfiorato la mente?
Io: certo che mi sono posto la questione, e la tentazione di abbandonarsi al sollievo di pensare che niente dipenda da noi,dalle nostre scelte, mi ha anche solleticato. Ma non convinto.
Lui: dunque pensi davvero di avere scelta,e che le cose possano accadere anche per caso? Magari in realtà non hai altra scelta che pensarla così,e invece pensi di essere tu che decidi di pensarla in questo modo.
Io: dunque tu sostieni che tutto vada esattamente come è preordinato, consequenziale che vada, che nulla accada per caso e che quindi siamo finalmente liberi dal fardello di fare delle scelte,di fare del bene o del male. Un gran sollievo davvero.Posizione interessante,ma a mio parere fallace.
Lui: non vedo come tu possa uscire da questa impasse. Da quando si sono scontrati i primi due atomi dell' universo, tutto è andato in maniera preordinata, tutte le cause e gli effetti ti hanno portato esattamente qui,a dirmi esattamente quello che mi stai dicendo. Le leggi della natura hanno determinato le tue azioni.
Io: questa ipotesi però l'ho già detta io prima...
Lui: in effetti...sei un po' orso però,lo sapevi?
Io: (sospiro) allora facciamo così. Siccome sono stanco e voglio andare a rubare il miele e catturare salmoni e grattarmi la schiena contro un albero, ti dirò perché credo che tutta la questione libero arbitrio/determinismo sia posta nel modo sbagliato, e come di conseguenza le nostre posizioni appaiano inconciliabili.
Lui: prego,orso parlante...
Io: tu dici che le leggi della natura determinano le nostre azioni. Ecco, io penso che la parola determinano sia la sottile ma potente causa dei fraintendimenti,e che abbia confuso le acque nelle controversie sul libero arbitrio e il determinismo. Le nostre azioni sono certamente in accordo con le leggi fisiche della natura,ma dire che esse sono determinate dalle leggi della natura crea un' immagine psicologica totalmente fuorviante;fa pensare cioè che la nostra volontà possa essere in qualche modo in conflitto con le leggi della natura e che queste siano in qualche modo più potenti di noi e possano “determinare” le nostre azioni, che noi lo vogliamo o no. Ma è semplicemente impossibile che la nostra volontà entri mai in conflitto con le leggi naturali. In realtà io penso che noi e le leggi naturali siamo la stessa identica cosa.
Le cosiddette “leggi fisiche della natura” non sono altro che una descrizione di come appunto io, tu e gli altri esseri agiamo. Sono semplicemente una descrizione di come
noi agiamo, non una prescrizione di come dovremmo agire, non un potere o una forza che costringe o determina le nostre azioni. Per essere valida, una legge della natura deve tener conto di come noi di fatto agiamo, o, se preferisci, di come noi scegliamo di agire.
Pensaci un po'...spesso usiamo l’espressione “Sono determinato a fare questo” come
sinonimo di “Ho scelto di far questo”. Ma proprio questa identificazione psicologica dovrebbe rivelare che il determinismo e la scelta sono molto più vicini tra loro di quanto potrebbe sembrare. Naturalmente tu potresti benissimo dire che la dottrina del libero arbitrio dice che siamo noi a compiere questo atto di determinazione, mentre la dottrina del determinismo afferma, a quanto pare, che le nostre azioni sono determinate da qualcosa che con tutta evidenza sta fuori di noi. Ma la confusione è in gran parte causata dalla dicotomia che compiamo dividendo la realtà in “noi” e “non noi”. Insomma, dov’è che in realtà finiamo noi e comincia il resto dell’universo? Oppure,dov’è che finisce il resto dell’universo e cominciamo noi? Una volta che riuscissimo a vedere il cosiddetto “noi” e la cosiddetta “natura” come una totalità continua, non saremmo più tormentati dal dubbio se siamo noi a controllare la natura o la natura a controllare noi. E così sparirebbe tutto questo pasticcio del conflitto tra libero arbitrio e determinismo."

Prendo fiato, mi passo una mano un po' ruvida sul volto, poi aggiungo:

Io: "Un'ultima cosa, visto che prima abbiamo anche nominato il bene e il male, ti dico anche questo...a mio avviso come umanità purtroppo sembriamo non aver appreso quello che è forse il fatto più importante dell’universo: che il male fa soffrire. Tutti gli argomenti dei moralisti, tutte le ragioni addotte per sostenere che gli uomini non devono compiere azioni malvagie, impallidiscono e perdono ogni significato alla luce dell’unica verità di fondo, che il male è sofferenza. E adesso, se lo desideri, ti lascio l'ultima parola, qualsiasi cosa tu voglia dire la ascolterò con la massima presenza, ma non replicherò. Sono davvero troppo stanco"

Non ci siamo mai guardati, durante tutta la conversazione...mi volto verso il mio interlocutore, e non vedo nessuno.

Di nuovo in auto, di nuovo nella musica.

A casa ora, a scrivere queste parole prima che mi scordi di questo strano incontro tra il fiume e il sole rosso arancio.

Ora devo davvero riposare... se siete qui, buongiorno a voi...

 

Lui: "Ah,a proposito, questo post l'ho scritto io. L'altro, quello che vi capita di leggere ogni tanto, Silent, l'orso, sta dormendo.;)"

 
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Tutti al Brico! (o almeno chi vuole...)

Post n°116 pubblicato il 18 Marzo 2024 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

Come mi ero in qualche modo impegnato a fare, riprendo i temi dei due post precedenti, che cosa significhi capire e cosa significhi essere qualcun altro.

Insomma, giusto per stare in tema, parleremo dell'orgasmo.

Pensiamo all'orgasmo femminile.
Argomento delicato...anzi, delicatissimo. Proprio così. Ma mi addentrerò lo stesso per un po' nel merito di questo argomento perché tante volte a chiunque di noi è capitato di vivere situazioni frustranti e mortificanti sotto le lenzuola.
Il sesso è un’esperienza che ci vede particolarmente vulnerabili, anche se a qualcuno e qualcuna magari piace pensare che tutto si basi su rapporti e volontà di potenza. Molto semplicemente non è così.
Desidero parlare delle donne non per galanteria, ma perchè io sono un uomo, e quindi il fattore comprensione diviene incredibilmente evidente e cruciale.
Se io osservassi il corpo di una donna a partire dal primo momento dell’eccitazione sessuale e continuassi a osservarlo durante tutto il percorso che segue quel primo momento fino al raggiungimento del piacere, noterei sicuramente alcuni cambiamenti sia fisici, sia emotivi.
Sì, lo so, faccio tanti giri di parole, ma sto banalmente parlando della risposta sessuale femminile, che ha un fondamento biologico – ovvero è legata a ciò che accade al vostro corpo – ma che di solito è vissuta in un contesto personale, relazionale e culturale che può fare la differenza, in positivo o negativo.
Il che significa che anche se il tuo organismo funziona perfettamente, e anche se “tecnicamente” è in grado di eccitarsi e godere di tutte le sensazioni sessuali a tua disposizione, se è inserito in una relazione malsana o insoddisfacente, in un contesto poco eccitante, non potrà esprimere tutte le sue potenzialità.
Prima ho scritto "Se io osservassi il corpo di una donna a partire dal primo momento"...beh, volendo proprio partire dal primo istante sono consapevole che il desiderio sessuale, cioè la voglia di impegnarsi in un’attività sessuale, è l’aspetto più misterioso e il più difficile da descrivere in modo oggettivo. Quindi, se vi sta bene, abbiate pietà di me e diciamo che tutti capiamo di cosa stiamo parlando.
Così possiamo passare all'eccitazione, dove la respirazione accelera, si fa più intensa, il cuore comincia a battere più rapidamente e alcune parti del corpo entrano in tensione, altre si scaldano e cambiano colore come risultato del maggiore afflusso di sangue in quella zona. Altre cose accadono in questa fase nell'anatomia femminile, ma credo che ci siamo intesi su quale sia questa fase.
E visto che ci siamo intesi, ci intendiamo anche sul graduale aumento delle sensazioni piacevoli, che dipendono anche dalle trasformazioni fisiche di cui abbiamo parlato.  Aumento che culmina nell'orgasmo, il punto più alto dell’eccitazione sessuale. È una sensazione di benessere esplosiva e passeggera che coinvolge tutto il corpo per alcuni secondi. Insomma, è quando il cuore ci batte ancora più forte, avete presente?
Sono andato bene fino a qui? Non lo so, non importa, perché ecco il vero tema...quello che ho scritto sopra è la teoria, l'anatomia,e possiamo darla per scontata immagino, qualunque adulto dovrebbe sapere almeno cosa accade al corpo del partner quando si è così vicini, anche se i discorsi da spogliatoio maschile sono un po' scoraggianti in questo senso, e non conosco i discorsi da spogliatoio femminile.
Ma cosa capisco veramente io, del corpo e del piacere di una donna? O meglio ancora, cosa è possibile realmente capire?
Posso immaginare di capire il piacere, per analogia con la mia esperienza di esso,ma posso capire come sia il piacere non solo attraverso un'altra psicologia, un'altro vissuto, ma addirittura attraverso un'altra biologia?
Posso essere te?
Non lo so, ma ho un'idea degli attrezzi che ci servono se vogliamo almeno provarci, almeno in quegli istanti in cui siamo così intimi, ad essere un tutt'uno, a capire, a comprendere. Attrezzi unisex.

Tutti al brico allora, ecco una prima lista di ciò che ci serve, a mio parere:

Serve gentilezza,serve attenzione, serve cura, serve pazienza,serve un tipo di pensiero lento,che si dilati fino a racchiudere ogni istante e a scorporarlo dal flusso temporale,dalla sequenza meccanica degli eventi. Serve presenza. Serve ascolto. Serve parlarsi, chiedersi, confidarsi ciò che più piace, indagare e indagarsi con i gesti e con le parole.
Più tantissimo altro. Tutte cose che servono anche al di fuori del sesso, tra l’altro.
Diverrà comprensione tutto ciò? Potremmo dire di capire ciò che prova la persona con la quale siamo e ci stiamo fondendo, o con la quale stiamo anche solo parlando?

Potrò essere te?

Potrai essere me?

Non vi posso rispondere, per ora. Sono al brico.

Ma mentre aspetto che sia il mio turno in cassa, questa cosa ve la voglio sussurrare all'orecchio..

Io vedo un’umanità pesta, abbruttita, imbarbarita,stanca, esausta, incattivita, spaventata...eppure nei secoli,nei millenni,le persone si sono sfiorate,si sono toccate,si sono amate,e qualcosa passa, qualcosa è passato.
Moriamo, soffriamo,moriamo a milioni,a miliardi,ma qualcosa è passato,e i balzi di questo qualcosa sono quasi invisibili ma sempre più audaci.
Amiamo qualcuno che è molto lontano,amiamo qualcuno che è morto molto tempo fa.
Ci emozioniamo per arte creata da persone vissute secoli fa, non c'è più nemmeno la loro polvere, e loro sono comunque qui, in qualche modo.

Qualcosa è passato, tra di noi.

È lieve pensare che continueremo a passare questo testimone non visto, magari nemmeno capito, eppure evidente.

Come un' onda placida e gentile.

Come amarsi.

Mi piacerebbe foste qui con me.

Mi piacerebbe essere lì con voi.

 
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Konnichiwa

Post n°115 pubblicato il 16 Marzo 2024 da Silentvoid
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Facciamo finta che io mi trovi chiuso in una stanza con un foglio di carta tutto coperto di ideogrammi giapponesi. Supponiamo inoltre che io non conosca il giapponese (ed è proprio così), scritto o parlato, e che io non sia nemmeno sicuro di riuscire a distinguere la scrittura giapponese dalla scrittura, diciamo, cinese o da segni privi di significato: in effetti per me gli ideogrammi giapponesi sono ahimè segni privi di significato. Ora supponiamo che, dopo questo primo foglio in giapponese, mi venga fornito un secondo foglio nella stessa scrittura, e con esso un insieme di regole per correlare il secondo foglio col primo. Le regole sono scritte in italiano e io capisco queste regole come qualsiasi altro individuo di madrelingua italiana. Esse mi permettono di correlare un insieme di simboli con un altro insieme di simboli, e ciò soltanto in base alla loro forma grafica. Supponiamo ancora che mi venga data un terzo foglio di simboli giapponesi insieme con alcune istruzioni, anche queste in italiano, che mi permettono di correlare certi elementi di questo terzo foglio coi primi due, e che queste regole mi insegnino a tracciare certi simboli giapponesi aventi una certa forma in risposta a certi tipi di forme assegnatemi nel terzo foglio.

Ma, forse direte voi, chi è che ti passa tutti questi fogli?

Beh, delle persone (alzo le spalle), e le persone che mi forniscono tutti questi simboli chiamano
il contenuto del primo foglio “scrittura”, quello del secondo “storia” e quello del terzo “domande”.  Inoltre chiamano “risposte alle domande” i simboli che io do' loro in risposta al contenuto del terzo foglio e chiamano “programma” l’insieme delle regole in italiano che mi hanno fornito. Ora, tanto per complicare un po’ le cose, immaginiamo che queste stesse persone mi diano anche delle storie in italiano, che io capisco, e che poi mi facciano domande in italiano su queste storie, e che io risponda loro in italiano. Supponiamo ancora che dopo un po’ io diventi così bravo nel seguire le istruzioni per manipolare i simboli giapponesi e che i programmatori diventino così bravi nello scrivere i programmi che, dal punto di vista di qualcuno che stia fuori della stanza in cui io sono rinchiuso, le mie risposte alle domande siano assolutamente indistinguibili da quelle che darebbero persone di madrelingua giapponese. Nessuno, stando solo alle mie risposte, può rendersi conto che io non so neanche una parola di giapponese. Supponiamo per giunta che le mie risposte alle domande in italiano siano indistinguibili da quelle fornite da altre persone di madrelingua italiana, per il semplice motivo che io sono di madrelingua italiana. Dal punto di vista esterno, cioè dal punto di vista di qualcuno che legga le mie “risposte”, le risposte alle domande in giapponese e a quelle in italiano sono altrettanto buone. Ma nel caso del giapponese, a differenza dell’italiano, io do' le risposte manipolando simboli grafici da me non interpretati. Per quanto riguarda il giapponese, mi comporto né più né meno che come un calcolatore: eseguo operazioni di calcolo su elementi specificati per via formale.

Il che ovviamente ci porta a chiederci cosa significhi "capire", "comprendere" qualcosa, non solo una lingua che non conosciamo, ma qualsiasi cosa.

Il che probabilmente vi porta a chiedervi se non ho davvero niente di meglio da fare.

Visto che non so se ce l'ho, ci rifletto su, e nel frattempo lascio in sospeso la chiacchierata su che cosa voglia dire capire.

Che spero faremo assieme.

Io e te.

Watashi wa anata ni kisu shimasu

 
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C'è un piatto da lavare...

Post n°114 pubblicato il 13 Marzo 2024 da Silentvoid
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...e poi c'è questa cosa che mi spezza in due, che è la questione del...ah, ma ciao! sei già qui?
Bene, allora dammi solo un attimo per ricompormi (ero spezzato in due), e sono subito da te.
Sì sì, proprio da te che stai leggendo ora.
Insomma,ti stavo dicendo che questa cosa del dualismo mi fa impazzire. Potremmo provare a
ricomporre il tema. Non ci vorrà più di un secolo o due,se mi aiuti.
Cartesio, bontà sua, ha fatto grandi cose, ma ha causato anche grandi danni. Insomma, davvero ce la vogliamo bere tutta d'un fiato 'sta cosa della netta separazione mente/corpo? Effettivamente però non è mica giusto cominciare dal povero Descartes, perché prima di lui sul tema si erano
già infervorate praticamente tutte le religioni (mono)teiste...e che tentazione sarebbe prender per buona alla prima il dualismo corpo/anima.
Ma mica basta così, perché c'è pure il materialismo, il fiscalismo, il comportamentismo, il cognitivismo, e un sacco di altri "ismo". Tutti separatisti, ohibò.
Comunque, vediamo di mettere un po' di caos in questo ordine. Allora,prendiamo come assiomaticamente esistenti il corpo e la mente, e facciamo un atto di fede e diciamo pure che esiste anche l'anima. Va bene. Fino a qui andiamo alla grande. Potremmo fermarci adesso, all'apice del successo, questione risolta, evviva Karamazov!
Eppure...io non la sento proprio questa separazione. Non mi convince proprio.      Non la SENTO.
Ogni cosa che percepiamo non è solamente percepita come sincrona in noi, è percepita in
maniera unitaria.
E qui abbiamo subito un altro bel dualismo duellante,quello tra olismo e riduzionismo.
Ma torniamo a noi, torniamo in noi.
Ogni emozione che proviamo è fisicamente localizzata, è impensabile, se ci pensi, che tu provi una forte gioia,una tremenda tristezza,una rabbia devastante,senza che una o più parti del tuo corpo siano simultaneamente coinvolte in questo sentire.
E abbiamo il nodo alla gola,lo stomaco chiuso (con o senza farfalle dentro), e ci prudono le mani e abbiamo il batticuore e le gambe molli e così via e così via...
Siamo davvero persuasi del fatto che se non avessimo risonanze corporee continueremmo a provare emozioni? Cioè così, più che emozioni provate diventerebbero idee di emozioni..aspetta, hai
detto idee? Cioè prodotti della mente? Molto bene, parliamo un po' di questa mente. Che ci
presenta un sacco di problemi solo per il fatto che esista, e che è la principale responsabile, immagino, della percezione duale (o triplice) che abbiamo di noi.
Ne elenco alcuni, di questi problemi,così, "à la carte", scegli il tuo problema preferito, il dolce e il caffè.
E biscotto della fortuna,se vogliamo proprio esagerare.

Problema uno: il problema, appunto, mente-corpo.
Sembra impossibile che debbano esserci relazioni causali tra due regni completamente diversi, quello fisico degli oggetti materiali e quello mentale (o spirituale) delle menti (o anime). Come avviene che qualcosa di corporeo causi qualcosa di mentale? Come avviene che qualcosa di mentale causi qualcosa di corporeo? Eppure se qualcuno mi pesta il dito di un piede sento dolore anche se il suo pestarmi il dito non è altro che un evento fisico in un mondo fisico, e il mio provare dolore è un evento mentale che si verifica all'interno della mia "anima". E c'è di peggio...decido di alzare un braccio, evento che ha luogo all'interno della mia mente cosciente, ed ecco, mirabile dictu, il mio
braccio si alza. Come può una decisione nella mia mente causare il movimento di un oggetto fisico del mondo, quale è il mio corpo? Beh, questo problema l'aveva anche Cartesio, e credetemi,
non l'ha risolto.

Problema due: il problema delle altre menti.

Problemi tre, quattro e cinque: l'analisi della percezione, il libero arbitrio, l'io e l'identità personale.

Di cui potremo occuparci in seguito, se ti va. Per ora, se non hai paura di avvicinare il tuo
orecchio alle mie labbra, ti sussurro la mia teoria...
la mente, la coscienza, l'intenzionalità, sono parte della natura. Esse si esprimono a livello biologico,
sono come la fotosintesi, o la digestione.
Ed è per questo che io penso che i dualisti si sbaglino, e che a volte si facciano pure male da
soli, a separarsi così. La percezione, l'azione, il pensiero, le sensazioni, le emozioni, le riflessioni,
la memoria, non sono semplicemente aspetti della nostra vita. Sono, in un certo senso la nostra vita.

Ok, siamo giunti fin qui, potremmo anche fare una pausa se ti va, lo so che ho lasciato indietro tante
questioni nominate prima, lo so, ma io ormai ho le bollicine nel cervello (che percepisco anche come
stanchezza corporea pur senza essermi mosso di qui).

Bugia. Mentre scrivevo ho fatto una o due pause. In una delle quali ho lavato i piatti (il piatto,in
realtà).Ecco perché sono stanco.

E c'era anche un bicchiere, perché lo sappiate.
E nessuno che mi abbia aiutato.

Ora andiamo.

Facciamo presto. I re d' Oriente bussano alla nostra porta, e vogliono risposte.

E io invece vorrei solo tenere le tue mani nelle mie per qualche istante...

Je vais, je vous aime, au revoir

 
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On me being you being me being you...

Post n°113 pubblicato il 11 Marzo 2024 da Silentvoid
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Aspetta...
Ecco,ci siamo fatti più vicini, ora è più bello parlare con te. Perché da qui riesco a vedere molti più dettagli dei tuoi occhi. E molti più dettagli nei tuoi occhi.
Potremo parlare più piano, e potremo parlare più lentamente, assaporare anche i silenzi e le pause,gli spazi tra le parole che trepidanti riempiamo di interpretazioni e aspettative.
Stiamo vicini, solo per un po', e vediamo se riesco a portarti con me,amica mia,amico mio.
Facciamo solo due passi,poi ti lascio andare,ma finché siamo assieme io sarò totalmente presente, sarò me e sarò te.
Il che ci porta nel luogo dove stiamo andando,a sbirciare un po' questo pasticcio del "se io fossi in te".
Parliamone solo un pochino,vuoi?
L’esperienza cosciente è un fenomeno che tendenzialmente diamo per scontato, eppure
è molto difficile in generale dire che cosa ne
dimostri l’esistenza. Il fatto che una persona abbia
un’esperienza cosciente significa, fondamentalmente, che a essere
quella persona si prova qualcosa.
Si potrebbe dire che una persona possiede stati mentali coscienti se e solo se prova
qualcosa a essere quello che è.
Il carattere soggettivo dell’esperienza non è analizzabile nei termini di alcun sistema
esplicativo di stati funzionali o di stati intenzionali, poiché questi stati potrebbero essere attribuiti a robot o ad automi che si comportassero come persone anche senza avere alcuna esperienza soggettiva.
È la nostra esperienza che fornisce il materiale di base alla nostra immaginazione, la quale è perciò limitata.
Non serve cercare di immaginare di avere sulle pelle le stesse esperienze che hai vissuto tu, di essere alto o basso come sei tu, di essere magra o grassa come ti vedi tu...se anche riesco a immaginarmi tutto ciò (e non mi è molto facile), ne ricavo solo che cosa proverei IO a
comportarmi o essere come te.
Se quindi per farsi un’idea di che cosa si provi a essere te ci si basa su un’estrapolazione dalla nostra situazione, questa estrapolazione é destinata a restare incompleta.

Dunque nessuno può essere qualcun'altra, non si può davvero capire completamente cosa si prova nei panni di qualcun'altro.
Ma non c'è da rattristarsi,anzi, c'è molto che possiamo fare. Possiamo essere con gli altri,essere vicini...posso stare CON te, essere VICINO a te, anche senza parlare, anche senza capire fino in fondo come ti fa sentire e stare quello che si agita dentro di te. O meglio, capendolo completamente magari,ma a modo mio. E può accadere che in alcuni preziosi momenti sappiamo che chi ci è vicino davvero sta sentendo esattamente come sentiamo noi.
Ma essere te,non si può. Perché sei unica,sei unico, storico, irripetibile,sei un intero universo,e sei bellissima.
Vorrei piantarti le mani nel petto e strappare via ciò che non ti fa vedere di te ciò che vedo io.
Vorrei....ma,aspetta un attimo, all' inizio non avevo detto che "sarò me e sarò te"? Quindi? Come la mettiamo,ti ho mentito?
Certo che no,non ti mentirei mai...il fatto è che stiamo anche giocando un po',io e te, io e voi, perché sono un uomo piuttosto solitario e magari anche un po' burbero, ma quando sto con te sento che voglio sorridere,e giocare,e danzare... perché?
Te l' ho detto, perché sei bellissima, perché sei bellissimo.
Va bene, è tempo di andare,per ora...
possiamo lasciarci la mano (ma quando ci siamo presi per mano?), aprire gli occhi (ma li avevamo chiusi?) e tornare alle nostre incombenze. Ah,io mi fermo qui ancora per qualche istante, tu la conosci la via del ritorno,vero? Non ci siamo poi allontanati molto,non ancora.

Io resto qui, perché se io fossi in te non resterei vicino a me quando comincia a far buio.

Magari mordo.

Ma in fondo,io non sono te...

Occhiolino...

 
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Schrödinger strikes back

Post n°112 pubblicato il 08 Marzo 2024 da Silentvoid
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Sono un po' indeciso...
Non so ancora bene se scrivere cose vecchie con un nuovo stile, o cose nuove col vecchio stile. O cose nuove con nuovo stile,o magari mi attira di più scrivere cose vecchie col mio vecchio stile. D'altronde,dopo tutti questi anni,non mi sembrava bello farmi trovare troppo preparato. Magari mi aiuterete a decidere, o magari no. La nostra esperienza delle cose è spessissimo ambivalente, e le centinaia di piccole decisioni che prendiamo quasi in automatico in ogni momento se sottoposte a più profonda riflessione ci porterebbero a immaginare non solo esiti differenti,ma intenzioni ed interpretazioni differenti. Siamo sempre in un duplice stato di esistenza, finché non ci osserviamo o non veniamo osservati. Siamo gatti in una scatola. (Sì, proprio come quell' altro gatto famoso...)

E il veleno nell' ampolla è differente per ciascuno di noi.

E non sappiamo se siamo ancora vivi o già morti, solo osservando lo sapremo.

E chissà se ciò che (ci) accade è per caso o per necessità.

E non si cominciano i periodi con "E"

E magari ti bacio, ma non so chi sei.

O forse sì che lo so.

Viandante, quando mi passerai accanto,non rivolgermi,te ne prego, né un sorriso né una parola gentile... lascia che io tempri il mio cuore alla fiamma della solitudine... vattene...

La verità è che scrivo per dei fantasmi.
Non fantasmi di persone morte, anzi,fantasmi di persone vive.
Anche se...
mi sa che il fantasma sono io.
Batterò un colpo.

 
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Nothijngrad

Post n°111 pubblicato il 03 Marzo 2024 da Silentvoid
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Apro gli occhi.
Mi guardo intorno.
Tutto è così familiare e così estraneo allo stesso tempo. Chissà se siamo qui, se siete qui.
Dovrei guardare un calendario, vedere quanto tempo è passato, poi guardarmi dentro e sentire
quanto tempo è passato. Talvolta mi sembra di essere ringiovanito invecchiando, di vedere le
cose più a fuoco, con sguardo più lucido. O magari è solo disincanto, magari, come spesso
accade, si scambia per carattere ciò che è soltanto energia e per saggezza quella che è solo
stanchezza.
Mi sembra di ripercorrere strade e sentieri dei quali ricordo ogni millimetro, pur non avendovi
posato piede per secoli. In secoli che abbiamo attraversato, ciascuna, ciascuno a proprio modo,
con sofferenza e con felicità..il dolore e la felicità s'intrecciano come le curve di una
doppia ellisse nel codice genetico del cosmo. Mi piacerebbe sentire le voci di ognuna, di ognuno
di coloro che erano qui in quei momenti nel tempo, e so che non è possibile, e so che siamo punti di
luce sparpagliati ovunque, a distanze inimmaginabili. E' bello immaginare una tela nera,
immensa, in cui, se ci mettiamo alla giusta distanza, si possono vedere tantissimi puntini
luminosi, che beh, sì, è esattamente come guardare le stelle nel cielo, ma le stelle mi
sembravano un po' banali come metafora di noi, e allora meglio dei puntini luminosi su una nera,
infinitamente grande tela. Che sembra un cielo stellato. E la luce sei tu. Col tuo colore, con il tuo
essere tenue o intensa, calda o fredda.
Io non ho ancora deciso se sono un puntino di luce o la tela nera. Forse preferisco immaginare di
essere quello sfondo, quell'idea di essere, per chi lo desidera, una presenza lieve, una parola sicura,
una voce vicina.Oscar Wilde disse che la cosa terribile, quando s’invecchia, è che si resta giovani.
È vero, i nostri desideri non invecchiano con noi. Per gli altri, noi non siamo più gli stessi, ma i
nostri desideri e i loro oggetti restano uguali. La misura del tempo che passa è tutta in questo scarto.     
E bisogna rendersi conto che come si può restare prigionieri del passato, lo si può essere
anche del presente.
Ma farò come se fossimo tutti di nuovo qui, per un istante...vieni più vicina, vieni più vicino, ho
qualcosa da sussurrarti...

Gioca il tuo gioco. Metti a rischio ancor di più il tuo lavoro.Non essere il personaggio principale.
Cerca il confronto, ma senza volerlo. Evita i retropensieri. Non tacere nulla.
Sii dolce e forte allo stesso tempo. Sii astuta, intervieni e disprezza la vittoria.
Non osservare, non scrutare, ma resta vigile, pronta a scorgere i segni. Sii incrollabile. Mostra il tuo sguardo,
trascina gli altri nella profondità, abbi cura dello spazio e considera ciascuno per quel che è.
Decidi soltanto nell’entusiasmo, sii serena nella sconfitta.Soprattutto prendi tempo, percorri la strada più lunga.
Lasciati distrarre. Mettiti per così dire in congedo. Non ignorare la voce di un solo albero, di un solo fiume.Entra dove vuoi e concediti al sole.
Dimentica la tua famiglia, dai forza agli sconosciuti, studia i dettagli e parti là dove non c’è nessuno.
Non darti cura del dramma del destino, disdegna l’infelicità, togli le rughe crucciate dal tuo sorriso. 
Vivi nei tuoi colori, sentiti nel giusto, e che il rumore delle foglie ti divenga dolce. 
Passa attraverso i villaggi, 
io ti seguirò.



 
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My Own Summer

Post n°110 pubblicato il 18 Ottobre 2015 da Silentvoid
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Sei così bella e importante.
E non hai volto, nè corpo.
Ma sei qui, sento la tua mancanza.
Qui mi troverai, nelle note mi troverai, nelle mie canzoni mi troverai, troverai il mio focolare acceso, non importa quanto sia forte la tempesta.
Un porto sicuro. Un punto fermo io sarò.
Arriva presto, che io possa non sfiorarti mai.
Ti lascerò il mio dono e porterò il tuo peso.
Vattene.
Che io possa rimanere lo stesso, e tu così diversa.
Sempre mi troverai qui.
E' solo amore, non darti pena.
E' tutto ciò che c'è.

 
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Cathedrals to our pain

Post n°109 pubblicato il 11 Settembre 2015 da Silentvoid
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Chissà se ancora qualche persona ricorda.

Dieci anni fa, abbiamo parlato, abbiamo riso e forse abbiamo perfino pianto, chi lo sa, chi se lo ricorda...

E ora sono qui, non mi sono mai mosso da qui immagino, sono solo più vecchio, più provato, più forte.

E voglio provare a vedere se si può ancora tentare di lasciar cadere una parola o due nel vuoto silenzioso, per ascoltarne l'eco, che nel vuoto, come il suono, non c'è.

L'eco che non è la parola detta.

Quante cattedrali abbiamo eretto al nostro dolore nel frattempo? Dieci anni, un lampo, una vita, un soffio, un uragano.

Eccolo qui, l'uomo vuoto, l'uomo di vetro.

Se sei una vecchia conoscenza,bentornata; ti abbraccio forte, a lungo.

Se ancora non ci conosciamo, benvenuta, benvenuto.

Con l'azzurro negli occhi,

D.

 
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THE HOLLOW MAN

Post n°108 pubblicato il 06 Marzo 2011 da Silentvoid
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Eccolo qui, l'uomo vuoto, il fantasma, l'etereo continuo spirito che ovunque passa.

Che forse chissà, in qualche modo resta, da qualche parte resta, in qualche cuore pesa.

ho freddo.

nel calore dove scrivo, tremo.

nella musica mi perdo, immerso.

infinito.immane.immenso

il mio pensiero si stende luminoso e vola e viaggia e guida e strade strade strade

corrono sguardi dai finestrini, ogni paesaggio che scorre ogni casa ogni

silente

emozione

porto in me ogni istante d'umanità, dell'umanità.

sempre mi troverai qui.

 
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Post n°107 pubblicato il 05 Novembre 2006 da Silentvoid
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I MISS YOU ALL AND I REPEAT MYSELF...

È tempo per me.
Forse presto sarò andato, passato come un soffio tra i tuoi capelli.
Il mio canto, una canzone per dirti addio.

Forse presto ogni mio tocco, ogni parola che abbiamo scambiato, i sorrisi, le lacrime, forse presto saranno sempre, non più legati ad una presenza.

O forse no, forse non è ancora tempo.

Ma la pressione su di me aumenta, il tremito che annuncia la terra che si spacca, la morte di coloro che amo, il mio guardare te e vedere dentro te.

Non vi ho mai parlato con parole e parole sole.

E di quante cose abbiamo parlato, per paesaggi strani e cangianti passeggiando, io e te, io e voi, noi noi noi.

Sbaglio tutti i tempi, sono sempre sfasato. A dire il vero, il tempo è in continua torsione, me ne accorgo.

Di quanto forse, attraverso queste infinità, abbia compreso l’importanza di un tocco, uno sguardo. Leggero, intenso.

E ognuna di voi, e ognuno di voi, ringrazio sempre, in ogni gesto, in ogni cosa che sfioro, la presenza di coloro che qualcosa mi hanno dato, insegnato, trasmesso, fatto provare, è come una fragranza, un profumo che percepisco, sottile danza del mio animo.

Osservo il comportamento della gente. Sono assolutamente ricettivo, immobile. Ne ascolto i corpi. Ne colgo i dettagli. Essi hanno molto da dire e manifestano le loro volontà che in taluni casi differiscono dalle volontà di coloro che in quei corpi abitano.

Una dei problemi della definizione di essenza è che è necessario darne una definizione senza utilizzare la nozione di essenza stessa, ci pensavo qualche tempo fa…

Io disperdo molto mentre parlo, pur faticando molto per contenere le dispersioni, perché ogni parola mi apre una o più porte che sono interi modi o passaggi o scorciatoie verso mondi. In un certo senso, ogni volta che utilizzo il linguaggio, mi metto in viaggio.

Io e te, abbiamo parlato di quasi ogni cosa, dalla fisica quantistica all’amore, dalla pispola al pesce che diviene anfibio, passando per l’orgasmo femminile e quanto venga poco compreso, senza dimenticarci dell’amore, e del linguaggio, e del gatto di schrodinger. Siamo stati a chiacchierare con Zenone.
E un sacco di altre cose. È incredibile, in quanti posti siamo stati, che dici?

Per me, lo è…

E sai, credo che in molti altri posti andremo, e cammineremo in equilibrio sull’azzurro dell’alba, a rotolarci nelle fiamme del tramonto, e saremo feroci immersi nel sangue di crepuscoli ramati dove ci guarderemo negli occhi per ferirci, e faremo l’amore avvolti dal velluto di notti scure e dense. Ognuno con ognuno.

Dono, a te, perché è probabile che io e te ci conosciamo, o magari no, una lacrima. La lascio stillare, con dolcezza dalla punta del mio indice…se la segui, vedrai ciò che i miei occhi hanno visto, e la mia bocca pronunciato, in un altro tempo, in un luogo dove chi c’era non c’è più, e sempre esiste, e sempre cambia. C’è ora, ci sono ora, sono qui con me.

E chissà dove sono io…

Sei rimasta intrappolata, la tua libertà è stata annullata. Le tue ali sono state mozzate.
Solo le cose si possono possedere, mai le persone. Come puoi possedere una persona? Come puoi dominarla? Come puoi renderla una proprietà? Impossibile!
Eppure, è quello che il marito sta tentando di fare con la moglie, la moglie con il marito, i fidanzati e le fidanzate, i genitori con i figli, perfino tra amici, perfino tra amiche.
Vedo spesso conflitto, l’essere distruttivi l’uno con l’altra.
Di fatto, quando possiedi una persona odi, distruggi e uccidi, divieni un assassina. Sei un assassino. L’amore è libertà. Renderà l’amato sempre più libero, darà ali all’amata, l’amore aprirà un cielo sconfinato.
Non può trasformarsi in una prigione, in una gabbia.
Ma tu non conosci quell’amore, quasi mai.
E questo vale per molte cose che facciamo. Anche se provi a fare qualcosa di buono, farai del male. E allora sarari frustrato, e soffrirai, e te la prenderai con te stessa, e avrai poca fiducia, o magari un ego che si gonfia dismisura, nel terrore sopito che spunti un ago abbastanza appuntito e lo faccia scoppiare…
I vostri templi, le vostre chiese e moschee si sono tutte macchiate di peccato nei vostri confronti, perché vi vorrebbero dominare.

Ma fa nulla.

Basta pensare, fallo come fosse un gioco. Perché, vedi, per TE c’è spazio, nel momento presente, ma non per i pensieri, quelli hanno bisogno di un passato e di un futuro
Seduta accanto all’amato, mano nella mano, semplicemente esisti. E quando esisti con chi ami, figlio, amico, marito, animale, collega, moglie, chiunque, chiunque tu ami, quando esisti con chi ami si verifica un dialogo particolare, entrambi siete diventati uno…

Ma fa nulla…

La lacrima è caduta.

Ed io, beh, chissà dove sono ora…
 
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