GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

« Giannetto 2I figuri a cavallo 2 »

I figuri a cavallo 1

Post n°176 pubblicato il 28 Agosto 2011 da sergioemmeuno
 

All’istante, assieme a Eugenio, Tommaso e Daniela, mi fiondai per le scale del casale, con l’intento di svegliare lo Zio. Nel frattempo, un drappello si era appostato sotto l’olmo e i più coraggiosi – Flavio, Roland e Giulia – piantonavano l’ingresso in attesa dei rinforzi.

Prendemmo letteralmente a calci la porta della camera di Silvano, anche perché il gracchiante russare rivelava che navigava nell’oceano dei sogni. La sua camera era di fronte la prima stanza delle ragazze.

Finalmente, fra un bestemmiane e l’altro, ci aprì, con quell’inconfondibile pigiamino a strisce verticali biancazzurre. Quando ci vide, incredulo come non mai e scocciato per il disturbo – come tutti i grandi lavoratori considerava il sonno come un momento sacro –, biascicò con un occhio chiuso: <<Spero che sia una cosa seria… sennò domani so’ cazzi vostri>>.

Lo informammo di Giannetto e gli chiedemmo delucidazioni in merito.

<<Chi? Giannetto? Ah, lasciatelo stare... non fa fede… È uno che sta in cura da
noi>>, sembrò non dare peso alla vicenda.

<<In cura? Regà, mo’ siamo pure una clinica>>, ironizzai.

<<Volevo dire… insomma, noi ci prendiamo cura dei meno fortunati, da anni…>> si arrampicò sugli specchi. Bene, una società di mutuo soccorso.

Il primo grosso errore dello Zio dopo giorni e giorni di convivenza?

<<Non mi sembrava questo il senso della prima fase, zietto>> obiettò Daniela.

<<Bando alle ciance, avrà sicuramente trincato.>>

<<In verità sembrava parecchio terrorizzato e parlava di minacciosi personaggi a cavallo nelle vicinanze!>> gridò Tommaso. Lo Zio era dubbioso.

<<Dobbiamo fare qualcosa, gli altri ci stanno aspettando>>, coprii la voce stridente di Tommaso e per un attimo, a causa della foga, il mio muso si venne a trovare sopra la testa di Silvano, guarnita dell’immancabile zucchetto. E così fecero gli altri.

<<Ragazzi, vi giuro che se questa è una burla… ora seguitemi>>. Uscì di corsa ed entrò in una delle stanze di servizio sul lato opposto a quello delle ragazze. Spostò chincaglierie e scatoloni, e spalancò le ante di un armadietto da cui estrasse una fonda cassa di legno. Dentro c’erano svariate doppiette da cacciatori: da tempo immemore le canne non cantavano e forse quella poteva essere la nottata giusta.

Mentre in quattro portavamo via la cassa, urtando pesantemente con gli spigoli sul muro, e con lo Zio ancora in pigiama che dirigeva i lavori come un buon vigile, si affacciò sul corridoio il Direttore, alquanto contrariato per il gran baccano notturno: <<Ma che diamine… Ehi che roba è quella cassa? Silvano… Sil… Sil-va-no! Silvano!>> Scosse la testa. Ma noi già eravamo al piano terra sull’uscio, scattanti più che mai per rifornire la truppa.

 
 
 
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